Discrimen tra reato abituale di maltrattamenti e pluralità di reati in continuazione, ai fini della rimessione di querela e della prescrizione del reato1. Bussole di inquadramentoIl delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi Il delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi, disciplinato dall'art. 572 c.p., è integrato dalla condotta di chiunque, fuori dei casi indicati nell'articolo precedente, maltratta una persona della famiglia o comunque convivente, o una persona sottoposta alla sua autorità o a lui affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte. L'attuale formulazione della norma incriminatrice è frutto degli interventi legislativi intervenuti dapprima del 2012, con l. n. 172, di recepimento della Convenzione di Lanzarote del Consiglio d'Europa, per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, del 2007, e più di recente con l. n. 69/2019, c.d. Codice Rosso, che ha elevato la cornice edittale del reato in quella vigente da tre a sette anni di reclusione. Il previgente Codice Zanardelli annoverava le condotte di maltrattamenti tra i delitti contro la persona mentre il legislatore del Codice Rocco ha collocato la fattispecie tra i delitti contro la famiglia, operando una scelta criticata da una parte della dottrina, dal momento che le condotte punite ex art. 572 c.p. non si iscrivono esclusivamente tra i rapporti familiari. Tale collocazione del delitto in esame ha altresì determinato incertezze in ordine all'individuazione del bene giuridico tutelato, che parte della dottrina riconduce alla famiglia, in un'accezione lata, che includa ogni rapporto interpersonale caratterizzato da stabilità e vicinanza. L'orientamento prevalente identifica invece il bene protetto nella persona del maltrattato, esposto alla supremazia o all'arbitrio di un familiare o di un soggetto preposto alla sua cura o educazione, ovvero di un convivente. La struttura del reato Il delitto di maltrattamenti è un reato abituale che opera in via residuale rispetto alla fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, di cui all'art. 571 c.p., e si sostanzia in una condotta a forma libera, posta in essere nei confronti di una persona con cui il soggetto agente si trovi in relazione qualificata. In merito al soggetto attivo del reato si è sostenuto che si tratti di un reato proprio, nonostante l'uso del termine “chiunque”, in ragione della relazione qualificata che deve sussistere tra soggetto attivo e soggetto passivo del reato, inquadrabile in uno dei rapporti individuati dal legislatore. La condotta tipica del delitto è a forma libera, potendo consistere in un qualsiasi comportamento di maltrattamento, che provochi nel soggetto passivo una sofferenza fisica o morale, mortificandolo e rendendo intollerabile il rapporto tra soggetto agente e persona offesa. Come anticipato, la condotta di maltrattamenti è qualificata come reato abituale e richiede la reiterazione degli atti di vessazione, da cui derivi una fonte di disagio che si protrae nel tempo, anche se non in maniera continuativa e permanente, sì da risultare incompatibile con le normali condizioni di vita della vittima, rendendo la relazione personale con il soggetto agente dolorosa ed avvilente (Cass. VI, n. 4015/1996). Le condotte di maltrattamenti possono dunque configurarsi in termini di percosse, ingiurie, minacce o privazioni, nonché in atti di disprezzo e di offesa alla dignità della persona offesa, che le cagionino sofferenze fisiche o anche solo morali (Cass. VI, n. 44700/2013). Il delitto può essere commesso anche in forma omissiva, quando sussista un dovere giuridico di agire, come nel caso in cui un genitore venga meno ai propri obblighi nei confronti di un figlio o il coniuge nei confronti dell'altro coniuge. Possono assumere altresì rilevanza condotte di mera inerzia, in quanto possibili forme di maltrattamento, in violazione di doveri anche solo etici o morali, tali da determinare gli effetti tipici del delitto ex art. 572 c.p. Una particolare forma di maltrattamenti, nell'ambito familiare, può consistere nella c.d. violenza assistita, nel caso di “condotte di reiterata violenza nei