Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 6 - Principi di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale. Rapporti con gli enti del Terzo settore.

Danilo Dimatteo
Mariano Protto

Principi di solidarietà e di sussidiarietà orizzontale. Rapporti con gli enti del Terzo settore.

1. In attuazione dei principi di solidarietà sociale e di sussidiarietà orizzontale, la pubblica amministrazione può apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, modelli organizzativi di amministrazione condivisa, privi di rapporti sinallagmatici, fondati sulla condivisione della funzione amministrativa con gli enti del Terzo settore di cui al codice del Terzo settore di cui al decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117, sempre che gli stessi contribuiscano al perseguimento delle finalità sociali in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente e in base al principio del risultato. Non rientrano nel campo di applicazione del presente codice gli istituti disciplinati dal Titolo VII del codice del Terzo settore, di cui al decreto legislativo n. 117 del 2017.

Inquadramento

Come si legge nella Relazione illustrativa, la norma recepisce i principi di solidarietà e sussidiarietà orizzontale già sanciti dalla Costituzione (artt. 2 e 118 Cost.) e dal diritto eurounitario (artt. 5 e 21 TUE).

La norma quindi più che dettare un principio, intende formalizzare un “modello” generale di co-amministrazione pubblico-privato coordinandolo con la disciplina dei contratti pubblici.

Come noto, il principio di sussidiarietà è entrato progressivamente nel nostro ordinamento, per osmosi con il diritto europeo, di cui costituisce uno dei principi cardini.

La sussidiarietà ha due tipologie di sfaccettature, entrambe positivizzate nel nostro ordinamento costituzionale dall'art. 118 Cost., così come modificato dalla riforma del 2001.

Il principio di sussidiarietà verticale prevede che l'azione di governo debba normalmente esplicarsi attraverso il livello più vicino ai cittadini, giustificandosi l'intervento del livello superiore solo se il primo non riesce a fornire una risposta adeguata alle esigenze della popolazione.

Le leggi europee e dei singoli Stati membri, quindi, nello stabilire il livello di governo e cioè la P.A. cui attribuire il potere devono preferire (se non è necessario diversamente) il livello di governo più vicino al cittadino.

Così anche l'art. 5, comma 3, del Trattato dell'Unione europea dispone che «“in virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione”».

Diversamente, il principio di sussidiarietà orizzontale fa sì che il cittadino, sia come singolo che attraverso i corpi intermedi debba poter cooperare con le istituzioni nel definire gli interventi che incidono sulle realtà sociali a lui più vicine.

La norma attribuisce a regioni e comuni la possibilità di prevedere incentivi a questo tipo di intervento della cittadinanza.

Nell'ottica del migliore coordinamento tra le istituzioni e tra le istituzioni e il cittadino si sviluppa anche il principio di leale collaborazione che riguarda il rapporto collaborativo tra Stato ed Enti territoriali o tra Enti territoriali tra loro. Ad esempio, laddove non sia possibile applicare il principio di sussidiarietà e quindi lo Stato decida di avocare a sé interventi che riguardano i singoli territori in forza del preminente interesse nazionale prima di adottare i provvedimenti finali deve cercare di trovare una soluzione consensuale o comunque avviare un'istruttoria tesa ad acquisire le posizioni e gli interessi delle amministrazioni territorialmente competenti (Caringella, 220).

La sussidiarietà orizzontale

Come noto, la sussidiarietà orizzontale aveva trovato, inizialmente, riconoscimento nel nostro ordinamento nell'art. 2 della l. n. 265/1999, poi trasposto nel Testo Unico degli Enti Locali.

Con la riforma costituzionale del 2001, peraltro, tale principio è stato positivizzato nell'art. 118, comma 4, della Costituzione. Si è previsto, infatti, che Stato, regioni, città metropolitane, province e comuni favoriscano l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. La sussidiarietà orizzontale opera come vero e proprio criterio di ripartizione delle competenze tra enti locali e soggetti privati, individuali e collettivi, costituendo un limite all'esercizio delle competenze locali in via esclusiva da parte dei poteri pubblici. In pratica, secondo tale principio l'esercizio delle attività di interesse generale, con esclusione di quelle strettamente caratterizzanti l'attività statuale (si peni a difesa, ordine pubblico, servizi pubblici essenziali) spetta ai privati o alle formazioni sociali e l'ente locale ha solo un ruolo di coordinamento, controllo e promozione; l'intervento pubblico è giustificato solo se il suo intervento può ritenersi più efficace ed efficiente di quello dei cittadini.

