Tassatività e determinatezza del delitto di atti persecutori1. Bussole di inquadramentoGenesi ed evoluzione normativa Il delitto di atti persecutori è punito ai sensi dell'art. 612-bis c.p., che al comma 1 prevede che «salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da un anno a sei anni e sei mesi chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita». La fattispecie in esame è stata introdotta con d.l. n. 11/2009, conv. in l. 38/2009, per contrastare le condotte definite comunemente di stalking, espressione inglese che indica la condotta di chi, a caccia di una preda, si apposta e/o la segue ossessivamente. Sulla disciplina originaria è intervenuta la l. n. 69/2019, c.d. Codice Rosso, elevando la cornice edittale del delitto, con importanti conseguenze sui termini di fase delle misure cautelari, raddoppiati per effetto della novella. Il Codice Rosso ha altresì introdotto una serie di disposizioni processuali volte a garantire una tutela immediata ed effettiva alla persona offesa, introducendo altresì l'obbligo di partecipazione a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i reati di violenza di genere, quale condizione per la sospensione condizionale della pena, ex art. 165, comma 5, c.p. La struttura del reato Il delitto in esame tutela la libertà morale della persona offesa e la sua incolumità individuale, presentando natura di reato eventualmente pluri-offensivo. Il soggetto agente può essere chiunque, trattandosi di un reato comune, ma il rapporto con la persona offesa potrà assumere rilevanza quale circostanza aggravante del delitto. La condotta criminosa consiste nella reiterazione di comportamenti minacciosi o molesti, tali da determinare nella vittima uno degli eventi alternativi previsti dall'art. 612-bis c.p., ossia “un grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona legata alla medesima da relazione affettiva ovvero da costringere la stessa ad alterare le proprie abitudini di vita”. Si tratta dunque di un reato di evento, che consegue alle condotte di molestia o minaccia. Le prime, singolarmente considerate, possono consistere in atti leciti e socialmente accettati ma l'assillante ripetizione nel tempo, con insistenza e invadenza, di tali atti determina l'insorgere della responsabilità per il delitto di atti persecutori, quando abbia cagionato alcuno degli eventi del delitto ex art. 612-bis c.p. Possono altresì configurare il delitto in esame condotte che di per sé assumono rilevanza penale, quali comportamenti violenti o di minaccia, e che integrano la fattispecie ex art. 612-bis c.p. quando abbiano cagionato uno degli eventi tipici del delitto. Tra questi ultimi rientrano il fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto e dell'alterazione delle proprie abitudini di vita, i quali non pongono particolari problemi in sede di accertamento del reato. Al contrario, maggiori incertezze derivano dal primo tipo di evento, del “perdurante e grave stato di ansia o di paura”, caratterizzato da genericità e vaghezza secondo i primi commentatori. La giurisprudenza di legittimità intervenuta sul punto ha ritenuto che lo stato di turbamento emotivo non dipende dall'accertamento di una stato patologico, rilevante solo nell'ipotesi di contestazione di concorso formale di ulteriore delitto di lesioni, essendo invece sufficiente che gli atti ritenuti persecutori abbiano un effetto destabilizzante della serenità, dell'equilibrio psicologico della vittima (Cass. V, n. 14391/2012; Cass. V, n. 8832/2011). La Corte di Cassazione ha inoltre ritenuto che la prova degli eventi tipici del reato possa desumersi dalla natura dei comportamenti tenuti dal reo, qualora idonei a determinarli, valorizzando le dichiarazioni della vittima del reato, i suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente e anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata (Cass. V, n. 17795/2017). L'elemento soggettivo è il dolo generico che, trattandosi di un reato abituale, deve consistere nella rappresentazione e volontà delle singole condotte che, complessivamente considerare, devono mirare alla realizzazione di uno o più eventi tipici del reato. È quest'ultimo il momento in cui la fattispecie giunge a perfezionamento, raggiungendo la sua consumazione allorché gli effetti del delitto abbiano raggiunto la loro massima gravità. La dottrina ammette il tentativo di delitto nel caso di atti persecutori, allorché siano state poste in essere una serie di condotte moleste o minacciose, senza che tuttavia, per cause indipendenti dalla volontà del soggetto agente, si sia verificato alcuno degli eventi tipici del reato. La tesi opposta richiede invece che, ove non si verifichi almeno uno degli eventi predetti, non sarebbe possibile punire il soggetto agente a titolo di tentativo, dovendosi invece avere riguardo alla rilevanza penale di ciascuna condotta abituale posta in essere dal predetto. Le circostanze speciali L'art. 612-bis c.p. disciplina, al comma 2, una serie di circostanze speciali, che operano quando il fatto sia stato commesso “dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia legata da relazione affettiva alla persona offesa, ovvero se il fatto è commesso attraverso strumenti informatici o telematici”. Perché possa ravvisarsi la circostanza aggravante della relazione affettiva tra soggetto agente e persona offesa, non è