Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 3 - Principio dell'accesso al mercato.Principio dell'accesso al mercato. 1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti favoriscono, secondo le modalità indicate dal codice, l'accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, di imparzialità, di non discriminazione, di pubblicità e trasparenza, di proporzionalità. InquadramentoL'art. 3 introduce il principio dell'accesso al mercato che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti devono garantire agli operatori economici, secondo le modalità indicate dal codice e attraverso il rispetto dei principi generali dell'azione amministrativa, che deve essere improntata ai canoni di correttezza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità e trasparenza, nonché al principio di proporzionalità. Anche in questo caso l'affermazione dell'accesso al mercato come principio generale potrebbe apparire pleonastico, soprattutto in ragione del riferimento alle “modalità indicate dal codice”, tenuto conto che l'apertura del mercato costituisce già conseguenza diretta del principio di concorrenza e che anche il nuovo codice, come quelli precedenti, prevede specifici istituti volti a consentire la più ampia partecipazione degli operatori economici, tra cui certamente l'obbligo di suddivisione in lotti che costituisce la misura più rilevante ai fini dell'ampliamento dell'accesso al mercato, soprattutto per le piccole e medie imprese. Nella Relazione illustrativa si evidenzia lo stretto legame con gli altri principi richiamati nello stesso art. 3, rilevando che: i) la correttezza si ricollega al principio di tutela dell'affidamento che viene poi esplicitato dal successivo articolo 5 e si sostanzia nell'esigenza che le stazioni appaltanti, gli enti coincidenti e gli operatori economici si comportino in maniera reciprocamente leale nell'ambito della procedura di evidenza pubblica; ii) l'imparzialità e la non discriminazione, che per la loro stretta complementarità sono richiamate “in coppia”, quasi come si trattasse di un'endiadi, hanno un diretto fondamento nell'art. 97 Cost. e nei principi europei in materia di tutela della concorrenza e libera circolazione e rappresentano principi che, calati nella fase di affidamento dei contratti pubblici, impongono alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di assicurare la parità di trattamento fra gli operatori economici, contribuendo anch'essi al conseguimento del miglior risultato possibile nell'affidamento e nell'esecuzione dei contratti pubblici; iii) la pubblicità e la trasparenza, a loro volta richiamati “in coppia” per segnalarne la complementarità, impongono alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di rendere quanto più visibile e controllabile dall'esterno il proprio operato con lo scopo sia di permettere una valutazione sulla legalità dell'azione amministrativa sia di incentivare la partecipazione degli operatori economici alle procedure di evidenza pubblica; iv) la proporzionalità, in generale, richiede alle stazioni appaltanti e agli enti concedenti di adottare, nell'esercizio della loro potere discrezionale, la soluzione più congrua che comporti il minor sacrificio possibile di tutti gli interessi, pubblici e privati, coinvolti; in particolare, il principio di proporzionalità nella fase di accesso al mercato obbliga le stazioni appaltanti e gli enti concedenti a predisporre la documentazione di gara in modo tale da permettere la maggiore partecipazione possibile tra gli operatori economici, soprattutto di piccole e media dimensione (v. considerando 3Direttiva n. 24/2014/UE). In realtà pare che l'aspetto innovativo dell'articolo sia quello di affermare che l'accesso al mercato non rappresenta soltanto il contenuto di un divieto, ma assume, in quanto principio generale, un contenuto positivo, come si desume dalla locuzione “favoriscono”, che impone quindi alle stazioni appaltanti di prevedere anche “misure positive” che, con riferimento allo specifico mercato e alle peculiarità concrete, siano volte a determinare effettivamente l'apertura al mercato. In altri termini, l'enunciazione dell'accesso al mercato come principio generale impone alle stazioni appaltanti non solo il rispetto delle singole disposizioni, ma più in generale una conformazione del complessivo comportamento nei