Il confine tra utilizzazione del minore e pornografia domestica e la rilevanza del consenso1. Bussole di inquadramentoLa tutela del minore e della sua sfera sessuale La tutela del minore, data la sua posizione particolarmente delicata e in considerazione di una personalità in divenire che può essere “segnata” da eventi e condotte traumatici, è esercitata con comprensibile attenzione da parte del legislatore. Oltre a tutelare il minore dalle condotte che possono arrecare un danno immediato, diretto e “tangibile” al suo sviluppo, il legislatore ha inteso, coerentemente con i principi dettati in ambito europeo, salvaguardare anche la sfera della sua “immagine”, della sua diffusione e della sua “utilizzazione” per scopi non consentiti. In particolare, con l'art. 600-ter c.p., rubricato pornografia minorile, viene punita proprio l'utilizzazione del minore per condotte che possono integrare i concetti – che verranno a breve esaminati– di produzione di materiale pornografico, reclutamento e induzione del minore a produrre detto materiale, di distribuzione, divulgazione, diffusione e cessione del materiale predetto o di informazioni volte all'adescamento e/o sfruttamento dei minori. In ogni caso, il bene giuridico tutelato è l'integrità psicofisica del minore nonché il corretto e sano sviluppo dello stesso, un bene particolarmente complesso e sfaccettato che deve essere tutelato a trecentosessanta gradi in modo da garantire la più ampia tutela possibile nei confronti del minore proteggendolo da tutte quelle aggressioni che possono, a vario titolo, minarne il sano e corretto sviluppo. Proprio per tali motivi, il legislatore ha inteso accordare una tutela diversa rispetto al mero consenso all'attività sessuale che il minore può esprimere una volta raggiunti i quattordici anni di età. E ciò in quanto se il legislatore ritiene che dopo una certa soglia di età il minore possa raggiungere una maturità sessuale per esprimere il proprio consenso a compiere atti sessuali anche con persone che hanno raggiunto la maggiore età, tale consenso non può essere esteso automaticamente anche alla produzione di materiale sessuale che ritrae tali atti. Una tutela del minore che deve rapportarsi anche alle tante innovazioni tecnologiche che si sono susseguite nel corso degli ultimi vent'anni e che hanno consentito l'utilizzo di mezzi di produzione alla portata di tutti (gli smartphone) che consentono, altresì, una diffusione immediata. Accanto a questa tutela, però, il legislatore non può ignorare altresì la modifica dei costumi sessuali, anche dei minori, in cui gli strumenti di captazione video sono diventati sempre più presenti e il cui utilizzo non può essere, solo per questo motivo, essere ritenuto illecito. Ed è in questo senso che la giurisprudenza ha elaborato un concetto di pornografia “domestica” penalmente irrilevante, onde non estendere in maniera sconsiderata l'area di punibilità. Il confine tra pornografia domestica, utilizzazione, consenso non è, però, sempre così marcato e facile da identificare. Come nel caso di Tizio, trentenne che ha intrapreso una relazione sentimentale con una ragazza ultraquattordicenne e ha ripreso alcuni atti sessuali compiuti con la stessa e li ha prima trasmessi ad un soggetto terzo e poi sono stati diffusi ulteriormente sui social network. La minore ha successivamente denunciato i fatti, precisando di aver acconsentito alla produzione del materiale e, in sede di udienza preliminare, rettificando che inizialmente aveva prestato consenso anche alla diffusione ad un soggetto terzo con il quale aveva intrapreso una relazione. Le fattispecie di cui all'art. 600-ter c.p. Al fine di dirimere le questioni sollevate nel caso delineato in sede di inquadramento, deve essere in primis esaminata la fattispecie astrattamente ipotizzabile, ovvero quella di pornografia minorile di cui all'art. 600-ter c.p. In primis è opportuno partire dal settimo e ultimo comma che definisce il concetto di “pornografia minorile”, introdotto dal legislatore con la l. n. 172/2012, in quanto costituisce l'oggetto delle condotte criminose. Essa viene definita come ogni rappresentazione, effettuata con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali. Tanto premesso, la fattispecie in esame prevede diverse condotte delittuose che devono essere esaminate alla luce della giurisprudenza e che hanno sollevato, nel corso degli anni, diverse criticità interpretative, soprattutto con riferimento a quella prevista al comma 1 che punisce la “produzione” di materiale pedopornografico. In particolare, l'attuale