La configurabilità del tentativo del reato di cui all'art. 609-bis c.p.1. Bussole di inquadramentoIl delitto di violenza sessuale: evoluzione legislativa Il delitto di violenza sessuale è disciplinato dall'art. 609-bis c.p., che prevede due distinte condotte di violenza sessuale. Il comma 1 della disposizione punisce “chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali”. Ai sensi del comma 2, è soggetto alla stessa pena “chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali: 1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto; 2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona”. La disposizione in esame è stata introdotta con legge 15 febbraio 1996, n. 66, abrogando, nel contempo, l'intero Capo I del Titolo IX, Libro II del Codice penale, relativo ai delitti contro la libertà sessuale e costituito dagli articoli da 519 a 527 c.p. La riforma ha così determinato l'unificazione dei reati di violenza carnale, ex art. 529 c.p., e di atti di libidine violenti, ex art. 521 c.p., nella fattispecie ex art. 609-bis c.p., che ricomprende altresì il delitto di congiunzione carnale abusiva, originariamente previsto dall'art. 520 c.p. Come rilevato dai primi commentatori, attraverso la nuova fattispecie criminosa unitaria, il legislatore ha così inteso evitare che la vittima, nel corso del processo, fosse sottoposta ad indagini particolarmente insidiose, dirette ad individuare la esatta fattispecie incriminatrice applicabile, sottraendola all'imbarazzo e all'umiliazione che ne derivava, causa del diffuso atteggiamento riluttante delle vittime a denunciare il delitto subito. È infatti oggi punita, ai sensi dell'art. 609-bis, qualsiasi forma di violenza sessuale, a prescindere dalle modalità della condotta e dal tipo di relazione fisica intervenuta con la persona offesa. La materia dei reati sessuali è stata nuovamente interessata da un intervento legislativo con l. n. 172/2012, di ratifica e attuazione della Convenzione di Lanzarote del 2007, e più di recente con l. n. 69/2019, c.d. Codice Rosso, con innalzamento delle pene e introduzione di modifiche in tema di circostanze, procedibilità e sospensione condizionale della pena. Da ultimo, la disciplina dei reati sessuali e, per quanto in questa sede rileva, le circostanze aggravanti del delitto di violenza sessuale, di cui all'art. 609-ter c.p., sono state interessate dalle modifiche introdotte con l. n. 238/2021, c.d. legge europea 2019-2020, al fine di adeguare il diritto interno alla direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 dicembre 2011, relativa alla lotta contro l'abuso e lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile. La struttura del reato Il bene giuridico tutelato dal delitto di violenza sessuale è libertà della persona di determinarsi liberamente nelle scelte afferenti la sfera sessuale, c.d. libertà sessuale. Si tratta di un delitto comune, che non richiede alcuna particolare qualifica in capo al soggetto agente. La condotta tipica è duplice e consiste nel costringere la vittima a compiere o subire atti sessuali con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità (c.d. violenza sessuale per costrizione), ovvero nell'indurre a compiere atti sessuali abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto o traendo in inganno quest'ultima per essersi il colpevole sostituito ad altra persona (c.d. violenza sessuale per induzione). La violenza sessuale per costrizione, di cui al comma 1 dell'art. 609-bis c.p. è commessa con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità e richiede che l'azione avvenga contro la volontà della persona offesa. È sufficiente che le condotte violente risultino in concreto idonee a vincere la resistenza della persona offesa, dovendosi ritenere integrato il delitto anche quando quest'ultima smetta di difendersi o vi rinunci per paura o per l'impossibilità di contrastare il proprio aggressore. Non occorre infatti il carattere assoluto della violenza, essendo sufficiente un effetto di coartazione, così come nel caso di minaccia, tenendo conto di ogni circostanza soggettiva e oggettiva del caso concreto (Cass. III, n. 17414/2016). La condotta di violenza sessuale per costrizione, comunque attuata, presuppone la mancanza di un libero consenso da parte della persona offesa ovvero l'espresso dissenso della stessa, che costituisce elemento del fatto tipico, in negativo. Il consenso può venire meno in itinere, assegnando