In sostanza, la normativa italiana accede a una interpretazione ampia del principio di sussidiarietà, e configura l'azione dei pubblici poteri nell'ambito del c.d. “sociale” come sussidiaria di quella dei privati singoli e associati, nel senso che gli enti istituzionali possono legittimamente intervenire nel contesto sociale solo se le funzioni amministrative assunte possano essere svolte in modo più efficiente e con risultati più efficaci che se fossero lasciate alla libera iniziativa privata.

Il legislatore recepisce i principi della Corte cost. n. 131/2020

Anche al fine di comprendere la reale portata del principio in questione, è certamente utile il riferimento alla pronuncia della Corte Costituzionale n. 131/2020, che ha sancito la coesistenza di due modelli organizzativi alternativi per l'affidamento dei servizi sociali, l'uno fondato sulla concorrenza, l'altro sulla solidarietà e sulla sussidiarietà orizzontale. Il secondo tipo di affidamenti (diretti) riguarda in particolare i servizi sociali di interesse generale erogati dagli enti del Terzo settore e non rappresenta una deroga, da interpretare restrittivamente, al modello generale fondato sul principio concorrenziale, bensì uno schema a sua volta generale da coordinare con il primo. Importante è il passaggio in cui la Consulta precisa che le relazioni che si svolgono nell'ambito dell'Amministrazione condivisa esulano dalla logica del mercato perché presuppongono modelli di azione che sono “fasi di un procedimento complesso di un diverso rapporto tra il pubblico ed il privato sociale, non fondato semplicemente su un rapporto sinallagmatico”.

Al proposito, nel parere n. 2052 del 20 agosto 2018, il Consiglio di Stato, aveva evidenziato che “nei casi di co-progettazione e partenariato, pertanto, solo la comprovata ricorrenza dell'elemento della gratuità (con i caveat segnalati e di cui avanti) esclude la sussunzione della procedura entro la disciplina euro-unitaria. In sostanza, e ricapitolando, si devono ritenere estranee al codice unicamente le procedure di accreditamento c.d. libero e le procedure di co-progettazione e partenariato finalizzate a rapporti puramente gratuiti, nel significato e con i limiti segnalati [...]. Salve, dunque, le esposte eccezioni, le procedure previste dal Codice del terzo settore (e, in generale, dalla normativa ancora in vigore in subiecta materia) configurano, in ottica europea, appalti di servizi sociali e, pertanto, sono sottoposte anche alla disciplina del Codice dei contratti pubblici, che si affianca, integrandola, a quella apprestata dal Codice del terzo settore”.

Secondo la Consulta, invece, la «co-programmazione», la «co-progettazione» e il «partenariato» “si configurano come fasi di un procedimento complesso espressione di un diverso rapporto tra il pubblico ed il privato sociale, non fondato semplicemente su un rapporto sinallagmatico. Il modello configurato dall'art. 55 CTS, infatti, non si basa sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, ma sulla convergenza di obiettivi e sull'aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico.

Del resto, come si ricorda nella Relazione illustrativa lo stesso diritto dell'Unione – anche secondo le Direttive 2014/24/UE e 2014/23/UE – e la Corte di giustizia tendono a superare la dicotomia conflittuale fra i valori della concorrenza e quelli della solidarietà, mantenendo in capo agli Stati membri la possibilità di apprestare, in relazione ad attività a spiccata valenza sociale, un modello organizzativo ispirato non al principio di concorrenza ma a quello di solidarietà (sempre che le organizzazioni non lucrative contribuiscano, in condizioni di pari trattamento, in modo effettivo e trasparente al perseguimento delle finalità sociali).

