Annullamento della sentenza penale per riqualificazione del reato con rinvio agli effetti civili: modifica della domanda di risarcimento e deduzioni istruttorie

05 Ottobre 2023

Con la pronuncia penale di annullamento della sentenza di condanna, la Corte di cassazione demandava al giudice di rinvio il compito di verificare se la diversa e meno grave qualificazione giuridica del fatto rispetto a quella ritenuta nella decisione annullata potesse avere una diretta incidenza eziologica sulla determinazione del quantum di danno subito dalla parte civile e adottare, conseguentemente, le relative statuizioni risarcitorie. 

Massima

Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione della sentenza penale ai soli effetti civili sono consentite le nuove deduzioni istruttorie richieste dalla modificazione della domanda ai fini della prospettazione degli elementi costitutivi dell’illecito civile.

La parte civile, che abbia modificato la domanda ai fini della prospettazione degli elementi costitutivi dell’illecito civile in sede di rinvio a seguito di annullamento da parte della Corte di cassazione della sentenza penale ai soli effetti civili, può indicare nella citazione in riassunzione i mezzi di prova e le produzioni documentali richiesti dalla modificazione della domanda oppure, ove la riassunzione sia eseguita dalla controparte, può indicarli nella comparsa di costituzione nei venti giorni prima dell’udienza di trattazione mentre il convenuto può indicare la prova contraria nel primo caso nella comparsa di costituzione nei venti giorni prima dell’udienza di trattazione, nel secondo caso entro l’udienza di trattazione.

Il caso

La Corte di cassazione riqualificò, in uno meno grave, il titolo di reato per il quale si era sino ad allora proceduto; annullò la sentenza d'appello agli effetti penali per intervenuta prescrizione dell'illecito così riqualificato; annullò la stessa sentenza anche per gli effetti civili con riguardo alla richiesta di risarcimento dei danni materiali e morali proposta dalla parte civile; e rimise gli atti ai sensi dell'art. 622 c.p.p. al giudice civile per il giudizio sul danno relativo alla fattispecie di reato riqualificata. Il giudice del rinvio respinse la domanda di risarcimento per la mancata prova del danno: l'attore avrebbe dovuto fornire la dimostrazione a suo onere già nel processo penale o, al più tardi, nell'atto di riassunzione, in base agli artt. 345 e 350 c.p.c.

Il ricorso per cassazione avverso la sentenza del giudice del rinvio  denuncia – in principalità - l'illegittimo diniego del diritto alla prova come esercitato nel contesto del giudizio di rinvio (proposizione effettuata in udienza ai sensi dell'art. 183, comma 6, c.p.c.). 

La questione

Con la pronuncia penale di annullamento della sentenza di condanna la Corte di cassazione aveva indicato chiaramente il compito che demandava, per gli effetti civili, al giudice di rinvio. Il giudice di rinvio, si affermava, avrebbe dovuto verificare se la diversa e meno grave qualificazione giuridica del fatto rispetto a quella ritenuta nella decisione annullata potesse avere una diretta incidenza eziologica sulla determinazione del quantum di danno subito dalla parte civile e adottare, conseguentemente, le relative statuizioni risarcitorie. Infatti, la diversa qualificazione penale del fatto illecito può comportare effetti sulla gravità del danno patrimoniale e morale dei danneggiati, incidenti sull’entità del risarcimento. E in particolare, nell’effettuare la quantificazione del danno morale, il giudice del merito avrebbe dovuto tener conto anche della gravità del reato in sé, perché suscettibile di acuire i turbamenti psichici e l’entità del patema d’animo sofferto. Ma, tanto stabilito – e su questo è poi stata chiamata a decidere la Corte di cassazione civile con la sentenza che si annota -, nel successivo giudizio di rinvio si trattava di considerarne le conseguenze. Se la domanda di risarcimento proposta con la costituzione di parte civile riguardava inizialmente un determinato reato, occorreva nel giudizio di rinvio e a seguito della riqualificazione in un illecito diverso proporre una domanda risarcitoria corrispondentemente modificata? E in quali tempi era ancora consentito dedurre le prove inerenti al pregiudizio conseguente all’illecito riconfigurato quale reato difforme da quello originariamente addebitato?