confronti dell'altro genitore, quando i discendenti siano resi sistematici spettatori di tali comportamenti, in quanto tale atteggiamento integra una omissione connotata da deliberata indifferenza e trascuratezza verso i bisogni affettivi della prole” (Cass. VI, n. 4332/2015). L'ultimo comma dell'art. 572 c.p., introdotto con il c.d. Codice Rosso, l. n. 69/2019, prevede oggi infatti che il minore di anni diciotto che assista ai maltrattamenti si considera persona offesa dal reato. L'elemento soggettivo del delitto di maltrattamenti consiste nel dolo generico, che si sostanzia nella coscienza e nella volontà di sottoporre in maniera sistematica e continuativa il soggetto passivo a sofferenze fisiche e morali. Non è necessario uno specifico programma criminoso, proiettato verso un determinato risultato, essendo invece sufficiente la consapevolezza e volontà di sottoporre la vittima ad un trattamento abitualmente offensivo; occorre dunque un dolo unitario, dal momento che l'agente deve rappresentarsi il fatto che la singola sopraffazione è espressione di una condotta abusiva già reiterata in altre occasioni (Cass. VI, n. 15146/2014). La consumazione del delitto può non coincidere con il suo perfezionamento, per il quale è necessario il compimento di quell'atto che, sorretto da dolo unitario e unendosi alle precedenti condotte, realizzi l'evento lesivo. Qualora quest'ultimo risulti successivamente aggravato da nuove e ulteriori condotte poste in essere dal soggetto agente, quando il reato sia già perfezionato, la consumazione del delitto dovrà individuarsi nel momento dell'ultimo atto di maltrattamenti ovvero nel momento in cui sia venuta meno la relazione qualificata tra soggetto agente e persona offesa, necessaria per l'integrazione del delitto (es. cessazione della convivenza o del rapporto di affidamento, ecc.). Secondo l'orientamento prevalente deve escludersi la configurabilità del tentativo, in quanto incompatibile con la struttura del delitto abituale. Circostanze e trattamento sanzionatorio Trovano applicazione in relazione al delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi le circostanze aggravanti speciali di cui ai commi 2 e 3. Il comma 2 dell'art. 572 c.p. disciplina una prima serie di circostanze aggravanti ad effetto speciale, che determinano l'aumento della pena fino alla metà e ricorrono se il fatto è alternativamente commesso in presenza o ai danni di un minore, ovvero contro una donna in stato di gravidanza o un disabile o infine con armi. Ai sensi del comma 3, inoltre se dal fatto deriva una lesione personale grave, si applica la reclusione da quattro a nove anni; se ne deriva una lesione gravissima, la reclusione da sette a quindici anni; se ne deriva la morte la reclusione da dodici a ventiquattro anni. Ricorre dunque lo schema del delitto aggravato dall'evento, quando quest'ultimo sia riconducibile sul piano causale alla condotta del reo e ne costituisca una conseguenza da esso non voluta, neanche a titolo di dolo eventuale, ricorrendo altrimenti le ipotesi criminose dell'omicidio e delle lesioni personali dolose (Cass. I, n. 21329/2008). È stato tuttavia ritenuta necessaria, secondo una lettura costituzionalmente orientata della fattispecie, la prevedibilità in concreto della morte o delle lesioni della persona offesa, quale conseguenza della condotta criminosa di base (Cass. VI, n. 44492/2009). Tale requisito è inoltre richiesto dall'art. 59, comma 2, c.p., in relazione all'imputazione delle circostanze aggravanti, valutate a carico dell'agente soltanto se da lui conosciute ovvero ignorate per colpa o ritenute inesistenti per errore determinato da colpa. La pena irrogata a fronte della commissione del fatto nella sua forma semplice ovvero in presenza delle esaminate aggravanti potrà essere condizionalmente sospesa, ex art. 163 c.p., solo subordinando la sospensione alla partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannai per i reati cc.dd. di violenza di genere, come previsto dall'art. 165 c.p., novellato sul punto dalla l. n. 69/2019, c.d. Codice Rosso. La Corte di Cassazione ha ritenuto che la norma, pur avendo natura sostanziale, si applica anche a fatti di maltrattamenti in famiglia perfezionatisi prima della sua entrata in vigore, ma protrattisi – senza significative cesure temporali – in epoca successiva, stante l'unitarietà strutturale del reato (Cass. VI, n. 32577/2022). Va infine rilevato che, ai sensi dell'art. 34, comma 2, c.p., la condanna per il delitto di maltrattamenti contro familiari, nello specifico caso di abuso della responsabilità genitoriale da parte del soggetto agente, comporta la sospensione dall'esercizio di essa per un periodo di tempo pari al doppio della pena inflitta. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Quando si è in presenza di una condotta abituale di maltrattamenti invece di una pluralità di autonome fattispecie di reato?
Orientamento dominante della Corte di Cassazione Il delitto ex art. 572 c.p. si perfeziona allorché si realizza un minimo di condotte (delittuose o meno) collegate da un nesso di abitualità, rivolte, sia oggettivamente sia nella rappresentazione del soggetto agente, all'avvilimento o alla durevole oppressione della persona offesa, laddove, in mancanza di tale duplice elemento oggettivo e soggettivo, i singoli fatti possono realizzare altre fattispecie delittuose. Il delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi è un reato abituale, che può essere integrato tanto da condotte prive di autonoma rilevanza penale quanto da comportamenti che integrano autonome fattispecie criminose. Se, da un lato, alcune delle fattispecie criminosa astrattamente configurabili resta assorbita, in forza del principio di specialità, nella condotta di maltrattamenti, come nel caso dei delitti di percosse o di minacce (Cass. VI, n. 33091/2003), altri reati sono destinati a concorrere con il delitto ex art. 572 c.p., come invece i delitti di lesioni, ex art. 582 c.p., (Cass. VI, n. 13898/2012), violenza privata, ex art. 610 c.p., (Cass. II, n. 19545/2020) o violazione degli obblighi di assistenza familiare, ex art. 570 c.p. (Cass. VI, n. 4390/2010). Tanto nel primo quanto nel secondo caso le singole fattispecie, oltre ad assumere autonoma rilevanza penale, concorrono nel definire la condotta abituale di maltrattamenti di cui all'art. 572 c.p., a prescindere dalla procedibilità, dalla punibilità o dall'eventuale estinzione dei singoli reati (Cass. VI, n. 39228/2011). Difatti, a fronte della remissione di querela da parte della persona offesa, l'eventuale estinzione dei reati procedibili a querela di parte (come ad esempio le lesioni volontarie non aggravate o la violenza privata) non determina il venir meno del delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi, come previsto dall'art. 170 c.p. Qualora tuttavia dovesse escludersi in sede di giudizio la sussistenza del delitto di maltrattamenti ex art. 572 c.p., per difetto dei presupposti del reato (in relazione al rapporto tra soggetto agente e persona offesa), della abitualità della condotta ovvero dell'elemento soggettivo del dolo unitario, le singole condotte integranti autonome fattispecie penali (ivi comprese quelle di percosse o di minacce, assorbite nel delitto ex art. 572 c.p.), singolarmente considerate, potrebbero essere dichiarate estinte. La Corte di Cassazione è stata dunque chiamata a definire i presupposti in presenza dei quali i singoli comportamenti tenuti dal soggetto agente debbano assumere rilevanza in termini unitari, quali frammenti della condotta abituale di maltrattamenti, e quando invece debba escludersi la natura unitaria della condotta, tenendo quindi autonomamente in considerazione le singole fattispecie. I giudici di legittimità hanno precisato, al riguardo, che il delitto di maltrattamenti ex art. 572 c.p. integra una ipotesi di reato necessariamente abituale, che si caratterizza per la sussistenza di una serie di fatti, per lo più commissivi, ma anche omissivi, i quali isolatamente considerati potrebbero anche essere non punibili (atti di infedeltà, di umiliazione generica, etc.) ovvero non perseguibili (ingiurie, percosse o minacce lievi, procedibili solo a querela), ma acquistano rilevanza penale per effetto della loro reiterazione nel tempo, unitamente alle condotte che