L'affidamento di servizi pubblici a enti del terzo settore nella giurisprudenza UE

Da un punto di vista generale, la Corte di Giustizia ha chiarito che gli artt. 49 e 56TFUE “devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che consente alle autorità locali di attribuire la fornitura di servizi di trasporto sanitario mediante affidamento diretto, in assenza di qualsiasi forma di pubblicità, ad associazioni di volontariato, purché il contesto normativo e convenzionale in cui si svolge l'attività delle associazioni in parola contribuisca effettivamente a una finalità sociale e al perseguimento degli obiettivi di solidarietà ed efficienza di bilancio”. Il giudice europeo ha, altresì, aggiunto che qualora uno Stato membro consenta alle autorità pubbliche di ricorrere direttamente ad associazioni di volontariato per lo svolgimento di determinati compiti, la stazione appaltante che intenda stipulare convenzioni con associazioni siffatte “non è tenuta, ai sensi del diritto dell'Unione, a una previa comparazione delle proposte di varie associazioni”, ancorché tali associazioni esercitino determinate attività commerciali purché siano marginali rispetto all'insieme delle attività di tali associazioni e siano di sostegno al perseguimento dell'attività di volontariato di queste ultime” (Corte giustizia UE, V, 28 gennaio 2016, in causa C-50/14, Consorzio Artigiano Servizio Taxi e Autonoleggio e altri contro Azienda sanitaria locale di Ciriè, Chivasso e Ivrea e Regione Piemonte).

L'art. 10, lett. h ), della Direttiva 2014/24/UE prevede in particolare l'esclusione dall'ambito di applicazione della disciplina degli appalti pubblici i contratti “concernenti servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro identificati con i codici CPV 75250000-3, 75251000-0, 75251100-1, 75251110- 4, 75251120-7, 75252000-7, 75222000-8; 98113100-9 e 85143000-3 ad eccezione dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza”.

A livello nazionale la richiamata disposizione è stata recepita dall'art. 17, comma 1, lett. h ) del previgente codice, ai sensi del quale le disposizioni del codice dei contratti non trovano applicazione agli appalti e alle concessioni di servizi “concernenti servizi di difesa civile, di protezione civile e di prevenzione contro i pericoli forniti da organizzazioni e associazioni senza scopo di lucro identificati con i codici CPV 75250000-3, 75251000-0, 75251100-1, 75251110- 4, 75251120-7, 75252000-7, 75222000-8; 98113100-9 e 85143000-3 ad eccezione dei servizi di trasporto dei pazienti in ambulanza”.

Con riferimento alla previsione della Direttiva, la Corte di Giustizia ha riconosciuto la compatibilità di una normativa nazionale che preveda che servizi di trasporto sanitario di urgenza ed emergenza possano essere attribuiti mediante convenzione, in via prioritaria, soltanto a organizzazioni di volontariato e non a cooperative sociali che possono distribuire ai soci ristorni correlati alle loro attività (Corte giustizia UE, VIII, 7 luglio 2022, cause riunite C 213/21 e C 214/21, Italy Emergenza Cooperativa Sociale contro Azienda Sanitaria Locale Barletta-Andria-Trani), precisando che nella deroga da prevista da tale disposizione rientra l'assistenza prestata a pazienti in situazione di emergenza in un veicolo di soccorso da parte di un paramedico/soccorritore sanitario, di cui al codice CPV [Common Procurement Vocabulary (vocabolario comune per gli appalti pubblici)] 75252000-7 (servizi di salvataggio), nonché il trasporto in ambulanza qualificato, comprendente, oltre al servizio di trasporto, l'assistenza prestata a pazienti in un'ambulanza da parte di un soccorritore sanitario coadiuvato da un aiuto soccorritore, di cui al codice CPV 85143000-3 (servizi di ambulanza), a condizione, con riferimento a detto trasporto in ambulanza qualificato, che esso sia effettivamente assicurato da personale debitamente formato in materia di pronto soccorso e che riguardi un paziente per il quale esiste un rischio di peggioramento dello stato di salute durante tale trasporto” (Corte giustizia UE., sez. III, sent. 21 marzo 2019, C-465/17. Pres. Vilaras, Est. Šváby, Avv. gen. Campos Sánchez-Bordona – Falck Rettungsdienste GmbH, Falck A/S c. Stadt Solingen).