in tal caso rilevanza penale all'eventuale comportamento che persista, ignorando la volontà espressa dalla vittima, anche in relazione alle sole modalità degli atti sessuali in corso (Cass. III, n. 25727/2004). Una particolare forma di costrizione, prevista dal comma 1, riguarda le condotte commesse con abuso di autorità, ravvisabile a fronte di una posizione di superiorità o preminenza del soggetto agente, a prescindere dall'esistenza o meno di poteri coercitivi in capo all'agente; in siffatte ipotesi la violenza sessuale si configura a fronte della strumentalizzazione di tale posizione per costringere la persona offesa a compiere o subire atti sessuali. Sul punto sono intervenute le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, chiarendo che l'abuso di autorità cui si riferisce l'art. 609-bis, comma 1, c.p. presuppone una posizione di preminenza, anche di fatto e di natura privata, che l'agente strumentalizza per costringere il soggetto passivo a compiere o subire atti sessuali (Cass. S.U., n. 27326/2020). Riguardo invece alle condotte di violenza sessuale c.d. per costrizione e, in particolare, alla condotta di induzione, il comma 2 dell'art. 609-bis c.p., al n. 1, prende in considerazione il caso in cui il soggetto agente abbia abusato delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto. Sotto la vigenza dell'ormai abrogato art. 519, comma 2, n. 3, c.p. (che puniva il soggetto che si fosse congiunto carnalmente con una persona che al momento del fatto fosse “malata di mente, ovvero non [...] in grado di resistergli a cagione delle proprie condizioni di inferiorità psichica o fisica, anche se questa è indipendente dal fatto del colpevole”), era prevista una presunzione assoluta di invalidità del consenso prestato da persone in condizioni di inferiorità fisica o psichica. A seguito della riforma del 1996, tali soggetti sono stati invece ritenuti in grado in grado di estrinsecare la propria individualità sessuale, in un clima di assoluta libertà, salvo prova contraria dell'abuso commesso da parte del soggetto agente ai danni delle medesime. La fattispecie è costruita intorno ai concetti di abuso, consistente nell'approfittamento delle particolari condizioni in cui si trova il soggetto passivo, e induzione, quale opera di persuasione sottile o subdola, attraverso cui l'agente spinge o convince la vittima a sottostare o compiere atti che diversamente non avrebbe tollerato o compiuto (Cass. III, n. 32971/2005). Riguardo alla inferiorità fisica, il legislatore prende in considerazione la condizione individuale di salute della persona offesa, tale da impedirle di resistere alle iniziative sessuali del soggetto agente; per inferiorità psichica deve invece intendersi la condizione intellettiva o spirituale di minore resistenza alla altrui opera di coazione psicologica o di suggestione (Cass. III, n. 3376/2007), che può anche prescindere da fenomeni patologici e ricollegarsi a situazioni transeunti di alterazione psico-fisica. Meno frequenti i casi di cui al n. 2 del comma 2 dell'art. 609 bis c.p., che prende in considerazione i casi di scambio di persona, richiedendo una condotta fraudolente, tale da indurre la vittima in errore, non già sulle qualità personali o sullo status giuridico del partner ma sulla sua identità. Il delitto di violenza sessuale è punito a titolo di dolo generico, rispetto al quale non è necessario che la condotta sia specificamente finalizzata al soddisfacimento del piacere sessuale del reo, essendo sufficiente che questi sia consapevole della natura oggettivamente “sessuale” dell'atto posto in essere, in termini di idoneità a soddisfare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dallo scopo concretamente perseguito (Cass. III, n. 3648/2018). Ai sensi dell'art. 609-sexies c.p., nel caso in cui il delitto in esame sia stato commesso “in danno di persona minore degli anni diciotto, [...] il colpevole non può invocare a propria scusa, l'ignoranza dell'età della persona offesa, salvo che si tratti di ignoranza inevitabile”. L'attuale formulazione della disposizione citata è frutto dell'intervento della Corte Costituzionale (Corte cost., n. 322/2007) che, nel dichiarare inammissibile la questione sollevata in relazione alla violazione dell'art. 27 cost., ha indicato una interpretazione “costituzionalmente orientata” della disposizione ex art. 609-sexies c.p., nel suo testo previgente, ribadendo che