Abuso di mezzi di correzione e limiti allo jus corrigendi nei rapporti familiari e scolastici

Angelo Salerno

1. Bussole di inquadramento

Il delitto di abuso dei mezzi di correzione

Il delitto di abuso dei mezzi di correzione, punito dall'art. 571 c.p., tutela l'incolumità psico-fisica delle persone sottoposte all'altrui autorità rispetto alle condotte abusive realizzate da chi rivesta una posizione sovraordinata rispetto alla persona offesa.

Si tratta infatti di un delitto c.d. proprio, che può essere commesso esclusivamente da chi rivesta una posizione di autorità nei confronti della persona offesa ovvero da chi ne sia affidatario per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza, custodia ovvero per l'esercizio di una professione o di un'arte.

In entrambi i casi è necessario che il soggetto agente, in ragione del rapporto che sussiste con la persona offesa, sia titolare di mezzi di correzione o di disciplina, il cui abuso è punito con la reclusione fino a sei mesi dall'art. 571, comma 1, c.p., quando ne derivi il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente per la seconda.

In merito alla struttura del delitto è prevalsa in dottrina e in giurisprudenza la tesi secondo cui si tratta di un reato di pericolo, che la Corte di Cassazione ha qualificato come pericolo astratto, affermando che non deve essere accertato necessariamente attraverso una perizia medico-legale, ma può essere desunto anche dalla natura stessa dell'abuso, secondo le regole della comune esperienza. Secondo i giudici di legittimità, la sussistenza del pericolo di malattia nel corpo o nella mente può ritenersi, senza bisogno di alcuna indagine eseguita sulla base di particolari cognizioni tecniche, allorquando la condotta dell'agente presenti connotati tali da risultare suscettibile in astratto di produrre siffatta conseguenza (Cass. VI, n. 6001/1998).

La giurisprudenza di legittimità ha precisato, al riguardo, che in siffatte ipotesi, la nozione di malattia è più ampia di quella del fatto di lesione personale, estendendosi fino a comprendere ogni conseguenza rilevante sulla salute psichica del soggetto passivo, quali stato d'ansia, insonnia, disagio psicologico, depressione, disturbi del carattere e del comportamento, nonché alimentari (Cass. VI, n. 7969/2020; Cass. VI, n. 19850/2016)

Il verificarsi della malattia o finanche della morte della persona offesa integra, infatti, la più grave fattispecie di cui al comma 2 dell'art. 571 c.p., ai sensi del quale, se dal fatto deriva una lesione personale, si applicano le pene stabilite negli articoli 582 e 583 c.p., ridotte a un terzo, mentre, se ne deriva la morte, si applica la pena della reclusione da tre a otto anni.

In siffatte ipotesi l'evento lesivo o letale per la persona offesa opera quale aggravante della fattispecie di abuso di mezzi di correzione o di disciplina, secondo lo schema proprio dei delitti aggravati dall'evento, rispetto al quale non deve sussistere il dolo del soggetto agente, configurandosi altrimenti le più gravi fattispecie di lesioni volontarie o di omicidio volontario.

La disposizione del comma 2 è stata ritenuta speciale rispetto al delitto di morte o lesioni come conseguenza di altro delitto, di cui all'art. 586 c.p., con conseguente applicazione del meno severo trattamento sanzionatorio che il legislatore ha riservato alla fattispecie in esame.

La condotta di abuso

La condotta criminosa punita dall'art. 571 c.p. consiste nell'abuso di mezzi di correzione o disciplina da parte di soggetti agenti qualificati, in quanto titolari di una posizione sovraordinata rispetto alla persona offesa.

È sufficiente un unico atto espressivo dell'abuso in quanto si tratta di un reato non necessariamente abituale (Cass. VI, n. 52542/2016).

L'abuso di mezzi di correzione o di disciplina richiede che il soggetto agente ne sia titolare, proprio in virtù della relazione qualificata con la persona offesa.

