Detenzione di materiale pedopornografico in cloud e materialità del possesso

Irma Conti

1. Bussole di inquadramento

L'immagine del minore

La tutela del minore, della sua integrità psicofisica, che rappresenta il bene giuridico posto a fondamento di tutte le fattispecie oggetto di trattazione, costituisce una sfida in fieri per il legislatore, il quale deve costantemente adeguarsi all'evoluzione della società e dei mezzi di comunicazione.

Il concetto di “integrità psico-fisica”, infatti, è estremamente complesso e sfaccettato e, al suo interno, racchiude molte aree di tutela, come, ad esempio, quella della immagine del minore che può essere oggetto di utilizzazione e persino di mercificazione.

In particolare, gli articoli 600-ter e 600-quater c.p. prendono in considerazione e tutelano l'immagine del minore da condotte che, anche in caso di consenso, possono nuocere gravemente allo sviluppo e alla crescita del minore.

Come è stato già evidenziato in sede di trattazione dell'art. 600-ter c.p. infatti, il legislatore prevede che il minore ultraquattordicenne possa avere una propria sessualità, e addirittura che, in casi in cui sia esclusa in principio qualunque forma di diffusione, possa anche disporre della propria immagine nel contesto di una paritaria relazione.

Al tempo stesso, però, attraverso fattispecie come quelle sopra menzionate, il legislatore pone al riparo il minore da quelle condotte che, anche se realizzate con il suo consenso, possono mettere a repentaglio il proprio sviluppo, in quanto il minore non è in grado di poter valutare le conseguenze negative di un certo utilizzo della sua immagine.

La tutela fornita dal legislatore, non è solo nei confronti delle condotte poste in essere da chi sfrutta, o utilizza il minore, ma anche nei confronti del mero fruitore di tale utilizzazione.

In particolare, anche la sola detenzione di materiale pedopornografico costituisce reato ed è punita dall'art. 600-quater c.p. che costituisce una norma di chiusura che, idealmente, sanziona tutte le possibili aggressioni al bene tutelato dalla norma.

Il concetto di detenzione che richiama una certa fisicità nel possesso, può, però, essere particolarmente complesso ai fini dell'integrazione del reato in parola.

Come nel caso di Caio che, dopo aver acceduto tramite il deepweb, ad un sito su cui era presente materiale multimediale pedopornografico, ha archiviato dei video su uno spazio non fisico di archiviazione online (cd. cloud) che mantiene copia del file che può essere visionato “scaricando” dallo stesso cloud il suo contenuto.

Le fattispecie di cui all'art. 600-quater c.p.

Al fine di affrontare la questione giuridica esposta in sede di inquadramento, si deve procedere all'analisi della fattispecie di detenzione o accesso a materiale pornografico di cui all'art. 600-quater c.p.

E per farlo, è necessario partire dall'ultimo comma dell'articolo precedente, il quale fornisce una definizione di pornografia minorile.

In particolare, il settimo comma dell'art. 600-ter c.p. definisce la pornografia minorile come ogni rappresentazione, effettuata con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali.

Tanto premesso, la fattispecie in esame può essere integrata – in seguito alla novella legislativa dettata dall'art. 20, comma 1, lett. a), n. 1 della l. 23 dicembre 2021, n. 238 – attraverso tre distinte condotte.

Le prime due condotte, punite con la pena della reclusione fino a tre anni o con la multa non inferiore a euro 1.549, riguardano chi al di fuori delle ipotesi previste nell'articolo 600ter, consapevolmente si procura o detiene materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto è punito con la reclusione.

Si tratta di un reato comune, che può essere realizzato (procurandosi o detenendo il predetto materiale) da chiunque, e trattandosi di un reato “residuale” deve trattarsi però di un soggetto diverso da colui il quale abbia realizzato, ceduto, offerto, distribuito, divulgato, diffuso o pubblicizzato il materiale (da qui il richiamo alle ipotesi previste dall'articolo precedente).

L'agente, pertanto, può essere identificato nel consumatore finale, in chi si procura il materiale definito dall'ultimo comma dell'art. 600-ter c.p.