rapporti con gli operatori economici. La situazione del mercato dei contratti pubblici e il rapporto tra concorrenza e risultatoQuando si tratta il tema dell'accesso al mercato dei contratti pubblici, il principale aspetto che viene in considerazione è quello della partecipazione delle piccole e medie imprese. Tale tema ha costituito oggetto di una specifica indagine della Commissione UE i cui esiti sono stati resi noti in un recente Report pubblicato nel 2020 (Hausemer, Kruger, et al., Analysis of the SMEs ‘ participation in public procurement and the measures to support it: final report, accessibile al link https://data.europa.eu/doi/10.2873/417621) che ha preso in esame la partecipazione delle PMI agli appalti in tutti gli Stati membri nel periodo dal 2014 al 2017. Da tale Report emerge che la partecipazione delle PMI nelle procedure soprasoglia, seppur lievemente e per contratti di non elevato valore, è aumentata in maniera costante, passando dal 58% nel 2011 al 61% nel 2017; mentre, nelle procedure sottosoglia, la percentuale di partecipazione delle PMI è significativamente più alta: circa l'86% dei contratti sottosoglia è stata aggiudicato a PMI. La partecipazione “indiretta” delle PMI (es. come subappaltatori) è risultata molto più alta di quella “diretta” in veste di appaltatore principale: è emerso infatti che le PMI acquisiscono circa il 16% in più di valore dai contratti attraverso una partecipazione indiretta piuttosto che diretta. L'analisi ha messo altresì in evidenza che maggiore è il valore dei contratti, minori sono le possibilità per le PMI di aggiudicarseli: la percentuale di tali imprese che riesce ad aggiudicarsi contratti di valore relativamente basso (inferiore a 300.000 euro) è tra il 62 e il 65%, superata tale quota aumenta anche considerevolmente la quota di aggiudicazione delle grandi imprese. Altro tema analizzato è stato proprio quello della suddivisione dei contratti in lotti considerata come uno degli strumenti di maggior rilievo per facilitare la partecipazione delle PMI: suddividere un contratto in più lotti ne riduce il valore e lo rende così più accessibile alle imprese di piccole dimensioni. Secondo l'analisi condotta, la suddivisione in lotti favorisce nettamente le PMI: la quota di PMI vincitrici aumenta continuamente, dal 62% nel caso mancata suddivisione, al 65% nel caso in cui il contratto sia stato suddiviso tra 10 e 19 lotti. Infatti, rispetto alla mancata suddivisione, la percentuale di PMI che si aggiudicano i contratti cresce del 4% per i contratti di fornitura, del 2% per i contratti di servizi e del 6% per i contratti di lavori. È interessante notare come la propensione a suddividere i contratti in più lotti diverge anche notevolmente tra i diversi Stati membri: infatti, i Paesi con la più alta propensione a suddividere i contratti in più lotti sono tipicamente quelli dell'Europa orientale, ossia Stati membri che hanno aderito all'UE nel 2004 se non successivamente: la Slovenia (44%), la Polonia (36,5 %), l'Ungheria (30,7%), così come Croazia (29,4%), Lituania (23,9%) e Bulgaria (23,3%). Tra gli Stati membri fondatori solo la Francia ha una percentuale di suddivisione in lotti relativamente alta (36,3%), mentre l'Italia ha una percentuale di mancata suddivisione notevolmente maggiore (circa 83%) con una percentuale di suddivisione di circa un 17%. L'art. 51 del previgente Codice, recependo la disciplina contenuta nelle direttive del 2014, non ha delineato l'istituto della suddivisione in lotti in termini assoluti, bensì ha lasciato la possibilità alle amministrazioni aggiudicarci, nell'esercizio della propria discrezionalità, di derogare motivatamente alla regola della suddivisione. Innovando rispetto alla precedente disciplina, il nuovo art. 58 elenca i motivi che possono giustificare la mancata suddivisione, prevedendo che “Nel bando o nell'avviso di indizione della gara le stazioni appaltanti indicano le ragioni che, secondo un criterio di proporzionalità, richiedono di non suddividere l'appalto in lotti in funzione dell'interesse, anche di natura organizzativa, a una efficiente ed efficace esecuzione delle prestazioni, oppure in funzione della necessità di realizzare significative economie di scala funzionali al contenimento e al miglioramento della spesa pubblica”. In questo senso, il legislatore si allinea alla