Pornografia minorile e autoproduzione1. Bussole di inquadramentoLa sessualità del minore, tra diritti e tutele. Come esaminato in occasione degli ulteriori casi attinenti all'art. 600-ter c.p., la tutela del minore e, in particolare, della sua sfera sessuale, rappresenta una delle salvaguardie più complesse e strutturate prestate dal legislatore.E ciò in quanto se, da un lato, il bene giuridico tutelato dalla norma in parola e dalle ulteriori fattispecie poste a tutela dei minori è l'integrità psicofisica del minore nonché il corretto e sano sviluppo dello stesso, allo stesso modo il legislatore deve tenere conto anche della libertà dello stesso di esprimersi all'interno di una relazione che non sia connotata da condotte abusive. Si osserva, infatti, che se da un lato, la tutela del summenzionato bene giuridico è molto sfaccettata, in quanto ricomprende non solo le lesioni “tangibili” dell'integrità psico fisica del minore, ma anche quelle potenziali alla sua immagine conseguenti all'eventuale utilizzazione del minore, dall'altro il minore ultraquattordicenne ha il diritto ad una vita sessuale e ad una sessualità. In questo senso, soprattutto nel contesto di una società sempre più interconnessa e nel cui contesto anche le relazioni sentimentali o sessuali sono spesso captate attraverso strumenti informatici, la tutela del legislatore deve essere particolarmente efficace e il suo intervento molto selettivo. In questo senso che la giurisprudenza ha elaborato un concetto di pornografia “domestica” penalmente irrilevante, onde non estendere in maniera sconsiderata l'area di punibilità penale. Il confine tra pornografia domestica, utilizzazione e consenso del minore non è sempre semplice da individuare, soprattutto nel caso in cui le condotte sessualizzanti siano realizzate dal minore stesso. È questo il caso di Tizio, di ventotto anni, che conosce Caia, di sedici anni, nella palestra frequentata da entrambi e che inizia ad intraprendere una relazione dai connotati chiaramente. Caia, in particolare, dopo aver inviato dei messaggi a Tizio, esplicitando un proprio interesse nei suoi confronti, ha iniziato ad inviare ulteriori messaggi, prima di testo, di carattere spiccatamente sessuale – cd. sexting – e, successivamente, ad inviare foto e video espliciti, nei quali riprendeva sé stessa in atteggiamenti equivoci, senza vestiti, ritraendo anche atti masturbatori. Tizio ha replicato “a tono” a tali messaggi, trasmettendo foto e video della medesima natura, senza mai trasmettere ad altri il materiale prodotto da Caia, la quale, spontaneamente, ha continuato a sollecitare riscontri a Tizio. La “produzione” dei video e delle foto ritraenti Caia, possono integrare il delitto di cui all'art. 600-ter c.p. Le fattispecie di cui all'art. 600-ter c.p. Al fine di affrontare la questione giuridica esposta in sede di inquadramento, si deve procedere all'analisi della fattispecie di pornografia minorile, partendo proprio dalla definizione fornita dal settimo coma dell'art. 600-ter c.p. Essa viene definita come ogni rappresentazione, effettuata con qualunque mezzo, di un minore degli anni diciotto coinvolto in attività sessuali esplicite, reali o simulate, o qualunque rappresentazione degli organi sessuali di un minore di anni diciotto per scopi sessuali. Tanto premesso, la fattispecie in esame può essere integrata da diverse che sono state al centro di plurime interpretazioni da parte della giurisprudenza di legittimità. In particolare, l'attuale testo della norma punisce l'utilizzo del minore per la realizzazione di spettacoli pornografici nonché per la produzione di materiale pedopornografico, o, al numero 2 del già menzionato comma, il reclutamento o l'induzione del minore a partecipare a spettacoli o esibizioni pornografiche, o chi trae profitto dalle stesse. Con riferimento al concetto di “utilizzazione”, che verrà approfondito infra e che rappresenta il fulcro tanto della fattispecie di cui all'art. 600-ter c.p., quanto di quella di detenzione di materiale pedopornografico di cui all'art. 600-quater c.p., si precisa che il legislatore ha escluso che la condotta debba avere una finalità economica. Infatti, con la L. n. 