Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 2 - Principio della fiducia.

Danilo Dimatteo
Mariano Protto
aggiornato da Francesco Caringella

Principio della fiducia.

1. L'attribuzione e l'esercizio del potere nel settore dei contratti pubblici si fonda sul principio della reciproca fiducia nell'azione legittima, trasparente e corretta dell'amministrazione, dei suoi funzionari e degli operatori economici.

2. Il principio della fiducia favorisce e valorizza l'iniziativa e l'autonomia decisionale dei funzionari pubblici, con particolare riferimento alle valutazioni e alle scelte per l'acquisizione e l'esecuzione delle prestazioni secondo il principio del risultato.

3. Nell'ambito delle attività svolte nelle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione dei contratti, ai fini della responsabilità amministrativa costituisce colpa grave la violazione di norme di diritto e degli auto-vincoli amministrativi, nonché la palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza e l'omissione delle cautele, verifiche ed informazioni preventive normalmente richieste nell'attività amministrativa, in quanto esigibili nei confronti dell'agente pubblico in base alle specifiche competenze e in relazione al caso concreto. Non costituisce colpa grave la violazione o l'omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti.

4. Per promuovere la fiducia nell'azione legittima, trasparente e corretta dell'amministrazione, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale, nonché per riqualificare le stazioni appaltanti e per rafforzare e dare valore alle capacità professionali dei dipendenti, compresi i piani di formazione di cui all'articolo 15, comma 7.

Inquadramento

L'art. 2 codifica il principio della fiducia nell'azione legittima trasparente e corretta delle pubbliche amministrazioni, dei suoi funzionari e degli operatori economici.

Il principio, che la stessa Relazione illustrativa definisce “innovativo”, nelle intenzioni del legislatore delegato rappresenta un segno di svolta rispetto alla logica fondata sulla sfiducia per l'azione dei pubblici funzionari, che si è sviluppata negli ultimi anni, anche attraverso la stratificazione di interventi normativi non sempre coordinati tra loro, e che si è caratterizzata da un lato per una normazione di estremo dettaglio, che mortificava l'esercizio della discrezionalità, dall'altro per il crescente rischio di avvio automatico di procedure di accertamento di responsabilità amministrative, civili, contabili e penali che potevano alla fine rivelarsi prive di effettivo fondamento.

Il principio è certamente innovativo nella sua formulazione letterale, ma non certo privo di riconoscimenti sotto altra nomenclatura.

Come si evidenzia nella Relazione illustrativa, l'attribuzione del potere presuppone la fiducia dell'ordinamento giuridico sulle scelte compiute dalla P.A., atteso che ogni conferimento di potere (specie se di natura discrezionale) presuppone, infatti, la fiducia dell'ordinamento giuridico verso l'organo destinatario dell'attribuzione.

Lo stesso istituto della presunzione di legittimità dei provvedimenti amministrativi, con riferimento al quale la dottrina si è lungamente adoperata per individuarne il fondamento giuridico (Treves, 1936), non pare così estraneo a un generale ed implicito riconoscimento della fiducia nell'operato dell'amministrazione.

L'insindacabilità (entro certi limiti) delle cd. valutazioni tecniche che ricorrono frequentemente nella materia dei contratti pubblici, riposa non tanto sulla “tecnicità” delle scelte, ma sul riconoscimento che l'amministrazione è il soggetto cui istituzionalmente devono riservate tali valutazioni (Marzuoli, 1985 De Pretis, 1995).

È peraltro evidente che il nuovo Codice abbia voluto segnare un cambiamento volto a valorizzare lo spirito di iniziativa e la discrezionalità degli amministratori pubblici e a superare quella che, parafrasando le conseguenze dell'ampliamento della responsabilità medica, si definisce “burocrazia difensiva”, evocando l'efficace immagine del dipendente che ha “paura di firmare”, a causa della quale i funzionari, frenati dal timore delle possibili conseguenze del loro agire, preferiscono astenersi dal farlo, con inevitabile pregiudizio dell'efficienza e, più in generale, del buon andamento dell'azione amministrativa, scaricando sul legislatore o sul giudice la soluzione di problemi che spetterebbe invece alla p.a. affrontare e risolvere (si è parlato efficacemente anche di tendenza ad “amministrare per legge” e “amministrare per sentenza”)”.

Anche la Corte cost., con la sentenza n. 8/2022 , ha individuato nella “paura della firma” e nella “burocrazia difensiva”, una delle fonti di inefficienza e immobilismo e, quindi, un ostacolo al rilancio economico, che richiede, al contrario, una pubblica amministrazione dinamica ed efficiente.

