Riduzione in schiavitù e maltrattamenti in famiglia

Irma Conti

1. Bussole di inquadramento

La tutela della libertà e della dignità umana all'interno del contesto familiare

Soprattutto in passato, i maltrattamenti in famiglia spesso sono stati considerati dalle stesse vittime come questioni private e poco discusse apertamente: le vittime potevano trovarsi in una situazione di isolamento e mancanza di sostegno, con poche risorse a cui rivolgersi per ottenere aiuto.

Come è purtroppo noto, però, dinamiche di questo tipo non sono affatto sconosciute agli odierni contesti di maltrattamenti in famiglia, dove – al pari del passato – continuano ad essere i diritti delle donne e dei bambini quelli maggiormente trascurati. E ciò, nonostante il fatto che nel corso degli ultimi anni, la consapevolezza rispetto a tali temi è notevolmente aumentata, consentendo alla nostra società di fare importanti passi in avanti circa la prevenzione e la sensibilizzazione della problematica. Sono state così introdotte leggi specifiche per proteggere le vittime di questo genere di abusi e per perseguirne gli autori, mentre sono state create organizzazioni e servizi al precipuo scopo di fornire supporto emotivo, psicologico, consulenze e – non da ultimo – un rifugio sicuro a chi ne avesse bisogno.

Tuttavia, i maltrattamenti in famiglia continuano ad essere un problema diffuso anche nel presente. I fattori scatenanti simili dinamiche hanno sempre, per quanto diversi tra loro, una radice comune: un retaggio culturale volto a giustificare condotte pienamente lesive della dignità e della libertà di altri componenti di un determinato contesto.

Ed è, almeno oggi, chiaro che tali condotte non devono né possono necessariamente coincidere con le violenze fisiche evidenti, ben potendo queste ricomprendere, al contrario, anche forme di abuso emotivo quali il controllo coercitivo, l'isolamento sociale, l'umiliazione o l'intimidazione psicologica. E ciò in quanto le forme di abuso da ultimo richiamate, come è ormai noto, possono avere gravi conseguenze sulla salute mentale e fisica delle vittime, le quali potrebbero peraltro necessitare di un supporto professionale per tentare di recuperare integralmente dai danni derivanti da episodi di questo genere.

Considerazioni di tenore non dissimile (ma indubbiamente ancora più gravi) possono poi essere espresse in riferimento al fenomeno della schiavitù, ovvero di quella prassi che, disumana e violenta, consiste nel possesso e nello sfruttamento di una persona da parte di un'altra, la quale è così totalmente incapace di decidere le sorti della propria vita e del proprio futuro. Nella schiavitù, la libertà personale dell'individuo viene completamente annullata mediante la sottoposizione di questo al controllo e alla dipendenza altrui, spesso anche in maniera indiscriminata e violenta. Al pari dei maltrattamenti in famiglia, anche questo fenomeno ha radici risalenti nel tempo, ma èpurtroppo ancora presente in determinate realtà socio-culturali del mondo.

Tra le varie forme in cui la schiavitù potrebbe concretizzarsi, si potrebbero annoverare le ipotesi di tratta di esseri umani, lavoro forzato, prostituzione forzata, arruolamento forzato, servitù domestica e/o altre pratiche simili.

Ora, tenendo presente quanto finora detto in riferimento alle fattispecie brevemente descritte, non è dunque impossibile ipotizzare che un soggetto possa, ponendo in essere le medesime condotte ai danni delle medesime persone, risultare autore tanto del reato di maltrattamenti in famiglia tanto del reato di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù.

Ciò, ad esempio, è quanto ha commesso Tizio, il quale, anche con l'uso ripetuto della violenza fisica, ha assoggettato a sé un componente del suo nucleo familiare, cui somministrava quantità minime di cibo, per costringerlo a dormire sul pavimento e ad effettuare dure e ininterrotte prestazioni lavorative per poi appropriarsi della stragrande maggioranza dei ricavi derivanti da tali attività.

Davanti ad una simile ipotesi si rende all'evidenza necessaria una disamina in merito alle conseguenze che il nostro ordinamento penale prevede per tale soggetto.

La fattispecie di cui all'art. 572 c.p.