disciplina prevista in altri Stati membri: il legislatore francese, ad esempio, aveva già previsto espressamente l'esemplificazione di tali motivi; in particolare, all'art. L. 2113-11 “Absence d'allotissement en lots séparés” (del Code de la commande publique) è stato previsto che “Acheteur peut décider de ne pas allotir un marché dans l'un des cas suivants: 1. Il n'est pas en mesure d'assurer par lui-même les missions d'organisation, de pilotage et de coordination; 2. La dévolution en lots séparés est de nature à restreindre la concurrence ou risque de rendre techniquement difficile ou financièrement plus couteuse l'exécution des prestations. Lorsqu'un acheteur décide de ne pas allotir le marché, il motive son choix en énonçant les considérations de droit et de fait qui constituent le fondement de sa décision”. Tali esemplificazioni sono state previste sia dal giudice amministrativo francese (sul punto v. Conseil d'Etat, 7 mai 2013, n. 365706), ma anche dallo stesso legislatore francese, molto prima delle direttive del 2014 tant'è che già il richiamato Codice di buone pratiche (SEC (2008) 2193) richiamava, tra le normative “virtuose” da tenere in considerazione per la futura strategia europea, proprio quella francese (par. 1.1.). Sulla stessa linea anche il legislatore spagnolo che ha previsto, in attuazione delle direttive del 2014, (art. 99 de la Ley 9/2017, de 8 de noviembre, de Contratos del Sector Publico (LCSP)) che la suddivisione possa non compiersi per giustificati motivi quali, ad esempio: “a) El hecho de que la división en lotes del objeto del contrato conllevase el riesgo de restringir injustificadamente la competida. Vara poder aplicar este criterio, el órgano de contratación deber solicitar con carácter previo un informe a la autoridad de defensa de la competencia correspondiente para que ésta se pronuncie sobre la apreciación de dicha circunstancia; b) Que se dé la circunstancia de que la realización independiente de las diversas prestaciones comprendidas en el objeto del contrato tenga corno consecuencia dificultar la correda ejecución del mismo desde el punto de vista técnico; circunstancia que debe acreditarse en el expediente de contratación; c) Que resulte que el riesgo para la correda ejecución del contrato proceda de la naturaleza del objeto del mismo, al implicar la necesidad de coordinar la ejecución de las diferentes prestaciones, cuestión que podría verse imposibilitada por su división en lotes y ejecución por una pluralidad de contratistas diferentes. Este extremo debe ser debidamente justificado en el expediente”. Nel rinviare al commento dell'art. 58, si evidenzia come la misura proconcorrenziale della suddivisione in lotti si ponga in stretto rapporto con il principio di risultato di cui all'art. 1 del nuovo codice, atteso che la mancata suddivisione può essere giustificata in ragione di esigenze che attengono al conseguimento del migliore risultato. Non è, infatti, scontato che la suddivisione riesca nel contempo a stimolare le piccole e medie imprese a presentare l'offerta migliore e più conveniente per la stazione appaltante. Come opportunamente rilevato (Oriolo, 163), «da ciò consegue che obiettivo primario dell'ordinamento resta comunque la realizzazione delle opere pubbliche e la soddisfazione dell'interesse della collettività, mentre la concorrenza tra gli operatori economici si configura come meramente funzionale e strumentale al conseguimento del miglior risultato possibile nell'affidamento ed esecuzione dei contratti pubblici. Il raggiungimento di questo risultato implica l'esercizio effettivo della discrezionalità di cui le P.A. dispongono e, di conseguenza, nella fiducia che l'ordinamento ripone tanto nei loro confronti quanto nelle loro scelte». Conferma quanto su esposto il considerando n. 87 della Dir. 2014/25/UE, che, dopo aver affermato che “è opportuno che gli appalti siano adeguati alle necessità delle PMI”, rileva chiaramente che “l'entità e l'oggetto dei lotti dovrebbero essere determinati liberamente dall'ente aggiudicatore”. In realtà tali motivi sono stati già evidenziati dalla precedente giurisprudenza, che ha ritenuto legittima la mancata suddivisione quando questa possa rischiare di rendere l'esecuzione dell'appalto eccessivamente difficile dal punto di vista tecnico o troppo costosa, ovvero quando l'esigenza di