A parere di TAR Catania, III, n. 3738/2023 il principio della fiducia, codificato dal d.lgs. n. 36 del 2023, è finalizzato a valorizzare l'autonomia decisionale dei funzionari pubblici e comporta che ogni stazione appaltante sia tenuta a svolgere le gare non solo rispettando la legalità formale ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un'opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività; è un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a. ma che non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l'interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento. Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata; la disposizione precisa infatti che la fiducia è reciproca e investe, quindi, anche gli operatori economici che partecipano alle gare. È legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell'azione amministrativa.  

 

Le condizioni per l'operatività del principio

Il principio risulterebbe depotenziato ove non venissero realizzate le condizioni perché possa operare pienamente l'iniziativa dei funzionari, ossia la semplificazione della disciplina e il riconoscimento di una più ampia discrezionalità.

Pertanto, per quanto innovativa, la codificazione del principio della fiducia deve essere valutato non solo nella formulazione della norma in commento, quanto e soprattutto attraverso una lettura complessiva del nuovo Codice, al fine di verificare se il principio possa trovare effettiva applicazione.

In tale prospettiva, non andando molto lontano, risulta certamente apprezzabile la disciplina di cui all'art. 7 volta alla semplificazione degli oneri motivazionali che presiedono la scelta del modello dell'in house e più in generale alla parificazione tra autorganizzazione e ricorso al mercato, che certamente consente il dispiegamento del potere discrezionale delle stazioni appaltanti in ordine alle modalità di gestione dei contratti pubblici, corollario appunto del principio della fiducia ma anche di quello del risultato.

La “rete di protezione”

Un'altra delle condizioni affinché si superi la cd. “paura della firma” è l'introduzione di quella che nella Relazione illustrativa, viene definita “rete di protezione” dei funzionari pubblici e che, peraltro, il nuovo Codice ha in qualche modo attenuato rispetto alla disciplina emergenziale che ha previsto una vera e propria dequotazione della responsabilità erariale.

Si tratta della disposizione di natura transitoria costituita dall'art. 21 del d.l. n. 76/2020, convertito con modificazione nella legge 11 settembre 2020 n.120, che, sul fondamento dell'eccezionalità dell'emergenza sanitaria, ha circoscritto la responsabilità erariale ai soli casi di dolo, con esclusione della colpa grave, sia pure per i soli danni erariali cagionati da condotte attive.

Una soluzione legislativa che, tuttavia, è stata fortemente criticata per una molteplicità di ragioni e probabilmente non è stata ritenuta confermabile “a regime” nell'ambito di una disciplina generale quale è quella del codice dei contratti pubblici.

In primo luogo, è stato evidenziato il contrasto tra la attenuazione del regime della responsabilità contabile introdotta dalla disciplina emergenziale appena richiamata e il quadro normativo euro-unitario istitutivo del dispositivo per la ripresa e la resilienza (c.d. “recovery plan”) (Reg. n. 2021/241).

In quest'ultimo ambito, infatti, particolare attenzione è data al profilo del recupero di fondi indebitamenti versati, non solo attraverso azioni recuperatorie, ma anche risarcitorie. Pertanto, una “bolla di impunità” per i casi di mala gestio gravemente colposa delle risorse pubbliche risulta del tutto incoerente rispetto alla necessità di mantenere e garantire gestioni virtuose in un panorama in cui nostro Stato è esposto, sul piano europeo, anche ad eventuali procedure di infrazione.

Il Regolamento (UE) 2021/241 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 febbraio 2021 che istituisce il dispositivo per la ripresa e la resilienza (c.d.“recovery plan”), dedica particolare attenzione al controllo sulla corretta gestione dei fondi. Il complesso normativo che disciplina il dispositivo trova, ai sensi dell'art. 8 di questo Regolamento (UE) 2021/241, le sue regole generali nel Regolamento finanziario e nel Regolamento (UE/Euratom) 2020/2092 del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 dicembre 2020. Particolare attenzione a livello euro-unitario è data al profilo del recupero di fondi indebitamenti versati. Il rinvio all'art. 22 dello statuto dei funzionari dell'Unione Europea che espressamente richiama la colpa grave per il risarcimento del danno è di particolare rilievo in quanto oltre all'azione recuperatoria pare prevedere anche la risarcibilità dei danni arrecati con colpa grave. Queste ultime azioni, quella recuperatoria e quella risarcitoria, chiamano in causa innegabilmente la giustizia contabile che deve poter contare, con riferimento specifico alle misure da attuare con il recovery fund, su tutti gli strumenti giuridici necessari per adempiere agli obblighi posti dal regolamento a carico dello Stato italiano.

Inoltre, si è evidenziato che, ai sensi dell'art. 325 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea (TFUE), i Paesi membri sono tenuti a proteggere gli interessi finanziari dell'Unione con i medesimi strumenti con i quali proteggono i propri interessi finanziari; ne consegue che l'abbassamento del livello di protezione dei nostri interessi finanziari, restringendo il perimetro della responsabilità amministrativa contabile, determina anche, di riflesso, l'abbassamento del livello di protezione degli interessi finanziari dell'Unione e questo sembra porsi in contrasto con le previsioni del Regolamento (UE) n. 2021/241.

