Il regime di procedibilità per le lesioni aggravate

Angelo Salerno

1. Bussole di inquadramento

Il delitto di lesioni personali volontarie è punito ai sensi dell'art. art. 582 c.p., il cui primo comma dispone che “Chiunque cagiona ad alcuno una lesione personale, dalla quale deriva una malattia nel corpo o nella mente, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da sei mesi a tre anni.”.

La fattispecie in commento tutela l'incolumità individuale e può essere commessa da chiunque, trattandosi di un reato comune.

La condotta criminosa è a forma libera, consistendo nella causazione di una lesione personale alla persona offesa, da cui sia derivata per quest'ultima una malattia nel corpo e nella mente.

In ordine alla nozione di lesioni e di malattia si è registrato un acceso dibattito in dottrina, tra l'orientamento – minoritario – secondo cui la norma incriminatrice richiederebbe due eventi lesivi, rappresentati dalle lesioni e quindi dalla malattia che ne sia successivamente derivata, e l'orientamento – maggioritario – che sovrappone le due nozioni e le interpreta in maniera unitaria. Secondo tale ultima interpretazione, il riferimento da parte del legislatore alle lesioni sarebbe ultroneo in quanto coinciderebbero con la nozione di malattia.

La giurisprudenza di legittimità ha aderito a tale ultima impostazione, concependo il delitto di lesioni personali ex art. 582 c.p. come delitto d'evento consistente nella causazione volontaria di una malattia della persona offesa.

È stato pertanto ravvisato il delitto in esame anche nel caso di contagio da HIV, avendo i giudici di legittimità affermato che l'instaurazione nell'organismo di un meccanismo degenerativo, che, se non fronteggiato tempestivamente e costantemente con l'assunzione di terapia farmacologica, conduce ad ulteriori alterazioni e alla fase conclamata di AIDS, integra la nozione di malattia e quindi il delitto di lesioni ex art. 582 c.p. (Cass. V, n. 8351/2012).

Ulteriori dubbi interpretativi hanno riguardato la nozione stessa di malattia, contrapponendosi un indirizzo dottrinale e giurisprudenziale secondo cui vi rientrerebbe ogni alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, ancorché circoscritta o localizzata, risultando indifferente che questa si rifletta o meno sulle condizioni organiche generali, e il contrapposto orientamento, che richiede invece l'instaurazione di un processo patologico, acuto o cronico, localizzato o diffuso, che determini un'apprezzabile menomazione funzionale dell'organismo.

La giurisprudenza di legittimità, intervenuta a più riprese sulla questione, è anch'essa divisa tra un orientamento estensivo, che assegna rilevanza penale ad ogni alterazione anatomica cagionata ai danni della persona offesa (Cass. I, n. 31008/2020; Cass. II, n. 15420/2008), ivi compresi gli stati emotivi tali da determinare alterazioni organiche (Cass. V, n. 54005/2017), e l'orientamento restrittivo secondo cui la nozione di malattia non comprende tutte le alterazioni di natura anatomica, che possono anche mancare, bensì solo quelle da cui deriva una limitazione funzionale o un significativo processo patologico o l'aggravamento di esso ovvero una compromissione delle funzioni dell'organismo, anche non definitiva, ma comunque significativa (Cass. V, n. 33492/2019; Cass. IV, n. 22156/2016).

A seconda della durata e della intensità della malattia cagionata dal soggetto agente, si distingue tra lesioni cc.dd. lievissime, quando sia derivata una malattia nel corpo o nella mente guaribile in un lasso di tempo non superiore a venti giorni; lesioni cc.dd. lievi, quando la malattia risulti guaribile in un lasso di tempo che va dai venti ai quaranta giorni; le lesioni sono invece gravi, ai sensi del comma 1 dell'art. 583 c.p., se dal fatto deriva una malattia che metta in pericolo la vita della persona offesa, ovvero una malattia o un'incapacità di attendere alle ordinarie occupazioni per un tempo superiore ai quaranta giorni, nonché quando il fatto abbia determinato l'indebolimento permanente di un senso o di un organo. Sono infine gravissime le lesioni che abbiano causato una malattia certamente o probabilmente insanabile ovvero la perdita di un senso o infine la perdita di un arto, o una mutilazione che renda l'arto inservibile, ovvero la perdita dell'uso di un organo o della capacità di procreare, ovvero una permanente e grave difficoltà della favella, come previsto dal comma 2 dell'art. 583 c.p.