38/2006 è stata modificata la norma, sostituendo l'espressione “sfruttando al fine di”, prevista nell'originaria stesura della norma, con l'attuale “utilizzando”. Allo stesso modo, ai sensi del comma 2 dell'art. 600-ter c.p., è punita (con la stessa pena prevista per il primo comma) anche la commercializzazione del materiale di cui al comma 1, condotta che pertanto presuppone una diversità rispetto al soggetto che l'ha prodotta e, secondo la dottrina, lo scopo di luco dell'autore, che deve compiere attività rispetto a più utenti/clienti, determinati o indeterminati che siano, nel contesto di un'attività che deve essere sorretta da una organizzazione, seppur rudimentale. Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della sussistenza di tale presupposto, è sufficiente la predisposizione di una struttura funzionale alla cessione, costituita dagli strumenti informatici di distribuzione del materiale ai singoli destinatari, dall'esistenza di una riserva di prodotti da porre e distribuire sul mercato e dall'acquisizione di determinate competenze tecniche finalizzate a rendere possibile tale distribuzione, dall'offerta di detto materiale ad una ampia, non predeterminata e tendenzialmente mutevole platea di fruitori, i quali anno libero accesso all'offerta (Cass. III, n. 26969/2022). Al terzo comma viene punita la condotta di “diffusione” del materiale di cui al comma 1. In particolare, il legislatore punisce chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui al primo e al secondo comma, con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, diffonde o pubblicizza il materiale pornografico di cui al primo comma, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all'adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori degli anni diciotto. Si tratta di una condotta estremamente grave, punita con la pena della reclusione da uno a cinque anni, che può essere ulteriormente aumentata, ai sensi del comma 5, nel caso in cui il materiale sia di ingente quantità. È di tutta evidenza che, con il mutare dei mezzi di comunicazione, il concetto di diffusione e di divulgazione possa oggi essere ritenuto integrato da condotte più disparate. In tal senso, la Suprema Corte ha ritenuto integrata la condotta di divulgazione nella cessione a terzi della password necessaria per accedere a cartella condivisa di file contenente materiale pedopornografico (Cass. III, n. 14353/2018), così come nella divulgazione di autoscatti rinvenuti nel telefono della vittima e inviati a terzi senza autorizzazione (Cass. III, n. 5522/2019). Il comma quarto, invece, punisce chiunque, al di fuori delle ipotesi di cui ai commi primo, secondo e terzo, offre o cede ad altri, anche a titolo gratuito, il materiale pornografico di cui al primo comma. In questo caso, punito con una pena edittale sensibilmente più bassa (fino a tre anni), si va a chiudere il cerchio delle condotte realizzabili nel contesto del “mercato” della pedopornografia, punendo la mera offerta (purché seria e caratterizzata dalla disponibilità) del materiale e quella della cessione, diversa dalle forme descritte nei precedenti commi, anche a titolo gratuito. Anche in questo caso, si applica la aggravante di cui al comma 5 pocanzi esaminata. Infine, al sesto comma viene punita la condotta di chi, salvo che il fatto non costituisca più grave reato, assiste ad esibizioni o spettacoli pornografici in cui sono coinvolti minori di anni diciotto. Sotto il profilo dell'elemento soggettivo, in caso di “utilizzazione”, il reato è punito a titolo di dolo generico, così come in caso di “fruizione” degli spettacoli o delle esibizioni, e nel caso di “distribuzione, divulgazione e diffusione” del materiale pornografico, così come nella cessione, o nell'offerta (Cass. III, n. 35147/2011, Cass. III, n. 33157/2012, Cass. III, n. 3194/2009). Al contrario, è richiesto il dolo specifico sia nel caso di reclutamento di cui al n. 2 del comma 1, sia nel caso di commercio di materiale pornografico, sia nella distribuzione o divulgazione di notizie finalizzate all'adescamento sessuale di minori. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Utilizzazione del minore: quando ricorre?
Orientamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione Dopo aver chiarito le condotte che possono integrare il reato in parola, occorre pertanto comprendere se la mera ricezione e conservazione di materiale pedopornografico da un minore, certamente “autoprodotto” e in alcun modo sollecitato, possa integrare la fattispecie di cui all'art. 600-ter c.p. In particolare, è pertanto importante comprendere i concetti di utilizzazione e di produzione stessa, al fine di verificare se tale condotta può rientrare in quella di pornografia domestica. Posto che, nel caso di specie, non è in alcun modo contestata la diffusione, divulgazione o commercializzazione del predetto materiale, occorre comprendere, in primis, quando possa parlarsi di utilizzazione, presupposto essenziale del reato e, come verrà evidenziato, di quello di cui all'art. 600-quater c.p. A tale proposito estremamente rilevanti sono due pronunce delle Sezioni Unite che si sono susseguite nel corso di pochi anni, a riprova delle rilevanti modifiche al tessuto sociale che interessano questo settore, ossia la già menzionata Cass. S.U., n. 51815/2018 e la successiva Cass. S.U. , n. 4616/2022 che, quanto al concetto di utilizzazione, conferma i princìpi statuiti nel 2018. Il concetto di utilizzazione è di fondamentale importanza ai fini della delimitazione del “penalmente rilevante” e sul punto le Sezioni Unite (n. 52815/2018, cit.) precisano che si devono distinguere le condotte di produzione aventi un carattere abusivo, per la posizione di supremazia rivestita dal soggetto agente nei confronti del minore o per modalità con le quali il materiale pornografico viene prodotto (ad esempio, minaccia, violenza, inganno) o per il fine commerciale che sottende la produzione, o per l'età dei minori coinvolti, qualora questa sia inferiore a quella del consenso sessuale. In altri termini, qualora le immagini o i video abbiano per oggetto la vita privata sessuale nell'ambito di un rapporto che, valutate le circostanze del caso, non sia caratterizzato da condizionamenti derivanti dalla posizione dell'autore, ma siano frutto di una libera scelta – come avviene, per esempio, nell'ambito di una relazione paritaria tra minorenni ultraquattordicenni – e siano destinate ad un uso strettamente privato, dovrà essere esclusa la ricorrenza di quella “utilizzazione” che costituisce il presupposto dei reati sopra richiamati. Per tale motivo, chiariscono le Sezioni Unite in modo davvero inequivocabile, il discrimine fra il penalmente rilevante e il penalmente irrilevante in questo campo non è il consenso del minore in quanto tale, ma la configurabilità dell'utilizzazione, che può essere esclusa solo attraverso un'approfondita valutazione della sussistenza in concreto dei presupposti sopra delineati; e deve a tal fine ricordarsi che, in ogni caso, il carattere pornografico o meno di immagini ritraenti un minore, costituisce apprezzamento di fatto demandato al giudice di merito e, pertanto, sottratto al sindacato di legittimità se sorretto da una motivazione immune da vizi logici e giuridici.
Domanda
Autoproduzione: i cd. “selfie” possono integrare il delitto di cui all'art. 600-ter c.p.?