La fattispecie, come sancito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. S.U., n. 51815/2018), è un reato di mera condotta, consistente nel procurarsi o nel detenere materiale pornografico prodotto o realizzato da altri soggetti di sesso maschile o femminile, minorenni.

Il concetto di utilizzazione è stato al centro di un acceso dibattito dottrinario e giurisprudenziale, infine definito dalle Sezioni Unite nel 2018 in tema di pornografia minorile.

In particolare, le Sezioni Unite (Cass. S.U. , n. 52815/2018) hanno precisato che si avrà utilizzazione quando le condotte di produzione hanno un carattere abusivo, per la posizione di supremazia rivestita dal soggetto agente nei confronti del minore o per modalità con le quali il materiale pornografico viene prodotto (ad esempio, minaccia, violenza, inganno) o per il fine commerciale che sottende la produzione, o per l'età dei minori coinvolti, qualora questa sia inferiore a quella del consenso sessuale.

Nel caso in cui questo carattere abusivo non sia ravvisabile nel caso concreto, qualora la produzione del predetto materiale riguardi esclusivamente le parti della relazione e lo stesso materiale non venga ulteriormente condiviso, la produzione può essere lecita, rientrando nel concetto di “pornografia domestica”.

Al contrario, precisano le Sezioni Unite in una successiva pronuncia del 2022 (Cass. S.U. , n. 4616/2022) in ogni caso in cui si assista ad una successiva diffusione delle immagini, anche con il consenso del minore, anche in caso di una sua eventuale remunerazione, la realizzazione di quel materiale sarà sempre e comunque illecita.

Secondo le Sezioni Unite, infatti, nessun rilievo può essere attribuito alla volontà del minore, il cui consenso non ha alcuna efficacia sulla messa in circolazione del materiale a sfondo sessuale che lo riguardi.

La Suprema Corte, opera, pertanto, una presunzione iuris et de iure, sostenendo che laddove il minore possa avere una sufficiente capacità di decidere, superati i quattordici anni, di avere rapporti sessuali e anche di realizzare (con tutte le precisazioni sopra illustrate) del materiale pornografico destinato a rimanere all'interno della coppia, ma, allo stesso modo non può essere in grado di comprendere le ricadute che un'eventuale diffusione delle immagine realizzate potrebbe avere sul suo sviluppo.

Una volta delineato il concetto di utilizzazione e chiarito che il reato di cui all'art. 600-quater è un reato di mera condotta, si precisa che, sotto il profilo soggettivo, è punita la mera consapevolezza della detenzione del materiale, indipendentemente dalla sua effettiva fruizione.

In particolare, secondo la giurisprudenza di legittimità (Cass. III, n. 48175/2017), la prova del dolo del reato di detenzione di materiale pedopornografico, di cui all'art. 600-quater c.p., può desumersi dal solo fatto che quanto scaricato sia stato collocato in supporti informatici diversi (ad es, nel “cestino” del sistema operativo), evidenziando tale attività una selezione consapevole dei “file”, senza che abbia alcuna rilevanza il fatto che non siano stati effettivamente visionati.

Al secondo comma è, invece, prevista un'aggravante (in misura non eccedente i due terzi) nel caso in cui il materiale sia di ingente quantità.

Estremamente rilevante è, invece, la previsione dettata dal terzo comma, introdotta dalla summenzionata L. n. 238/2021, che codifica una terza condotta penalmente rilevante.

In particolare, il legislatore ha inteso punire con la reclusione fino a due anni e con la multa non inferiore ad euro 1000 chi, fuori dei casi di cui al primo comma, mediante l'utilizzo della rete internet o di altre reti o mezzi di comunicazione, accede intenzionalmente e senza giustificato motivo a materiale pornografico realizzato utilizzando minori degli anni diciotto.

