L’opposizione alla condanna per i canoni scaduti ed “a scadere”

Vito Amendolagine
16 Ottobre 2023

La sentenza del Tribunale di Massa verte sull’opposizione a decreto ingiuntivo per i canoni scaduti ed a scadere, decidendo nel merito per l’infondatezza della relativa impugnazione proposta dal conduttore, in quanto carente sotto il profilo probatorio ed in ordine al rimedio esperibile alla luce delle doglianze sollevate nell’atto di opposizione.

Massima

L'ingiunzione di pagamento disposta ai sensi dell'art. 664 c.p.c. integra una forma eccezionale di condanna in futuro, potendo avere ad oggetto non soltanto il pagamento dei canoni dovuti dal conduttore al momento dell'intimazione quanto, altresì, quelli a scadere sino al rilascio effettivo dell'immobile, per cui, ove non si contesti l'importo della somma ingiunta per ragioni antecedenti e sussistenti a tale data, ma si abbia riguardo a vicende successive all'emissione del provvedimento monitorio, ogni contestazione deve essere mossa nelle forme dell'art. 615 c.p.c., poiché, in tale caso, non si contesta la legittimità del decreto bensì l'applicazione concreta che ne abbia fatto il creditore.

Il caso

Il locatore ingiungeva ex art. 664 c.p.c. al conduttore il pagamento dei canoni di locazione scaduti ed a scadere, e, avverso tale provvedimento, veniva interposta opposizione per l'asserita inesistenza della dedotta morosità.

La questione

La quaestio juris verteva sulla legittimità del richiesto decreto ingiuntivo e sulla correlata opposizione, nell’ipotesi in cui le relative ragioni riguardassero vicende successive rispetto all’emissione del provvedimento monitorio.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale adìto rigettava integralmente l'opposizione proposta dai conduttori, atteso che questi ultimi, da un lato, non avevano dato prova di avere versato tali importi in data anteriore all'emissione del provvedimento monitorio e, dall'altro, affermando che, ove non si contestasse l'importo della somma ingiunta per ragioni antecedenti e sussistenti a tale data, ma si avesse riguardo a vicende successive all'emissione del provvedimento monitorio, ogni contestazione doveva essere mossa nelle forme dell'art. 615 c.p.c., poiché in tale caso, non si contestava la legittimità del decreto, bensì l'applicazione concreta che ne avesse fatto il creditore.

Osservazioni

Il rigetto dell'opposizione proposta avverso il decreto ingiuntivo richiesto dal locatore è motivato sulla scorta della constatazione che l'opponente non ha fornito la prova di aver adempiuto l'obbligazione di pagamento prima della richiesta avanzata in via monitoria, sicchè il decreto si profila del tutto legittimo al momento della sua emissione, incidendo gli eventuali adempimenti successivi sulla sopravvivenza della pretesa sostanziale dedotta nel provvedimento ma non sulla sua legittimità.

Le ragioni espresse dal Tribunale nella pronuncia che si annota muovono dalla considerazione che l'art. 664, comma 1, c.p.c. - norma di collegamento sia con l'art. 658 c.p.c. che rispetto all'art. 633 c.p.c. - prevede una delle ipotesi particolari di c.d. condanna in futuro, quella, cioè, in cui l'ordinamento valorizza l'interesse del creditore ad ottenere un provvedimento a carico del debitore prima ancora che si verifichi l'inadempimento dell'obbligato, secondo la previsione di un mezzo di tutela giurisdizionale non di tipo generale, ma eccezionale e tipico, del quale, non è consentito allargare per analogia l'area di applicabilità oltre le ipotesi espressamente previste di risoluzione della locazione, che trovano titolo in un inadempimento del conduttore (così Cass. civ., sez. III, 31 maggio 2005, n. 11603).

In particolare, in assenza di restituzione del bene locato, il conduttore alla scadenza del contratto, resta obbligato al pagamento dei canoni tutte le volte in cui permanga nella detenzione dell'immobile, e ciò quand'anche sia cessato l'esercizio dell'attività svolta nell'immobile locato (Cass. civ., sez. VI, 17 dicembre 2018, n. 32641).

La fattispecie scrutinata dal Tribunale è l'occasione per osservare che, sul piano squisitamente applicativo, la condanna del conduttore al pagamento dei canoni da scadere sino alla riconsegna dell'immobile locato trova la sua ragione d'essere nel fatto che essi risultano dal medesimo comunque dovuti anche a seguito della risoluzione della locazione, a titolo di danni per la protratta occupazione dell'immobile ai sensi dell'art. 1591 c.c. (Cass. civ., sez. III, 14 dicembre 2016, n. 25599). 