Orientamento della Corte di Cassazione Tanto osservato in ordine al concetto di utilizzazione che, nel caso di specie, non sembrerebbe essere configurabile, bisogna approfondire il concetto stesso di produzione e se anche i selfie, che consistono in una mera autoproduzione, possono integrare l'art. 600-ter, comma 1, c.p. Anche in questo caso determinante è la correlazione con il concetto di utilizzazione. Le Sezioni Unite del 2018 hanno escluso che la cd. “autoproduzione”, possa integrare la fattispecie contestata, salvo che sia posta in essere un'attività di ulteriore diffusione delle immagini ricevute dal minore. in violazione dei commi da 2 e 4 della predetta norma. Le Sezioni Unite, aprendo le porte ad un orientamento ormai conforme (ex multis, da ultimo, Cass. III, n. 5522/2019 – dep. 12 febbraio 2020), ha infatti sancito che per la configurabilità delle ipotesi di cui ai commi da due a cinque, non viene più richiesto che il materiale pedopornografico sia stato prodotto da persona diversa dal soggetto minorenne ritratto, in quanto anche i cd. “selfie” realizzati dal minore e poi illegittimamente da altri diffusi, rientrano pertanto nell'alveo di tale disposizione. Al contrario, per quanto attiene alle condotte integranti il primo comma dell'art. 600-ter c.p., la Corte ribadisce che è necessaria “l'alterità tra il soggetto ritratto e l'autore delle immagini” specificando, pertanto, che un selfie e quindi un oggetto di chiara autoproduzione, non può integrare la fattispecie di cui al primo comma dell'art. 600-ter c.p. Il principio della necessaria “alterità” tra il soggetto che realizza il materiale e il suo protagonista non è, però, assoluto, in quanto si scontra e deve essere confrontato anche con la condotta posta in essere dall'agente. E ciò in quanto, nel caso in cui l'autoproduzione sia stata trasmessa in seguito ad una condotta di “utilizzazione” del minore, anche attraverso una forma di ingannevole induzione, magari facendo leva sulle fragilità di una personalità in divenire, il reato può comunque dirsi integrato. Secondo la Suprema Corte, infatti, si configura il delitto di cui all'art. 600-ter, comma 1, c.p. per un soggetto che, pur non realizzando materialmente il materiale pedopornografico, istighi o induca il minore a farlo, facendo sorgere in questi il relativo proposito, prima assente, ovvero rafforzando l'intenzione già esistente ma non ancora consolidata, in quanto tali condotte costituiscono una forma di manifestazione dell'utilizzazione del minore (Cass. III, n. 13123/2020). Allo stesso modo, laddove non sia ravvisabile l'utilizzazione, la volontaria trasmissione da parte del minore di autoproduzione erotica ad un soggetto maggiorenne, inciderebbe anche sulla configurabilità della meno grave fattispecie di detenzione di materiale pedopornografico ex art. 600-quater c.p. E ciò in quanto, se da un profilo “materiale”, esso potrebbe essere integrato, allo stesso tempo è richiesto che il materiale detenuto sia stati realizzato utilizzando minori degli anni diciotto. Utilizzazione che, nel caso di specie, non sarebbe dimostrabile. 3. Azioni processualiProcedibilità Il reato di pornografia minorile è procedibile d'ufficio, indipendentemente dalla condotta contestata. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) Le ipotesi di produzione, di reclutamento e di commercializzazione punite al primo e al secondo comma dell'art. 600-ter hanno un termine di prescrizione pari ad anni ventiquattro (cfr. art. 157 c.p.) essendo la pena massima prevista pari a dodici anni ed essendo previsto il raddoppio dei termini prescrizionali (cfr. art. 157, comma 6) per i reati contenuti nella sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale. Tale termine, in presenza di eventuali atti interruttivi, può essere aumentato fino ad un massimo di trent'anni (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), al netto dei periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Le ipotesi di divulgazione, diffusione, distribuzione (cfr. art. 600-ter comma 3 c.p.), così come quelle di cessione o offerta (cfr. art. 600-ter, comma 4, c.p.) e di partecipazione a spettacoli di pornografia minorile (cfr. art. 600-ter, comma 6, c.p.), si prescrivono in anni dodici (cfr. art. 157 c.p.) essendo la pena massima prevista dalle predette disposizioni rispettivamente pari a cinque anni e a tre anni (sia per l'ipotesi di cui al comma quarto che sesto) di reclusione, alla luce del raddoppio