Occorre al riguardo premettere che tali strumenti correttivi non possono trasmodare in alcuna forma di violenza (Cass. VI, n. 43434/2022), in ossequio ai principi costituzionali e sovranazionali, così come affermati dall'art. 2,13 e 32 Cost., in relazione alla tutela dell'integrità fisica, dell'incolumità e della libertà personale dell'individuo, nonché dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo, sottoscritta a New York nel 1989 e ratificata dall'Italia con l. n. 176/1991, che ripudia la violenza quand'anche realizzata per finalità educative.

La giurisprudenza di legittimità fa invero salvi gli “atti di minima valenza fisica o morale, che risultino necessari per rafforzare la proibizione, non arbitraria, né ingiusta, di comportamenti oggettivamente pericolosi o dannosi, rispecchianti la inconsapevolezza o la sottovalutazione del pericolo, la disobbedienza gratuita, oppositiva e insolente” (Cass. VI, n. 11251/2011); al contrario, la Corte di Cassazione esclude che rientri nella nozione di mezzi di correzione o disciplina l'uso della violenza, quand'anche esercitata a scopi educativi, “sia per il primato che l'ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di connivenza, utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice” (Cass. VI, n. 4904/1996; Cass. VI, n. 11956/2017).

Difatti, come ormai pacificamente affermato dai giudici di legittimità, la fattispecie delittuosa ex art. 571 c.p. è integrata solo in caso di uso in funzione educativa di un “mezzo astrattamente lecito, sia esso di natura fisica, psicologica o morale, che trasmodi nell'abuso sia in ragione dell'arbitrarietà o intempestività della sua applicazione, sia in ragione dell'eccesso nella misura” (Cass. VI, n. 3789/1998, Cass. VI, n. 11251/2011).

Sul presupposto infatti che, specie nel caso in cui la persona offesa sia un minore, «il termine “correzione”, presente nella dizione normativa, va inteso come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo» (Cass. VI, n. 15149/2014), i mezzi di correzione rilevanti ai sensi dell'art. 571 c.p. sono solo quelli per loro natura deputati all'educazione, rispetto ai quali è integrata la condotta criminosa allorché essi tradiscano l'importante e delicata funzione educativa (Cass. VI, 43434/2022), trasmodando “nell'abuso sia in ragione dell'arbitrarietà o intempestività della sua applicazione sia in ragione dell'eccesso nella misura, senza tuttavia attingere a forme di violenza” (Cass. VI, n. 42648/2007).

L'elemento soggettivo del reato

L'elemento soggettivo del delitto è individuato da una parte della dottrina nel dolo generico, sul presupposto che la finalità educativa o disciplinare che caratterizza l'abuso dei mezzi di correzione sia insita nella condotta criminosa e non già nell'elemento soggettivo, escludendo così il dolo specifico. Nello stesso senso si è espressa parte della giurisprudenza di legittimità, affermando che per l'integrazione della fattispecie in esame “è sufficiente il dolo generico, non essendo dalla norma richiesto il dolo specifico, cioè un fine particolare e ulteriore rispetto alla consapevole volontà di realizzare il fatto costitutivo del reato, ossia la condotta d'abuso” (Cass. VI, n. 18289/2010).

Di segno contrario il più risalente orientamento di legittimità che qualificava invece il delitto in termini di dolo specifico, affermando espressamente che “il reato di cui all'art 571 cod. pen. è qualificato da un dolo specifico che si concreta nell'avere agito nell'esercizio dello jus corrigendi, cioè al particolare fine correttivo” (Cass. I, n. 13404/1977).

Con particolare riferimento invece all'imputazione degli eventi aggravanti di cui al comma 2 dell'art. 571 c.p., come anticipato, deve escludersi che il soggetto agente abbia voluto realizzarli, incorrendo altrimenti nelle più gravi fattispecie di lesioni e omicidio volontari. A fronte degli interventi della Corte Costituzionale in tema di colpevolezza, che con le sentenze nn. 364 e 1085 del 1998 ha richiesto che ciascun elemento costitutivo della fattispecie penale sia imputabile sul piano soggettivo al reo, quantomeno a titolo di colpa, può infatti ritenersi sufficiente che il soggetto agente potesse prevedere, in quanto dallo stesso conoscibili, le conseguenze lesive o letali del proprio comportamento abusivo, secondo il disposto dell'art. 59, comma 2, c.p.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
L'amministratore di sostegno può commettere il delitto di abuso di mezzi di correzione o di disciplina?

Orientamento dominante della Corte di Cassazione

Il delitto di abuso di mezzi di correzione o di disciplina non è configurabile in capo all'amministratore di sostegno.

La Corte di Cassazione ha infatti evidenziato che quest'ultimo è titolare dei soli compiti stabiliti dagli artt. 404 ss. c.c., limitati all'assistenza dell'amministrato per il compimento degli atti negoziali, a tutela degli interessi patrimoniali dello stesso, senza che sussista alcuna competenza educativa, di cura o di custodia nei suoi confronti. Difetta pertanto il requisito soggettivo e oggettivo necessario per la configurabilità del delitto (Cass. VI, n. 1222/2020).

Per le medesime ragioni, la Corte ha escluso che possano ravvisarsi gli estremi dell'abuso di mezzi di correzione o di disciplina allorché la persona offesa abbia raggiunto la maggiore età, venendo meno in capo ai genitori della stessa qualunque forma di autorità, ancorché persista il rapporto di convivenza (Cass. VI, n. 4444/2011).

Domanda
Quando la condotta di un insegnante integra il delitto di abuso di mezzi di correzione o di disciplina?

Orientamento maggioritario della Corte di Cassazione

Come si è avuto modo di anticipare, esula dal perimetro applicativo della fattispecie incriminatrice dell'abuso di mezzi di correzione o di disciplina, specie in ambito scolastico, qualunque forma di violenza fisica, ancorché sostenuta da animus corrigendi, atteso che, secondo la linea evolutiva tracciata dalla su richiamata Convenzione dell'ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l'esercizio lecito del potere correttivo ed educativo, che mai deve deprimere l'armonico sviluppo della personalità del minore (Cass. VI, n. 13145/2022).

L'abuso ex art. 571 c.p. presuppone invece l'eccesso nell'uso di mezzi che siano in sé giuridicamente leciti, mediante i quali l'insegnante umili, svaluti, denigri o violenti psicologicamente un alunno causandogli pericoli per la salute, atteso che, in ambito scolastico, il potere educativo o disciplinare deve sempre essere esercitato con mezzi consentiti e proporzionati alla gravità del comportamento deviante del minore, senza superare i limiti previsti dall'ordinamento o consistere in trattamenti afflittivi dell'altrui personalità (Cass. VI, n. 34492/2012).

È stata pertanto ravvisata la fattispecie delittuosa in esame a fronte del comportamento di un insegnante che aveva costretto un alunno a scrivere per cento volte sul quaderno la frase “sono un deficiente”, quale forma di violenza psicologica (Cass. VI, n. 34492/2012), così come nel caso di un insegnante che aveva pronunciato espressioni offensive nei riguardi di alcuni alunni, costringendoli, con minaccia di bocciatura e di conseguenze penali in caso di rifiuto, a scrivere una lettera al preside con cui ritrattavano le accuse nei confronti della stessa insegnante (Cass. V, n. 47543/2015).

La Corte di Cassazione ha invece escluso che comportamenti, pur in opportuni, quali le condotte di un insegnante di un asilo nido non violente e tipicamente affettuose, per la loro connotazione di piccolo eccesso o mancanza di misura nella relazione tra l'educatore ed il minore, possano integrare il delitto in esame (Cass. VI, n. 11795/2013, in relazione ad un caso di comportamenti di un insegnante di un asilo nido consistiti in baci sulle labbra ed abbracci molto intensi ai bambini).

Orientamento minoritario della Corte di Cassazione

Secondo un orientamento minoritario della Corte di Cassazione, il delitto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina può essere altresì integrato dal comportamento dell'insegnante che faccia ricorso a qualunque forma di violenza, ivi compresa quella fisica, seppure minima ed orientata a scopi educativi, come nel caso di una insegnante che aveva sottoposto i bambini a lei affidati a violenze fisiche, consistite in schiaffi o nel tirare loro i capelli con forza, ovvero a violenza psicologica e, ancora, a condotte umilianti (Cass. VI, n. 9954/2016).

