Conservazione del cognome maritale: la domanda può essere decisa separatamente da quella sullo status

18 Settembre 2023

In un giudizio di divorzio, è possibile scindere la pronuncia di divorzio resa sullo status da quella concernente l'uso del cognome del marito?
Massima

La domanda di autorizzazione alla conservazione del cognome maritale, in quanto diversa ed autonoma rispetto alla domanda di scioglimento del matrimonio e connotata da un diverso interesse ad agire, può essere decisa separatamente dalla domanda sullo status.

Il caso

La vicenda analizzata dalla Cassazione trae origine all'interno di un ordinario giudizio di divorzio avanti al Tribunale, nel quale la moglie chiedeva l'autorizzazione a continuare ad usare il cognome del marito. Il giudice di prime cure pronunciava sentenza non definitiva di scioglimento del matrimonio, rimettendo la causa in istruttoria per le restanti domande, tra cui quella in merito all'uso del cognome del marito.

Avverso tale pronuncia proponeva appello la moglie, lamentando la nullità della sentenza in quanto - a suo parere - la pronuncia sullo status non poteva essere scissa dalla decisione rispetto all'uso del cognome del marito.

La Corte d'appello, condividendo la decisione del Tribunale, rigettava il gravame proposto dalla ricorrente, rilevando, tra l'altro, come la possibilità di separata prosecuzione del processo, testualmente prevista dalla l. 898/1970 solo per l'ipotesi in cui debba essere accertata la spettanza e la quantificazione dell'assegno di divorzio, fosse applicabile anche ai casi in cui restano da definire ulteriori aspetti diversi dal contributo economico.

Avverso tale decisione, la moglie proponeva ricorso per cassazione, censurando la nullità della sentenza della Corte d'Appello ai sensi dell'art. 360 c.p.c. n. 4 in relazione alla l. 898/1970, artt. 4 e 5, nonché all'art. 12 disp. gen., ritenendo la questione del cognome atta a concorrere alla definizione dello status personale dei coniugi, e pertanto inscindibile dalla sentenza resa sullo status. La ricorrente sosteneva che la questione del cognome non ha carattere accessorio, ma concorre a definire lo status personale del coniuge tanto che con la pronuncia di divorzio si verifica ipso iure la perdita del cognome, con conseguente annotazione sui registri dello stato civile.

Con sentenza n. 24111/2023, in data 8.08.2023, la Suprema Corte di Cassazione adita, ripercorrendo l'impianto originario del Codice civile, nel quale la moglie assumeva il cognome del marito perdendo il tratto della propria identità familiare per acquistare quella del marito, poi superato a seguito della riforma del diritto di famiglia del 1975 con l'introduzione dell'art. 143-bis c.c., a mente del quale la moglie conserva il proprio cognome e vi aggiunge quello del marito, che diviene così segno distintivo non della persona, ma solo della sua relazione matrimoniale, rigettava il ricorso della moglie.

La questione

In un giudizio di divorzio, è possibile scindere la pronuncia di divorzio resa sullo status da quella concernente l'uso del cognome del marito?

Le soluzioni giuridiche

Alla questione, la Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24111dell'8agosto 2023, risponde affermativamente, ritenendo la domanda di divorzio e la domanda di conservazione del cognome due domande diverse, fondate su diversi presupposti e dirette a tutelare interessi diversi.

Mentre, infatti, la pronuncia di divorzio viene resa ogni qualvolta si accerti che la comunione materiale e morale tra i coniugi non può essere ricostituita, a prescindere quindi dalla valutazione circa la meritevolezza dell'interesse della moglie a mantenere il cognome del marito; la pronuncia che autorizza la conservazione del cognome dell'ex coniuge viene concessa solo quando viene riconosciuto in capo alla moglie detto interesse come meritevole di tutela, a prescindere dalla sua corrispondenza allo status.

Trattandosi dunque di domande diverse, le relative decisioni sono scindibili, e nulla osta, pertanto, a che la questione della conservazione del cognome venga decisa dopo la sentenza sullo status, unitamente alle altre questioni “accessorie” pendenti tra le parti.

Sul punto, la Corte di Cassazione ha altresì precisato che il comma III dell'art. 5 della l. 898/1970 che dispone che “il tribunale, con la sentenza con cui pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, può autorizzare la donna che ne faccia richiesta a conservare il cognome del marito” deve essere letto coordinandolo con il disposto della l. 898/1970, comma 12 dell'art. 4, a mente del quale “nel caso in cui il processo debba continuare per la determinazione dell'assegno, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa allo scioglimento o alla cessazione degli effetti civili del matrimonio”. E ciò in quanto il comma 12 dell'art. 4 sopra citato costituisce un'ipotesi di applicazione del principio generale di cui all'art. 277 c.p.c., comma 2, tale per cui può estendersi ad ogni caso in cui restino ancora da definire non soltanto la spettanza e la quantificazione dell'assegno di divorzio, ma anche tutte le altre questioni pendenti tra le parti che richiedano un'ulteriore istruttoria, come nel caso della valutazione della rispondenza della pronuncia all'interesse della moglie alla conservazione del cognome del marito.

Secondo i Giudici di legittimità la possibilità di consentire con effetti di carattere giuridico-formali la conservazione del cognome del marito, accanto al proprio, dopo il divorzio, è infatti da considerarsi una ipotesi straordinaria affidata alla decisione discrezionale del giudice di merito.

Osservazioni

Nell'ambito di un procedimento di divorzio, la domanda della moglie atta ad ottenere l'autorizzazione a conservare il cognome del marito, anche dopo aver sciolto il vincolo coniugale, deve essere attentamente vagliata dall'autorità giudiziaria, atteso che non può coincidere con il mero desiderio della stessa di conservare come tratto identitario il riferimento a una relazione familiare ormai conclusa.

La valutazione del Tribunale sul punto richiede pertanto un'apposita istruttoria, che mal si concilierebbe con l'esigenza di contrastare eventuali condotte dilatorie e soprattutto di garantire sollecite definizioni in ordine allo status.

La domanda di autorizzazione alla conservazione del cognome maritale, perseguendo a seconda dei casi un fine ed un bene diverso rispetto a quello perseguito con la domanda di divorzio, vale a dire lo stato libero, è da considerarsi diversa ed autonoma rispetto alla domanda di scioglimento del vincolo matrimoniale, e pertanto può essere decisa separatamente dalla domanda sullo status.

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