dei termini prescrizionali (cfr. art. 157, comma 6) previsto per i reati contenuti nella sezione I del capo III del titolo XII del libro II del codice penale. Tale termine, in presenza di eventuali atti interruttivi, può essere aumentato fino ad un massimo di quindici anni (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), al netto dei periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutte le ipotesi previste dalla norma in parola, costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno. Tali termini possono essere ulteriormente estesi quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare. In ogni caso, la proroga potrà essere disposta per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione, salva la sospensione prevista dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p. e quanto previsto dalla normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al delitto di cui all'art. 600-ter c.p.: – per le ipotesi di cui ai primi due commi, l'arresto è obbligatorio in flagranza (cfr. art. 380, comma 2, lett. d) c.p.p.); – per le ipotesi di cui ai commi tre e quattro è consentito esclusivamente l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381, comma 2, c.p.p.), mentre per quella di cui al sesto comma non è mai consentito; – il fermo (art. 384 c.p.p.) è consentito esclusivamente per le ipotesi previste dai primi due commi. Misure cautelari personali In considerazione del limite edittale pari a dodici anni (cfr. art. 600-ter, commi 1 e 2, c.p.) e di cinque anni (600-ter, comma 3, c.p.) di reclusione, sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), consentendo l'art. 280, comma 1, c.p.p. di applicare dette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; sarà altresì possibile applicare anche la custodia cautelare in carcere essendo previsto dall'art. 280, comma 2, c.p.p., l'applicazione di detta misura in caso di delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Per quanto attiene alle condotte punite dai commi 4 e 6 sarà possibile applicare la misura dell'allontanamento dalla casa familiare (cfr. artt. 282-bis c.p.p.) nel caso in cui i fatti siano commessi in danno di prossimi congiunti o del convivente) Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza Nei casi previsti dall'art. 600-ter commi 1, 2 e 3 c.p., è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione collegiale, mentre nelle restanti ipotesi di cui ai commi 4 e 6 il tribunale avrà composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Udienza preliminare Essendo la pena massima prevista per le ipotesi disciplinate dall'art. 600-ter commi 1, 2, 3 c.p. superiore a quattro anni di reclusione, si procede con udienza preliminare. Nei casi previsi dall'art. 600-ter, commi 4 e 6, c.p. si procederà con citazione diretta a giudizio (cfr. art. 550 c.p.p.) e, successivamente all'entrata in vigore della cd. riforma Cartabia (d.lgs. n. 150/2022), con l'udienza predibattimentale (cfr. art. 554-bis c.p.p.). Composizione del tribunale Il processo per il reato di cui all'art. 600-ter c.p. si svolgerà dinanzi al tribunale in composizione collegiale per le ipotesi previste dai primi tre commi e in composizione monocratica per quelle previste dal comma 4 e 6. 4. ConclusioniLa giurisprudenza che è stata appena esaminata è di primaria importanza ai fini della delimitazione dell'area del penalmente rilevante nel caso di specie. È di tutta evidenza come i principi impartiti dal legislatore e l'interpretazione fornita dalla giurisprudenza poggino su concetti non “assoluti”, anche in caso di “autoproduzione”.E ciò in quanto, al fine di offrire una tutela effettiva al minore, le valutazioni devono essere svolte “caso per caso”, in quanto pur essendo tracciato unprincipio generale sulla necessità che esita una “alterità” tra chi materialmente è autore della produzione e il soggetto ritratto, tale principio viene meno sia in caso di ulteriore diffusione del materiale, sia in caso di “utilizzazione”, raggiunta anche nella forma dell'induzione. Nel caso di specie, non essendoci stata alcuna ulteriore diffusione, non essendo stata in alcun modo sollecitata la minore Caia, la condotta di Tizio non può quindi integrare la fattispecie di cui all'art. 600-ter c.p. e, in assenza di elementi che possano lasciar intendere che vi sia stata una forma anche solo implicita di condizionamento, l'assenza di utilizzazione inciderebbe anche sulla ben meno grave fattispecie di cui all'art. 600-quater c.p. |