Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 35 - Accesso agli atti e riservatezza.

Marco Giustiniani
Codice legge fallimentare

Artt. 53, 76


Accesso agli atti e riservatezza.

1. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano in modalità digitale l'accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme, ai sensi degli articoli 3-bis e 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e degli articoli 5 e 5-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

2. Fatta salva la disciplina prevista dal codice per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, l'esercizio del diritto di accesso è differito:

a) nelle procedure aperte, in relazione all'elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime;

b) nelle procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali, in relazione all'elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, e in relazione all'elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e all'elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; ai soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta, è consentito l'accesso all'elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle stazioni appaltanti o degli enti concedenti, dei nominativi dei candidati da invitare;

c) in relazione alle domande di partecipazione e agli atti, dati e informazioni relativi ai requisiti di partecipazione di cui agli articoli 94, 95 e 98 e ai verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti, fino all'aggiudicazione;

d) in relazione alle offerte e ai verbali relativi alla valutazione delle stesse e agli atti, dati e informazioni a questa presupposti, fino all'aggiudicazione;

e) in relazione alla verifica della anomalia dell'offerta e ai verbali riferiti alla detta fase, fino all'aggiudicazione.

3. Fino alla conclusione delle fasi o alla scadenza dei termini di cui al comma 2 gli atti, i dati e le informazioni non possono essere resi accessibili o conoscibili. Per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di pubblico servizio la violazione della presente disposizione rileva ai fini dell'articolo 326 del codice penale.

4. Fatta salva la disciplina prevista per i contratti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, e salvo quanto disposto dal comma 5, il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione:

a) possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali, anche risultanti da scoperte, innovazioni, progetti tutelati da titoli di proprietà industriale, nonché di contenuto altamente tecnologico 1;

b) sono esclusi in relazione:

1) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici;

2) alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell'esecuzione e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto;

3) alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall'ente concedente, ove coperte da diritti di privativa intellettuale.

5. In relazione all'ipotesi di cui al comma 4, lettere a) e b), numero 3), è consentito l'accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara.

5-bis. In sede di presentazione delle offerte, gli operatori economici trasmettono alla stazione appaltante e agli enti concedenti il consenso al trattamento dei dati tramite il fascicolo virtuale dell'articolo 24, nel rispetto di quanto previsto dal codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ai fini della verifica da parte della stazione appaltante e dell'ente concedente del possesso dei requisiti di cui all'articolo 99, nonché per le altre finalità previste dal presente codice 2.

Inquadramento

L'art. 35 tratta del diritto di accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici. Tale norma rubricata “Accesso agli atti e riservatezza” recepisce gli artt. 21 della Direttiva n. 2014/24/UE, 39 della Direttiva n. 2014/25/UE, 28 della Direttiva n. 2014/23/UE, rinviando alla disciplina generale di cui agli artt. 22 e ss. della l. n. 241/90. La norma riproduce la disciplina prevista dall'art. 53 del d.lgs. n. 50/2016.

Si evidenzia sin da subito che il comma 1 dell'art. 35 introduce alcune modifiche alla disciplina previgente resesi necessarie al fine di allineare lo svolgimento della procedura di accesso all'utilizzo delle piattaforme di e-procurement; è stato, infatti, precisato che le stazioni appaltanti assicurano l'accesso alle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici in modalità digitale, mediante acquisizione diretta dei dati e delle informazioni inseriti nelle piattaforme, ai sensi dell'artt. 3- bis e 22 e seguenti della l. n. 241/1990 e degli artt. 5 e 5- bis del d.lgs. n. 33/2013.

Ulteriore novità rilevante, quindi, riguarda il riconoscimento per tutti i cittadini della possibilità di richiedere, attraverso l'istituto dell'accesso civico generalizzato, la documentazione di gara nei limiti consentiti e disciplinati dall'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013.

Giova anticipare che, sul punto, il Consiglio di Stato ha affermato che detto strumento si applica a tutte le fasi dei contratti pubblici, chiarendo che il principio di trasparenza si esprime nella conoscibilità dei documenti amministrativi e rappresenta il fondamento della democrazia amministrativa in uno stato di diritto, assicurando anche il buon funzionamento della pubblica amministrazione attraverso l'intellegibilità dei processi decisionali e l'assenza di corruzione.

