Reati in materia di prostituzione e confisca1. Bussole di inquadramentoI reati in materia di prostituzione L'art. 3 della legge n. 75/1958 ha sostituito i previgenti articoli da 531 a 536 c.p., introducendo una serie di fattispecie criminose a tutela della dignità della persona contro il fenomeno della prostituzione (Corte cost., n. 141/2019). Come evidenziato dalla Corte di Cassazione, infatti, il bene giuridico protetto dalla legge 20 febbraio 1958, n. 75 non è costituito dalla moralità e dalla salute pubblica, né dalla libertà di autodeterminazione della donna nel compimento di atti sessuali, ma dalla dignità della persona, quale si esplica attraverso lo svolgimento dell'attività sessuale, non suscettibile di formare oggetto di contrattazioni o di atti di disposizione strumentali alla percezione di un'utilità patrimoniale. (Cass. III, n. 5768/2018; Cass. III, n. 14593/2018). Sulla scorta di tale impostazione è stato pertanto escluso dai giudici di legittimità che, ai fini della configurabilità dei reati connessi alla prostituzione, possa assumere rilevanza l'atteggiamento soggettivo della persona offesa e la sua eventuale adesione al compimento di atti di prostituzione (Cass. III, n. 14593/2018). Questi ultimi sono stati altresì oggetto di definizione da parte della giurisprudenza di legittimità, ricomprendendovi qualsiasi condotta riconducibile alla sfera sessuale, tenuta dietro pagamento di un corrispettivo e finalizzata, in via diretta ed immediata, a soddisfare la libidine di colui che ha chiesto o è destinatario della prestazione (Cass. III, n. 364/2019). Le fattispecie penali in materia di prostituzione sono disciplinate dall'art. 3 l. n. 75/1958, che, come evidenziato dalla Corte di Cassazione, non configura una sola fattispecie criminosa a manifestazioni plurime, ma prevede più reati, strutturalmente autonomi, che possono tra loro concorrere (Cass. III, n. 28196/2016). Al comma 1, il citato art. 3 prevede infatti un elenco di condotte criminose, prevedendo la medesima pena per ciascuna di esse. Al n. 1 dell'art. 3, il legislatore punisce le chiunque abbia la proprietà o l'esercizio, sotto qualsiasi denominazione, di una casa di prostituzione, o comunque la controlli, o diriga, o amministri, ovvero partecipi alla proprietà, esercizio, direzione o amministrazione di essa. La Corte di Cassazione ha precisato, al riguardo, che la nozione di “casa di prostituzione” implica necessariamente la presenza di una pluralità di persone esercenti il meretricio, con facoltà, per chiunque ne abbia conoscenza, di poter accedere liberamente in quel luogo (Cass. III, n. 29421/2019). Il successivo n. 2 prende in considerazione invece la condotta di chi, avendo la proprietà o l'amministrazione di una casa od altro locale, li conceda in locazione a scopo di esercizio di una casa di prostituzione. Ad onta della formulazione della norma incriminatrice, che fa riferimento allo “scopo di esercizio di una casa di prostituzione”, la Corte di Cassazione ha affermato che l'elemento soggettivo del reato in questione è costituito dal dolo generico, in quanto non è richiesto che lo scopo rientri nelle finalità dell'agente, ma è sufficiente che il locatore ceda l'immobile essendo a conoscenza dell'uso cui lo stesso sarà adibito (Cass. VI, n. 27976/2014; Cass. III, n. 12787/1999). Ai sensi del n. 3, è invece punito chiunque, essendo proprietario, gerente o preposto a un albergo, casa mobiliata, pensione, spaccio di bevande, circolo, locale da ballo, o luogo di spettacolo, o loro annessi e dipendenze, o qualunque locale aperto al pubblico od utilizzato dal pubblico, vi tollera abitualmente la presenza di una o più persone che, all'interno del locale stesso, si danno alla prostituzione. Il delitto di tolleranza abituale della prostituzione è dunque un reato proprio, che presuppone la gestione o la titolarità di taluna delle attività su indicate, ivi compreso ogni altro locale aperto al pubblico, che la Corte di Cassazione definisce come luogo al quale chiunque può accedere a determinate condizioni, ovvero quello frequentabile da un'intera categoria di persone o comunque da un numero indeterminato di soggetti, che abbiano la possibilità giuridica e pratica di accedervi senza legittima opposizione di