integrino invece autonomi e distinti reati. Il delitto ex art. 572 c.p. si perfeziona allorché si realizza un minimo di tali condotte (delittuose o meno) collegate da un nesso di abitualità (Cass. VI, n. 4636/1995). Occorre dunque un complesso di attività rivolte, sia oggettivamente sia nella rappresentazione del soggetto agente, all'avvilimento o alla durevole oppressione della persona offesa, laddove, in mancanza di tale duplice elemento oggettivo e soggettivo, i singoli fatti possono realizzare altre fattispecie delittuose (Cass. II, n. 1719/1966). Al fine di accertare la sussistenza dell'abitualità della condotta e del dolo unitario e programmatico che caratterizza il delitto ex art. 572 c.p., occorre verificare di volta in volta se la condotta realizzata dal soggetto agente presenti carattere meramente estemporaneo ed occasionale. Qualora infatti risulti solo l'espressione reattiva di uno stato di tensione, che può sempre verificarsi nella vita di coppia, si dovrà eventualmente fare richiamo a figure criminose estranee ai delitti contro la famiglia e rientranti tra quelli contro la persona, quali i reati di minacce, lesioni, violenza privata o percosse. Quando invece, nel rapporto tra coniugi, la condotta si concretizza nella inosservanza cosciente e volontaria dell'obbligo di assistenza morale e affettiva verso l'altro coniuge, che scaturisce dal vincolo matrimoniale e che ha la finalità di garantire che l'altro coniuge – in caso di difficoltà – non sia mai lasciato solo a se stesso, si verserà nell'ipotesi delittuosa di cui all'art. 570, primo comma, c.p. Solo quando la condotta anti-doverosa assuma invece connotati di tale gravità da costituire, per la persona offesa, fonte abituale di sofferenze fisiche e morali, attraverso maltrattamenti reiterati che rendano mortificante e intollerabile la convivenza tra soggetto agente e persona offesa, l'ipotesi delittuosa configurabile sarà quella di maltrattamenti di cui all'art. 572 c.p. (Cass. VI, n. 8650/1996). Muovendo dal presupposto che il bene giuridico tutelato dal delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi giuridico non è costituito solo dall'interesse dello Stato alla salvaguardia della famiglia da comportamenti vessatori e violenti, ma anche dalla difesa dell'incolumità fisica e psichica delle persone indicate nella norma, interessate al rispetto della loro personalità nello svolgimento di un rapporto fondato su vincoli familiari, la giurisprudenza di legittimità ha tuttavia chiarito che la compromissione del bene protetto dalla norma incriminatrice non si verifica in presenza di semplici fatti che ledono ovvero mettono in pericolo l'incolumità personale, la libertà o l'onore di una persona della famiglia, essendo necessario, per la configurabilità del reato, che tali fatti siano la componente di una più ampia ed unitaria condotta abituale, idonea ad imporre un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile (Cass. VI, n. 37019/2003). Pertanto, fatti episodici lesivi di diritti fondamentali della persona, derivanti da situazioni contingenti e particolari, che possono verificarsi nei rapporti interpersonali di una convivenza familiare, non integrano il delitto di maltrattamenti, ma conservano la propria autonomia di reati contro la persona (Cass. VI, n. 37019/2003), in quanto non inquadrabili in una cornice unitaria caratterizzata dall'imposizione ai soggetti passivi di un regime di vita oggettivamente vessatorio (Cass. VI, n. 45037/2010). Qualora pertanto il soggetto agente si sia limitato a porre in essere atti sporadici, che siano manifestazione di un atteggiamento di contingente aggressività, non potranno ravvisarsi gli estremi del delitto di maltrattamenti, ricorrendo i diversi fatti di reato eventualmente commessi con le singole condotte. Sulla scorta di tali principi, la Corte ha dunque escluso il delitto ex art. 572 c.p. a fronte di tre distinti episodi di minaccia, ingiuria e percosse, posti in essere dall'imputato a distanza di tempo l'uno dall'altro ed in un arco temporale di circa undici mesi (Cass. VI, n. 6126/2019). Allorché il giudice si determini nel senso di non ravvisare l'abitualità