Muovendo da tali premesse, l'Adunanza plenaria è giunta a chiarire che l'accesso civico generalizzato si sostanzia in un diritto fondamentale che contribuisce al miglior soddisfacimento degli altri diritti fondamentali che l'ordinamento giuridico riconosce alla persona. La natura fondamentale del diritto di accesso generalizzato, secondo il Consiglio di Stato, si rinviene oltre che nella Carta costituzionale (artt. 1,2, 97 e 117) e nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea (art. 42) anche nell'art. 10 della CEDU in quanto la libertà di espressione include la libertà di ricevere informazioni e le eventuali limitazioni, per tutelare altri interessi pubblici e privati in conflitto, sono solo quelle previste dal legislatore, risultando la disciplina delle eccezioni coperta da riserva di legge. In particolare, con l'accesso civico generalizzato il legislatore ha voluto introdurre il diritto della persona a ricercare informazioni, quale diritto che consente la partecipazione al dibattito pubblico e di conoscere i dati e le decisioni delle amministrazioni al fine di rendere possibile quel controllo ‘democratico' che l'istituto intende perseguire. La conoscenza dei documenti, dei dati e delle informazioni amministrative consente, in conclusione, la partecipazione alla vita di una comunità, la vicinanza tra governanti e governati, il consapevole processo di responsabilizzazione (accountability) della classe politica e dirigente del Paese (Cons. St., Ad. Plen. , n. 10/2020).

A ciò si aggiunga che, come sottolineato e ribadito dalle sentenze del Cons. St. V, n. 64/2020 e n. 4220/2020, le norme che regolano l'accesso agli atti delle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici, rispetto al richiamo alla disciplina generale di cui agli artt. 22 ss., l. n. 241/1990, aggiungono speciali e specifiche disposizioni derogatorie in punto di differimento, di limitazione e di esclusione della pretesa ostensiva, in considerazione delle peculiari esigenze di riservatezza che sogliono manifestarsi e assumere rilievo nel contesto delle procedure evidenziali (ex multis T.A.R. Veneto (Venezia) I, n. 157/2021; Cons. St. V, 64/2020; Cons. St. V, n. 4220/2020).

Il comma 2 dell'art. 35 è stato modificato rispetto al previgente art. 53, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016 prevedendo più in dettaglio e in che tempi si può ottenere la documentazione di gara di interesse, quale ad esempio le domande di partecipazione e gli atti, dati e informazioni relativi ai requisiti di partecipazione e ai verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti, i verbali relativi alla valutazione delle offerte e agli atti, dati e informazioni a questa presupposti, e infine i verbali riferiti alla fase di verifica dell'anomalia dell'offerta. Tutti questi documenti non si potranno conoscere fino all'aggiudicazione.

Infatti, fatta salva la disciplina prevista per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, è previsto che il diritto di accesso, al fine di tutelare la regolarità della procedura, sia differito in specifici casi individuati e, nell'intento di assicurare la par condicio , si dispone che, fino alla scadenza dei termini gli atti non possano essere comunicati a terzi o resi noti in qualsiasi altro modo.

In particolare, nelle procedure aperte, in relazione all'elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, il differimento opera fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime. Per quanto concerne le procedure ristrette e negoziate e le gare informali, l'elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, il novero dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e l'elenco dei concorrenti che hanno presentato offerte, non possono essere resi noti fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime. Agli operatori la cui richiesta di invito sia stata respinta, è consentito l'accesso all'elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale da parte delle stazioni appaltanti o degli enti concedenti, dei nominativi dei candidati da invitare; in relazione alle domande di partecipazione e agli atti, dati e informazioni relativi ai requisiti di partecipazione di cui agli articoli 94, 95 e 98 e ai verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti, fino all'aggiudicazione; in relazione alle offerte e ai verbali relativi alla valutazione delle stesse e agli atti, dati e informazioni a questa presupposti, fino all'aggiudicazione; in relazione alla verifica della anomalia dell'offerta e ai verbali riferiti alla detta fase, fino all'aggiudicazione.

La norma precisa che l'inosservanza di tali disposizioni per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di pubblici servizi rileva ai fini del reato di rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio ai sensi dell'art. 326 del codice penale (art. 35, comma 3).