chi sul luogo esercita un potere di fatto o di diritto (Cass. III, n. 29586/2017). Il delitto in esame è un reato abituale e non già permanente, sicché non esige la continuità della condotta, ma implica la sola reiterazione, per un tempo apprezzabile, del comportamento permissivo del gestore, idoneo a consentire che lo svolgimento di attività di meretricio, dovendosi, per contro, configurare il reato di favoreggiamento della prostituzione nel caso in cui il suddetto comportamento si presenti come occasionale (Cass. III, n. 18003/2019). Si tratta di un reato di mera condotta, che si consuma nel luogo nel quale le persone si danno alla prostituzione e non in quello nel quale l'autore del reato percepisce il profitto derivante solo dall'utilizzo del locale (Cass. III, n. 48244/2018). È sufficiente che il luogo gestito dal soggetto agente sia utilizzato per la sola attività di contatto, conoscenza od accordo tra cliente e persona dedita alla prostituzione, propedeutica al meretricio, da consumarsi altrove, non occorrendo che le prestazioni sessuali oggetto di mercimonio siano ivi consumate (Cass. IV, n. 42256/2017). Come espressamente previsto dal comma 2 dell'art. 3, la condanna per i fatti sub n. 3 determina la perdita della licenza d'esercizio, con facoltà di ordinare la chiusura definitiva dell'esercizio. Ai sensi del n. 4 dell'art. 3, comma 1, cit. è inoltre punita la condotta di chiunque recluti una persona al fine di farle esercitare la prostituzione, o ne agevoli a tal fine la prostituzione La condotta di reclutamento si realizza quando l'agente si attiva al fine di collocare la vittima dell'azione delittuosa nella disponibilità di chi intende trarre vantaggio dall'attività di meretricio ed è pertanto integrata da una qualsiasi attività, effettuata anche su scala molto modesta, di ricerca della persona da ingaggiare e di persuasione della medesima, mediante la rappresentazione dei vantaggi realizzabili, a recarsi in un determinato luogo e a rimanervi per un certo tempo al fine di prestarsi, con continuità e regolarità, alle richieste di prestazioni sessuali dei clienti (Cass. III, n. 15217/2017). Il delitto di reclutamento di persone al fine di prostituzione, come chiarito dalla Corte di Cassazione, ha natura di reato istantaneo e il suo perfezionamento coincide con il mero raggiungimento dell'accordo con la persona disposta a prostituirsi, indipendentemente dal fatto che l'ingaggio di quest'ultima possa riguardare plurime prestazioni da svolgere successivamente in favore del cliente, essendo in tal caso il reato unico; sussiste, invece, una pluralità di reati nel caso in cui le successive condotte di reclutamento siano espressione, specie in relazione a tipo, luogo e condizioni dell'attività di prostituzione, di altrettanti nuovi e autonomi accordi (Cass. III, n. 47059/2021). Il n. 5 del comma 1 dell'art. 3, l. n. 75/1958, punisce inoltre la condotta di chiunque induca alla prostituzione una donna di età maggiore, o compia atti di lenocinio, sia personalmente in luoghi pubblici o aperti al pubblico, sia a mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità. Il delitto di induzione alla prostituzione si concretizza in un'attività diretta a far cessare le resistenze di ordine morale che trattengono la persona dal prostituirsi, che si realizza con un minimo di continuità e anche con una condotta frazionabile in atti idonei ed univocamente diretti a ledere il bene protetto e ad attuare il delitto (Cass. III, n. 29635/2018). Costituisce dunque induzione alla prostituzione ogni condotta dell'agente che abbia un'efficacia causale e rafforzativa dell'altrui volontà a concedere ad altri il proprio corpo (Cass. III, n. 2399/2018). Non è necessario che il soggetto passivo sia una persona non iniziata e non dedita alla vendita del proprio corpo, essendo sufficiente che l'agente ponga in essere una condotta diretta a vincere le resistenze che trattengono questa dal prostituirsi al fine di conseguire una qualsiasi utilità economica. È pertanto configurabile l'ipotesi del tentativo del delitto di induzione a fronte di atti idonei, diretti in modo non equivoco ad agevolare, attraverso l'opera di induzione e di informazione in ordine allo svolgimento delle pratiche amministrative