coordinare i diversi operatori economici per i lotti possa rischiare seriamente di pregiudicare la corretta esecuzione dell'appalto (v. ex multis T.A.R. Veneto, sez. II, 14 gennaio 2019, n. 36). In ogni caso, come precisato ripetutamente dal Consiglio di Stato, la scelta di non suddividere il contratto pubblico in lotti deve essere espressamente e adeguatamente motivata in merito alla prevalenza del risultato sulla concorrenza, atteso che il potere discrezionale dell'amministrazione di cui all'art. 51 del (previgente) Codice dei contratti deve essere esercitato “con riguardo all'applicazione del principio di massima partecipazione e al favor legislativo per le piccole e medie imprese” (tra le tante, Cons. St. III, n. 1857/2019). È tuttavia evidente che sono assai rari in casi in cui può essere rimessa in discussione la decisione della stazione appaltante di non procedere alla suddivisione in lotti, in considerazione del contenuto altamente tecnico di tale valutazione che, se correttamente motivata, può essere sindacata dal giudice amministrativo solo per erroneità ed illogicità manifesta. Ciò posto, data la possibilità di derogare alla suddivisione, nel bilanciamento che l'amministrazione è tenuta a compiere, l'interesse alla tutela dell'accesso al mercato delle PMI viene in considerazione solamente come uno degli interessi che deve essere tenuto in considerazione in relazione all'interesse pubblico primario e che, davanti a quest'ultimo, può comunque risultare soccombente. Comunque, è indiscutibile la scelta di suddividere l'appalto può oggettivamente complicare la gestione delle procedure, può far aumentare i costi amministrativi delle stesse, può anche comportare, dato il più elevato numero di partecipanti, problemi nel coordinamento tra i diversi fornitori e anche un aumento del contenzioso. Il modello della suddivisione in lotti presuppone poi un'amministrazione ben organizzata e in grado di assumere decisioni quando sia necessario per sciogliere i frequenti problemi di coordinamento tra la pluralità di operatori. Dunque, la suddivisione dell'appalto in lotti può considerarsi più come uno degli strumenti strategico-organizzativi di cui possono usufruire le amministrazioni aggiudicatici, piuttosto che uno strumento risolutivo per garantire l'accesso al mercato. Infatti, come chiarito anche dal Consiglio di Stato, il favor espresso dal legislatore nei confronti di tali imprese non può esprimersi fino ad arrivare a comprimere eccessivamente la discrezionalità di cui godono le stazioni appaltanti nella predisposizione del “micro-mercato” che è la procedura di gara. Tutto ciò fa ritenere che il rapporto tra regola (suddivisione) ed eccezione (non suddivisione) si trovi nella prassi ad essere invertito, con una percentuale assolutamente prevalente di appalti non suddivisi in lotti in tutti gli Stati membri, con punte del 85% nel nostro Paese. Al riguardo, tuttavia, nei primi commenti alla riforma, si è evidenziato (Oriolo, 163) che la libertà delle stazioni appaltanti di non suddividere in lotti vada ancorata a valutazioni di carattere tecnico ed economico, nonché funzionalmente coerenti con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti nella procedura di appalto, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e ragionevolezza. Si rileva al riguardo come tali valutazioni, ad esempio, possano consistere proprio nei rischi evidenziati in precedenza: limitare la concorrenza, rendere l'esecuzione dell'appalto eccessivamente difficile da un punto di vista tecnico, le difficoltà di coordinare diversi operatori economici per i lotti possa pregiudicare la corretta esecuzione dell'appalto. Le misure per garantire l'accesso al mercatoIl fenomeno appena tratteggiato dimostra come l'accesso al mercato non possa essere perseguito con una sola misura e richieda una valutazione complessiva dell'operato delle stazioni appaltanti. Sotto tale profilo pare doversi valutare con favore la scelta del legislatore di farne il contenuto di un principio generale destinato ad operare congiuntamente ad altri principi (concorrenza, imparzialità, non discriminazione, pubblicità e trasparenza, proporzionalità), in modo da garantire comunque il libero accesso al mercato anche quando una o più delle misure specificamente volte a tal fine soccombano a fronte del principio del risultato. Non