Il concorso del genitore nei reati di violenza sessuale in danno dei figli minori

Sergio Beltrani

1. Bussole di inquadramento

La posizione di garanzia dei genitori rispetto ai reati di violenza sessuale in danno dei figli minori

La posizione di garanzia (art. 40, comma secondo, c.p.), e gli obblighi di protezione che ne derivano a carico dei genitori a tutela dei figli minori, trova la sua fonte principalmente nell'art. 147 c.c., che impone appunto ai genitori di proteggere i figli minori.

Si pone tradizionalmente il problema di verificare la portata concreta di tale disposizione in materia di reati sessuali (in particolare, in riferimento a quelli previsti e puniti dagli artt. 609-bis e 609-octies c.p.).

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
Quali obblighi comporta la posizione di garanzia del genitore a tutela del figlio minore in materia di reati sessuali?

L'orientamento consolidato della Corte di Cassazione

Secondo la giurisprudenza tradizionale, la posizione di garanzia dei genitori verso i propri figli minori comporta l'obbligo di tutelare la vita, l'incolumità e la moralità sessuale dei predetti contro altrui aggressioni; ne consegue che risponde del reato di violenza sessuale in danno del figlio minore, commesso da terzi, il genitore che, consapevole dei possibili abusi, ed avendone la possibilità, non si attivi per impedirli e/o ne consenta il protrarsi (Cass. III, n. 40663/2016: fattispecie nella quale il genitore aveva tollerato che la figlia quindicenne subisse abusi da parte del futuro sposo, con loro convivente, nonostante il rifiuto e le proteste della minore).

Si è in seguito precisato che il genitore esercente la potestà sui figli minori e, come tale, investito, a norma dell'art. 147 c.c., di una posizione di garanzia in ordine alla tutela dell'integrità psico-fisica dei medesimi, risponde, ex art. 40, comma secondo, c.p., degli atti di violenza sessuale compiuti da altri sui propri figli allorquando sussistano le seguenti condizioni (Cass. III, n. 19603/2017):

a) conoscenza o conoscibilità dell'evento;

b) conoscenza o riconoscibilità dell'azione doverosa incombente sul “garante”;

c) possibilità oggettiva di impedire l'evento.

Le conseguenze in tema di procedibilità

Secondo la giurisprudenza, ai fini della configurabilità del reato di cui all'art. 609-quater, comma primo, n. 2), c.p., che rende penalmente rilevanti gli atti sessuali con persona infrasedicenne laddove “il colpevole sia il genitore”, con conseguente procedibilità d'ufficio ai sensi dell'art. 609-septies, comma terzo, n. 2), c.p., non è necessario che quest'ultimo sia l'autore materiale della condotta, essendo sufficiente anche solo che egli rivesta il ruolo di concorrente (Cass. III, n. 45749/2017).

Si è aggiunto che il reato di violenza sessuale commesso dal genitore, ed eventualmente dai concorrenti, è procedibile d'ufficio anche nei casi in cui la vittima sia maggiorenne, poiché le condotte di violenza o di abuso creano nel soggetto passivo una condizione di soggezione rispetto all'agente in grado di annullarne la reazione e l'autodeterminazione (Cass. III, n. 41690/2018, con la precisazione che la procedibilità d'ufficio, ricavabile dalla formulazione letterale dell'art. 609-septies, comma 4, n. 2, c.p., è conforme alla ratio della disposizione, volta a tutelare le persone offese ed a favorire l'emersione degli abusi e la loro punizione).

Altra decisione (Cass. III, n. 47488/2018) ha osservato che l'art. 609-septies, comma quarto, n. 2, c.p., ai fini della disciplina delle condizioni di procedibilità, con l'uso della disgiuntiva “ovvero” distingue l'ipotesi in cui il reato è commesso “dall'ascendente, dal genitore, anche adottivo, o dal di lui convivente, e dal tutore”, che non necessita di querela anche nel caso in cui la vittima sia maggiorenne, da quella in cui il reato è posto in essere da persona alla quale il minore è affidato per ragioni di cura, educazione, istruzione, vigilanza, custodia o sia convivente con la vittima, che è procedibile d'ufficio soltanto se la vittima sia minore. In applicazione del principio, la Cassazione ha confermato la decisione che aveva ritenuto doversi procedere d'ufficio per il reato di violenza sessuale, commesso dall'imputato nei confronti della figlia del precedente matrimonio della moglie, per l'esistenza di una relazione parafamiliare tra patrigno e figliastra.

