Fatta salva l’innocenza dell’imputato, il riconoscimento della nullità della sentenza prevale sulla prescrizione

24 Ottobre 2023

La sentenza in esame non richiederebbe un particolare commento se non costituisse l'epilogo di una vicenda che si è articolata in una serie di “passaggi” procedurali molto significativi che ha visto coinvolti tutti i vertici della nostra giurisdizione.

Il problema ha riguardato il rapporto tra il riconoscimento dell'intervenuta prescrizione del reato e la nullità (assoluta) maturata nei gradi precedenti di cui la difesa chiedeva il riconoscimento, con conseguente annullamento della sentenza ricorsa con rinvio a un nuovo giudizio.

Era consolidato l'orientamento giurisprudenziale per il quale, a fronte di una nullità e in presenza della prescrizione del reato, il giudice doveva privilegiare la decisione di estinzione del reato.

In tal senso, infatti, si erano pronunciate a più riprese le Sezioni Unite: ex plurimi, Cass. pen., sez. un., 29 novembre 2001, Cremonini, RV 22.05.2011; Cass. pen., sez. un., 28 maggio 2009, Tettamanti, RV 244270.

In linea con questa impostazione, affrontando la questione specifica delle implicazioni di una decisione della Corte d'appello di dichiarare la prescrizione in sede di atti preliminari al dibattimento d'appello, senza contradditorio con l'imputato appellante, le Sezioni Unite della Cassazione, pur riconoscendo la nullità del processo, avevano affermato che anche in virtù della durata ragionevole e del principio di economia processuale, era inutile un rinvio in appello per una nuova decisione, prospettandosi – comunque – una sentenza di estinzione del reato.

Il supremo collegio afferma, infatti, che “nell'ipotesi di sentenza predibattimentale di appello, pronunciata in violazione del contradditorio, con la quale in riforma della sentenza di condanna di primo grado, è stata dichiarata l'estinzione del reato per prescrizione, la causa estintiva del reato prevale sulla nullità assoluta ed insanabile della sentenza, sempre che non risulti evidente la prova dell'innocenza (Cass. pen., sez. un., 27 aprile 2017, Iannelli, RV 269809).

La sentenza era stata fortemente criticata in dottrina in considerazione del fatto che la decisione, oltre ad essere stata emessa in violazione dell'esclusione della possibilità di applicare (unilateralmente) l'art. 469 c.p.p. – quest'ultima previsione per interpretazione costante della giurisprudenza non era applicabile – ledeva la richiesta dell'imputato di vagliare la sua domanda di essere riconosciuto innocente, nel giudizio di secondo grado.

La sentenza che aveva evidenziato, a conferma del contrasto sul punto, la sostituzione del relatore non risultava condivisa da altra sezione della Cassazione che con decisione motivata chiedeva l'intervento delle Sezioni Unite, in applicazione dell'art. 618 c.p.p. (si sarebbe trattato di una prima volta).

La Presidente della Cassazione, ritenendo il ricorso degli imputati inammissibile restituiva gli atti. La prima sezione sollevava una questione di legittimità costituzionale che la Consulta definiva con la sentenza n. 111/2022.

Con questa decisione, i giudici costituzionali non solo dichiarano l'illegittimità costituzionale dell'art. 568 comma 4 c.p.p., per violazione dell'art. 24 comma 2 Cost. e dell'art. 111 comma 2 Cost., in quanto interpretato nel senso che è inammissibile per carenza di interesse ad impugnare il ricorso per cassazione avverso una sentenza di appello, che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contradditorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato, ma nella motivazione hanno affermato con forza che la ragionevole durata del processo presuppone un processo “giusto”.

La problematica aveva perso di una certa attualità in considerazione del fatto che con la Riforma Cartabia la prescrizione non intervenuta in primo grado non poteva essere dichiarata in appello e in Cassazione.

Il tema potrebbe riproporsi, se venisse cambiata la disciplina della prescrizione – come annunciato – ma resterebbe ancora congelata se il blocco della prescrizione venisse fissato con la sentenza di secondo grado.

Il discorso quindi avrebbe potuto riguardare “l'onda lunga” di situazioni pregresse.

In tale contesto si inserisce la sentenza in esame che recependo quanto ritenuto dalla Corte costituzionale, sottolinea come il riconoscimento di una nullità assoluta, legata alla violazione del diritto di difesa prevalga sulla prescrizione del reato, fatta salva l'ipotesi che la Cassazione, in applicazione dell'art. 129 comma 2 c.p.p. riconosca evidente l'innocenza dell'imputato.

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