Il delitto di lesioni personali ex art. 582 c.p. è punito a titolo di dolo generico, che consiste nella coscienza e volontà di procurare una malattia o quantomeno sensazioni dolorose nel soggetto passivo, per cui la responsabilità per tale delitto discende da ogni condotta volontaria idonea a determinare le lesioni, quando sia accompagnata da intenzionalità lesiva. (Cass. V, n. 8004/2021).

Il delitto si perfeziona allorché si sia manifestata la malattia, anche se a distanza di tempo rispetto alla condotta del soggetto agente (c.d. malattia lungo-latente) e si consuma

La consumazione del delitto si verifica nel momento e nel luogo in cui viene cagionata la malattia, anche se a distanza di tempo rispetto alla condotta, senza che assuma rilievo il tempo necessario per la guarigione, dovendosi qualificare il delitto come reato istantaneo ad effetti permanenti (Cass. IV, n. 18347/2021, in relazione ad un caso di lesioni personali colpose).

Trattandosi di un reato a forma libera, causalmente orientato, è configurabile il tentativo del delitto di lesioni personali.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Quando le lesioni personali sono aggravate dall'uso di un'arma?

Orientamento dominante della Corte di Cassazione

Integra l'aggravante dell'uso di un'arma non soltanto l'impiego di un'arma c.d. propria ma altresì di qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all'offesa, che sia in concreto utilizzato per procurare lesioni personali, giacché il porto dell'oggetto cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione per essere utilizzato come arma.

L'art. 585, comma 1, c.p. prevede che la pena per il delitto di lesioni personali ex art. 582 c.p. sia aumentata fino a un terzo se il fatto è commesso con armi.

Il comma secondo della disposizione citata offre inoltre una definizione, agli effetti della legge penale, di “armi”, annoverando tra esse “quelle da sparo e tutte le altre la cui destinazione naturale è l'offesa alla persona”, cc.dd. armi proprie, nonché “tutti gli strumenti atti ad offendere, dei quali è dalla legge vietato il porto in modo assoluto, ovvero senza giustificato motivo”, cc.dd. armi improprie”. Infine, il comma 3 dell'articolo assimila alle armi le materie esplodenti e i gas asfissianti o accecanti.

La giurisprudenza di legittimità è stata chiamata a più riprese a pronunciarsi in ordine all'ambito applicativo dell'aggravante in questione, con particolare riferimento alle cc.dd. armi improprie.

I giudici di legittimità, con un orientamento costante nel tempo, hanno affermato al riguardo che devono considerarsi armi improprie tutti strumenti, ancorché non da punta o da taglio, che in particolari circostanze di tempo e di luogo possono essere utilizzati per l'offesa alla persona, prescindendo dalla natura occasionale o momentanea dell'uso che ne venga fatto.

La Corte ha così ritenuto integrata l'aggravante in esame, da cui discende la procedibilità d'ufficio del reato, anche a fronte dell'uso di un rastrello contro la persona offesa (Cass. V, n. 12151/2012) o finanche di un manico di scopa (Cass. V, n. 54148/2016), evidenziando che nella categoria delle armi improprie, ai sensi dell'art. 4, comma 2, l. n. 110/1974, rientra qualsiasi strumento, che, nelle circostanze di tempo e di luogo in cui sia portato, sia potenzialmente utilizzabile per l'offesa della persona.

Sulla scorta delle medesime premesse sono state considerate armi improprie, con conseguente integrazione dell'aggravante ex art. 585 c.p. e procedibilità d'ufficio del reato, un pezzo di legno (Cass. V, n. 8640/2016) e una stampella da deambulazione (Cass. V, n. 41284/2015), ribadendo che l'uso di “qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all'offesa” può in concreto integrare l'aggravante in esame.