testo della norma punisce l'utilizzo del minore per la realizzazione di spettacoli pornografici nonché per la produzione di materiale pedopornografico, o, al numero 2 del già menzionato comma, il reclutamento o l'induzione del minore a partecipare a spettacoli o esibizioni pornografiche, o chi trae profitto dalle stesse. Con riferimento al concetto di utilizzazione, che verrà approfondito nel prossimo paragrafo, si precisa che il legislatore, al fine di non connotare di un contenuto esclusivamente economico la condotta criminosa, ha modificato con la L. n. 38/2006 la norma, sostituendo l'espressione “sfruttando al fine di”, prevista nell'originaria stesura della norma, con l'attuale “utilizzando”. E ciò in quanto, come evidenziato in fase di inquadramento, la tutela accordata all'integrità psicofisica del minore è globale, ed è intesa a proteggere il minore da tutte quelle condotte in cui lo stesso viene impiegato come mezzo con conseguente lesione della sua dignità. Allo stesso modo, ai sensi del comma 2 dell'art. 600-ter c.p., è punita (con la stessa pena prevista per il primo comma) anche la commercializzazione del materiale di cui al comma 1, condotta che pertanto presuppone una diversità rispetto al soggetto che l'ha prodotta e, secondo la dottrina, lo scopo di luco dell'autore, che deve compiere attività rispetto a più utenti/clienti, determinati o indeterminati che siano, nel contesto di un'attività che deve essere sorretta da una organizzazione, seppur rudimentale. Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della sussistenza di tale presupposto, è sufficiente la predisposizione di una struttura funzionale alla cessione, costituita dagli strumenti informatici di distribuzione del materiale ai singoli destinatari, dall'esistenza di una riserva di prodotti da porre e distribuire sul mercato e dall'acquisizione di determinate competenze tecniche finalizzate a rendere possibile tale distribuzione, dall'offerta di detto materiale ad una ampia, non predeterminata e tendenzialmente mutevole platea di fruitori, i quali anno libero accesso all'offerta (Cass. III, n. 26969/2022). Al terzo comma viene punita la condotta di “diffusione” del materiale di cui al comma 1. In particolare, il legislatore punisce chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto. Si tratta di una condotta estremamente grave, punita con la pena della reclusione da uno a cinque anni, che può essere ulteriormente aumentata, ai sensi del comma 5, nel caso in cui il materiale sia di ingente quantità. È di tutta evidenza che, con il mutare dei mezzi di comunicazione, il concetto di diffusione e di divulgazione possa oggi essere ritenuto integrato da condotte più disparate. In tal senso, la Suprema Corte ha ritenuto integrata la condotta di divulgazione nella cessione a terzi della password necessaria per accedere a cartella condivisa di file contenente materiale pedopornografico (Cass. III, n. 14353/2018), così come nella divulgazione di autoscatti rinvenuti nel telefono della vittima e inviati a terzi senza autorizzazione (Cass. III, n. 5522/2019). Il comma quarto, invece, punisce chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma. In questo caso, punito con una pena edittale sensibilmente più bassa (fino a tre anni), si va a chiudere il cerchio delle condotte realizzabili nel contesto del “mercato” della pedopornografia, punendo la mera offerta (purché seria e caratterizzata dalla disponibilità) del materiale e quella della cessione, diversa dalle forme descritte nei precedenti commi, anche a titolo gratuito. Anche in questo caso, si applica la aggravante di cui al comma 5 pocanzi esaminata. Infine, al sesto comma viene punita la condotta di chi, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, assiste ad esibizioni o spettacoli pornografici in cui sono coinvolti minori di anni diciotto. Sotto il profilo dell'elemento soggettivo, in caso di utilizzazione, il reato è punito a titolo di dolo generico, così come in caso di fruizione degli spettacoli o delle esibizioni, e nel caso di distribuzione, divulgazione e diffusione del materiale pornografico, così come nella cessione, o nell'offerta (Cass. III, n. 35147/2011; Cass. III, n. 33157/2012; Cass. III, n. 3194/2009). Al contrario, è richiesto il dolo specifico sia nel caso di reclutamento di cui al n. 2 del comma 1, sia nel caso di commercio di materiale pornografico, sia nella distribuzione o divulgazione di notizie finalizzate all'adescamento sessuale di minori. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Reato di pericolo concreto?