necessario che questi fossero legati stabilmente, come nel caso di convivenza more uxorio, potendo invece assumere rilevanza anche un legame connotato da un reciproco rapporto di fiducia, tale da ingenerare nella vittima aspettative di tutela e protezione (Cass. III, n. 11920/2018). Per strumenti informatici e telematici devono invece ritenersi tutte le tecnologie che consentono di aggredire da remoto il bene giuridico tutelato, e che si sostanziano nelle condotte di c.d. cyber-stalking. Il comma 3 dell'art. 612-bis c.p. prevede inoltre, quali circostanze ad effetto speciale, la commissione del fatto in danno di “un minore”, di “una donna in stato di gravidanza” o di “una persona con disabilità”, in ragione della maggiore vulnerabilità della vittima, nonché l'aver agito “con armi” o “da persona travisata”. Ulteriori circostanze aggravanti sono previste dalla legge introduttiva del delitto, l. n. 38/2009 (di conversione al d.l. n. 11/2009), che all'art. 8 prevede che, in caso di previo ammonimento da parte del Questore, la pena per il delitto in esame è aumentata. Si tratta dei casi in cui la persona offesa, prima di aver sporto querela, si avvalga della facoltà di esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. Ricevuta senza ritardo la richiesta, il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Inoltre viene valutata in tale occasione l'adozione di provvedimenti relativi al possesso di armi o munizioni da parte dell'ammonito. Le condotte commesse a seguito dell'ammonimento sono procedibili d'ufficio, oltre che aggravate ai sensi del su citato art. 8. 2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali
Domanda
La fattispecie di atti persecutori rispetta i canoni di tassatività e determinatezza?
Orientamento dominante della Corte di Cassazione e della Corte Costituzionale Il delitto di atti persecutori non viola il principio tassatività né quello di determinatezza, essendo sufficientemente delineata in tutte le sue componenti essenziali, che richiedono la reiterazione di condotte dotate di un elevato grado di determinatezza, dovendo consistere in minacce e molestie, non meramente generiche ma tali da assumere una gravità idonea a cagionare nella vittima uno degli eventi alternativamente previsti dalla stessa disposizione normativa. Il tema della tassatività e della determinatezza degli eventi previsti dall'art. 612-bis c.p. ha sollevato dubbi in dottrina e nella giurisprudenza di merito, che hanno condotto ad una questione di legittimità costituzionale sollevata nel 2013, per difetto di tassatività, sub specie di precisione e determinatezza della formulazione della fattispecie criminosa. La Corte Costituzionale (Corte cost., n. 172/2014) ha tuttavia ritenuto non fondata la questione, osservando che occorre procedere ad una interpretazione sistematica, ricollegando tra loro i singoli elementi costitutivi e prendendo in considerazione le ulteriori norme che disciplinano la materia e il “diritto vivente”, frutto dell'interpretazione giurisprudenziale. La Consulta ha infatti evidenziato che la giurisprudenza di legittimità ha qualificato il delitto come reato abituale di evento, che richiede cioè la ripetizione nel tempo di condotte volte a cagionare l'evento penalmente rilevante, e ha ravvisato un rapporto di specialità dell'art. 612-bis c.p. rispetto alle fattispecie di molestie e minacce, di cui, rispettivamente, agli artt. 660 e 612 c.p. Inoltre, con riferimento agli eventi alternativi di reato, è stato rilevato che il “perdurante e grave stato di ansia e di paura” e il “fondato timore per l'incolumità” costituiscono eventi che attengono alla sfera emotiva e psicologica e devono essere accertati attraverso un'accurata osservazione di segni e indizi comportamentali, desumibili dal confronto tra la situazione pregressa e quella conseguente alle condotte dell'agente. Occorre cioè che emerga dall'istruttoria un'apprezzabile destabilizzazione della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima, sicché la prova dello stato di ansia e di paura deve essere ancorata ad elementi sintomatici che rivelino un reale turbamento psicologico, ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente, nonché dalle condizioni soggettive della vittima. Pertanto, la fattispecie ex art. 612-bis c.p. consente al giudice di accertare con ragionevole certezza il verificarsi degli eventi in essa descritti, senza determinare, secondo i giudici costituzionali, alcuna violazione dei principi di indeterminatezza o tassatività. La soluzione accolta dalla Corte Costituzionale conforta l'indirizzo di legittimità che aveva già escluso qual si voglia profilo di indeterminatezza della fattispecie penale in esame (Cass. V, n. 36737/2012), dichiarando manifestamente infondata la relativa questione di legittimità costituzionale, in quanto la fattispecie incriminatrice, secondo la Corte di Cassazione non viola il principio di determinatezza ma è delineata in tutte le sue componenti essenziali, assumendo il fatto costitutivo del reato i connotati dell'antigiuridicità attraverso la realizzazione reiterata di condotte dotate di un elevato grado di determinatezza, dovendo consistere in minacce e molestie, non meramente generiche ma tali da assumere una gravità idonea a cagionare nella vittima uno degli eventi alternativamente previsti dalla stessa disposizione normativa.