del delitto di maltrattamenti ovvero il necessario dolo unitario e programmatico, assolvendo pertanto l'imputato dal reato ex art. 572 c.p. ma condannandolo per le plurime condotte penalmente rilevanti (percosse, minacce, violenza privata, ecc.) in esso ricomprese, in continuazione, ritenendone sussistenti i presupposti di configurabilità, non è ravvisabile una violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza (Cass. V, n. 31665/2021), purché i singoli reati siano contestati in punto di fatto nel capo di imputazione. Ne deriva che, la riqualificazione della condotta ascritta originariamente a titolo di maltrattamenti ex art. 572 c.p., ove non sia ritenuta sussistente dal giudice, potrà essere frazionata nei singoli reati eventualmente integrati dai comportamenti dell'imputato e, ove si tratti di fattispecie procedibili a querela di parte o rispetto alle quali sia inutilmente decorso il termine prescrizionale, il giudice potrà dichiararne l'estinzione per intervenuta rimessione di querela ovvero per prescrizione o altra causa eventualmente configurabile, ivi comprese le condotte riparatore ex art. 162-ter c.p. 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Istanza di revoca o sostituzione di misura cautelare (art. 299); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Richiesta di presentazione spontanea per rilasciare dichiarazioni (art. 374); Memoria difensiva (art. 419, comma 2). ProcedibilitàIl delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi, ex art. 572 c.p., è sempre procedibile d'ufficio. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) Il termine-base di prescrizione del delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi, nelle forme non aggravate di cui al comma 1, è pari a quattordici anni, in forza del comma 6 dell'art. 157 c.p. (in vigore dal 23 ottobre 2012), che prevede il raddoppio del termine ordinario di prescrizione (pari a sette anni, in ragione della pena edittale detentiva massima). In presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, tale termine può essere aumentato nella misura di un quarto, fino ad un massimo di diciassette anni e sei mesi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Qualora ricorrano le circostanze aggravanti ad effetto speciale, di cui al comma 2 dell'art. 572 c.p., il termine base di prescrizione è di ventuno anni, per effetto del raddoppio ex art. 157, comma 6, c.p., del termine ordinario pari alla pena detentiva massima di dieci anni e sei mesi di reclusione, ai sensi dell'art. 572, comma 2, c.p.; anche in questo caso il termine-base è suscettibile di aumento, nella misura di un quarto, in presenza di eventi interruttivi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), fino al termine massimo di ventisei anni e tre mesi, oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Nei casi di cui al comma 4 dell'art. 572 c.p., infine, che prevede le circostanze aggravanti indipendenti ad effetto speciale in caso di lesioni personali gravi o gravissime ovvero di morte della persona offesa, derivate dal fatto, il termine ordinario di prescrizione, raddoppiato ai sensi dell'art. 157, comma 6, c.p., è rispettivamente pari a diciotto (lesioni personali gravi), trenta (lesioni personali gravissime) e quarantotto anni (morte della persona offesa). I medesimi termini sono suscettibili di aumento, nella misura di un quarto, in presenza di eventi interruttivi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), fino al termine massimo rispettivamente di ventidue anni e sei mesi, trentasette anni e sei mesi e sessant'anni, oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Con riferimento ai fatti commessi a partire dal 1° gennaio 2020, ai sensi dell'art. 161-bis c.p., il termine di prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado, fermo restando che, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento. A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), inoltre, per tutti i casi di truffa (commessa, o meno, on-line, e, quindi, aggravata, o meno, ex art. 61, comma 1, n. 5, c.p.) costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al delitto di maltrattamenti in famiglia: – è consentito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (art. 380, comma 1, lett. l-ter, c.p.p.); – è sempre consentito il fermo (art. 384 c.p.p.). Misure cautelari personali Nei casi di maltrattamenti contro familiari o conviventi, aggravati o meno, essendo il delitto, anche nella sua forma base, punito con pena edittale massima superiore ai tre anni di reclusione, sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; è sempre applicabile altresì la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, co. 