Al fine di dirimere le questioni sollevate nel caso delineato in sede di inquadramento, devono essere preliminarmente esaminate le fattispecie astrattamente ipotizzabili, ovvero, da un lato, quelle di maltrattamenti contro familiari o conviventi di cui all'art. 572 c.p. e, dall'altro, di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù di cui all'art. 600 c.p.

A norma dell'art. 572 del Codice penale, è punito con la reclusione da tre a sette anni chiunque maltratti una persona della propria famiglia o comunque convivente, ovvero una persona sottoposta alla propria autorità o affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia, o per l'esercizio di una professione o di un'arte. Con le previsioni qui brevemente richiamate, il Legislatore ha dunque inteso prevedere che il reato in commento si configura non solo in riferimento ai casi di maltrattamenti all'interno della famiglia così come tradizionalmente intesa, ma anche a situazioni in cui, per specifici ed ulteriori motivi, una persona fosse posta sotto l'autorità o la responsabilità dell'autore del reato.

La giurisprudenza di legittimità ha già specificato che l'appartenenza del soggetto agente a tradizioni culturali nelle quali non sia percepito un disvalore in condotte di questo tipo non esclude la colpevolezza del reo (ex multis, Cass. VI, n. 8986/2020).

In virtù, quindi, della circostanza per cui tale fattispecie di reato è volta, da un lato, alla repressione dei comportamenti antisociali di soggetti “forti” dei contesti famigliari (ed affini), e – dall'altro – alla tutela dei soggetti deboli dei medesimi contesti, la pena di cui sopra è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso in presenza o in danno di una persona minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità secondo la definizione fornita dalla legge n. 104 del 5 febbraio 1992. Lo stesso aumento ricorre qualora il fatto venga commesso attraverso l'utilizzo di armi.

Il comma terzo della medesima norma disciplina poi delle ipotesi in cui il delitto in commento si configura quale reato di condotta aggravato dall'evento: se, infatti, dai maltrattamenti deriva una lesione personale grave, allora la cornice edittale sarà ricompresa tra quattro e nove anni di reclusione; in caso di lesione personale gravissima, la pena sarà uguale ad anni sette nel minimo e ad anni quindici nel massimo; in caso di morte della vittima del reato, invece, il ventaglio edittale è ricompreso tra i dodici ed i ventiquattro anni di reclusione.

L'ultimo comma della norma in commento, invece, opera una presunzione legislativa alla stregua della quale il minore di anni diciotto che assista alle condotte di cui allo stesso articolo è da considerarsi quale persona offesa dal reato. La ratio sottesa ad una simile previsione è tanto palese quanto condivisibile: conscio, all'evidenza, del peso e dell'importanza che episodi di questo tipo possono avere in un corretto e sano sviluppo psico-fisico del minore, si prevede che questo sia persona offesa dal reato anche qualora abbia “semplicemente” assistito alle condotte di cui allo stesso articolo, pur non essendone il diretto soggetto passivo.

La fattispecie di cui all'art. 600 c.p.

È importante premettere che l'articolo in parola è stato radicalmente riformato, nel corso degli ultimi venti anni, da interventi legislativi che, nell'aggravare le pene previste e nel definire con precisione decisamente maggiore quali siano le condotte vietate, hanno apprestato una tutela decisamente maggiore contro il reato in commento.

Nel primo comma si stabilisce quali comportamenti integrino il reato in questione. Alla luce del fatto che la schiavitù implica un completo controllo sul corpo e sulla volontà di una persona, viene specificato che commette tale reato chiunque eserciti su una persona poteri corrispondenti a quelli del diritto di proprietà, nonché chiunque ponga ovvero mantenga un altro individuo in uno stato di soggezione continuativa, nell'ambito del quale ci sia la costrizione a prestazioni lavorative o sessuali, all'accattonaggio, alla sottoposizione al prelievo di organi “o comunque al compimento di attività illecite che ne comportino lo sfruttamento”.

Il secondo comma dello stesso articolo definisce invece le condizioni in cui si configura la situazione di riduzione o mantenimento in stato di schiavitù o servitù: al riguardo, si stabilisce che questa condizione di soggezione, equiparabile al diritto di proprietà, può essere ottenuta attraverso violenza, minacce, inganni, abuso di autorità ovvero sfruttando la vulnerabilità, l'inferiorità fisica o psichica o una situazione di necessità, ovvero ancora promettendo o dando denaro o altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona.