necessarie, con manifestazione di disponibilità alla anticipazione delle spese, il trasferimento in Italia di una prostituta per ivi esercitarvi il meretricio (Cass. III, n. 13995/2018). Il delitto di lenocinio è invece integrato dal compimento di atti diretti a procacciare clienti a persone che esercitano la prostituzione in modo da realizzare un'intermediazione fra l'offerta e la domanda di prestazioni sessuali a pagamento, pubblicizzando il meretricio. La condotta criminosa può consistere nell'attività personale dell'agente svolta in luoghi pubblici o aperti al pubblico; nell'uso della stampa e dei mezzi di comunicazione sociale, o infine di altri strumenti di pubblicità, di spettacoli teatrali e cinematografici o della rete Internet (Cass. III, n. 5768/2018). Il n. 6 del comma 1 del citato art. 3 punisce invece chiunque induca una persona a recarsi nel territorio di un altro Stato o comunque in luogo diverso da quello della sua abituale residenza al fine di esercitarvi la prostituzione, ovvero si intrometta per agevolarne la partenza, mentre ai sensi del n. 7, è punito chiunque esplichi un'attività in associazioni ed organizzazioni nazionali od estere dedite al reclutamento di persone da destinate alla prostituzione od allo sfruttamento della prostituzione, ovvero in qualsiasi forma e con qualsiasi mezzo agevoli o favorisca l'azione o gli scopi delle predette associazioni od organizzazioni. Sul punto, la Corte di Cassazione ha ritenuto ammissibile un concorso tra il delitto in esame e quello di associazione per delinquere finalizzata al compimento di reati in materia di prostituzione, evidenziando che, dalla letterale formulazione dell'art. 3, comma 1, n. 7, emerge che essa non configura un reato associativo ma presuppone, piuttosto, l'esistenza di una già costituita organizzazione criminosa, in tal modo individuando come autonome condotte punibili quelle che recano ad essa vantaggio (Cass. IV, n. 39052/2016). Infine, ai sensi del n. 8, è punito chiunque in qualsiasi modo, favorisca o sfrutti la prostituzione altrui. Si tratta dei delitti di favoreggiamento e di sfruttamento della prostituzione altrui, che costituiscono autonome fattispecie di reato che tra loro possono concorrere, come affermato dalla Corte di Cassazione, la quale ha evidenziato la diversità dell'elemento materiale, di quello psicologico e del bene giuridico protetto dai reati in questione (Cass. III, n. 15069/2016). Con particolare riferimento alle condotte di favoreggiamento, la Corte di Cassazione ha evidenziato che tale delitto ha natura di reato di pericolo a forma libera, che si consuma con il mero compimento di qualsiasi condotta “in qualunque modo” idonea a favorire la prostituzione, indipendentemente dal fatto che quest'ultima abbia o meno a verificarsi (Cass. III, n. 29062/2019). Il delitto di favoreggiamento della prostituzione si perfeziona infatti con ogni forma di interposizione agevolativa e con qualunque attività che sia idonea a procurare più facili condizioni per l'esercizio del meretricio, che venga posta in essere dall'agente con la consapevolezza di facilitare l'altrui attività di prostituzione, senza che abbia rilevanza il movente od il fine di tale condotta (Cass. III, n. 15502/2019; Cass. III, n. 19207/2019). Si tratta di un reato comune, che può essere realizzato da chiunque e rispetto al quale rileva solo che venga favorita la prostituzione di un'altra persona a nulla rilevando che nell'atto di meretricio sia coinvolto anche il soggetto agente (Cass. III, n. 13645/2020). Le condotte che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto integrative del delitto in esame sono le più disparate e spaziano dalla consegna di bibite ai clienti di una prostituta nei luoghi di svolgimento dell'attività di meretricio (Cass. III, n. 19207/2019), al reperimento di un appartamento idoneo per l'esercizio della prostituzione, con contestuale pubblicizzazione della stessa (Cass. III, n. 20715/2020), all'accompagnamento abituale con la propria autovettura di una donna nel luogo in cui la stessa si prostituisce (Cass. III, n. 16689/2018). Con riferimento invece al delitto di sfruttamento della prostituzione altrui, la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto sufficiente la