Orientamento meno recente della Corte di Cassazione Una volta delineate le diverse condotte sanzionate dall'art. 600-ter c.p., occorre ora analizzare i profili che attengono al caso descritto in sede di inquadramento e che riguarda la definizione dei confini della cd. “pornografia domestica” e la validità del consenso espresso dal minore nelle condotte descritte dal comma 1 e dai commi 3 e 4 dell'art. 600-ter c.p. Preliminarmente, occorre precisare che per anni, anche successivamente alle modifiche apportate alla norma dalla L. n. 38/2006 che ha sostituito il concetto di sfruttamento, con quello di utilizzazione, il reato in parola veniva ricondotto alla categoria dei reati di pericolo “concreto”. In particolare, le Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 13/2000) avevano individuato, quale indefettibile presupposto per la configurabilità della fattispecie criminosa di cui all'art. 600-ter c.p., la sussistenza di concreto pericolo di diffusione del materiale pornografico nel circuito perverso della pedofilia. In caso contrario, secondo le Sezioni Unite del 2000, gli atti sessuali non violenti con soggetto minorenne potranno, nei casi previsti dalla legge, configurare il diverso reato di cui all'art. 609-quater c.p., o essere penalmente irrilevanti, tanto per quanto riguarda l'atto sessuale, quanto per la produzione del materiale. Orientamento più recente della Corte di Cassazione L'orientamento sulla necessità del requisito del pericolo di diffusione del materiale pedopornografico, che è stato largamente dominante prima e dopo la pronuncia delle Sezioni Unite sopra esaminata, deve ritenersi superato dall'evoluzione normativa e, soprattutto, dallo sviluppo tecnologico che ha comportato la creazione di mezzi di produzione – come gli smartphone e le webcam– che rendono insito in sé stessi il pericolo di diffusione e che rendono superflua qualunque forma di accertamento del pericolo, soprattutto in quanto, con la modifica del concetto di utilizzazione rispetto a quello di sfruttamento, la tutela accordata è senz'altro maggiore. Per tali motivi, le Sezioni Unite (Cass. S.U., 51815/2018) hanno sancito che ai fini della configurabilità del delitto di produzione di materiale pedopornografico, non è più necessario, alla luce delle formulazioni dell'art. 600-ter, comma 1, c.p. successive alla l. 6 febbraio 2006, n. 38, l'accertamento del pericolo di diffusione di detto materiale. Un dato che, pertanto, oggi, appare non più soggetto a interpretazioni di segno opposto.
Domanda
Produzione del materiale: il consenso del minore è sufficiente a scriminare la condotta?
Orientamento della Corte di Cassazione Tanto evidenziato in merito alla tipologia di reato, concentrando l'attenzione sulle condotte di utilizzazione e diffusione che attengono al caso di specie, la prima questione che deve essere affrontata e se il consenso della minore alla videoripresa possa, da sola, essere sufficiente per escludere la rilevanza penale della condotta. A tale proposito estremamente rilevanti sono due pronunce delle Sezioni Unite che si sono susseguite nel corso di pochi anni, a riprova delle rilevanti modifiche al tessuto sociale che interessano questo settore, ossia la già menzionata Cass. S.U., 51815/2018 e la successiva Cass. S.U. , 4616/2022 che, quanto al concetto di utilizzazione, conferma i princìpi statuiti nel 2018. Preliminarmente, le sezioni unite specificano che pur non essendo più richiesto l'accertamento del pericolo concreto, non tutte le “produzioni” integrano il reato di cui all'art. 600-ter c.p. In particolare, le Sezioni Unite ritengono che possa e debba esistere un'area penalmente irrilevante della pornografia domestica e, anzi, che debba essere scongiurato il rischio di un'applicazione eccessivamente espansiva della norma penale, ben al di là di ipotesi che rispecchino la gravità sociale e lo spessore criminale del fenomeno della pedopornografia. Ai fini della delimitazione di tale “area”, il consenso del minore, seppur rilevante ai fini della valutazione della condotta dell'agente, non è il dato più incisivo che deve essere preso in considerazione dal giudice, in quanto anche in caso di consenso deve essere preliminarmente analizzato il tipo di rapporto intercorrente tra le parti e se lo stesso possa dirsi “paritario”, nonostante la possibile differenza di età e se la minore possa essere stata “utilizzata”. A tal proposito, le Sezioni Unite (n. 52815/2018) precisano che si devono distinguere le condotte di produzione aventi un carattere abusivo, per la posizione di supremazia rivestita dal soggetto agente nei confronti del minore o per modalità con le quali il materiale pornografico viene prodotto (ad esempio, minaccia, violenza, inganno) o per il fine commerciale che sottende la produzione, o per l'età dei minori coinvolti, qualora questa sia inferiore a quella del consenso sessuale. In altri termini, qualora le immagini o i video abbiano per oggetto la vita privata sessuale nell'ambito di un rapporto che, valutate le circostanze del caso, non sia caratterizzato da condizionamenti derivanti dalla posizione dell'autore, ma siano frutto di una libera scelta – come avviene, per esempio, nell'ambito di una relazione paritaria tra minorenni ultraquattordicenni – e siano destinate ad un uso strettamente privato, dovrà essere esclusa la ricorrenza di quella “utilizzazione” che costituisce il presupposto dei reati sopra richiamati. Per tale motivo, chiariscono le Sezioni Unite in modo davvero inequivocabile, il discrimine fra il penalmente rilevante e il penalmente irrilevante in questo campo non è il consenso del minore in quanto tale, ma la configurabilità dell'utilizzazione, che può essere esclusa solo attraverso un'approfondita valutazione della sussistenza in concreto dei presupposti sopra delineati; e deve a tal fine ricordarsi che, in ogni caso, il carattere pornografico o meno di immagini ritraenti un minore, costituisce apprezzamento di fatto demandato al giudice di merito e, pertanto, sottratto al sindacato di legittimità se sorretto da una motivazione immune da vizi logici e giuridici.