La Corte ha infatti evidenziato che qualsiasi oggetto, anche di uso comune e privo di apparente idoneità all'offesa, ma in concreto utilizzato per procurare lesioni personali, rientra nel novero delle armi improprie, giacché il porto dell'oggetto cessa di essere giustificato nel momento in cui viene meno il collegamento immediato con la sua funzione per essere utilizzato come arma (Cass. V, n. 49582/2014; Cass. V, n. 49517/2013).

Domanda
Quando ricorre l'aggravante del fatto commesso da più persone riunite?

Orientamento dominante della Corte di Cassazione

Perché risulti integrata l'aggravante del fatto commesso da più persone riunite è necessaria la simultanea presenza di almeno due persone, nel luogo e al momento del fatto, nonché la produzione, per effetto della loro simultanea presenza di effetti fisici e psicologici tali da eliminarne o ridurre la forza di reazione della persona offesa.

L'art. 585, comma 1, c.p. prevede che la pena per il delitto di lesioni personali ex art. 582 c.p. sia aumentata fino a un terzo se il fatto è commesso da più persone riunite.

Perché possa ravvisarsi l'aggravante in questione, la giurisprudenza di legittimità ha richiesto che sia accertata la simultanea presenza di non meno di due persone nel luogo ed al momento di realizzazione della condotta violenta, pur se questa sia posta in essere da una soltanto di esse (Cass. V, n. 12743/2020).

I giudici di legittimità hanno inoltre precisato che è necessario che, a causa della pluralità degli aggressori e della loro simultanea presenza, si producano nella vittima effetti fisici e psicologici tali da eliminarne o ridurne la forza di reazione (Cass. V, n. 27386/2022).

Domanda
È procedibile a querela il fatto commesso ai danni del coniuge o del convivente more uxorio in caso di intervenuto divorzio o di cessazione della convivenza?

Orientamento dominante

Il reato di lesioni commesso contro uno dei soggetti di cui all'art. 577, comma 2, c.p., è procedibile a querela, poiché l'art. 582, comma 2, c.p., che prevede la procedibilità di ufficio se ricorrono le aggravanti di cui all'art. 585 c.p., fa espressamente salvi i casi di cui al comma secondo dell'art. 577 c.p.

La disciplina della procedibilità del delitto di lesioni personali ex art. 582 c.p. ha subito importanti modifiche per effetto della c.d. Riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022) che ha previsto, da un lato, la procedibilità a querela del delitto, al comma 1, introducendo una serie di eccezioni nel testo del comma 2 dell'articolo.

In precedenza, il delitto era invece procedibile d'ufficio, salvi i casi di procedibilità a querela della persona offesa, di cui al comma 2 dell'art. 582 c.p., che presupponevano una durata della malattia inferiore ai venti giorni di guarigione.

A seguito della novella del 2022, la procedibilità d'ufficio risulta indipendente dalla durata della malattia (purché inferiore ai quaranta giorni, operando altrimenti l'aggravante ex art. 583 c.p.) e discende dalla ricorrenza delle aggravanti ex artt. 61, comma 1, n. 11-octies c.p., 583 c.p. e 585 c.p.

Invero, con d.lgs. 19 marzo 2024, n. 31, c.d. Correttivo alla Riforma Cartabia, il legislatore è intervenuto sul testo dell'art. 582, comma 2, c.p., eliminando il riferimento all'aggravante ex art. 61, comma 1, n. 11-octies c.p. e introducendo, dopo l'art. 583 c.p. il richiamo all'art. 583-quater c.p.

Si tratta di una modifica resasi necessaria per coordinare la norma e il regime di procedibilità delineato a seguito della Riforma del 2022 con l'intervento registratosi nel 2023 sul testo dell'art. 583-quater c.p., il cui comma 2 è stato riformulato per effetto del d.l. 30 marzo 2023, n. 34, conv., con modif., in l. 26 maggio 2023, n. 56.