consapevole partecipazione, anche occasionale, ai proventi dell'attività di prostituzione ovvero il trarre una qualche utilità, anche di natura non economica, dall'attività sessuale della prostituta, escludendo che il reato abbia natura abituale (Cass. III, n. 741/2019). Al contrario, con riferimento altresì alla fattispecie di favoreggiamento, i giudici di legittimità hanno ritenuto che tali reati presentino natura eventualmente abituale, potendosi risolvere tanto in un'unica condotta idonea a configurarli, quanto nella reiterazione di più azioni omogenee le quali, pur costituendo di per sé reato se considerate isolatamente, danno vita ad un unico reato, con la conseguenza che, in quest'ultimo caso, il termine di prescrizione decorre dal compimento dell'ultimo atto antigiuridico coincidente con la consumazione e cessazione dell'abitualità (Cass. III, n. 364/2020). Le circostanze aggravanti speciali L'art. 4 della legge n. 75/1958 prevede una serie di circostanze speciali, che determinano il raddoppio della pena edittale per i fatti ex art. 3, e si configurano: 1) se il fatto è commesso con violenza, minaccia, inganno; 2) se il fatto è commesso ai danni di persona in istato di infermità o minorazione psichica, naturale o provocata; in tal caso non è richiesto il vizio totale di mente, ma un'infermità psichica anche parziale della prostituta (Cass. III, n. 23198/2018); 3) se il colpevole è un ascendente, un affine in linea retta ascendente, il marito, il fratello, o la sorella, il padre o la madre adottivi, il tutore; in relazione a tale circostanza aggravante, la Corte di Cassazione ha ritenuto che essa sia configurabile anche in caso di matrimonio simulato contratto al solo fine di far ottenere allo straniero il permesso di soggiorno (Cass. III, n. 30877/2018). 4) se al colpevole la persona è stata affidata per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza, di custodia; 5) se il fatto è commesso ai danni di persone aventi rapporti di servizio domestico o d'impiego; 6) se il fatto è commesso da pubblici ufficiali nell'esercizio delle loro funzioni; 7) se il fatto è commesso ai danni di più persone; tale aggravante opera in relazione a ciascuna delle fattispecie incriminatrici disciplinate dall'art. 3 della l. n. 75/1958 (Cass. III, n. 24972/2020) e costituisce una deroga agli istituti della continuazione e del concorso formale di reati, in quanto rende unico il fatto commesso mediante più condotte in danno di più persone, prescindendo dalla simultaneità della loro prostituzione, essendo sufficiente che l'attività sia esplicata o contestualmente nei confronti di due o più persone, ovvero in successione temporale nei riguardi di una o dell'altra (Cass. III, n. 20847/2020). 7-bis) se il fatto è commesso ai danni di una persona tossicodipendente; siffatta aggravante, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, ha natura oggettiva, in quanto riguarda le condizioni personali della persona offesa, e, in quanto tale, si estende a tutti i correi che, anche solo per colpa, l'abbiano ignorata (Cass. III, n. 10003/2017). 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
Può costituire oggetto di confisca il corrispettivo in denaro ricevuto per l'ospitalità alberghiera della prostituta e del cliente?
Orientamento dominante della Corte di Cassazione Non può costituire oggetto di confisca il corrispettivo in denaro ricevuto per l'ospitalità alberghiera della prostituta e del cliente se non v'è stata alcuna maggiorazione delle tariffe applicate alla restante clientela, in quanto non si configura un profitto illecito ricavato in via diretta e immediata dalla commissione del reato. La Corte di Cassazione è intervenuta in ordine alla possibilità di procedere a confisca del compenso ricevuto dal gestore di una struttura alberghiera, resosi responsabile del delitto di tolleranza abituale della prostituzione, rinveniente dal pagamento di una stanza da parte di prostituta e cliente. La questione attiene alla natura del danaro rinveniente dal pagamento della stanza utilizzata per l'attività di prostituzione, che la Corte di Cassazione ha escluso configurare il profitto del delitto, a meno che non risulti che il soggetto agente abbia praticato tariffe maggiorate in considerazione