Domanda
Diffusione e divulgazione: il consenso è idoneo a scriminare la condotta dell'agente?
Orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Tanto evidenziato con riferimento alla condotta di cui al comma 1, venendo a quella di diffusione e divulgazione di cui comma 3, la recente pronuncia Cass. S.U. , n. 4616/2022, partendo dai princìpi dettati dalla pronuncia del 2018, giunge a delle conclusioni ancor più nette per le condotte che attengono, in generale, alla diffusione dell'oggetto della produzione di cui al comma 1, ossia tutte le condotte che comportano una traslazione verso l'esterno e verso terzi delle immagini raffiguranti il minore. Se, infatti, il consenso del minore può rilevare a rafforzare l'assenza di utilizzazione per quanto attiene alla condotta di produzione, non può avere alcun effetto per le condotte punite dagli altri commi. Secondo le Sezioni Unite, infatti, nessun rilievo – né scriminante, né ai fini dell'esclusione della tipicità – può essere attribuito alla volontà del minore, che non può mai validamente consentire alla messa in circolazione del materiale a contenuto sessuale che lo riguardi. In tal senso, viene operata una vera e propria presunzione giuridica in forza della quale se, da un lato, il minore può validamente esprimere il consenso ad avere atti sessuali e anche che questi possano essere ripresi in un contesto privato e non abusante, non può, al contrario, comprendere le ricadute che una diffusione di dette immagini potrebbe avere. E ciò in quanto il bene giuridico tutelato dall'art. 600-ter non è solo l'interesse individuale del minore coinvolto, ma anche l'interesse collettivo di tutti i minori, la cui dignità e libertà sessuale potrebbe risultare danneggiata o messa in pericolo per effetto della desensibilizzazione prodotta dalla visione delle immagini poste in circolazione. Per tali motivi, le Sezioni Unite hanno statuito il principio di diritto in forza del quale la diffusione verso terzi del materiale pornografico realizzato con un minore degli anni diciotto integra il reato di cui all'art. 600-ter, terzo e quarto comma, c.p. ed il minore non può prestare consenso ad essa. 3. Azioni processualiProcedibilità Il reato di pornografia minorile è procedibile d'ufficio, indipendentemente dalla condotta contestata. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) Le ipotesi di produzione, di reclutamento e di commercializzazione punite al primo e al secondo comma dell'art. 600-ter hanno un termine di prescrizione pari ad anni ventiquattro (cfr. art. 157 c.p.) essendo la pena massima prevista pari a dodici anni ed essendo previsto il raddoppio dei termini prescrizionali (cfr. art. 157, comma 6) per i reati contenuti nella sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale. Tale termine, in presenza di eventuali atti interruttivi, può essere aumentato fino ad un massimo di trent'anni (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), al netto dei periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Le ipotesi di divulgazione, diffusione, distribuzione (cfr. art. 600-ter, comma 3, c.p.), così come quelle di cessione o offerta (cfr. art. 600-ter, comma 4, c.p.) e di partecipazione a spettacoli di pornografia minorile (cfr. art. 600-ter, comma 6, c.p.), si prescrivono in anni dodici (cfr. art. 157 c.p.) essendo la pena massima prevista dalle predette disposizioni rispettivamente pari a cinque anni e a tre anni (sia per l'ipotesi di cui al comma quarto che sesto) di reclusione, alla luce del raddoppio dei termini prescrizionali (cfr. art. 157, comma 6) previsto per i reati contenuti nella sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale. Tale termine, in presenza di eventuali atti interruttivi, può essere aumentato fino ad un massimo di quindici anni (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), al netto dei periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutte le ipotesi previste dalla norma in parola, costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno. Tali termini possono essere ulteriormente estesi quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare. In ogni caso, la proroga potrà essere disposta