Come si è avuto modo di anticipare, tale soluzione è stata tuttavia disattesa e superata dalla successiva giurisprudenza di legittimità, che ha categoricamente escluso la sussistenza del delitto a fronte di condotte di violenza fisica, ravvisando il diverso delitto di maltrattamenti ex art. 572 c.p., in caso di condotte reiterate (Cass. VI, n. 11956/2017), ovvero le fattispecie di lesioni o percosse, a fronte di un singolo episodio (Cass. VI, n. 13145/2022).

Domanda
Qual è il discrimen tra il delitto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina e quello di maltrattamenti contro familiari e conviventi?

Orientamento dominante della Corte di Cassazione

L'uso sistematico della violenza, quale ordinario trattamento del minore affidato, anche lì dove fosse sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nell'ambito della fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti.

Secondo la Corte di Cassazione, l'elemento differenziale tra il delitto di abuso dei mezzi di correzione, ex art. 571 c.p., e quello di maltrattamenti contro familiari e conviventi, di cui all'art. 572 c.p., deve essere individuato nella natura violenta o meno delle condotte poste in essere dal soggetto agente, in quanto l'uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito (Cass. VI, n. 11956/2017).

I giudici di legittimità hanno precisato, al riguardo, che non appare dirimente il grado di intensità delle condotte violente tenute dall'agente, in quanto il reato di abuso dei mezzi di correzione presuppone l'uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti, quali l'esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche, l'obbligo di condotte riparatorie o forme di rimprovero non riservate (Cass. VI, n. 11777/2020).

Al contrario, in caso di uso sistematico di violenza fisica e morale, come ordinario trattamento della persona offesa, quand'anche sorretto da un animus corrigendi, deve escludersi la configurabilità del meno grave delitto ex art. 571 c.p., a nulla rilevando il preteso intento educativo. (Cass. III, n. 17810/2019).

In siffatte ipotesi, le condotte integreranno invece il più grave delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi (Cass. VI, n. 53425/2014).

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova nel corso delle indagini preliminari (art. 464-ter); Richiesta dell'indagato di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari (art. 447, comma 1); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1).

ProcedibilitàIl delitto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina è procedibile d'ufficio, tanto nelle ipotesi di cui al comma 1, quanto nei casi di cui al comma 2, allorché dal fatto siano derivate lesioni o finanche il decesso della persona offesa. Con particolare riferimento alle ipotesi di abuso aggravate dalla causazione di lesioni lievi, di cui all'art. 582 c.p., è stata sollevata questione di legittimità costituzionale in ordine al regime di procedibilità del delitto, ravvisando una violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui l'art. 571 c.p. prevede la procedibilità di ufficio a fronte della procedibilità a querela di parte stabilita invece per le lesioni personali volontarie non aggravate, reato punito peraltro in misura più grave.La Corte Costituzionale ha tuttavia dichiarato manifestamente infondata la questione, evidenziando che la perseguibilità d'ufficio non è necessariamente rapportata alla gravità del reato e che tale forma di procedibilità appare razionale rispetto ai fatti ex art. 571 c.p. in quanto volta ad escludere di rimettere «all'iniziativa dell'offeso, spesso un minore o un minorato o un dipendente, la punibilità di chi ha tradito la sua funzione di educatore o istruttore», mediante una condotta abusiva che caratterizza la fattispecie in esame e consente di differenziarne razionalmente il regime di procedibilità a parità di conseguenze lesive (Corte cost., ord. n. 27/1991).

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

Il delitto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina si prescrive, ai sensi dell'art. 157 c.p., nel termine-base di sei anni che, a fronte di eventi interruttivi, può essere esteso fino ad un massimo di sette anni e sei mesi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Ai sensi dell'art. 161 bis c.p., il corso del termine di prescrizione cessa definitivamente con la pronunzia della sentenza di primo grado ma, in caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento.