Il nuovo codice formalizza un più ampio modello di co-amministra- zione pubblico privata

Come anticipato, il nuovo codice intende quindi formalizzare un più ampio modello di co-amministrazione pubblico privata, superando i dubbi posti dal citato parere del Consiglio di Stato del 2018 di compatibilità con il diritto eurounitario delle modalità di affidamento dei servizi sociali previste dal codice del Terzo settore, affermando che “in considerazione della primazia del diritto euro unitario la disciplina recata dal Codice dei contratti pubblici prevale in ogni caso sulle differenti previsioni del codice del terzo settore, ove queste non possano in alcun modo essere interpretate in conformità al diritto euro – unitario: troverà, in tali casi, applicazione il meccanismo della disapplicazione normativa, costituente un dovere sia per il Giudice sia per le Amministrazioni”.

Il superamento del rapporto di conflittualità tra il codice del Terzo settore e il codice dei contratti pubblici è già stato messo in evidenza dal parere consultivo n. 802 del 3 maggio 2022 del Consiglio di Stato sullo schema di linee guida recanti “Indicazioni in materia di affidamenti di servizi sociali”, secondo cui “La Sezione osserva che sia in sede legislativa che in sede di interpretazione giurisprudenziale emerge chiaramente una linea evolutiva della disciplina degli affidamenti dei servizi sociali che, rispetto a una fase iniziale di forte attrazione nel sistema della concorrenza e del mercato, sembra ormai chiaramente orientata nella direzione del riconoscimento di ampi spazi di sottrazione a quell'ambito di disciplina”.

Il parere muove dalle modifiche apportate al codice dei contratti pubblici dalla l. n. 120/2020 di conversione, con modifiche, del d.l. n. 76/2020, secondo cui sono “assoggettati alle disposizioni del codice dei contratti pubblici, indicate all'art. 142, solo i servizi sociali rientranti nell'allegato IX, se non organizzati ai sensi degli artt. 55 e 56 del Codice del terzo settore o mediante forme di autorizzazione o accreditamento previste dalle disposizioni regionali in materia”.

Decisiva è, tuttavia, anche ad avviso della Sezione Consultiva del Consiglio di Stato la richiamata giurisprudenza costituzionale in materia di Enti del Terzo Settore, secondo cui l'art. 55 del Codice del terzo settore “realizza per la prima volta in termini generali una vera e propria procedimentalizzazione dell'azione sussidiaria”, integrando “una delle più significative attuazioni del principio di sussidiarietà orizzontale valorizzato dall'art. 118, quarto comma, Cost.” e in base alla quale è ora possibile delineare la natura della relazione tra ente pubblico e terzo settore sottolineandone la differenza rispetto alle relazioni basate sullo scambio di mercato.

In estrema sintesi, il Consiglio di Stato accoglie la lettura data dalla Corte costituzionale agli istituti del Titolo VII del CTS rispetto al rapporto fra principio della tutela della concorrenza e quello della solidarietà.

La finalità sociale e l'assenza del fine di lucro

La collocazione nella parte dedicata ai principi e l'ampia formulazione della norma consente di apprezzare la portata innovativa dell'intervento legislativo rispetto al timido tentativo dell'art. 189 del previgente codice di conciliare solidarietà e concorrenza in una logica sinallagmatica seppur lata (esonero o riduzione dei tributi), peraltro limitatamente alla gestione di aree (comma 1) e alla realizzazione di opere di interesse locale (commi 2 e 3).

A tal fine si prevede che gli enti affidatari dei servizi debbano essere scelti nel rispetto dei principi di non discriminazione, trasparenza ed effettività e in base al principio del risultato. In tal modo, si attribuisce portata generale a quanto già previsto dagli artt. 55 e 57 del codice del Terzo settore (d.lgs. n. 117/2017), chiarendo il rapporto di non conflittualità tra le norme considerate e il Codice dei contratti pubblici.

L'esclusiva finalità sociale e l'assenza del fine di lucro è già insita nella nozione di enti del Terzo settore prevista dall'art. 4 del d.lgs. n. 117/2017, che li definisce come “le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento, senza scopo di lucro, di finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale mediante lo svolgimento, in via esclusiva o principale, di una o più attività di interesse generale in forma di azione volontaria o di erogazione gratuita di denaro, beni o servizi, o di mutualità o di produzione o scambio di beni o servizi, ed iscritti nel registro unico nazionale del Terzo settore”.