Le soluzioni giuridiche

La Corte di legittimità ha osservato che nel giudizio civile di rinvio si determina una piena “translatio” del giudizio sulla domanda civile, sì che il giudice cui sono rimessi gli atti deve, ai fini della valutazione degli elementi soggettivo e oggettivo dell'illecito ex art. 2043 c.c., applicare i criteri di accertamento della responsabilità civile, diversi dai canoni di valutazione della responsabilità penale. Per questa ragione devono ritenersi legittime nel giudizio di rinvio: la formulazione di nuove conclusioni in conseguenza di quanto rilevato dalla sentenza di cassazione di annullamento in sede penale; l'emendatio della domanda di risarcimento ai fini della prospettazione degli elementi costitutivi del danno derivante dal reato riconfigurato; e la deduzione, nel necessario rispetto del sistema generale delle preclusioni processuali, delle istanze istruttorie di supporto probatorio della domanda modificata. Pertanto, la parte civile che riassume il giudizio e intende dedurre mezzi di prova a sostegno della domanda  deve farne indicazione già nella citazione in riassunzione, a pena di decadenza; tanto non era avvenuto nella vicenda in esame e rettamente la richiesta di prova, formulata nel caso di specie nel corso del giudizio e in udienza, era stata dichiarata tardiva. La Corte ha poi voluto completare il quadro degli oneri di parte ed ha aggiunto: quando è la parte civile a riassumere il processo davanti al giudice del rinvio, il convenuto che voglia opporre la prova contraria deve indicarla nella comparsa di costituzione; se la riassunzione del giudizio è effettuata dal convenuto, la parte civile convenuta nel giudizio di rinvio deve fare indicazione dei propri mezzi di prova e dei documenti nella comparsa di costituzione nei venti giorni prima dell'udienza di trattazione; mentre la controparte può dedurre la prova contraria entro l'udienza di trattazione.

Osservazioni

La giurisprudenza ha avuto nel tempo diverse occasioni di pronunciarsi in ordine alla posizione delle parti nel giudizio civile di rinvio successivo alla sentenza penale di annullamento nonché con riguardo alle domande da esse proponibili ed agli oneri probatori alle stesse pertinenti. Il principio base affermato in questa materia è nel senso che il giudice del rinvio conosce di un giudizio che non costituisce in alcun modo la prosecuzione del precedente procedimento di merito – per quanto concerne l'accertamento del fatto, il nesso causale con il danno, e la sussistenza di un danno risarcibile – ma si pone come piena translatio del giudizio sulla domanda civile. La natura di questo giudizio richiede di per sé che siano applicati i criteri di accertamento tipici della responsabilità civile, diversi da quelli che fondano la responsabilità penale. In questa ottica, la parte costituitasi parte civile per la proposizione della domanda di risarcimento assume nel giudizio di rinvio la veste di attore; e l'imputato conserva quella di soggetto nei cui confronti la domanda è diretta. Entro certi limiti il fatto che sia stato celebrato il processo penale e che questo sia giunto alla fase impugnatoria del ricorso per cassazione non rimane indifferente ai fini del compito poi demandato al giudice del rinvio. Questi può infatti utilizzare come fonte del proprio convincimento le prove raccolte nel precedente processo penale e ricavate direttamente dalla sentenza rescindente, anche se nel richiamare gli elementi di fatto acquisiti in quella sede deve sottoporli ad una valutazione autonoma e stabilire se essi sono sufficienti a far accertare la sussistenza di una responsabilità di natura civile (Cass. civ., sez. III, n. 517/2020). E sempre perché si è già svolto un procedimento nel cui contesto era stata inserita l'istanza civilistica di risarcimento, il contenuto della domanda in esso proposta  dalla parte civile non può essere ridotto o ampliato né possono essere ammesse domande nuove (Cass. civ., sez. III, n. 25918/2019).

In questo chiaro sfondo di regole interpretative il Supremo collegio ha dovuto collocare una fattispecie che notevolmente si differenziava dai precedenti esaminati e univocamente risolti. Infatti, nella vicenda de qua non soltanto la sentenza penale di condanna era stata annullata con conseguente prosecuzione del processo dinanzi al giudice civile, come era accaduto nei casi conosciuti;  questa volta il reato oggetto di imputazione era stato qualificato diversamente, contestualmente all'annullamento della sentenza di merito, sì che l'azione civile iniziata per un illecito penale determinato, avrebbe dovuto proseguire avendo come riferimento, e come titolo del danno da risarcire, un reato diverso. Questa circostanza ha condotto ad una pronuncia che si differenzia da quelle sin qui edite.

La Corte ha dichiarato errato l'assunto secondo cui la parte civile divenuta attrice avrebbe dovuto dedurre le prove del suo diritto già nel processo penale e, del resto, non si vede come avrebbe potuto rivolgerle verso un illecito che soltanto in seguito sarebbe stato rettamente configurato. Avrebbe dovuto, però, riformulare la domanda adducendo il reato come riqualificato quale evento lesivo a suo danno; e indicare le (necessariamente) nuove conclusioni e i mezzi di prova sin dalla citazione in riassunzione.

La pronuncia è certamente da condividere. La riqualificazione del reato per un illecito diverso aveva infatti mutato il fatto costitutivo del diritto al risarcimento. 

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