I commi 4 e 5 prevedono le ipotesi di esclusione dall'accesso. Queste ipotesi si riferiscono, in particolare, alle informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali, e alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall'ente concedente, ove coperte da diritti di privativa intellettuale. Dette limitazioni potranno essere superate e quindi si potrà giungere all'ostensione della documentazione in questione se all'esito del bilanciamento tra interessi contrapposti l'ostensione risulta indispensabile ai fini della difesa in giudizio degli interessi giuridici rappresentati del richiedente in relazione alla procedura di gara.

In particolare, “possono essere” escluse dal diritto di accesso e da ogni forma di divulgazione: le informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerentesegreti tecnici o commerciali ” (per tale ipotesi, si prevede, comunque, che sia consentito l'accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto).

Nondimeno, il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione “sono esclusi” in relazione: 1) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del Codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici; 2) alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell'esecuzione e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto; 3) alle piattaforme digitali e le infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall'ente concedente, ove coperte da diritti di privativa intellettuale pareri legali acquisiti per la soluzione di liti relative ai contratti pubblici.

Tale ultima ipotesi legata all'utilizzo delle piattaforme digitali costituisce una novità rispetto alla disciplina previgente. Anche rispetto a tale ipotesi, il successivo comma 5 precisa che è consentito l'accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara.

Si evidenzia, altresì, nel recepire quanto stabilito dall'art. 53 della Direttiva n. 2014/24/UE, il previgente art. 53 del d.lgs. n. 50/2016 ha dettato una specifica disciplina relativamente alla “Disponibilità elettronica dei documenti di gara” e, al contempo, ha eliminato l'obbligo di indicare gli uffici e gli orari di accesso automatico ai suddetti atti nelle comunicazioni (M.A. Sandulli).

Giova, infine, precisare che anche l'art. 35 trova applicazione sia nei c.d. “settori ordinari” (sopra e sotto la soglia di rilevanza comunitaria), sia nei c.d. “settori speciali”, in virtù del rinvio espresso contenuto nell'art. 141, comma 3, lett. c).

Si specifica che il diritto di accesso ha ad oggetto sia gli atti della procedura di affidamento, sia gli atti della fase esecutiva dei contratti, nonché le candidature e le offerte dei concorrenti quali atti che si innestano nella procedura di gara, diventando così degli atti amministrativi (Bercelli, Novaro, p. 235).

Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)

Il Decreto correttivo ha apportato alcune marginali modifiche alla normativa in materia di accesso negli appalti pubblici. Segnatamente, viene ampliato il novero delle cause di esclusione dal diritto di accesso di cui all'art. 35, comma 4, lett. a): ai segreti tecnici e commerciali si aggiungono anche i dati risultanti da scoperte, innovazioni, progetti tutelati da titoli di proprietà industriale, nonché di contenuto altamente tecnologico. Il Decreto correttivo aggiunge poi il comma 5bis ove si prevede che, in sede di presentazione delle offerte, gli operatori economici trasmettono il consenso al trattamento dei dati tramite il fascicolo virtuale dell'articolo 24, ai fini della verifica del possesso dei requisiti di cui all'articolo 99, nonché per le altre finalità previste dal Codice.

L'accesso agli atti nei contratti pubblici

La specialità della disciplina trae origine dalla conclamata difficoltà, in materia di contratti pubblici, di operare un equo bilanciamento tra contrapposte esigenze: da un lato, la tutela della privacy e, dall'altro, l'osservanza dei principi di trasparenza ed imparzialità, nonché la necessità di garantire il diritto di difesa, la par condicio tra i concorrenti e l'effettività della tutela giurisdizionale.

La trasparenza trova attuazione in materia contrattualistica pubblica mediante l'espressa statuizione di cui all'art. 35 del Codice, che – come osservato da autorevole dottrina – si muove in sostanziale continuità normativa con la previgente normativa, anche se con alcune differenze applicative (Caringella, p. 491).

Al riguardo, la norma in commento, nel rinviare in termini generali alla disciplina dell'accesso procedimentale contenuta nella l. n. 241/1990, pur facendo salve le disposizioni speciali previste nel Codice, “ha prestato adesione al modello di accesso condizionato previsto dalla legge generale sul procedimento amministrativo, rispetto al quale si è posto, peraltro, in rapporto di complementarietà” e non – come confermato anche dalla giurisprudenza amministrativa – “di accentuata differenziazione”, nella misura in cui le disposizioni contenute nella legge sul procedimento del 1990 devono trovare applicazione tutte le volte in cui non si rinvengono nel Codice dei contratti disposizioni derogatorie, dotate di una specialità ancor più elevata ratione materiae.