occorre un “coefficiente di partecipazione psichica” del soggetto al fatto, rappresentato quanto meno dalla colpa «in relazione agli elementi più significativi della fattispecie tipica», tra cui rientra senza dubbio l'età della persona offesa nei reati contro la libertà sessuale. La disposizione è stata successivamente integrata, in forza della l. n. 172/2012, recependo nel testo vigente le indicazioni della Corte Costituzionale, attraverso il riferimento esplicito al carattere inevitabile dell'errore. Il delitto di violenza sessuale si perfeziona nel momento in cui la vittima compie o subisce un atto sessuale per effetto della condotta tipica e raggiunge la sua consumazione allorché esso cessi. Il delitto è punibile a titolo di tentativo quando, in assenza di alcun contatto fisico tra soggetto attivo e soggetto passivo, la condotta denoti il requisito soggettivo dell'intenzione di raggiungere l'appagamento dei propri istinti sessuali e quello oggettivo della idoneità a violare la libertà di autodeterminazione della vittima nella sfera sessuale (Cass. III, n. 2029/2008). La nozione di atti sessuali Elemento centrale del delitto di violenza sessuale consiste nel compimento o nel subire “atti sessuali”, espressione che – come anticipato – è frutto della unificazione delle previgenti fattispecie di congiunzione carnale violenta e di atti di libidine violenti nella fattispecie ex art. 609-bis c.p., ricomprendendovi così ogni forma di aggressione del bene giuridico tutelato, ivi compreso ogni comportamento consistente in un contatto fisico volto ad ottenere eccitazione sessuale. La Corte di Cassazione ha qualificato come atti sessuali ogni condotta idonea ad invadere la sfera sessuale del soggetto passivo (Cass. III, n. 35118/2004), affermando nel contempo che “non è affetta da indeterminatezza la nozione di atti sessuali di cui all'art. 609-bis c.p., la quale interpretata alla luce della libertà sessuale, interesse protetto dalla fattispecie comprende tutti quegli atti indirizzati verso zone erogene della vittima e quindi anche i toccamenti, i palpeggiamenti e gli sfregamenti sulle parti intime anche sopra i vestiti, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale dell'autore” (Cass. III, n. 21167/2006). In merito invece alla soglia minima che deve essere raggiunta perché un comportamento di carattere sessuale assuma rilevanza penale ai sensi dell'art. 609-bis c.p. si sono contrapposte due impostazioni. Una prima muove da una nozione soggettiva di atto sessuale¸ che consente di assegnare rilevanza anche a condotte prive di un contatto con la vittima, purché l'agente trovi modo di appagare i propri istinti libidinosi (Cass. III, n. 1431/1999). Le critiche mosse dalla dottrina, incentrate sul difetto di tassatività di tale soluzione, hanno condotto ad elaborare una nozione oggettiva di atto sessuale, di carattere restrittivo, che impone di avere riguardo alla natura obiettivamente sessuale dell'atto compiuto, a prescindere dunque dagli effetti che sortisca sul soggetto agente e dalla percezione che ne abbia avuto la persona offesa. Secondo tale impostazione, devono ritenersi atti sessuali solo quelli che risultino tali in senso univoco e consistano in un contatto fisico con la vittima, anche se vestita, interessando zone erogene del suo corpo o di quello del soggetto agente, secondo la scienza o l'esperienza comune. Sono invece escluse dalla nozione di atti sessuali le condotte di mero esibizionismo o voyeurismo, considerate invece tali dai sostenitori della tesi soggettiva. La giurisprudenza di legittimità, aderendo a tale seconda impostazione oggettiva, ha ricondotto alla nozione di atti sessuali anche “i toccamenti, palpeggiamenti e sfregamenti sulle parti intime delle vittime, suscettibili di eccitare la concupiscenza sessuale anche in modo non completo e/o di breve durata, essendo del tutto irrilevante, ai fini della consumazione, che il soggetto abbia o meno conseguito la soddisfazione erotica” (Cass. III, n. 7772/2000). Si è tuttavia registrato, nelle pronunce successive della Corte di Cassazione, un progressivo ampliamento nella nozione di atti sessuali, assegnando rilevanza non solo all'anatomia delle zone interessate dalla condotta criminosa ma al contesto complessivo in cui quest'ultima si sia svolta e ai rapporti sussistenti in concreto tra i soggetti coinvolti (Cass. III, n. 24683/2015). Secondo i giudici di legittimità, pertanto, integra