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Con particolare riferimento alla misura cautelare della custodia in carcere, non opera nei casi di cui all'art. 572 c.p. la norma di cui al comma 2-bis dell'art. 275 c.p.p., nella parte in cui non consente la custodia in carcere quando il giudice ritenga che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza Per il delitto di maltrattamenti contro familiari e conviventi, è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica nei casi di cui al comma 1, non aggravati, e di cui al comma 4, primo periodo (se dal fatto deriva una lesione personale grave), mentre decide in composizione collegiale nei casi aggravati di cui al comma 2, nonché nel caso di cui al comma 4, secondo periodo (se ne deriva una lesione gravissima) (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). È invece competente per materia la Corte d'assise (cfr. art. 5 c.p.p.) nei casi di cui all'ultimo periodo del comma 4 dell'art. 572 c.p., se dal fatto deriva la morte della persona offesa, essendo il delitto in questo caso punito con la pena della reclusione non inferiore ai ventiquattro anni (da dodici a ventiquattro anni). La competenza per territorio va invece individuata, stante la natura di reato abituale, nel luogo di realizzazione dell'ultimo dei molteplici fatti caratterizzanti il reato (Cass. VI, n. 24206/2019). Citazione a giudizio Per il delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi è sempre prevista l'udienza preliminare. Composizione del tribunale Della configurabilità o meno delle circostanze aggravanti di cui all'art. 572, comma 2 e comma 4, secondo periodo, c.p., si deve tenere conto agli effetti previsti dall'art. 33-bis, comma 2, c.p.p. (che detta regole riguardanti le attribuzioni del tribunale in composizione monocratica): il processo per il reato di maltrattamenti contro familiari o conviventi di cui al comma 1 e i casi aggravanti ai sensi del comma 4, primo periodo (se dal fatto deriva una lesione personale grave), si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica mentre aggravati ai sensi del comma 2, nonché nel caso di cui al comma 4, secondo periodo (se ne deriva una lesione gravissima), dinanzi al tribunale in composizione collegiale, in ragione dell'aumento di pena oltre i dieci anni di reclusione. 4. ConclusioniLa peculiare struttura del delitto di maltrattamenti contro familiari o conviventi, in quanto reato abituale, richiede una reiterazione di condotte da parte del soggetto agente, in cui si sostanzino i maltrattamenti ai danni della persona offesa, realizzati nella consapevolezza della pluralità degli episodi e con la volontà di persistere nella condotta abituale, determinando una situazione tale da rendere mortificante e intollerabile il rapporto con la persona offesa. Tale duplice requisito, sul piano oggettivo e soggettivo, può tuttavia risultare carente nel corso del giudizio o non essere dimostrato all'esito dell'istruttoria, con conseguente assoluzione dell'imputato dal delitto di maltrattamenti. Ciò nonostante, le singole condotte, quando risultino integrative di autonome e distinte fattispecie di reato, come ad esempio di minacce, percosse o violenza privata, imporranno al giudice una riqualificazione del fatto che prenda in considerazione gli ulteriori e distinti reati perfezionatisi. Qualora questi ultimi siano oggetto di una rimessione di querela da parte della persona offesa o risultino interessati da altra causa di estinzione del reato, potrà dunque pronunciarsi una sentenza di proscioglimento, unitamente all'assoluzione dal delitto di maltrattamenti. |