Anche la Corte di Giustizia, nella già citata pronuncia Italy Emergenza Cooperativa Sociale c. Azienda Sanitaria Locale Barletta-Andria-Trani, ha precisato che la nozione di organizzazioni o di associazioni “senza scopo di lucro”, che possono beneficiare di affidamenti diretti, ai sensi dell'art. 10, lett. h), della Direttiva 2014/24, deve essere strettamente circoscritta alle organizzazioni e alle associazioni che non perseguono alcun fine di lucro e che non possono procurare alcun utile, neppure indiretto, agli associati, non rientrando pertanto in siffatta nozione le cooperative sociali che, distribuendo utili ai soci, non possono definirsi “senza scopo di lucro”.

Deve in particolare trattarsi di organizzazioni o associazioni che abbiano l'obiettivo di svolgere funzioni sociali, che non abbiano finalità commerciali, se non marginali, e che reinvestano eventuali utili al fine di raggiungere i loro obiettivi (CGUE, 21 marzo 2019, C-465/17, punto 5).

L'esclusione della logica sinallagmatica

Oltre ai requisiti soggettivi della finalità sociale ed esclusione della finalità di lucro in capo alle organizzazioni sociali, la norma prevede un requisito oggettivo, relativo al rapporto tra tali associazioni e la pubblica amministrazione, costituito dall'assenza di logica sinallagmatica.

Come si mette in evidenza nella Relazione illustrativa, l'esclusione della logica sinallagmatica consente di equiparare il partenariato sociale al partenariato pubblico-pubblico che si realizza attraverso forme di collaborazione tra amministrazioni ai sensi dell'art. 7, comma 4 e il cui connotato essenziale è costituito dall'essenza di un “rapporto sinallagmatico tra prestazioni”.

Infatti, la co-amministrazione pubblico-privato non può basarsi sulla corresponsione di prezzi e corrispettivi dalla parte pubblica a quella privata, ma esclusivamente sulla convergenza di obiettivi e sull'aggregazione di risorse pubbliche e private per la programmazione e la progettazione, in comune, di servizi e interventi diretti a elevare i livelli di cittadinanza attiva, di coesione e protezione sociale, secondo una sfera relazionale che si colloca al di là del mero scambio utilitaristico (secondo le indicazioni della Corte costituzionale, nella già citata sent. 131/2020).

Al proposito, giova ricordare che il Ministero del Lavoro, nelle Linee Guida sul rapporto tra pubbliche amministrazioni ed enti del Terzo settore adottate con decreto del 31 marzo 2021, n. 72, ha evidenziato che “le disposizioni introducono, di fatto, per via legislativa, una serie di condizioni che sono state definite per via giurisprudenziale nel corso del tempo (soprattutto, da parte della Corte di Giustizia dell'Unione europea: CGUE 11 dicembre 2017, C-113/13, c.d. Spezzino e 28 gennaio 2016, C¬50/2014 c.d. Casta). L'attenzione del Giudice europeo è posta sul tema della gratuità e del principio del rimborso delle spese effettivamente sostenute e documentate; ciò pare da leggere e interpretare come “presidio” avverso l'ipotesi di riqualificare le convenzioni come contratti di appalto. L'ammissibilità del sistema convenzionale si fonda, inoltre, sulla circostanza che esso concorre al raggiungimento di una finalità sociale e al perseguimento degli obiettivi di solidarietà ed efficienza di bilancio. Al contempo, rileva la circostanza che le organizzazioni coinvolte – nel rispetto della legislazione nazionale in materia – non traggono alcun profitto dalle loro prestazioni, fatto salvo il rimborso di costi variabili, fissi e durevoli nel tempo, necessari per fornire le medesime, e non procurano alcun profitto ai loro membri, né direttamente né indirettamente”.