La disposizione citata, infatti, a seguito della novella del 2023, fa oggi riferimento a tutte le lesioni cagionate ai danni degli esercenti professioni sanitarie, prevedendo la più severa pena da due a cinque anni di reclusione, elevata ulteriormente in caso di lesioni gravi o gravissime. La riferibilità dell'art. 583-quater, comma 2, c.p. a qualsivoglia lesione cagionata ad esercenti professioni sanitarie, non solo dunque se gravi o gravissime, ha determinato l'inoperatività – in forza del principio di specialità – dell'aggravante comune ex art. 61, comma 1, n. 11-octies c.p., richiamata invece nel testo dell'art. 582 c.p. all'indomani della c.d. Riforma Cartabia. Con il su citato Correttivo del 2024, il legislatore ha dunque così esteso la procedibilità d'ufficio ad ogni forma di lesioni ai danni di esercenti una professione sanitaria, anche se di durata inferiore ai quaranta giorni.

Per espressa previsione legislativa, come già previsto ante riforma, non determinano la procedibilità d'ufficio, tra le circostanze indicate dall'art. 585 c.p., quelle di cui all'art. 577 c.p. (richiamato dall'art. 585 c.p.), comma 1, n. 1 (l'aver commesso il fatto contro l'ascendente o il discendente anche per effetto di adozione di minorenne o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva), nonché di cui al comma 2 dell'articolo.

Si tratta dei casi in cui il fatto è commesso contro il coniuge divorziato, l'altra parte dell'unione civile, ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l'adottante o l'adottato, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta.

A seguito della Riforma Cartabia, dunque, in relazione a tali ipotesi il delitto di lesioni, indipendentemente dalla durata della malattia (che non superi tuttavia i quaranta giorni), resta procedibile a querela della persona offesa, come già previsto in precedenza e confermato dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. VI, n. 5738/2016).

Alla procedibilità a querela della persona offesa consegue la competenza del giudice di pace a decidere del fatto, ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 274/2000, in forza del quale di competenza del giudice di pace i delitti di cui all'art. 582 c.p., “limitatamente alle fattispecie di cui al secondo comma perseguibili a querela di parte, ad esclusione dei fatti commessi contro uno dei soggetti elencati dall'articolo 577, secondo comma, ovvero contro il convivente”.

La disposizione citata non è stata coordinata né aggiornata rispetto alle modifiche intervenute per effetto della Riforma Cartabia, d.lgs. n. 150/2022, sul testo dell'art. 582 c.p.

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza (Cass. V, n. 12517/2023) ha inizialmente ritenuto che, oltre che nei casi di lesioni personali volontarie aggravate ai sensi dell'art. 585 c.p., in relazione agli artt. 576, comma 1, n. 1 e 61, comma 1, n. 2, c.p. (ivi richiamato), il giudice di pace è oggi competente anche in relazione al delitto di lesioni personali di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, divenuto procedibile a querela per effetto dell'art. 2, lett. b), d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, sicché le pene irrogabili sono quelle previste dal su citato d.lgs. n. 274 dei 2000.

A seguito di tale decisione, tuttavia, la V Sezione della Corte (Cass. V, ord. n. 42858/2023) ha rimesso alle Sezioni Unite la questione, chiedendo di chiarire se, a seguito delle modifiche introdotte con la c.d. Riforma Cartabia, la competenza per materia per il delitto di lesioni personali con malattia di durata superiore a venti giorni e non eccedente i quaranta, appartenesse al tribunale ovvero al giudice di pace.  Le Sezioni Unite, recependo il su decritto orientamento, con informazione provvisoria del 14 dicembre 2023 hanno affermato che “La competenza per materia in ordine al delitto di lesioni personali procedibili a querela appartiene al giudice di pace sia nei casi di malattia di durata inferiore ai venti giorni che in quelli in cui la durata della malattia sia superiore a venti giorni e non ecceda i quaranta”.

Deve tuttavia tenersi debitamente conto che la Corte Costituzionale (Corte cost., n. 236/2018) ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1, lettera a), del d.lgs. n. 274/2000, nella parte in cui non esclude dai delitti, consumati o tentati, di competenza del giudice di pace anche quello di lesioni volontarie, previsto dall'art. 582, comma 2, c.p., per fatti commessi contro l'ascendente o il discendente, di cui all'art. 577, comma 1, n. 1, c.p., nonché, in via conseguenziale, per i fatti commessi contro ogni altro soggetto ivi elencato (“l'ascendente o il discendente anche per effetto di adozione di minorenne o contro il coniuge, anche legalmente separato, contro l'altra parte dell'unione civile o contro la persona stabilmente convivente con il colpevole o ad esso legata da relazione affettiva”).