Domanda
Come si dimostrano in giudizio gli eventi tipici del delitto di atti persecutori?
Orientamento dominante della Corte di Cassazione La prova degli eventi tipici del delitto di atti persecutori può essere dedotta dalla natura dei comportamenti del soggetto agente, qualora risultino idonei a determinarne la causazione, purché risulti ancorata ad elementi sintomatici ricavabili, oltre che dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata. Il delitto di atti persecutori è un reato di evento, che richiede il verificarsi di un'alterazione delle abitudini di vita della persona offesa o il sorgere di un grave stato di ansia o di paura nella stessa, quale risultato della condotta illecita del soggetto agente nel suo complesso valutata (Cass. VI, n. 8050/2021). L'evento può anche manifestarsi solo a seguito dell'ennesimo atto persecutorio, in quanto è dalla reiterazione degli atti che deriva nella vittima un progressivo accumulo di disagio che, solo alla fine della sequenza, degenera in uno stato di prostrazione psicologica in grado di manifestarsi in una delle forme previste dalla norma incriminatrice (Cass. V, n. 51718/2014). Non occorre che tutti gli eventi tipici del delitto ex art. 612-bis c.p. si verifichino, essendo tra loro alternativi e dovendosi pertanto ritenere sufficiente la realizzazione anche di uno solo di essi (Cass. V, n. 36139/2019; Cass. V, n. 43085/2015). Con riferimento all'evento tipico del “perdurante e grave stato di ansia o di paura”, i giudici di legittimità hanno precisato che esso consiste in un profondo turbamento con effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima, non può risolversi in una sensazione di mero fastidio, irritazione o insofferenza per le condotte minatorie o moleste subìte (Cass. V, n. 2555/2020). Riguardo invece al cambiamento delle abitudini di vita della persona offesa, la Corte ha evidenziato che occorre considerare il significato e le conseguenze emotive della costrizione sulle abitudini di vita cui la vittima sente di essere costretta e non la valutazione, puramente quantitativa, delle variazioni apportate (Cass. V, n. 10111/2018; Cass. V, n. 24021/2014). È stato tuttavia escluso che l'evento tipico in questione possa ritenersi configurato a fronte della percezione di transitori disagi e fastidi nelle occupazioni di vita della persona offesa, dovendo consistere in una costrizione qualitativamente apprezzabile delle sue abitudini quotidiane (Cass. V, n. 1541/2021). Esso potrà anche essere transitorio, purché non occasionale (Cass. V, n. 17552/2021). Tanto premesso in ordine ai singoli eventi tipici, la giurisprudenza di legittimità si è soffermata sull'accertamento in giudizio degli stessi, precisando che essa può essere dedotta dalla natura dei comportamenti del soggetto agente, qualora risultino idonei a determinare in una persona comune tale effetto destabilizzante, ovvero aggravino una preesistente situazione di disagio psichico della persona offesa (Cass. V, n. 7559/2022). Secondo i giudici di legittimità, non è dunque necessario che la vittima prospetti espressamente e descriva con esattezza uno o più degli eventi alternativi del delitto, potendo la relativa prova desumersi dal complesso degli elementi fattuali altrimenti acquisiti e dalla condotta stessa dell'agente (Cass. V, n. 57704/2017). È tuttavia necessario che la prova dell'evento sia ancorata ad elementi sintomatici ricavabili, oltre che dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, altresì dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata (Cass. V, n. 17795/2017). Con particolare riferimento agli eventi psicologici del reato, la Corte ha altresì precisato che non è necessario l'accertamento di uno stato patologico, essendo invece sufficiente che emerga un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio della persona offesa (Cass. V, n. 18646/2017). È stato inoltre escluso che debba farsi necessariamente ricorso ad una perizia medica, potendo il giudice argomentare in ordine alla sussistenza degli effetti destabilizzanti della condotta dell'agente sull'equilibrio psichico della persona offesa, anche sulla base di massime di esperienza (Cass. V, n. 18999/2014). È tuttavia necessario, una volta dimostrata la sussistenza di almeno uno degli eventi tipici del reato, accertare che lo stesso sia effettivamente derivato, sul piano causale, dalle condotte minatorie o moleste del reo. Non è infatti possibile limitarsi alla dimostrazione dell'esistenza dell'evento, né desumersi la prova della causalità dall'astratta idoneità della condotta a cagionare l'evento, occorrendo invece una concreta e specifica verifica del nesso causale, che tenga conto della condotta posta in essere dalla vittima e degli effetti che sono derivati per la persona offesa (Cass. III, n. 46179/2013). 3. Azioni processualiUlteriori attività difensive Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Querela (art. 336); Istanza di revoca o sostituzione di misura cautelare (art. 299); Memoria difensiva (art. 419, comma 2); Richiesta di giudizio abbreviato (art. 438, comma 1). Procedibilità Il delitto di atti persecutori è procedibile a querela di parte, che può essere proposta entro sei mesi dal fatto, ad eccezione dei casi in cui il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una persona con disabilità, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio. Come chiarito dalla Corte di Cassazione, la connessione rilevante ai fini della procedibilità non è solo quella di cui all'art. 12 c.p.p., dovendosi tenere in considerazione anche la c.d. connessione in senso materiale, ravvisabile quando le indagini in merito al reato procedibile d'ufficio implichino necessariamente l'accertamento del reato procedibile a querela di parte, in quanto commessi l'uno in occasione dell'altro, ovvero l'uno per occultare l'altro; assumono altresì rilievo gli ulteriori casi di collegamento investigativo di cui all'art. 371 c.p.p., purché le indagini in ordine al reato perseguibile di ufficio siano state effettivamente avviate (Cass. V, n. 14692/2013). Con riferimento alla procedibilità d'ufficio per connessione, deve inoltre evidenziarsi che trova applicazione la disciplina transitoria di cui all'art. 85, comma 2-ter, d.lgs. n. 150/2022, c.d. Riforma Cartabia, ai sensi del quale per i delitti di atti persecutori commessi prima dell'entrata in vigore della riforma (30 dicembre 2022), continua a procedersi d'ufficio quando il fatto è connesso con un delitto divenuto perseguibile a querela della persona offesa in base alle disposizioni della stessa. Del pari, il fatto è procedibile d'ufficio quando la condotta segua l'ammonimento da parte del Questore nei confronti del soggetto agente. La remissione della querela può essere soltanto processuale e la querela è comunque irrevocabile se il fatto è stato commesso mediante minacce reiterate gravi o commesse nei modi di cui all'art. 339 c.p. (ossia nel corso di manifestazioni in luogo pubblico o aperto al pubblico ovvero con armi, o da persona travisata, o da più persone riunite, o con scritto anonimo, o in modo simbolico, o valendosi della forza intimidatrice derivante da segrete associazioni, esistenti o supposte). Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato) Il termine-base di prescrizione per le condotte di atti persecutori di cui al comma 1 dell'art. 612-bis c.p. e per le fattispecie aggravate ai sensi del comma 2 del medesimo articolo, è pari a sei anni e sei mesi, (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di otto anni, un mese e quindici giorni, nella misura cioè di un quarto (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.). Qualora invece ricorra alcuna delle circostanze ad effetto speciale, di cui all'art. 612-bis, comma 3, c.p., che determinano un aumento di pena fino alla metà, il termine base di prescrizione sarà pari a nove anni e nove mesi, suscettibile di aumento, in caso di eventi interruttivi, nella misura di un quarto, fino a massimo di dodici anni, due mesi e sette giorni. Con riferimento ai fatti commessi a partire dal 1° gennaio 2020, ai sensi dell'art. 161-bis c.p., il termine di prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado, fermo restando che, nel caso di annullamento che comporti la regressione del procedimento al primo grado o a una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della pronunzia definitiva di annullamento. A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), inoltre, per tutti i casi di atti persecutori costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione: – del giudizio di appello entro il termine di due anni; – del giudizio di cassazione entro il termine di un anno; salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello ed a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare; salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.; salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021). Misure precautelari e cautelari Arresto e fermo Con riguardo al reato di atti persecutori, comunque circostanziato: – è sempre consentito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (art. 380 c.p.p.); sul punto, la Corte di Cassazione ha evidenziato che, attesa la natura abituale del reato, è possibile ravvisare lo stato di flagranza del reato anche quando il bagaglio conoscitivo del soggetto che procede all'arresto deriva da pregresse denunce della vittima, relative a fatti a cui non abbia assistito personalmente, purché egli assista ad una frazione dell'attività delittuosa, che, sommata a quella oggetto di denuncia, integri l'abitualità richiesta dalla norma, ovvero quando il reo sia sorpreso con cose o tracce indicative dell'avvenuta commissione del reato immediatamente prima (Cass. V, n. 19759/2019); – non è mai consentito il fermo (art. 384 c.p.p.). Misure cautelari personali Le misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.), poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. ne consente l'applicazione ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni, possono trovare applicazione con riferimento al delitto di atti persecutori; è altresì applicabile la misura della custodia cautelare in carcere, poiché l'art. 280, comma 2, c.p.p. consente l'applicazione della predetta misura ai delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni. Con particolare riferimento alla misura cautelare della custodia in carcere, non opera nei casi di cui all'art. 612-bis c.p. la norma di cui al comma 2-bis dell'art. 275 c.p.p., nella parte in cui non consente la custodia in carcere quando il giudice ritenga che, all'esito del giudizio, la pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni. Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale Competenza In tutti i casi di atti persecutori, aggravati o meno, è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.). La Corte di Cassazione ha precisato, in merito alla determinazione della competenza per territorio, che, trattandosi di un reato abituale di danno, che si consuma nel momento e nel luogo della realizzazione di uno degli eventi previsti dalla norma incriminatrice, quale conseguenza della condotta unitaria costituita dalle diverse azioni causalmente orientate, la competenza per territorio si determina in relazione al luogo in cui il disagio accumulato dalla persona offesa degenera in uno stato di prostrazione psicologica, in grado di manifestarsi in una delle forme descritte dall'art. 612-bis c.p. (Cass. V, n. 16977/2020). Citazione a giudizio Per il delitto di atti persecutori si procede sempre con udienza preliminare, in luogo che con citazione diretta del P.M. a giudizio. Composizione del tribunale Il processo per il reato di atti persecutori, aggravato o meno, si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica. 4. ConclusioniLe perplessità della dottrina e di parte della giurisprudenza in merito alla tassatività della fattispecie di atti persecutori e alla determinatezza degli eventi tipici, con particolare riferimento a quelli psicologici (grave e perdurante stato di ansia o paura e fondato timore per la propria incolumità e per quella dei prossimi congiunti) sono state dissipate dall'intervento della Corte Costituzionale, che ha ritenuto sufficientemente precisa e determinato il delitto ex art. 612-bis c.p. A sostegno di tale conclusione opera l'incessante opera della giurisprudenza di legittimità, volta a perimetrare ciascun evento tipico e a chiarire le regole da seguire nell'accertamento in giudizio. Esclusa la necessità di ricorrere a perizia per accertare gli eventi psicologici del reato, la Corte ha tuttavia richiesto di ancorarne la prova ad elementi rilevanti e obiettivi, ammettendo nel contempo una valutazione complessiva della condotta e delle sue conseguenze da cui sia possibile desumere il verificarsi dell'evento e la sua derivazione causale dalle condotte reiterate del soggetto agente. Nel contempo, pur escludendosi una valutazione meramente quantitativa degli eventi del reato, è stato escluso che possa assegnarsi rilevanza ad effetti meramente occasionali ovvero consistenti in fastidi o disagi transeunti. Il diritto vivente ha dunque conferito agli eventi tipici del reato una sufficiente precisione e tassatività, chiarendo altresì le regole di accertamento degli stessi, sì da poter ritenere rispettato anche il canone di determinatezza della fattispecie penale. |