Inoltre, al fine di effettuare una distinzione tra i rapporti di collaborazione con i soggetti del Terzo settore e l'affidamento di appalti di servizi, il decreto ha chiarito che “laddove un ente pubblico agisce quale stazione appaltante, attivando una procedura concorrenziale finalizzata all'affidamento di un contratto pubblico per lo svolgimento di un servizio, definito dall'ente stesso nel relativo bisogno e nelle obbligazioni e relative prestazioni, economiche e contrattuali, con il riconoscimento di un corrispettivo, idoneo ad assicurare un utile di impresa, determinato sulla base dell'importo a base d'asta – si applicherà il CCP, venendo ad esistenza un rapporto a prestazioni corrispettive. A fronte, invece, dell'attivazione di una procedura ad evidenza pubblica, ai sensi del Titolo VII del CTS, finalizzata alla selezione degli ETS con i quali formalizzare un rapporto di collaborazione per lo svolgimento di “altre attività amministrative in materia di contratti pubblici”, nelle quali PA ed ETS vengono in relazione, (come previsto dal richiamato art. 30, comma 8, CCP), anche a seguito dell'iniziativa degli stessi ETS, si applicheranno le disposizioni previste sul procedimento amministrativo, di cui alla l. n. 241/1990 e ss. mm., oltre che quelle specifiche del CTS”.

Questione non risolta dalla nuova disposizione è quella relativa al rimborso delle spese, ovvero se tale previsione comportino o meno l'onerosità del rapporto.

Infatti, il problema si era posto con riferimento all'art. 56 del d.lgs. n. 117/2017, secondo cui le amministrazioni possono sottoscrivere con le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, iscritte da almeno 6 mesi nel Registro unico nazionale del Terzo settore, convenzioni finalizzate allo svolgimento in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale, se più favorevoli rispetto al ricorso al mercato.

Da un lato, tale norma sembra richiamare una modalità organizzativa sottratta tout court alla disciplina degli appalti pubblici, laddove prevede che “Le convenzioni di cui al comma 1 possono prevedere esclusivamente il rimborso alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni di promozione sociale delle spese effettivamente sostenute e documentate”.

Sul punto, il Consiglio di Stato , con il parere n. 2058/2018 ha chiarito che “occorre intendersi su tale locuzione, atteso che [...] il rimborso che escluda la remunerazione di tutti i fattori della produzione altrui (capitale e lavoro) e copra solamente le spese vive, nega l'onerosità della prestazione ed enuclea un contesto di servizio di interesse generale non economico, non interferente, in quanto tale, con la disciplina del codice dei contratti pubblici. A questo riguardo, la stessa disposizione del quarto comma dimostra l'impossibilità di pervenire, sul piano dello stretto diritto positivo, ad un approdo sicuro...Per tentare una sintesi, sembra far propendere per la onerosità del servizio sociale di interesse generale oggetto della convenzione la riconduzione tra le spese rimborsabili dei costi indiretti e forse anche degli oneri relativi alla copertura assicurativa, ma è indubbio che si tratta di ipotesi limite, non costruite con previsioni di portata generale, che si collocano quasi in una terra di nessuno”.

In ordine a tale profilo ha cercato di fare chiarezza il citato d.m. n. 72/2021 evidenziando che “l'art. 56 del CTS pone in capo alle pubbliche amministrazioni l'obbligo di verificare che il ricorso alle convenzioni risulti «più favorevole rispetto al ricorso al mercato». Si tratta di una locuzione inserita su richiesta del Consiglio di Stato in sede di espressione del parere sullo schema di decreto legislativo (si veda il già citato parere n. 1405/2017) al fine di enucleare il «giusto punto di equilibrio» fra «la tutela della concorrenza [quale] principio eurounitario cui deve uniformarsi sia l'attività legislativa sia quella amministrativa di ciascuno Stato nazionale» ed il favor espresso dal principio di sussidiarietà orizzontale». Una lettura condivisibile della prescrizione induce a ritenere che non si tratti di una mera valutazione economica di riduzione dei costi gravanti sulle PP.AA. bensì che si richieda di verificare l'effettiva capacità delle convenzioni di conseguire quegli obiettivi di solidarietà, accessibilità e universalità che la giurisprudenza europea ha evidenziato come fondamento della disciplina.

Pertanto, occorre “leggere” la prescrizione del «maggior favore rispetto al mercato» come formula sintetica che compendia una valutazione complessiva svolta dalla P.A. sugli effetti del ricorso ad una convenzione, in luogo dell'applicazione della disciplina di diritto comune per l'affidamento dei servizi sociali (in tal senso, T.A.R. Puglia (Lecce) II, n. 2049/2019, che valorizza il profilo motivazionale).

Bibliografia

Caringella, Manuale ragionato di diritto amministrativo, 2022, Roma.

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