Da tali premesse discende, pertanto, che l'art. 35 del Codice dei contratti ha dato vita ad “una sorta di microsistema normativo collegato alla peculiarità del settore considerato”, secondo quanto affermato dalla giurisprudenza (ex multis Cons. St. V, 1927/2011; Cons. St. n. 1446/2014, e Cons. St. n. 3079/2014).

Sul punto, anche l'Autorità nazionale anticorruzione, ha sostenuto nella Delibera del 5 aprile 2017, n. 317 che “il diritto di accesso regolato nel Codice dei contratti pubblici è da considerarsi speciale rispetto all'omologo diritto previsto, di carattere generale, dalla legge n. 241 del 1990”.

Parte della dottrina ha osservato, tuttavia, che il Codice non detta una disciplina completa dell'accesso alle informazioni nell'ambito delle procedure di affidamento dei contratti pubblici, limitandosi a porre solo alcune limitazioni di carattere temporale, attraverso la previsione di peculiari fattispecie di differimento ed esclusioni speciali rispetto a quelle previste in materia di accesso documentale ex art. 24 della l. n. 241/1990 (De Nictolis, 1122).

Con specifico riferimento all'ambito soggettivo dell'art. 35 si osserva che, in linea di principio, il diritto d'accesso spetta a tutti gli operatori economici che partecipano alla gara, così come il corrispondente dovere ostensivo è in capo a tutte le stazioni appaltanti, ivi compresi i soggetti privati sottoposti all'applicazione del Codice dei contratti pubblici, quali, a titolo meramente esemplificativo, le società a partecipazione pubblica, i soggetti privati che beneficiano di finanziamento pubblico e gli enti aggiudicatori nei “settori speciali”.

Sul punto, è stata sollevata la questione dell'accessibilità agli atti di diritto privato posti in essere nell'ambito di procedure ad evidenza pubblica. La questione è stata rimessa all'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, che, con sentenza 22 aprile 1999, n. 5, si è espressa nel senso dell'accessibilità degli atti di dritti privato dell'amministrazione, in quanto comunque riconducibili nell'alveo dell'attività amministrativa (Cons. St., Ad. Plen., n. 5/1999).

Ne discende, quindi, l'ammissibilità dell'accesso procedimentale nei confronti di tutti gli atti delle procedure ad evidenza pubblica e di quelle negoziate, a prescindere dalla circostanza che vengano adottati dalle amministrazioni ovvero da soggetti privati, in quanto comunque sottoposti all'osservanza delle disposizioni del Codice dei contratti (Iannuzzi).

Resta rimesso ai soggetti richiedenti l'accesso l'onere di dimostrare la titolarità di un interesse, giuridicamente rilevante, pacificamente ravvisabile in capo agli operatori economici partecipanti alla gara, ma anche in capo a coloro che ne siano stati legittimamente esclusi o ai quali sia stata preclusa la partecipazione. Si precisa che giurisprudenza amministrativa consolidata ammette la legittimazione attiva dei concorrenti alla gara, in quanto acconsentono implicitamente a che l'offerta tecnico-progettuale fuoriesca dalla sfera del proprio riservato dominio per il solo fatto della loro partecipazione alla gara e, quindi, per l'accettazione tacita delle regole di trasparenza ed imparzialità che la caratterizzano. Diversamente, non si è registrata analoga uniformità di vedute in ordine alla legittimazione attiva dei concorrenti legittimamente esclusi dalla procedura evidenziale (Cons. St. VI, n. 5062/2010; T.A.R. Campania (Napoli), n. 1657 /2013; Cons. St. III, n. 3688/2014).

In particolare, il Consiglio di Stato ha affermato che “al di là della platea dei concorrenti che competono per il bene della vita dell'aggiudicazione e di quanto l'accesso è strumentale e in ragione del rinvio contenuto nel primo comma dell'art. 53 alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le fattispecie, diverse da quelle ricordate dalla giurisprudenza circa i concorrenti, restano per i terzi disciplinate dalle disposizioni generali degli articoli 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241” (Cons. St. V, n. 4813/2017).