dell'uso specifico che sarebbe stato fatto della stanza. In tal caso, tuttavia, si verterebbe nell'ipotesi dello sfruttamento della prostituzione, laddove il delitto di tolleranza abituale della prostituzione non richiede il fine di lucro (Cass. III, n. 46235/2018). Come evidenziato dai giudici di legittimità, il “profitto” del reato è costituito dal lucro, e cioè dal vantaggio economico che si ricava per effetto della commissione del reato, in termini di vantaggio economico derivante in via diretta ed immediata dalla commissione dell'illecito, con esclusione dunque dei vantaggi ottenuti soltanto in via indiretta. Rientra in quest'ultima ipotesi il pagamento del prezzo praticato dalla struttura alberghiera per le stanze affittate dai clienti, iscrivendosi in un rapporto sinallagmatico rispetto al quale la condotta criminosa non apporta alcun ulteriore e immediato vantaggio economico (Cass. III, n. 33816/2020). 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Istanza di revoca o sostituzione di misura cautelare (art. 299); Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1); Richiesta dell'indagato di applicazione della pena nel corso delle indagini preliminari (art. 447, comma 1). ProcedibilitàPer i delitti in materia di prostituzione, di cui all'art. 3 l. n. 75/1958 si procede sempre di ufficio. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) Per tutti i delitti in materia di prostituzione, di cui all'art. 3 l. n. 75/1958 il termine-base di prescrizione è pari a sei anni (cfr. art. 157 c.p.), suscettibile di aumento, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di sette anni e sei mesi (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Con riferimento ai fatti commessi a partire dal 1° gennaio 2020, ai sensi dell'art. 161 bis c.p., il termine di prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado, fermo restando che, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento. A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), inoltre, per tutti i delitti in materia di prostituzione, di cui all'art. 3 l. n. 75/1958, costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo ai delitti in materia di prostituzione, di cui all'art. 3 l. n. 75/1958, comunque circostanziati: – non è consentito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (art. 380 c.p.p.); – è consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381 c.p.p.); – non è mai consentito il fermo (art. 384 c.p.p.). Misure cautelari personali In relazione ai delitti in materia di prostituzione, di cui all'art. 3 l. n. 75/1958, sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; ai medesimi delitti è applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza Per tutti i delitti in materia di prostituzione, di cui all'art. 3 l. n. 75/1958, è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Citazione a giudizio Per i delitti in materia di prostituzione, di cui all'art. 3 l. n. 75/1958, si procede con udienza preliminare. Composizione del tribunale Il processo per i delitti in materia di prostituzione, di cui all'art. 3 l. n. 75/1958, si svolgerà dinanzi al tribunale in composizione monocratica. 4. ConclusioniLa Corte di Cassazione, facendo applicazione dei principi di diritto elaborati in materia di confisca del profitto del reato, con particolare riferimento ai cc.dd. reati in contratto e, più in generale, alle condotte criminose che si iscrivono in rapporti negoziali leciti, ha escluso che possa essere oggetto di confisca il corrispettivo dell'utilizzo di una stanza d'albergo per attività di prostituzione. I giudici di legittimità hanno infatti evidenziato che non vi è un nesso di derivazione immediata ed esclusiva tra le somme ricevute a titolo di corrispettivo dagli utenti della struttura, quand'anche coinvolti nell'attività di prostituzione, e la fattispecie criminosa di tolleranza della prostituzione, ravvisabile in relazione alla condotta dell'albergatore che consenta siffatte pratiche presso la propria struttura. Fanno eccezione le ipotesi in cui, in ragione dell'attività svolta, il soggetto agente pratichi una tariffa maggiorata alla prostituta e al cliente, configurandosi in tal caso un profitto direttamente imputabile al reato di tolleranza abituale. |