pare un caso che il richiamato Report abbia individuato diverse misure idonee a favorire l'accesso al mercato degli appalti, riconducendole a quattro categorie: i) conditions, ii) procedures, iii) awareness-raising, iv) incentives. Nella prima categoria sono state fatte rientrare la tempestiva dei pagamenti alle imprese da parte della stazione appaltante e l'incremento della trasparenza delle procedure selettive. Alla seconda categoria sono ricondotti l'incoraggiamento all'uso dell'e-procurement, l'aumento della semplificazione delle procedure e della documentazione richiesta per dimostrare i requisiti, l'incoraggiamento alla suddivisione in lotti, l'aumento offerte congiunte e l'utilizzo del subappalto, la riduzione dei requisiti economici-finanziari richiesti, l'assenza di criteri di selezione non “PMI friendly”. Alla terza categoria è stato ricondotto l'utilizzo di strumenti e pratiche in grado di aumentare le informazioni di cui le imprese possono disporre, mentre la quarta categoria è quella degli incentivi e dei supporti finanziari. Prima ancora, con il “Codice europeo di buone pratiche per facilitare l'accesso delle PMI agli appalti pubblici” (Bruxelles, 25.06.2008, SEC (2008) 2193, consultabile sul sito www.ec.europa.eu) sono state individuate le molteplici soluzioni per superare le barriere che impediscono o rendono particolarmente difficoltoso l'accesso al mercato: i) superare le difficoltà connesse all'entità degli appalti; ii) garantire l'accesso alle informazioni pertinenti; iii) migliorare la qualità e la comprensione delle informazioni fornite; iv) fissare livelli di capacità e requisiti finanziari proporzionati; v) alleggerire gli oneri amministrativi; vii) prestare attenzione al rapporto qualità/prezzo piuttosto che al solo prezzo; viii) fornire tempo sufficiente per redigere le offerte; ix) garantire che i pagamenti siano effettuati puntualmente. In altri termini, l'accesso al mercato richiede uno sguardo più ampio della singola gara, ma impone comunque, con riferimento alla specifica procedura, di valutare la legge di gara nella sua interezza. Per esemplificare: se le esigenze di celerità nell'aggiudicazione, i vantaggi in termini economici legati a economie di scala giustificano la mancata suddivisione in lotti del contratto – ossia il principio del risultato risulta prevalente rispetto ai principi dell'accesso al mercato e di concorrenza – non di meno la valutazione di tale scelta, anche in sede giurisdizionale, richiede di valutare se la legge di gara contiene comunque misure in grado di “compensare” il sacrificio di tali principi, ad es. sotto il profilo della determinazione dei requisiti di qualificazione, dell'incentivazione delle forme associative e nella possibilità di subappalto. L'ordinamento, infatti, tramite il ricorso a istituti come l'avvalimento, il subappalto o il raggruppamento temporaneo tra imprese, ammette la possibilità di recuperare spazi di partecipazione alle imprese di più ridotte dimensioni, garantendo, quindi, ad esse la possibilità di accedere al mercato delle commesse pubbliche. Rispetto a questi istituti, si è tuttavia obiettato (Oriolo, 163) come la massima partecipazione alle gare pubbliche degli operatori di minori dimensioni possa essere garantita solo attraverso il riconoscimento di un diritto di partecipazione individuale. La previsione nella documentazione di gara del ricorso a misure come l'avvalimento o il raggruppamento tra imprese, infatti, non può essere considerato sufficiente in quanto si tratta di strumenti rimessi alla discrezionalità delle imprese e che comportano peraltro un aggravio dei costi in sede di formulazione dell'offerta. BibliografiaChirulli, La Proconcorrenzialità nel Codice dei contratti pubblici, a cura di Liguori, Tuccillo, Napoli, 2017; Chiti, Principi, I contratti pubblici e i problemi della loro attuazione in Italia, in La nuova disciplina dei contratti pubblici tra esigenze di semplificazione, rilancio dell'economia e contrasto alla corruzione, Milano, 2016; Oriolo, Prime riflessioni sul nuovo Codice dei contratti per i settori speciali: la suddivisione in lotti come possibile caso di attuazione dei principi codificati, in Urbanistica e appalti, 2023, 2; M.A. Sandulli, Prime considerazioni sullo Schema del nuovo Codice dei contratti pubblici, in giustiziainsieme.it, 21 dicembre 2022. |