Si è, infine, ritenuto che la querela sporta dal genitore in conflitto di interessi con la figlia minore è comunque valida, e ciò anche se il genitore stesso possa essere astrattamente ritenuto responsabile del medesimo reato oggetto di denunzia in concorso con il suo autore (Cass. III, n. 48243/2018: in applicazione del principio, la Cassazione ha ritenuto la validità della querela sporta dalla madre di una minorenne, persona offesa di violenza sessuale, ancorché la Corte d'appello avesse disposto la trasmissione di copia degli atti al pubblico ministero per accertare un eventuale concorso della madre ai sensi dell'art. 40, comma secondo, c.p.).

Domanda
La posizione di garanzia del genitore a tutela del figlio minore in materia di reati sessuali è configurabile anche quando i predetti reati siamo commessi dall'altro genitore?

L'orientamento dominante in Cassazione

L'obbligo, per il genitore esercente la potestà, di intervenire per impedire il compimento di atti di violenza sessuale in danno dei figli minori sussiste anche nel caso in cui di tali atti sia responsabile l'altro coniuge, ed impone al primo, che ne sia venuto a conoscenza, di provvedere alla denuncia del coniuge abusante, sempre che non vi sia la possibilità di altri interventi immediatamente idonei ad impedire l'evento (Cass. III, n. 1369/2012).

Domanda
Quando è configurabile a carico del genitore il concorso nel reato di cui all'art. 609-bis c.p. e quando il concorso in quello di cui all'art. 609-octies c.p.?

L'orientamento tradizionale della Corte di cassazione

La giurisprudenza ritiene che il meno grave (rispetto alla violenza sessuale di gruppo di cui all'art. 609-octies c.p.) reato di violenza sessuale di cui all'art. 609-bis c.p., materialmente commesso da terzi, sia configurabile, a titolo di concorso morale, a carico del genitore della vittima solo quando quest'ultimo non sia presente nel luogo del fatto e, pur consapevole dell'abuso ai danni del figlio minore, abbia mentenuto una condotta meramente passiva in violazione dei doveri inerenti alla potestà genitoriale; diversamente, nel caso in cui egli sia stato presente sul luogo del fatto, sarà configurabile anche a suo carico, ricorrendone le ulteriori condizioni per numero dei soggetti agenti, il reato di cui all'art. 609-octies c.p. (Cass. III, n. 23272/2015).

L'orientamento più recente della Corte di Cassazione

Un successivo orientamento, nel ribadire il predetto principio di diritto, sembra, peraltro, avere inteso evidenziare all'interprete la necessità di valutare con maggior rigore la possibilità di configurare la sussistenza, a carico del genitore che non abbia partecipato materialmente agli abusi sessuali posti in essere da terzi in danno del proprio figlio minorenne, ma vi abbia passivamente assistito, della condotta concorsuale agevolativa, esigendo non soltanto la prova che egli, pur non partecipando materialmente alla commissione del fatto, sia stato presente sul luogo del compimento di atti sessuali in danno del minore, ma che ne abbia anche agevolato la commissione, sollecitando la vittima a lasciarsi andare ed a non opporsi a tali atti, in tal modo abbattendone la capacità di difesa e di autodeterminazione (Cass. IV, n. 19215/2020).

La mera presenza inerte e passiva in loco del genitore potrebbe, infatti, essere dovuta anche all'assoluta impossibilità, nelle specifiche circostanze di tempo e di luogo del caso concreto, di attivarsi utilmente per impedire la commissione del reato in danno del minore da parte dei terzi.

Domanda
È configurabile una posizione di garanzia a carico dei nonni a tutela dei nipoti minori in materia di reati sessuali?