Di conseguenza, come già evidenziato dalla Suprema Corte (Cass. III, n. 2841/2006), questo reato è da inquadrarsi nella categoria dei reati di evento a forma vincolata, poiché l'evento – consistente nello stato di soggezione in cui la persona è costretta a svolgere determinate prestazioni – deve essere ottenuto dall'agente attraverso una delle modalità descritte nella stessa norma del Codice penale.

È importante evidenziare che il legislatore ha incluso tra queste modalità anche la promessa o la dazione di denaro o altri vantaggi da parte di chi ha autorità sulla persona vittima di schiavitù: in questo modo, l'ordinamento giuridico ha esteso la sua tutela anche ai ceti sociali meno abbienti, storicamente più suscettibili alle vessazioni tipiche della riduzione in schiavitù.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Maltrattamenti in famiglia e riduzione in schiavitù possono concorrere?

Orientamento della Corte di Cassazione

Una volta delineate le fattispecie delittuose rilevanti, veniamo ora ad analizzare i profili che attengono al caso descritto in sede di inquadramento, che riguarda, sul piano giuridico, l'eventualità che i reati ex artt. 572 e 600 possano o meno concorrere tra loro.

La questione, in altri termini, riguarda la comprensione delle conseguenze previste dal nostro ordinamento nel momento in cui un soggetto dovesse porre in essere quelle condotte sanzionate, allo stesso tempo, tanto dall'una quanto dall'altra norma penale. Come si anticipava, questo potrebbe accadere, per esempio, nel momento in cui una persona, nel maltrattare un convivente, finisca a tutti gli effetti per assoggettare quest'ultimo alla propria volontà, esercitando dunque sulla stessa poteri simili a quelli caratteristici del diritto di proprietà.

L'aspetto di maggiore interesse è senz'altro quello concernente il riconoscimento della commissione di un concorso di reati ovvero della commissione di uno solo di essi, con le inevitabili percussioni sul piano sanzionatorio che derivano dall'una o dall'altra scelta ermeneutica.

Sul tema, la Corte di Cassazione ha già affermato (Cass. V, n. 26429/2022) che le condotte in grado di integrare il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù, in quanto caratterizzate dallo stato di sfruttamento del soggetto passivo, implicano per loro natura il maltrattamento di quest'ultimo; di conseguenza, nel momento in cui, in una situazione di questo tipo, si dovesse configurare il reato di cui all'art. 600 c.p., è da escludere, per il principio di consunzione, la configurabilità dell'art. 572.

Tale ultima norma, dunque, può ritenersi integrata solamente qualora non vi sia una condizione di integrale asservimento del soggetto passivo del reato a fini di sfruttamento economico, purché – ovviamente – la condotta illecita, come richiesto dall'art. 572, sia continuativa e cagioni a tale soggetto sofferenze morali e materiali.

3. Azioni processuali

Procedibilità

I reati di riduzione o mantenimento in stato di schiavitù o servitù e di maltrattamenti contro familiari e conviventi sono entrambi procedibili d'ufficio.

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

In riferimento alla fattispecie delittuosa disciplinata dall'art. 600, l'ipotesi di reato ha un termine di prescrizione pari ad anni quaranta (cfr. art. 157 c.p.) essendo la pena massima prevista pari a venti anni e sussistendo il raddoppio dei termini prescrizionali di cui all'art. 157, comma 6.

Lo stesso raddoppio opera, sempre ex art. 157, comma 6, c.p., anche in riferimento alle fattispecie delittuose disciplinate dall'art. 572: l'ipotesi di cui al comma 1 si prescriverà dunque in anni quattordici; quella di cui al comma 2 in anni ventuno, in caso di lesione personale grave, il reato si prescriverà in anni diciotto; in caso di lesione gravissima, il reato si prescriverà in trenta anni; in caso, infine, di morte, il reato si prescriverà in quarantotto anni.

Per quanto attiene al delitto di cui all'art. 600 c.p., tutti i termini finora richiamati, in presenza di eventuali atti interruttivi (cfr. artt. 159,160 e 161 c.p.), possono essere aumentati senza i limiti imposti dall'art. 161, comma 2, c.p.; limiti che, invece, per quanto attiene all'art. 572 c.p. ricorrono, non potendo essere l'interruzione, a noma dell'art. 161, comma 2, c.p.p., superiore ad un quarto del tempo previsto per la prescrizione.