Ma la limitazione della responsabilità erariale alle fattispecie dolose è risultata anche connotata da evidenti sospetti di illegittimità costituzionale.

Al riguardo occorre richiamare l'orientamento della Corte costituzionale formatosi a partire dalla introduzione della responsabilità per sola colpa grave (cfr. Corte cost. n. 37/1998, confermata, fra le altre, da Corte cost. n. 340/2001). La Consulta ha sostenuto, infatti, che quella limitazione corrisponde a un corretto equilibrio fra quanto del rischio dell'attività amministrativa deve restare a carico dell'apparato e quanto a carico del funzionario. Con la conseguenza che, una responsabilità erariale solo dolosa non é più una responsabilità funzionale al buon andamento della pubblica amministrazione: azzerando la colpa grave e, quindi, il parametro dell'homo eiusdem professionis et condicionis per valutare la condotta del funzionario pubblico rispetto agli obblighi di servizio e ai doveri d'ufficio cui è tenuto, viene meno il parametro su cui valutare il buon andamento della pubblica amministrazione e la sua stessa efficienza, in aperto contrasto con l'art. 97, comma 2, Cost., di cui peraltro costituisce corollario il principio del risultato.

Se peraltro il nuovo codice ha ritenuto di non confermare a regime tale limitazione della responsabilità, va evidenziato che, nella prospettiva transitoria, il d.l. n. 44 del 22 aprile 2023 (cd. decreto PA), ha prorogato l'efficacia dell'art. 21 del d.l. n. 76/2020 fino al 30 giugno 2024.

La perimetrazione della colpa grave

Pertanto, la scelta del legislatore delegato è stata quella di non limitare la responsabilità erariale ai soli casi di dolo, ma quella di perimetrare il concetto di “colpa grave”.

La Relazione illustrativa espone la finalità del comma 3 che, in coerenza con l'obiettivo di valorizzare la discrezionalità del dipendente pubblico con la codificazione del principio di fiducia, intende definire il perimetro del concetto di colpa grave rilevante ai fini della responsabilità amministrativa dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei conti, definendone i confini rispetto alla colpa lieve che hanno generato incertezze interpretative, contribuendo a quella forma di burocrazia difensiva che il principio della fiducia si propone di superare.

La colpa grave viene quindi circoscritta esclusivamente alla violazione delle norme di diritto, degli auto-vincoli, nonché alla palese violazione di regole di prudenza, perizia e diligenza, con l'ulteriore precisazione che comunque non costituisce mai colpa grave la violazione o l'omissione che sia stata determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti.

La ratio della norma, letta in combinato disposto con il principio del risultato, non appare diversa da quella sottesa all'art. 2236 c.c., nella quale la limitazione della responsabilità alle sole ipotesi del dolo e della colpa grave si giustifica per l'esigenza di garantire pur sempre al professionista un “margine di libertà e, in una certa misura, di creatività, in relazione al quale è insita una certa dose di rischio che il cliente è tenuto a sopportare” (Giacobbe, 1079, 1084; Santoro Passarelli, 25; Assanti, 713). Analogamente, infatti, al funzionario pubblico occorre riconoscere un certo margine di libertà di azione per il perseguimento del risultato che, come visto, costituisce principio prioritario nel nuovo impianto codicistico, senza dover temere potenziali profili di responsabilità per colpa lieve.

In realtà a seguito della introduzione della limitazione della responsabilità erariale alla colpa grave (con d.l. n. 543/1996, convertito con legge n. 639 del 1996), la giurisprudenza contabile ha in passato tentato di isolare nelle condotte attive e omissive del responsabile i tratti distintivi della gravità della colpa, oscillando tra il modello penalistico degli esordi (per il quale è grave la condotta connotata dalla prevedibilità dell'evento dannoso e da un comportamento improntato alla massima negligenza e imprudenza) al più recente modello civilistico (facente riferimento alla violazione dei doveri di comportamento che anche il tipo umano medio intende tali).

La difficoltà di individuare criteri generali e astratti univoci per definire la colpa grave e differenziarla da quella lieve dipende dalla sua assoluta relatività: la gravità o meno di una condotta non può mai prescindere, infatti, dalla considerazione di una molteplicità di elementi, soggettivi e oggettivi, desumibili, volta per volta, dal caso concreto.