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Remissione di querela (art. 340); Richiesta dell'imputato di applicazione della pena nei procedimenti a citazione diretta (art. 555); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1); Opposizione a decreto penale di condanna (art. 461).

Procedibilità

Il delitto di lesioni personali di cui all'art. 582 c.p. è procedibile a querela della persona offesa, salvo che non ricorrano le ipotesi di cui al comma 2 della disposizione.

Si procede infatti d'ufficio nei casi di cui all'art. 61, n. 11-octies c.p., allorché il soggetto agente abbia agito in danno degli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nonché di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso, funzionali allo svolgimento di dette professioni, a causa o nell'esercizio di tali professioni o attività; si procede altresì d'ufficio nei casi di lesioni gravi o gravissime, ex art. 583 c.p., e in presenza delle circostanze aggravanti di cui all'art. 585 c.p., che richiama a propria volta gli artt. 61,576 e 577 c.p.

In tale ultimo caso, non determinano tuttavia la procedibilità d'ufficio le aggravanti di cui all'art. 576, comma 1, n. 1) c.p., quando cioè il fatto sia stato commesso per eseguirne od occultarne un altro, ovvero per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato (c.d. aggravante teleologica), nonché le aggravanti di cui al comma 2 dell'art. 577 c.p. (si tratta dei fatti commessi contro il coniuge divorziato, l'altra parte dell'unione civile, ove cessata, la persona legata al colpevole da stabile convivenza o relazione affettiva, ove cessate, il fratello o la sorella, l'adottante o l'adottato, il padre o la madre adottivi, o il figlio adottivo, o contro un affine in linea retta).

Per effetto del d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, non determina più la procedibilità d'ufficio la durata della malattia superiore ai venti giorni, fuori dei casi in cui il fatto sia stato commesso contro persona incapace, per età o per infermità.

Più di recente, la l. n. 60/2023, all'art. 2, ha previsto che il delitto di lesioni personali volontarie, ex art. 582 c.p., è procedibile d'ufficio qualora risulti aggravato ai sensi dell'art. 71 d.lgs. n. 159/2011 (c.d. Codice Antimafia), per essere stato il fatto commesso durante l'esecuzione di una misura di prevenzione definitiva ovvero nei tre anni successivi alla cessazione dell'esecuzione.

Incide altresì sulla procedibilità del delitto la previsione di cui all'art. 1 l. n. 60/2023, che, integrando il testo degli artt. 270-bis1 c.p. (c.d. aggravante della finalità di terrorismo) e 416-bis 1 c.p. (c.d. aggravante mafiosa), ha previsto che i reati procedibili a querela di parte, qualora aggravati ai sensi dei citati articoli, divengono procedibili d'ufficio.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

Il termine-base di prescrizione per il delitto di lesioni ex art. 582 c.p., anche quando aggravate ex art. 585 c.p., è pari a sei anni (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di sette anni e sei mesi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

Incidono sul termine di prescrizione le aggravanti ad effetto speciale disciplinate all'art. 583 c.p., determinando un aumento della pena fino a sette anni di reclusione nel massimo, in caso di lesioni gravi, e a dodici anni di reclusione nel massimo, in caso di lesioni gravissime.

Ne consegue che il termine-base di prescrizione per il delitto di lesioni gravi, ex art. 583, comma 1, c.p., è pari a sette anni (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di otto anni e nove mesi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). In caso di lesioni gravissime, ex art. 583, comma 2, c.p., il termine-base di prescrizione è pari a dodici anni (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di quindici anni (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

Infine, con riferimento ai fatti commessi a partire dal 1° gennaio 2020, ai sensi dell'art. 161-bis c.p., il termine di prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado, fermo restando che, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento.