La rilevanza di tale novella legislativa è di tutta evidenza, in quanto supera la rigidità della materialità delle condotte previste dal primo comma che aveva portato, in più di un'occasione, la giurisprudenza di legittimità (Cass. III, n. 20429/2014) a ritenere non punibili le condotte di chi si sia limitato a “consultare” siti in cui era presente materiale pedopornografico.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Detenzione di materiale pedopornografico e cloud: è necessaria una detenzione materiale ai fini dell'integrazione del reato?

Orientamento della Corte di Cassazione

Dopo aver delineato le condotte che possono integrare il delitto di cui all'art. 600-quater c.p., con riferimento al caso tracciato in sede di inquadramento, possiamo ora esaminare la questione attinente al concetto di “materialità” della condotta.

Come evidenziato, con riferimento al procacciamento del materiale pedopornografico, il legislatore del 2021 è intervenuto in modo diretto ampliando il novero delle condotte penalmente rilevanti e, in particolare, si è adeguato all'evoluzione dei mezzi tecnologici e di comunicazione.

Questa novella legislativa ha confermato e consentito un'evoluzione nella giurisprudenza di legittimità anche per quelle condotte legate alla detenzione che difettano di un possesso “materiale” dell'oggetto di produzione.

Posto che, ovviamente, un file, pur essendo un bene “immateriale” ha una sua “materialità” in senso informatico, come bene presente su un hard disk, il problema della detenzione del materiale potrebbe porsi per sistemi di archiviazione non fisici, come cloud, drive e sistemi simili.

In questi casi, infatti, la disponibilità di un file non è legata alla sua presenza su un dispositivo di archiviazione e anche il concetto di file è diverso, in quanto una volta caricato, per la sua consultazione, necessità di un'attività – quasi istantanea – di download.

Un possesso, pertanto, che prescinde da qualsiasi forma di materialità e che, aderendo ad una rigorosa interpretazione del concetto di “detenzione”, crea delle problematiche in ordine all'integrazione del reato di cui all'art. 600-quater.

In tal senso, la Corte di legittimità ha invece chiarito in modo inequivoco, che il concetto di detenzione prescinde, in considerazione dell'evoluzione dei mezzi tecnologici, da quella di un'effettiva “materialità” del possesso.

La Corte (Cass. III, n. 4212/2023) ha infatti sancito che Configura il reato di detenzione di materiale pedopornografico la disponibilità degli stessi file in un cloud, archivio virtuale consultabile mediante credenziali di autenticazione, essendo compresa nel concetto di detenzione non solo la disponibilità di file pedopornografici archiviati permanentemente in un dispositivo informatico nel possesso materiale del detentore, ma anche la disponibilità di file accessibili senza limiti di tempo e di luogo in un archivio virtuale consultabile, senza restrizioni, mediante credenziali di autenticazione in uso esclusivo o condiviso tra il titolare e altri utilizzatori, in modo da poterne ampiamente disporre e da compiere una vasta gamma di operazioni (visualizzazione, consultazione, aggiornamento, trasferimento o archiviazione).

Domanda
Si può “detenere” un file cancellato?

Orientamento della Corte di Cassazione

Una seconda questione strettamente correlata con quella di “immaterialità” dei file è quella legata all'effettiva “esistenza” degli stessi.

In particolare, come è noto, un file detenuto e visionato può essere successivamente cancellato in modo permanente.

In questi casi, le tracce dei file ormai cancellati, sia nel caso in cui siano essi recuperabili, sia nel caso in cui siano stati oggetto di una cancellazione profonda, tramite specifiche applicazioni, possono integrare la condotta di detenzione?

La Suprema Corte, ha chiarito che l'effettiva disponibilità del file non incide sulla configurabilità del reato e i file cancellati possono persino incidere sull'integrazione dell'aggravante di cui al comma 2 dell'art. 600-quater c.p.

In particolare, secondo la Corte di Cassazione (Cass. III, n. 24644/2021), in tema di ingente quantità di detenzione di materiale pedopornografico, la norma non fa assolutamente riferimento ad una contestualità temporale della detenzione; ciò che è stato cancellato, o, comunque, volontariamente accantonato in parti anche non più facilmente accessibili della memoria elettronica degli strumenti informatici, se è stato acquisito dal soggetto e da questi, sia pure per il solo tempo del suo accantonamento o cancellazione, detenuto, vale ad integrare gli estremi del reato contestato, ove tali operazioni siano state consapevolmente eseguite.