per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione, salva la sospensione prevista dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p. e quanto previsto dalla normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al delitto di cui all'art. 600-ter c.p.: – per le ipotesi di cui ai primi due commi, l'arresto è obbligatorio in flagranza (cfr. art. 380, comma 2, lett. d) c.p.p.); – per le ipotesi di cui ai commi tre e quattro è consentito esclusivamente l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 2, c.p.p.), mentre per quella di cui al sesto comma non è mai consentito; – il fermo (art. 384 c.p.p.) è consentito esclusivamente per le ipotesi previste dai primi due commi. Misure cautelari personali In considerazione del limite edittale pari a dodici anni (cfr. art. 600-ter, commi 1 e 2, c.p.) e di cinque anni (600-ter, comma 3, c.p.) di reclusione, sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), consentendo l'art. 280, comma 1, c.p.p. di applicare dette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; sarà altresì possibile applicare anche la custodia cautelare in carcere essendo previsto dall'art. 280, comma 2, c.p.p., l'applicazione di detta misura in caso di delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Per quanto attiene alle condotte punite dai commi 4 e 6 sarà possibile applicare la misura dell'allontanamento dalla casa familiare (cfr. artt. 282-bis c.p.p.) nel caso in cui i fatti siano commessi in danno di prossimi congiunti o del convivente) Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza Nei casi previsti dall'art. 600-ter, commi 1, 2 e 3, c.p., è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione collegiale, mentre nelle restanti ipotesi di cui ai commi 4 e 6 il tribunale avrà composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Udienza preliminare Essendo la pena massima prevista per le ipotesi disciplinate dall'art. 600-ter, commi 1, 2, 3 c.p. superiore a quattro anni di reclusione, si procede con udienza preliminare. Nei casi previsi dall'art. 600-ter, commi 4 e 6, c.p. si procederà con citazione diretta a giudizio (cfr. art. 550 c.p.p.) e, successivamente all'entrata in vigore della cd. riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022), con l'udienza predibattimentale (cfr. art. 554-bis c.p.p.). Composizione del tribunale Il processo per il reato di cui all'art. 600-ter c.p. si svolgerà dinanzi al tribunale in composizione collegiale per le ipotesi previste dai primi tre commi e in composizione monocratica per quelle previste dal comma 4 e 6. 4. ConclusioniAlla luce delle coordinate ermeneutiche dettate dalle Sezioni Unite nel corso degli ultimi vent'anni, emerge una tutela complessiva della figura del minore che prescinde quasi completamente dal suo consenso e, dato ancor più rilevante, una tutela che viene accordata non solo al minore coinvolto nel caso concreto, ma a tutti i minori. È di tutta evidenza quella che la volontà del legislatore che, partire dal 2006 e dalla sostituzione della condotta di “sfruttamento” con quella di “utilizzazione”, ha inteso salvaguardare maggiormente il minore dalle conseguenze delle proprie azioni, ritenendolo sufficientemente maturo per decidere di intraprendere un rapporto di tipo sessuale, ma non includendo tale consenso anche quello alla rappresentazione grafica di tali atti. In particolare, tornando al caso di specie, se, da, un lato, l'analisi del rapporto intercorrente tra la minore e il maggiorenne ha consentito di escludere forme di abuso e sopraffazione rendendo, pertanto, valido il consenso alla produzione del materiale pornografico, al contrario il consenso – per di più ad una divulgazione “ristretta” – alla diffusione del predetto materiale non ha assume alcun valore. E ciò in quanto il legislatore ritiene che il minore non possa pienamente comprendere le conseguenze negative che la diffusione di tali immagini comporterebbe sia per il minore e sia per la tutela di tuti i minori. Alla luce di tali princìpi è agevole comprendere come nel caso in esame sia stata correttamente ritenuta insussistente l'ipotesi di cui al primo comma, mentre sia stata ritenuta integrata la condotta di diffusione. |