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), inoltre, per tutti i casi di lesioni costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al delitto di lesioni personali ex art. 582 c.p., nella forma semplice ovvero aggravata ai sensi dell'art. 585 c.p.:

– non è mai consentito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (art. 380 c.p.p.);

– è consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 2, lett. f), c.p.p.);

– non è mai consentito il fermo (art. 384 c.p.p.).

Misure cautelari personali

In forza del disposto dell'art. 391, comma 5, c.p., che consente l'applicazione di una misura cautelare coercitiva anche al di fuori dei limiti di pena previsti dagli articoli 274, comma 1, lettera c), e 280 c.p.p., quando si tratti di delitti per cui è possibile l'arresto facoltativo in flagranza di reato, rientranti nell'elenco di cui al comma 2 dell'art. 381 c.p., in relazione al delitto di lesioni personali ex art. 582 c.p., di competenza del tribunale, sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.).

L'art. 280, comma 1, c.p.p., nel consentire l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni, fa infatti salvo quanto disposto dal su citato art. 391 c.p.p., che deroga altresì al limite di cui all'art. 274 c.p.p.

Operano tuttavia comunque i limiti di cui all'art. 275, comma 2 bis, c.p.p., in forza del quale non può essere applicata la misura della custodia cautelare in carcere o quella degli arresti domiciliari se il giudice ritiene che con la sentenza possa essere concessa la sospensione condizionale della pena e, salvo che non ricorrano le eccezioni ivi previste. Inoltre, non può applicarsi la misura della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

Nei casi di lesioni personali volontarie procedibili d'ufficio, nonché nei casi di lesioni commesse ai danni delle persone indicate dall'art. 577, commi 1 e 2, c.p.p. (Corte cost., n. 236/2018) e contro il convivente, è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p. e 4, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 274/2000), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.), salvo che non ricorrano le aggravanti speciali ex art. 583, comma 2, c.p., decidendo in tal caso il tribunale in composizione collegiale.

Citazione a giudizio

Per il delitto di lesioni personali ex art. 582 c.p., quand'anche aggravato ai sensi dell'art. 585, comma 1, seconda parte, c.p., di competenza del tribunale, si procede con citazione diretta a giudizio del P.M., ex art. 550, comma 1, c.p.p.

Per le lesioni personali di competenza del giudice di pace si procede con citazione diretta a giudizio del P.M. ovvero con ricorso immediato da parte della persona offesa, ex art. 21 d.lgs. n. 274/2000.

Si procede con udienza preliminare, in luogo che con citazione diretta del P.M. a giudizio, soltanto se ricorrono le circostanze aggravanti ad effetto speciale di cui all'art. 585, comma 1, prima parte, c.p. e di cui all'art. 583 c.p.

Composizione del tribunale

Della configurabilità o meno della lesioni personali gravissime, di cui all'art. 583, comma 2, c.p., con riguardo al delitto di lesioni personali, si deve tenere conto agli effetti previsti dall'art. 33-bis, comma 2, c.p.p. (che detta regole riguardanti le attribuzioni del tribunale in composizione monocratica): il processo per il reato di lesioni gravissime ex art. 583, comma 2, c.p. si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione collegiale laddove le altre ipotesi di lesioni personali volontarie sono di attribuzione del tribunale in composizione monocratica.

4. Conclusioni

L'apparente semplicità della struttura del delitto di lesioni personali volontarie contrasta con l'articolata disciplina della procedibilità e della competenza per tale reato, che ha subito nel tempo plurimi interventi da parte del legislatore nonché della Corte costituzionale e, da ultimo, è stata interessata dalla c.d. Riforma Cartabia.

Quest'ultimo intervento ha esteso l'area della procedibilità a querela di parte del reato, ancorando il regime della procedibilità d'ufficio alla sussistenza delle aggravanti di cui agli artt. 585 e 583 c.p.

Al regime di procedibilità a querela di parte consegue, salve le eccezioni di legge, come integrate dalla Corte costituzionale, la competenza del giudice di pace a decidere sul delitto.

Quest'ultima è tuttavia erosa dall'ampia portata normativa e applicativa delle circostanze aggravanti speciali previste per il delitto di lesioni personali, oggetto, come si è avuto modo di evidenziare, di un'interpretazione estensiva da parte della giurisprudenza di legittimità.

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