3. Azioni processuali

Procedibilità

Il reato di pornografia minorile è procedibile d'ufficio, indipendentemente dalla condotta contestata.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

Le ipotesi previste dal primo e dal terzo comma (anche prendendo in considerazione l'aggravante) dell'art. 600-quater c.p. hanno un termine di prescrizione pari ad anni dodici (cfr. art. 157 c.p.) essendo la pena massima prevista pari (rispettivamente) a 3 e a due anni di reclusione, in considerazione del raddoppio dei termini prescrizionali (cfr. art. 157, comma 6) previsto per i reati contenuti nella sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale.

Tale termine, in presenza di eventuali atti interruttivi, può essere aumentato fino ad un massimo di quindici anni (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), al netto dei periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutte le ipotesi previste dalla norma in parola, costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno.

Tali termini possono essere ulteriormente estesi quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare.

In ogni caso, la proroga potrà essere disposta per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione, salva la sospensione prevista dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p. e quanto previsto dalla normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al delitto di cui all'art. 600-quater c.p.:

– per le ipotesi di cui al primo e terzo comma non è consentito l'arresto, mentre per quella prevista al secondo comma è possibile l'arresto facoltativa in flagranza (cfr. art. 380, comma 2, lett. d) c.p.p.);

– il fermo (art. 384 c.p.p.) non è consentito.

Misure cautelari personali

In considerazione del limite edittale pari a cinque anni di reclusione previsto per l'ipotesi aggravata di cui al comma 2 (cfr. art. 600-quater comma c.p.), sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), consentendo l'art. 280, comma 1, c.p.p. di applicare dette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; sarà altresì possibile applicare anche la custodia cautelare in carcere essendo previsto dall'art. 280, comma 2, c.p.p., l'applicazione di detta misura in caso di delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Per quanto attiene alle condotte punite dal comma 1 e 3 sarà possibile applicare la misura dell'allontanamento dalla casa familiare (cfr. artt. 282-bis c.p.p.) nel caso in cui i fatti siano commessi in danno di prossimi congiunti o del convivente.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

Nei casi previsti dall'art. 600-quater, comma 2, è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione collegiale, mentre nelle restanti ipotesi di cui ai commi 1 e 3 il tribunale avrà composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.).

Udienza preliminare

Essendo la pena massima prevista per le ipotesi disciplinate dall'art. 600-quater, comma 2, c.p. superiore a quattro anni di reclusione, si procede con udienza preliminare.

Nei casi previsi dall'art. 600-quater, commi 1 e 3, c.p. si procederà con citazione diretta a giudizio (cfr. art. 550 c.p.p.) e, successivamente all'entrata in vigore della cd. riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022), con l'udienza predibattimentale (cfr. att. 554-bis c.p.p.).

Composizione del tribunale

Il processo per il reato di cui all'art. 600-quater c.p. si svolgerà dinanzi al tribunale in composizione collegiale per le ipotesi previste dal secondo comma e in composizione monocratica per quelle previste dal comma 1 e 3.

4. Conclusioni

Il caso in esame dimostra in modo inequivocabile come con l'evoluzione degli strumenti tecnologici, i concetti di materialità e di possesso sono ormai estremamente “elastici” e non possono più essere rapportati, soprattutto in ambito informatico, alla presenza fisica del materiale.

Come rilevato la Corte di legittimità, infatti, persino un file non effettivamente “detenuto” dall'agente, in quanto presente su un cloud, oppure un file che è stato cancellato e che non è immediatamente recuperabile, può integrare il delitto in parola. E ciò in quanto la fruizione del materiale e la sua detenzione deve adeguarsi ai tempi e alle dinamiche del 2023, alla società interconnessa e alla possibilità di procurarsi materiale pornografico “immateriale”, senza neanche bisogno di salvarlo su propri dispositivi.

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