Inoltre, a partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al delitto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina, nella forma non aggravata di cui al comma 1 dell'art. 571 c.p., non è mai consentito l'arresto in flagranza di reato (artt. 380,381 c.p.p.) né il fermo (art. 384 c.p.p.).

Nelle ipotesi aggravate di cui al comma 2 dell'art. 571 c.p., con esclusivo riferimento alle lesioni personali gravissime (art. 583, comma 2, c.p.) e alla morte della persona offesa, è consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato. Solo in caso di morte conseguente all'abuso di mezzi di correzione o di disciplina è consentito il fermo, essendo prevista la pena della reclusione da tre a otto anni (art. 384 c.p.).

Misure cautelari personali

Per determinare la pena agli effetti dell'applicazione delle misure cautelari personali, ai sensi dell'art. 278 c.p.p., si deve tener conto delle circostanze aggravanti di cui all'art. 571, comma 2, c.p. che, in relazione ai casi di lesioni gravi o gravissime comportano un aumento, ad effetto speciale, della pena base fino rispettivamente a quattro anni di reclusione e ad otto anni di reclusione, nonché, in caso di morte della persona offesa, la pena della reclusione da tre a otto anni.

Ne consegue che, soltanto in siffatte ipotesi, saranno applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; solo in caso di lesioni gravissime o di morte derivate dall'abuso di mezzi di correzione o di disciplina è invece applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

Ad eccezione del caso in cui dal fatto sia derivata la morte della persona offesa, in tutti i casi di abuso di mezzi di correzione o di disciplina è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Qualora invece ricorra l'ipotesi di cui all'art. 571, comma 2, c.p., in relazione alla morte della persona offesa, sarà competente per materia la Corte d'Assise, ai sensi dell'art. 5, comma 1, lett. c), c.p.p.

Citazione a giudizio

Il delitto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina non richiede l'udienza preliminare e si procede con citazione diretta a giudizio da parte del Pubblico Ministero, ad eccezione dei casi di cui al comma 2 dell'art. 571 c.p., in relazione alle ipotesi di lesioni gravissime e di morte della persona offesa, per i quali la pena detentiva supera i quattro anni di reclusione ed è necessaria l'udienza preliminare (cfr. artt. 550, comma 1, c.p.p.).

Composizione del tribunale

Fuori dei casi di competenza della Corte d'Assise, il processo per il delitto di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica.

4. Conclusioni

La fattispecie di abuso dei mezzi di correzione o di disciplina ha registrato nel corso degli anni un'evoluzione nell'interpretazione che dottrina e giurisprudenza hanno dato alla norma incriminatrice, in linea con il progressivo affermarsi dei principi costituzionali e con i mutamenti sociali in ambito familiare ed educativo.

È stata così stigmatizzata qualsivoglia forma di violenza fisica, incompatibile con i valori costituzionali e gli obblighi internazionali, limitando l'ambito applicativo della fattispecie in esame alle sole ipotesi in cui la condotta criminosa si iscriva in un contesto lecito, riguardando l'uso distorto e sproporzionato di strumenti consentiti dall'ordinamento.

I settori nevralgici, rispetto ai quali si concentra la casistica giurisprudenziale, riguardano il contesto familiare e quello scolastico, nel cui ambito genitori e insegnanti sono chiamati a formare ed educare i minori, anche attraverso imposizioni più o meno intense.

L'opera interpretativa della Corte di Cassazione, volta a rendere il più possibile tassativa e precisa l'applicazione della norma incriminatrice, ha consentito, specie nell'ambito di tali delicate dinamiche, di circoscrivere le condotte penalmente rilevanti e di evidenziarne le caratteristiche essenziali per inquadrare correttamente i singoli comportamenti, sia rispetto a più gravi delitti, quali i maltrattamenti contro familiari o conviventi, sia in relazione a condotte che, sebbene socialmente inadeguate, non richiedono l'intervento del legislatore penale.

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