Orientamento della Corte di Cassazione

Diversamente da quanto previsto per i genitori, si ritiene che non rispondono del reato sessuale commesso da terzi in danno dei nipoti minori, i nonni che, consapevoli di tale fatto, non si siano attivati per impedirlo, stante l'inesistenza a loro carico di un obbligo giuridico ad hoc (Cass. III, n. 34900/2011).

Nel caso esaminato, è stata, peraltro, ritenuta la responsabilità diretta, e non per omissione impropria, della nonna imputata, per il rilievo che ella, con la sua presenza reiterata sul palcoscenico delle nefandezze, aveva rafforzato l'azione degli autori materiali, una dei quali era addirittura la figlia.

È stata anche esclusa la violazione dell'art. 521 c.p.p. (l'imputata, tratta a giudizio per responsabilità ex art. 40, comma 2, c.p., era stata conclusivamente condannata per responsabilità diretta), osservando quanto segue: “Il principio di correlazione tra imputazione e sentenza sarebbe stato violato se, nei fatti (rispettivamente, descritti e ritenuti), non fosse possibile individuare un nucleo comune, con la conseguenza di porsi i fatti stessi, tra di loro, non in rapporto di continenza, bensì di eterogeneità; ma tale eventualità non ricorre nella specie ove – come testimonia lo stesso tenore della difesa del presente ricorso – si discute, della qualificazione giuridica da annettere sempre alla stessa condotta – addebitata dall'accusa ed ammessa dall'imputata – e cioè, la sicura presenza della donna a fatti che hanno visto come vittime di abusi sessuali di gruppo (tra gli altri) anche i suoi nipotini. Per tale ragione, anche se i giudici di merito hanno ascritto il comportamento della M. a titolo di responsabilità omissiva, il dato di fatto obiettivo della sua “presenza” era implicito nell'accusa come formulata”.

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di riesame di un'ordinanza che applica una misura coercitiva (art. 309); Appello contro un'ordinanza in materia cautelare personale (art. 310); Ricorso per cassazione contro un'ordinanza in materia cautelare personale (art. 311); Memorie difensive (art. 419, comma 2).

Procedibilità, misure precautelari e cautelari, competenza e forme di citazione a giudizio

Cfr. la casistica: “Assunzione da parte della persona offesa di sostanze alcoliche e stupefacenti in quantità rilevante, conseguente incapacità di esprimere il proprio consenso e violenza sessuale per induzione”, per il reato di cui all'art. 609-bis c.p.; cfr. la casistica: “Violenza sessuale di gruppo, mera connivenza e realizzazione di riprese video”, per il reato di cui all'art. 609-octies.

4. Conclusioni

La violenza sessuale perpetrata dal genitore ai danni del proprio figlio, ancor più se di minore età, provoca di necessità un coinvolgimento emotivo della vittima che incide gravemente sul suo sviluppo psicofisico, determinando uno sviamento dalla funzione di accudimento e protezione propria della figura genitoriale; le medesime devastanti conseguenze sulla psiche del minore si verificano naturalmente anche nei casi in cui siano stati proprio i genitori a porlo alla mercè dei propri aguzzini terzi.

Per tale ragione, la giurisprudenza è ferma nel ritenere che non sia mai configurabile la circostanza attenuante della minore gravità del fatto, prevista dall'art. 609-bis, comma terzo, c.p., nel caso in cui la violenza sessuale sia perpetrata od agevolata dal genitore ai danni del proprio figlio, trattandosi di condotta che, profanando gravemente la sfera sessuale della vittima, determina uno sviamento dalla funzione di accudimento e protezione propria della figura genitoriale (Cass. III, n. 51895/2016: in applicazione del principio, la Corte di cassazione ha confermato la sentenza impugnata, che aveva escluso l'attenuante con riferimento alla condotta dell'imputata che realizzava materiale pedoporgrafico utilizzando il figlio infradecenne, con il quale posava in atteggiamenti sessuali; conforme, Cass. III, n. 23078/2022).

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