il delitto ex art. 609-bis c.p. qualsiasi atto che, risolvendosi in un contatto corporeo, ancorché fugace ed estemporaneo, tra soggetto attivo e soggetto passivo, ovvero in un coinvolgimento della corporeità sessuale di quest'ultimo, sia idoneo e finalizzato a porne in pericolo la libera autodeterminazione della sfera sessuale. Nell'accertare la sussistenza del reato non occorre fare riferimento unicamente alle parti anatomiche aggredite ed al grado di intensità fisica del contatto instaurato, dovendosi valutare l'intero contesto in cui il contatto si è realizzato e della dinamica intersoggettiva, esaminando la vicenda con un approccio interpretativo di tipo sintetico. Ne consegue che, secondo tale interpretazione di atti sessuali, “possono costituire un'indebita intrusione fisica nella sfera sessuale non solo i toccamenti delle zone genitali, ma anche quelli delle zone ritenute erogene ossia in grado di stimolare l'istinto sessuale dalla scienza medica, psicologica ed antropologico-sociologica” (Cass. III, n. 37395/2004). Qualora invece la condotta incida su zone del corpo prive di tali caratteristiche, quand'anche oggetto – su un piano soggettivo – del desiderio del soggetto agente, non potrà ritenersi integrato il delitto, mancando un'apprezzabile lesione all'autodeterminazione sessuale della persona offesa. Le conseguenze del reato Ulteriori disposizioni speciali, applicabili al delitto di violenza sessuale, sono contenute nell'art. 609-decies c.p., modificato con legge n. 172 del 2012, ai sensi del quale, nel caso di delitto commesso ai danni di un minore, “il Procuratore della Repubblica dia notizia del procedimento al Tribunale per i minorenni, al fine di attivare un supporto di assistenza affettiva e psicologica per il minore”. L'art. 609-novies c.p. prevede infine, in caso di condanna o patteggiamento, le pene accessorie della perdita della responsabilità genitoriale, quando la stessa è elemento costitutivo o circostanza aggravante del reato; della interdizione perpetua da qualunque ufficio inerente la tutela, curatela o l'amministrazione di sostegno; della perdita degli alimenti e l'esclusione dalla successione della persona offesa; dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici e della sospensione dall'esercizio di una professione o di un'arte. In forza del comma secondo dell'art. 609-novies c.p., deve disporsi altresì l'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado, nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture, pubbliche o private, frequentate abitualmente da minori, quando la vittima non abbia compiuto i diciotto anni. Infine, l'ultimo comma dell'art. 609-novies c.p. prevede, nei casi più gravi ivi elencati, l'applicazione al colpevole, dopo l'esecuzione della pena e per la durata minima di un anno, delle seguenti misure di sicurezza: a) eventuale imposizione di restrizioni dei movimenti e della libera circolazione, nonché il divieto di avvicinarsi a luoghi abitualmente frequentati da minori; b) divieto di svolgere lavori che prevedano un contatto abituale con minori; c) l'obbligo di tenere informati gli organi di polizia sulla propria residenza e sugli eventuali spostamenti. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
È configurabile il tentativo del delitto di violenza sessuale?
Orientamento dominante della Corte di Cassazione In tema di violenza sessuale, è configurabile il tentativo del reato previsto dall'art. 609-bis c.p. in tutte le ipotesi in cui la condotta violenta o minacciosa non abbia determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, poiché l'agente non ne ha raggiunto le zone genitali o erogene ovvero non ha provocato un contatto tra le proprie parti intime e la vittima. La Corte di Cassazione ha, a più riprese, affermato la configurabilità del tentativo del delitto di violenza sessuale, exartt. 56 e 609-bis c.p., precisando tuttavia la sottile linea di confine che intercorre tra il perfezionamento della fattispecie criminosa e la sua forma tentata. I maggiori problemi interpretativi riguardano le condotte realizzate con violenza fisica, posto che, in caso di induzione ovvero di minaccia, è più netto il confine tra gli atti idonei e diretti in modo non equivoco a costringere o indurre la persona offesa a compiere o subire atti sessuali e la (mancata) realizzazione, anche solo in parte, di questi ultimi. Diverso invece il caso in cui il soggetto agente abbia realizzato una condotta violenta, invadendo fisicamente la sfera personale della vittima. In relazione a siffatte ipotesi, i giudici di legittimità hanno avuto modo di precisare che il tentativo del delitto di violenza sessuale è sì configurabile ma solo quando la condotta violenta non abbia determinato una immediata e concreta intrusione nella sfera sessuale della vittima, poiché l'agente non ne ha raggiunto le zone genitali o erogene ovvero non ha provocato un contatto tra le proprie parti intime e la vittima (Cass. VI, n. 10626/2022). Diversamente, a fronte anche di un mero contatto con le zone genitali o erogene della persona offesa, dovrà ritenersi perfezionato il delitto ex art. 609-bis c.p., quand'anche la condotta, per cause indipendenti dalla volontà del soggetto agente, non sia stata portata a compimento secondo i piani dello stesso: si pensi al caso in cui un soggetto aggredisca la persona offesa, attingendone le zone genitali o erogene, compiendo atti prodromici alla consumazione di un rapporto sessuale completo, ma sia costretto ad arrestare la condotta in itinere per l'intervento delle forze dell'ordine o di terzi. In tal caso il delitto non può considerarsi meramente tentato, quand'anche non sia giunto a consumazione (in termini di raggiungimento della massima intensità dell'offesa), dovendosi invece ritenere perfezionata la fattispecie ex art. 609-bis c.p. Qualora le circostanze del fatto concreto lo consentano, potrà ravvisarsi in siffatte ipotesi l'attenuante speciale del fatto di minore gravità, di cui all'art. 609-bis, comma 3, c.p., che la Corte di Cassazione ha ritenuto configurabile anche in caso di tentativo di violenza sessuale, precisando che in tal caso non si deve tenere conto dell'azione effettivamente compiuta dall'agente, ma di quella che lo stesso aveva intenzione di porre in essere e che non è stata realizzata per cause indipendenti dalla sua volontà, non potendo tuttavia prescindersi, nell'ambito di una valutazione globale del fatto, dalla considerazione delle modalità attuative del reato, degli atti compiuti, del grado di invasività della condotta realizzata nonché del danno psichico direttamente cagionato e non di quello che ipoteticamente sarebbe derivato dal compimento degli atti sessuali (Cass. III, n. 47700/2018). 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare (art. 310); Richiesta di incidente probatorio da parte della persona offesa (art. 394); Querela (art. 336); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1). ProcedibilitàIl delitto di violenza sessuale, anche nelle forme aggravate ai sensi dell'art. 609-ter c.p., è procedibile a querela della persona offesa, che può proporla nel termine di un anno, come raddoppiato dalla l. n. 69/2019, c.d. Codice Rosso.Nel caso in cui si verifichi il decesso della persona offesa in costanza del termine per sporgere querela, quest'ultima potrà essere sporta dai prossimi congiunti, dall'adottante o dall'adottato, ai sensi dell'att. 597, comma 3, c.p., richiamato dall'art. 609-septies c.p., che disciplina la procedibilità del delitto di violenza sessuale.La querela sporta è irrevocabile, come sancito dal comma 3 dell'art. 609-septies c.p., sì da prevenire indebite pressioni sulla vittima finalizzate alla remissione della querela.Sono previste infine dall'ultimo comma dell'articolo una serie di casi in cui il delitto è invece procedibile d'ufficio, come quando sia stato commesso “nei confronti di persona che al momento del fatto non ha compiuto gli anni diciotto”; “dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, dal tutore, ovvero da altra persona cui il minore è affidato per ragioni di cura, di educazione, di istruzione, di vigilanza o di custodia, o che abbia con esso una relazione di convivenza”; “da un pubblico ufficiale o da un incaricato di pubblico servizio nell'esercizio delle proprie funzioni”, o risulti connesso “con un altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio”.Deve rilevarsi, al riguardo, che l'art. 85, comma 2-ter, del d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, come modificato con d.l. n. 162/2022, conv. con modif., in l. n. 199/2022, prevede che per i delitti di violenza sessuale, commessi prima della data di entrata in vigore del decreto, si continui a procedere d'ufficio quando il fatto risulti connesso con un delitto divenuto perseguibile a querela della persona offesa in base alle disposizioni della Riforma. Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) Il termine-base di prescrizione del delitto di violenza sessuale, nei casi di cui al comma 1 e al comma 2, è pari a ventiquattro anni, in forza del comma 6 dell'art. 157 c.p., che prevede il raddoppio del termine ordinario di prescrizione, pari alla pena detentiva edittale massima di dodici anni. Nei casi di lieve entità, di cui al comma 3 dell'art. 609-bis c.p., il termine-base di prescrizione è pari a otto anni e non si procede al raddoppio dello stesso, espressamente escluso dal citato comma 6 dell'art. 157 c.p. I predetti termini-base di prescrizione sono suscettibili di aumento, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, nella misura di un quarto fino rispettivamente ad un massimo di trenta (commi 1 e 2) e di dieci anni (comma 3) (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Con riferimento ai fatti commessi a partire dal 1° gennaio 2020, ai sensi dell'art. 161-bis c.p., il termine di prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado, fermo restando che, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento. Il dies a quo della prescrizione, ai sensi dell'art. 158, comma 3, c.p., quando il delitto di violenza sessuale sia stato commesso ai danni di un minore, decorre per i fatti commessi successivamente all'entrata in vigore della norma (3 agosto 2017). dal compimento del diciottesimo anno di età della persona offesa, salvo che l'azione penale sia stata esercitata precedentemente. In quest'ultimo caso il termine di prescrizione decorre dall'acquisizione della notizia di reato. A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), inoltre, per tutti i casi di violenza sessuale costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al reato di violenza sessuale: – è consentito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato nei casi di cui ai commi 1 e 2 (art. 380 c.p.p.); – è consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato nei casi di cui al comma 3 (art. 381, comma 2, c.p.p.); – è sempre consentito il fermo (art. 384 c.p.p.). Misure cautelari personali Nei confronti dell'indagato per il delitto di violenza sessuale sono applicabili misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni; è altresì applicabile anche la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Ai sensi dell'art. 275, comma 3, c.p.p., in presenza di gravi indizi di colpevolezza per il delitto in esame, nei confronti dell'indagato è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari o che, in relazione al caso concreto, le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure. Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza In tutti i casi di violenza sessuale è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione collegiale (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). Citazione a giudizio Per il delitto di violenza sessuale si procede sempre con udienza preliminare. Composizione del tribunale Il processo per il delitto di violenza sessuale si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione collegiale. 4. ConclusioniIl confine tra il delitto di violenza in forma tentata e il perfezionamento della relativa fattispecie criminosa può risultare labile, specie in relazione alle condotte commesse mediante violenza fisica. Queste ultime, infatti, spesso finiscono per coinvolgere le zone genitali o erogene della persona offesa o dello stesso soggetto agente, rientrando così a pieno titolo nella nozione di atti sessuali. Perché il fatto possa dunque considerarsi arrestato alla fase del tentativo di delitto, occorre che gli atti idonei e diretti in modo non equivoco a ledere la libertà sessuale della persona offesa non possano qualificarsi come “atti sessuali”, in assenza dunque di qualsivoglia contatto con le rispettive zone genitali o erogene tra soggetto agente e vittima. Meno problematiche invece le ipotesi in cui il soggetto agente abbia posto in essere una condotta di induzione ovvero di minaccia ai danni della persona offesa, senza dunque alcun contatto fisico con la stessa, e quest'ultima non abbia ceduto alle pressioni o alle minacce subite, rifiutando di compiere o subire atti sessuali. Le condotte induttive o minacciose, in tal caso, ben possono assumere carattere di idoneità e univocità e configurare il tentativo di delitto, il cui perfezionamento è escluso in radice dall'assenza di alcun contatto fisico. |