Più recentemente, è stato ribadito il principio precedentemente esposto secondo cui, in tema di locazione di immobili urbani, la condanna del conduttore al pagamento dei canoni da scadere sino alla riconsegna dell'immobile locato trova fondamento nella particolare disposizione dell'art. 664, comma 1, c.p.c., trattandosi di condanna in futuro, con la quale l'ordinamento tutela l'interesse del creditore all'ottenimento di un provvedimento nei confronti del debitore prima ancora che si verifichi l'inadempimento (Cass. civ., sez. III, 18 agosto 2023, n. 24819).

L'ammissibilità dell'emissione di un'ingiunzione al pagamento non solo dei canoni scaduti alla data di notificazione dell'intimazione, ma, ove l'intimante n'abbia fatto contestuale richiesta, anche di quelli da scadere fino all'esecuzione dello sfratto è stata ritenuta legittima anche dall'orientamento emerso nella giurisprudenza di merito formatasi antecedentemente alla pronuncia che si annota (App. Roma 18 settembre 2007).

Ciò premesso, se l'opposizione all'ingiunzione di pagamento di canoni scaduti, emessa dal giudice della locazione, va proposta con ricorso da depositare in cancelleria entro il termine previsto dall'art. 641 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 1° giugno 2000, n. 7263), quid juris in ordine al decreto ingiuntivo emesso ai sensi dell'art. 664 c.p.c. anche per i canoni a scadere?

Al riguardo, nella sentenza in commento si legge che ove parte conduttrice non contesti l'importo della somma ingiunta per ragioni antecedenti e sussistenti a tale data, ma si abbia riguardo a vicende successive all'emissione del provvedimento monitorio, ogni contestazione debba essere mossa nelle forme dell'art. 615 c.p.c.  

In ordine a tale punto specifico, secondo una risalente giurisprudenza di legittimità, sino ad oggi non contraddetta nei vari precedenti editi, si è affermato che laddove difetti l'opposizione del conduttore intimato il decreto ingiuntivo per i canoni scaduti e da scadere pronunciato nei suoi confronti in seguito all'istanza del locatore, ai sensi dell'art. 664 c.p.c., passa in giudicato, con gli stessi effetti preclusivi di qualsiasi provvedimento di condanna (Cass. civ., sez. III, 15 luglio 1991, n. 7815).

A ciò aggiungasi che il rimedio contemplato dall'art. 615 c.p.c. riguarda la contestazione del diritto della parte istante di procedere all'esecuzione forzata quando questa non è ancora iniziata, esperibile con l'opposizione al precetto, mentre quando l'esecuzione è in corso mediante ricorso al giudice dell'esecuzione.

Il legislatore ha, invece, previsto che avverso il decreto ingiuntivo emesso ex art. 664 c.p.c.- nel caso contemplato nell'art. 658 c.p.c. in relazione al quale, il giudice adìto pronuncia separato decreto d'ingiunzione immediatamente esecutivo per l'ammontare dei canoni scaduti e da scadere fino all'esecuzione dello sfratto, e per le spese relative all'intimazione - può essere proposta opposizione a norma dell'art. 645 c.p.c. (Cass. civ., sez. III, 17 febbraio 1994, n. 1529) che non toglie efficacia all'avvenuta risoluzione del contratto di locazione.

Conseguentemente, il rimedio tipico, costituito dal giudizio di opposizione introdotto dall'intimato, attiene alle contestazioni relative all'an ed al quantum debeatur per i canoni scaduti, atteso che in difetto di opposizione si realizza il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo, e con esso la relativa pretesa creditizia, anche laddove l'intimato si sia in precedenza opposto alla convalida dello sfratto per morosità.

Ciò in quanto, l'ordinanza di convalida di sfratto per morosità ed il decreto ingiuntivo emesso contestualmente e separatamente, hanno ciascuno vita autonoma e con essa, un distinto regime impugnatorio.

Sul piano del rito applicabile, va ribadito l'orientamento di legittimità formatosi in materia, laddove ha statuito il principio che in tema di competenza nelle cause relative a rapporti di locazione, le controversie in materia di locazione disciplinate dal rito di cui agli artt. 414 ss. c.p.c. sono quelle che riguardano direttamente un rapporto locatizio, il suo accertamento ed i suoi effetti nella fase di cognizione e non anche nella successiva fase di esecuzione, nella quale l'oggetto non è più detto rapporto, ma l'attuazione di un titolo che nella locazione trova origine remota, ragione per cui ne consegue che l'opposizione ai sensi dell'art. 615, comma 2, c.p.c., avverso un'esecuzione iniziata in base ad una ordinanza di convalida di sfratto, non rientra nell'ambito delle controversie locatizie soggette al rito speciale dell'art. 447 bis c.p.c., ma va decisa con il rito ordinario e non con quello del lavoro (Cass. civ., sez. VI/III, 30 marzo 2022, n. 10233; Cass. civ., sez. III, 4 agosto 2005, n. 16377).

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