Pertanto, per quanto attiene al delitto di cui all'art. 572 c.p. e senza considerare le eventuali sospensioni, il reato in parola, considerando il periodo massimo per le interruzioni appena esaminato, si prescriverà in:

– diciassette anni e cinque mesi per l'ipotesi prevista al primo comma;

– ventisei anni e due mesi, per l'aggravante prevista dal secondo comma;

– ventidue anni e cinque mesi in caso di lesioni gravi;

– trentasette anni e cinque mesi in caso di lesioni gravissime;

– sessanta anni in caso di morte.

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), per tutte le ipotesi di reato, costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno.

Tali termini possono essere ulteriormente estesi quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare.

In ogni caso, la proroga potrà essere disposta per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione, salva la sospensione prevista dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p. e quanto previsto dalla normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo al delitto di cui all'art. 600 c.p.:

– l'arresto è obbligatorio in flagranza (cfr. art. 380, comma 2, lett. d) c.p.p.);

– il fermo (art. 384 c.p.p.) è consentito.

Con riguardo al delitto di cui all'art. 572 c.p.:

– l'arresto è obbligatorio in flagranza (cfr. art. 380, comma 2, lett. l-ter) c.p.p.)

– il fermo (art. 384 c.p.p.) è consentito.

Misure cautelari personali

In considerazione dei limiti edittali finora richiamati, sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), consentendo l'art. 280, comma 1, c.p.p. di applicare dette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; sarà altresì possibile applicare anche la custodia cautelare in carcere essendo previsto dall'art. 280, comma 2, c.p.p., l'applicazione di detta misura in caso di delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni.

Sarà poi possibile applicare la misura dell'allontanamento dalla casa familiare (cfr. artt. 282-bis c.p.p.) nel caso in cui i fatti siano commessi in danno di prossimi congiunti o del convivente.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

Nei casi previsti dall'art. 600 commi 1, 2 e 3 c.p., è competente per materia la Corte di Assise (cfr. art. 5, lett. d-bis) c.p.p.).

Nel caso previsto dall'art. 572 comma 1, nonché nei casi (sempre disciplinati dalla norma) di lesione personale grave e di lesione gravissima, sarà competente per materia il Tribunale; in caso di evento morte, sarà competente la Corte di Assise.

Udienza preliminare

Essendo le pene massime previste per le ipotesi richiamate tutte superiori a quattro anni di reclusione, si procede con udienza preliminare.

Composizione del tribunale

Il processo per il reato di cui all'art. 600 c.p. si svolgerà dinanzi alla Corte di Assise, così come il processo per il reato di cui all'art. 572 qualora dalle condotte da questo disciplinate derivi la morte.

Il procedimento per il reato di cui all'art. 572, comma 1, c.p. si svolgerà davanti al Tribunale in composizione monocratica (cfr. art. 33-ter c.p.p.); lo stesso dicasi qualora dalle condotte derivi lesione personale grave.

In caso di lesione gravissima, invece, il relativo processo si svolgerà davanti al Tribunale collegiale (art. 33-bis c.p.p.).

4. Conclusioni

Le modifiche normative registratesi nel corso degli ultimi venti anni hanno dimostrato una rinnovata attenzione, da parte del Legislatore, tanto rispetto al reato di riduzione o mantenimento in schiavitù, tanto rispetto al reato di maltrattamenti in famiglia. Un'attenzione che, oltre all'aggravamento delle pene destinate agli autori di queste condotte, si è concretizzata anche attraverso un ampliamento delle condotte integranti reato, specialmente per quanto riguarda l'art. 600 c.p.

L'eventualità, quindi, che una medesima condotta possa, allo stesso tempo, rientrare nell'ambito dei divieti di entrambe le norme altro non è che la naturale e fisiologica conseguenza delle condivisibili scelte del legislatore.

Davanti all'inevitabile dubbio in merito a quale regime sanzionatorio debba conseguire a fronte di simili dinamiche criminose, la nostra giurisprudenza di legittimità ha dunque preferito valorizzare i profili di identicità tra le fattispecie delittuose richiamate, e, per l'effetto, affermare che, alla luce del principio di consunzione, qualora si configuri il reato ex art. 600, sia da escludere l'integrazione del – meno grave – delitto ex art. 572.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario