Impossibilità assoluta dell'obbligato di far fronte agli adempimenti sanzionati dall'art. 570-bis c.p. per indigenza

Giovanni Capozio

1. Bussole di inquadramento

La fase patologica del rapporto coniugale e l'insorgere di obbligazioni di carattere economico: presupposti e limiti per la rilevanza penale delle condotte di mancato adempimento

L'approdo alla fase patologica del rapporto coniugale, da cui discenda la scelta dei partners di concludere il rapporto che li avvince, sia che essa si sostanzi nella forma della separazione, ovvero della caducazione del vincolo matrimoniale, può condurre alla genesi di obbligazioni di carattere economico, la cui ratio è insita nell'esigenza di garantire una perdurante fonte di sostentamento a quei componenti del nucleo familiare che, alla luce del mutato assetto relazionale, potrebbero subire un pregiudizio, atto altresì ad incidere sull'esercizio di ulteriori prerogative individuali.

La peculiare natura del rapporto che si instaura tra i coniugi, fondato in primo luogo sull'esistenza di un reciproco legame affettivo-sentimentale, giustifica l'esistenza di quell'assetto normativo attraverso cui l'ordinamento intende garantire un'ultrattività del legame interpersonale, posto che, seppur sia venuta meno la comunione spirituale che aveva consentito l'instaurazione e lo sviluppo del rapporto di coppia, permane un vincolo rappresentato dall'obbligo di corrispondere, a beneficio del coniuge economicamente più debole, una somma di denaro sotto forma di assegno.

Al contempo, l'eventuale dissoluzione del legame coniugale non recide l'obbligo gravante su ciascuno dei coniugi attinente al dovere di mantenere i discendenti, in specie ove ci si trovi al cospetto di figli minori, ovvero non ancora economicamente autosufficienti.

Poste tali basi, viene in rilievo l'esigenza di stabilire se, l'eventuale inadempimento di siffatta tipologia di obbligazione sia idoneo ad assumere rilevanza penale, accogliendosi in tal guisa un automatismo sanzionatorio, alla cui stregua punire una condotta meramente inosservante di un obbligo impartito dall'Autorità, ovvero se spetti all'interprete valutare le condizioni concrete in cui sia maturato il predetto contegno inadempiente, in modo da constatare l'eventuale presenza di fattori atti a precludere la sussumibilità del fatto storico nel perimetro della fattispecie astratta.

2. Questioni e orientamenti giurisprudenziali

Domanda
L'impossibilità di far fronte agli adempimenti di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p. può discendere dal mero stato di disoccupazione del soggetto obbligato?

Orientamento dominante della Corte di Cassazione

La mera documentazione dello stato formale di disoccupazione dell'obbligato non è di per sé sufficiente a dimostrare l'impossibilità di far fronte agli obblighi di assistenza familiare.

Al fine di tracciare il perimetro relativo ai presupposti applicativi delle fattispecie criminose volte a sanzionare l'inosservanza degli obblighi di assistenza familiare che, a seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 21/2018, sono enucleate dagli artt. 570, cpv., n. 2) e 570-bis c.p., la giurisprudenza di legittimità ha affermato che, al fine di escludere dalla sfera delle condotte penalmente rilevanti l'eventuale mancato adempimento degli obblighi imposti tramite l'adozione dei provvedimenti dell'Autorità giudiziaria civile, l'incapacità economica del soggetto obbligato debba essere assoluta, tale da integrare una situazione di persistente, oggettiva ed incolpevole indisponibilità di introiti (Cass. VI, n. 4834/2014), non apparendo al contempo sufficiente la mera documentazione dello stato formale di disoccupazione (Cass. VI, n. 49979/2019; Cass. VI, n. 5751/2011; Cass. VI, n. 10085/2005).

Recentemente, i giudici di legittimità hanno confermato il predetto indirizzo ermeneutico, rilevando che la condizione di disoccupazione del soggetto obbligato non possa assurgere al rango di parametro da cui desumere, in modo univoco, l'impossibilità di far fronte agli obblighi statuiti dal giudice civile, posto che il mancato svolgimento di attività lavorativa non può tramutarsi in un'automatica esclusione circa l'eventuale percezione, da parte del soggetto, di rendite dominicali, finanziarie ovvero di introiti diversi rispetto ai redditi da lavoro (Cass. VI, n. 32576/2022).

Domanda
L'impossibilità di adempiere agli obblighi di mantenimento in favore dei familiari presuppone uno stato di indigenza totale del soggetto obbligato?

Le coordinate ermeneutiche giurisprudenziali

Il carattere di “assolutezza” che deve connotare l'impossibilità di adempiere deve essere inteso secondo un'accezione assiologica, non richiedendosi la sussistenza di uno stato di indigenza totale.

Nella prospettiva di evitare un eccessivo ampliamento delle maglie applicative delle previsioni sanzionatorie tipizzate dagli artt. 570 e 570-bis c.p., il formante giurisprudenziale ha elaborato talune coordinate ermeneutiche, volte ad evitare che la natura obbligatoria del rapporto che intercorre tra il soggetto tenuto alla corresponsione di uno o più assegni monetari ed i relativi beneficiari, possa legittimare la sanzione di qualsiasi contegno inadempiente, posto che in tal modo si profilerebbe il rischio di conferire valore preminente all'interesse facente capo al beneficiario del predetto supporto economico.

In tale ottica, la giurisprudenza ha anzitutto sancito che l'impossibilità di adempiere agli obblighi di mantenimento non implica, necessariamente, che il soggetto versi in una condizione di indigenza totale che, ove sussistente, renderebbe inesigibile l'adempimento del relativo obbligo, tanto da potersi prospettare, in una simile ipotesi, come peraltro suggerito da taluni commentatori, il difetto di tipicità del comportamento serbato dall'obbligato.

Di contro, ad avviso dell'orientamento interpretativo invalso in seno alla giurisprudenza di legittimità, il connotato della “assolutezza” che deve caratterizzare l'impossibilità di adempiere agli obblighi di mantenimento deve essere inteso secondo un'accezione di tipo assiologico, che appaia coerente col principio di offensività, chiamato a permeare la materia penale.

Di tal ché, emerge l'esigenza di valutare i beni giuridici in conflitto, conferendo preminenza alla tutela della prole e, comunque, del familiare c.d. “debole”, anche alla luce dei doveri di solidarietà imposti dalla disciplina civile; al contempo, all'interprete è demandato il compito di individuare il punto di equilibrio sussistente tra i medesimi, affidandosi per un verso al canone della proporzione e, per altro verso, alla disamina del novero delle peculiarità del caso specifico, allo scopo di verificare la gamma dei fattori che possano influire significativamente sulla effettiva possibilità di assolvere al proprio obbligo, se non a prezzo di non poter provvedere a quanto indispensabile per la propria dignitosa sopravvivenza.

Domanda
Il mancato adempimento degli obblighi di assistenza familiare derivante dall'incolpevole situazione di indigenza può far venir meno il coefficiente doloso?

Orientamento della Corte di Cassazione

L'eventuale mancato adempimento all'obbligo di corresponsione dell'assegno impone, pertanto, di compiere un accertamento afferente alle condizioni personali dell'obbligato, al fine di verificare l'eventuale ricorrere di una situazione di indigenza che abbia reso impossibile l'assolvimento degli obblighi imposti dal giudice civile.

Ove, nel caso concreto, si accerti il ricorrere della predetta situazione, è compito dell'interprete verificare l'eventuale insussistenza, in capo all'obbligato, del coefficiente soggettivo necessario ai fini del perfezionamento dell'illecito, che si atteggia nella forma del dolo generico.

Sul punto, difatti, come recentemente statuito dalla giurisprudenza di legittimità, seppur la componente materiale dell'illecito può ritenersi integrata in ragione della mancata corresponsione di quanto statuito dal giudice civile, tale contegno inosservante potrebbe non essere sorretto dalla concreta volontà di far venir meno, al beneficiario del rapporto obbligatorio, quanto imposto per il tramite del provvedimento dell'Autorità giudiziaria (Cass. VI, n. 32576/2022).

In tale scenario viene quindi meno la possibilità di muovere un rimprovero al soggetto inadempiente, stante l'insussistenza di un contegno colpevole che abbia governato il relativo agire.

3. Azioni processuali

Ulteriori attività difensive

Per la fattispecie in esame si possono esperire le seguenti ulteriori attività difensive: Richiesta di documenti in possesso di privati (art. 391-bis); Richiesta di sequestro in caso di diniego da parte della pubblica amministrazione ovvero di privati (art. 391-bis); Istanza di sequestro conservativo della parte civile (art. 316); Richiesta di acquisizione di prova documentale (art. 234); Conclusioni scritte della parte civile (art. 523, comma 2); Istanza di sospensione del procedimento con messa alla prova (art. 464-bis, comma 1); Opposizione a decreto penale di condanna (art. 461).

ProcedibilitàPer il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio, in relazione sia alla condotta di sottrazione all'obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, sia nell'ipotesi di violazione degli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli, si procede di ufficio.Per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 c.p.) si procede a querela della persona offesa; viceversa, si procede d'ufficio sia nell'ipotesi del soggetto che malversi o dilapidi i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge (art. 570, comma 2, n. 1 c.p.) sia nell'ipotesi in cui l'agente faccia mancare i mezzi di sussistenza ai soggetti di età minore (art. 570, comma 2, n. 2 c.p.).

Improcedibilità delle impugnazioni (e prescrizione del reato)

Per i reati di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p. il termine-base di prescrizione è pari ad anni sei (cfr. art. 157 c.p.), aumentabile, in presenza del sopravvenire di eventi interruttivi, fino ad un massimo di anni sette e mesi sei (cfr. artt. 160 e 161 c.p.), oltre i periodi di sospensione (cfr. artt. 159 e 161 c.p.).

A partire dal 1° gennaio 2020 (cfr. art. 2, comma 3, l. n. 134/2021), in relazione ad entrambe le ipotesi criminose disciplinate dall'art. 570-bis c.p. costituiscono causa di improcedibilità dell'azione penale ex art. 344-bis c.p.p., la mancata definizione:

– del giudizio di appello entro il termine di due anni;

– del giudizio di cassazione entro il termine di un anno;

salva proroga per un periodo non superiore ad un anno nel giudizio di appello e a sei mesi nel giudizio di cassazione quando il giudizio d'impugnazione risulta particolarmente complesso in ragione del numero delle parti o del numero o della complessità delle questioni di fatto o di diritto da trattare;

salva sospensione nei casi previsti dall'art. 344-bis, comma 6, c.p.p.;

salva diversa modulazione dei predetti termini in applicazione della normativa transitoria (cfr. art. 2, commi 4 e 5, l. n. 134/2021).

Misure precautelari e cautelari

Arresto e fermo

Con riguardo ai reati di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p.:

– non è mai consentito l'arresto obbligatorio in flagranza di reato (art. 380 c.p.p.);

– non è mai consentito l'arresto facoltativo in flagranza di reato (art. 381 c.p.p.);

– non è mai consentito il fermo (art. 384 c.p.p.).

Misure cautelari personali

Le misure cautelari coercitive (artt. 281-286-bis c.p.p.) non sono applicabili agli autori dei delitti di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p., poiché l'art. 280, comma 1, c.p.p. consente l'applicazione delle predette misure ai soli delitti per i quali la legge stabilisce la pena della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

Al contempo, a carico dell'autore del reato di cui all'art. 570 c.p. risulta applicabile la misura dell'allontanamento dalla casa familiare, in ragione della deroga ai limiti di pena prevista dall'art. 282-bis, comma 6, c.p.p.

Al contempo, a carico degli autori dei reati di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p. non risultano applicabili neppure le misure cautelari interdittive (artt. 288-290 c.p.p.), in quanto l'art. 287 c.p.p. ne subordina l'applicabilità all'ipotesi in cui si proceda per i delitti per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni.

Competenza, forme di citazione a giudizio e composizione del tribunale

Competenza

Per i reati di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p. è competente per materia il tribunale (cfr. art. 6 c.p.p.), che decide in composizione monocratica (cfr. artt. 33-bis e 33-ter c.p.p.).

Citazione a giudizio

In relazione ai reati di cui agli artt. 570 e 570-bis c.p. si procede con citazione diretta a giudizio del P.M., ex art. 550, comma 1, c.p.p. ed in relazione ad entrambe le ipotesi è previsto lo svolgimento dell'udienza predibattimentale (artt. 552-554-quinquies c.p.p.).

Composizione del tribunale

Il processo per entrambe le ipotesi di reato enucleate dagli artt. 570 e 570-bis c.p. si svolgerà sempre dinanzi al tribunale in composizione monocratica.

4. Conclusioni

La previsione di talune fattispecie incriminatrici, strutturate nella forma del reato omissivo proprio, volte a sanzionare una condotta inosservante degli obblighi impartiti dall'Autorità giudiziaria in sede di regolamentazione dei rapporti tra i coniugi divorziati ovvero separati, pone l'interprete innanzi ad un bivio ermeneutico, in quanto chiamato a decretare se il mero, mancato, adempimento dell'obbligazione decretata dal giudice civile sia di per sé sufficiente a tingere di rilevanza penale la relativa condotta, ovvero se tale contegno, ancorché inosservante, non appaia di per sé bastevole, demandandosi al giudice l'onere di compiere una valutazione più ampia, che valorizzi il novero delle condizioni in cui sia maturato l'inadempimento al fine di comprendere se sia il frutto di una scelta consapevole e volontaria, ovvero si profili quale condotta necessitata.

Appare pertanto evidente che la soluzione al predetto interrogativo esegetico sia ancorata alla tipologia di visione che s'intenda adottare, così da poter tratteggiare i contorni applicativi delle fattispecie incriminatrici in scrutinio.

Per un verso, difatti, ove si opti per sussumere la condotta di mancato adempimento nel perimetro della fattispecie astratta, prescindendo da qualsivoglia valutazione afferente alle condizioni personali che abbiano condotto l'obbligato a serbare tale contegno, il diritto penale assurgerebbe al ruolo di mero strumento sanzionatorio di quei comportamenti umani sostanziatisi nella violazione di precetti configurati in altre branche dell'ordinamento.

In tal modo si offrirebbe una tutela privilegiata ad uno dei molteplici rapporti obbligatori idonei a configurarsi in seno al sistema giuridico, posto che il creditore dell'obbligazione non disporrebbe esclusivamente di rimedi di matrice civilistica, ben potendo azionare quel meccanismo punitivo tipico della branca penale.

A conforto di tale opzione ermeneutica potrebbe addursi l'esigenza di conferire una tutela rinforzata a quei soggetti che siano stati legati da rapporti interpersonali, fondati attorno ad una comunione affettivo-sentimentale, i quali, all'esito della dissoluzione del relativo legame, si appalesino quali soggetti economicamente più deboli.

Soluzione che, a fortiori, potrebbe essere rassegnata in relazione all'esigenza di garantire una tutela rinforzata alla prole, in specie con riguardo ai figli minori di età, stante il grado di debolezza economica che, in via presuntiva, può essere riconosciuto in capo ad essi.

Di contro, prediligendo una lettura interpretativa di matrice sostanzialistica emerge la contrapposta esigenza di scandagliare le ragioni che abbiano condotto al mancato rispetto degli obblighi di assistenza familiare, ciò all'evidente scopo di non tramutare un'obbligazione promanante da un provvedimento dell'Autorità in un precetto inderogabile, in specie nell'ipotesi in cui l'obbligato non disponga delle risorse necessarie a far fronte a quanto impostogli.

Al contempo, stante l'assoggettamento ad un obbligo proteso a salvaguardare uno o più dei componenti del nucleo familiare dissoltosi, appare ragionevole l'esigenza di arginare l'attuazione di eventuali escamotage, quali l'allegazione di uno stato di disoccupazione lavorativa, in specie se transeunte, attraverso cui l'agente potrebbe tentare di eludere l'obbligo di corresponsione dell'assegno pur a fronte della disponibilità di ulteriori risorse economiche presenti nella di lui sfera patrimoniale.

Ne consegue che l'individuazione di un ragionevole punto di equilibrio, che consenta di contemperare i contrapposti interessi in gioco, non può esonerare l'interprete dall'analizzare tutte le peculiarità del caso concreto, così da considerare se l'eventuale assolvimento dell'obbligo non si traduca in un pregiudizio che precluda all'obbligato di poter provvedere a quanto indispensabile per la propria dignitosa sopravvivenza.

In tale contesto, non si può peraltro obliterare la necessità di valorizzare la componente soggettiva necessaria ai fini della consumazione delle fattispecie in parola, posto che l'argine ad un'insidiosa deriva punitiva deve necessariamente erigersi attorno ad un comportamento umano che si connoti per un agire doloso, in quanto il soggetto, pur rappresentandosi l'obbligo gravante a suo carico, e disponendo delle risorse materiali per farvi fronte, opti per non adempiere, in tal modo ledendo quell'interesse altrui che, anche attraverso lo ius criminale, si mira a preservare.

Coefficiente doloso che non appare errato poter configurare laddove l'agente non si prodighi, nei limiti di quanto ontologicamente esigibile, per procacciarsi le risorse necessarie per fronteggiare il relativo obbligo, sicché qualora allo spirare del termine per provvedere venga colto in una condizione di incapacità economica, volontariamente causata, ovvero non adeguatamente prevenuta, il relativo comportamento inadempiente ben potrebbe essere sussunto nel perimetro punitivo delineato dalle fattispecie di cui agli artt. 570, cpv., n. 2) e 570-bis c.p.

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