Ed è proprio sulla base di quest'ultima considerazione che la più evoluta giurisprudenza contabile si è attestata, più recentemente, su una concezione essenzialmente normativa del giudizio in ordine alla sussistenza della colpa grave, il quale impone sostanzialmente al giudice una doppia valutazione: in primo luogo, individuare il fondamento normativo della regola a contenuto cautelare che esprime in termini di prevedibilità, prevedibilità ed evitabilità, la misura della condotta (diligente, perita e prudente) sulla quale il legislatore ha riposto affidamento per prevenire ed evitare il rischio di conseguenze negative per l'Erario; definito in tal modo il parametro oggettivo di riferimento del titolo soggettivo della colpa grave, accertare il grado di esigibilità della condotta normativamente prevista in ragione delle condizioni concrete della gestione (cfr., C. conti, Sez. II app., n. 662/2014).

Come si legge nella Relazione illustrativa, trattasi degli stessi canoni che il Codice ha inteso elevare a rango legislativo e codificare al comma 3 dell'art. 2.

Lo stesso comma 2 aggiunge che non costituisce colpa grave la violazione o l'omissione determinata dal riferimento a indirizzi giurisprudenziali prevalenti o a pareri delle autorità competenti, in coerenza con analoghe previsioni del codice della giustizia contabile (art. 69, comma 2 e art. 95, comma 4, d.lgs. n. 174/2016), a loro volta confermative di una giurisprudenza consolidata sull'elemento soggettivo della responsabilità erariale.

L'art. 69, comma 2, del predetto codice prevede che “Il pubblico ministero dispone altresì l'archiviazione per assenza di colpa grave ove valuti che l'azione amministrativa si sia conformata al parere reso dalla Corte dei conti in via consultiva, in sede di controllo e in favore degli enti locali nel rispetto dei presupposti generali per il rilascio dei medesimi”

L'art. 95, comma 4, stabilisce inoltre che “Il giudice, ai fini della valutazione dell'effettiva sussistenza dell'elemento soggettivo della responsabilità e del nesso di causalità, considera, ove prodotti in causa, anche i pareri resi dalla Corte dei conti in via consultiva, in sede di controllo e in favore degli enti locali, nel rispetto dei presupposti generali per il rilascio dei medesimi”.

Sembra quindi che il Codice abbia inteso raggiungere un compromesso fra l'esigenza evidenziata di ridurre le incertezze interpretative in materia e la necessità di una impostazione coerente con l'istituto della responsabilità erariale, rispetto al quale permane certamente la assoluta necessità di valutare il grado della colpa sulla base del caso concreto, sia pure percorrendo l'iter argomentativo delineato dalla giurisprudenza e ripreso dalle disposizioni in esame.

Infine, il comma 4 prevede l'adozione di azioni per la copertura assicurativa dei rischi per il personale (oltre all'adozione di azioni per riqualificare le stazioni appaltanti e per rafforzare e dare valore alle capacità professionali dei dipendenti, compresi i piani di formazione di cui all'art. 15, comma 7). Anche quest'ultima previsione appare, infatti, coerente con il corretto mantenimento di una piena responsabilità per colpa grave, dovendosi diversamente ipotizzare, quale possibile, la copertura assicurativa di fattispecie di dolo, circostanza quest'ultima da escludersi, invece, con ogni evidenza.

Principio della fiducia e ampliamento dell’ autonomia decisionale dei funzionari pubblici

Il principio della fiducia, codificato dal d.lgs. n. 36 del 2023, è finalizzato a valorizzare l’autonomia decisionale dei funzionari pubblici e comporta che ogni stazione appaltante sia tenuta a svolgere le gare non solo rispettando la legalità formale ma tenendo sempre presente che ogni gara è funzionale a realizzare un’opera pubblica (o ad acquisire servizi e forniture) nel modo più rispondente agli interessi della collettività; è un principio che amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a. ma che non può tradursi nella legittimazione di scelte discrezionali che tradiscono l’interesse pubblico sotteso ad una gara, le quali, invece, dovrebbero in ogni caso tendere al suo miglior soddisfacimento. Non si tratta, peraltro, di una fiducia unilaterale o incondizionata; la disposizione precisa infatti che la fiducia è reciproca e investe, quindi, anche gli operatori economici che partecipano alle gare. È legata a doppio filo a legalità, trasparenza e correttezza, rappresentando, sotto questo profilo, una versione evoluta del principio di presunzione di legittimità dell’azione amministrativa.

Bibliografia

Assanti, Le professioni intellettuali e il contratto d'opera, in LGiur, 2000, 8; De Pretis, Valutazione amministrativa e discrezionalità̀ tecnica, Padova, 1995; Giacobbe, Professioni intellettuali, in EdD, XXXVI, Milano, 1987; Marzuoli, Potere amministrativo e valutazioni tecniche, Milano, 1985; Santoro Passarelli, Professioni intellettuali, in NsDI, XIV, Torino, 1967; Treves, Presunzione di legittimità degli atti amministrativi, Padova, 1936.

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