In particolare, secondo un primo filone giurisprudenziale, la disciplina dettata dall'art. 53 del Codice si connota per una maggiore restrittività rispetto a quella generale racchiusa nella legge sul procedimento amministrativo, sia sul piano soggettivo, essendo l'accesso consentito soltanto al concorrente che abbia partecipato alla selezione, che su quello oggettivo, essendo l'accesso condizionato alla sola comprovata esigenza di una difesa processuale (Cons. St. V, n. 1056/2016; Cons. St. n. 4813/ 2017; Cons. St. n. 39/2018).

Altra parte della giurisprudenza protende per un orientamento opposto, asserendo che l'art. 53 non contiene limitazioni soggettive espresse, in quanto al comma 3, fa riferimento ai “terzi” e, quindi, evidenziando come non sussista alcuna restrizione (Cons. St. V, n. 1446/2014).

Secondo la richiamata interpretazione, pertanto, l'accesso spetterebbe sia alle imprese partecipanti alla gara, sia a quelle che non vi abbiano preso parte. Da tale ricostruzione discende, dunque, che la disciplina dell'accesso contenuta nel Codice dei contratti pubblici impone un riconoscimento, sia pure implicito, del diritto di accesso a tutti gli atti afferenti al procedimento competitivo, ad eccezione delle specifiche fattispecie di differimento e, soprattutto, di esclusione (De Nictolis).

Il differimento della visione e della estrazione dei documenti

L'art. 35, comma 2, così come il previgente art. 53 del Codice, si differenzia dalla disciplina generale in materia, dal momento che dispone i casi di differimento di accesso agli atti obbligatorio: trattandosi di fattispecie derogatorie, queste devono essere interpretate in maniera restrittiva.

Tale norma obbliga la P.A. a posticipare l'accesso del richiedente ad alcuni documenti e trova la sua ratio giustificatrice nell'esigenza di garantire il buon andamento dell'azione amministrativa ed il corretto svolgimento della gara. Attraverso il differimento, infatti, l'accesso è tendenzialmente ammesso, ma vengono stabilite particolari modalità di esercizio temporale dello stesso.

Più precisamente tali limitazioni temporali hanno una duplice ratio, in quanto il legislatore, da un lato, ha inteso preservare la riservatezza dei concorrenti alla gara, espressa in termini di “segreti tecnici e commerciali” e, dall'altro, ha voluto assicurare la libera concorrenza e la trasparenza nella presentazione delle offerte (De Nictolis, p. 1128).

Fatta salva la disciplina ad hoc riservata agli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, le ipotesi di differimento sono “funzionali al corretto ed imparziale svolgimento di determinate fasi del procedimento”. L'obiettivo di garantire la concorrenza è, dunque, palese nella casistica legale di differimento contenuta nell'art. 35, comma 2 del Codice: in presenza di alcuna delle situazioni tipizzate il differimento costituisce, infatti, un “limite oggettivo assoluto”, non essendo modulabile discrezionalmente dalla stazione appaltante (Comporti, p. 299).

In questi casi sussiste, pertanto, la necessità di tutelare, anche penalmente, la segretezza del contenuto delle offerte, nell'intento di scongiurare potenziali effetti distorsivi della concorrenza che potrebbero discendere dalla conoscenza anticipata di alcuni concorrenti prima del termine per la presentazione delle offerte oppure delle offerte prima dell'aggiudicazione.

L'obiettivo perseguito dal legislatore è di “preservare la fluidità di svolgimento del procedimento”. In quest'ottica viene protetta l'esigenza di non ostacolare l'ordinato espletamento delle operazioni di gara, evitando aggravi procedimentali nella delicata fase di valutazione delle offerte. Tale necessità viene meno nelle more dell'approvazione del provvedimento di aggiudicazione definitiva, che segna la conclusione della procedura ad evidenza pubblica (Iannuzzi).

In particolare, l'art. 35, comma 2 individua cinque ipotesi di differimento: a ) nelle procedure aperte, in relazione all'elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle medesime; b) nelle procedure ristrette e negoziate e nelle gare informali, in relazione all'elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, e in relazione all'elenco dei soggetti che sono stati invitati a presentare offerte e all'elenco dei soggetti che hanno presentato offerte, fino alla scadenza del termine per la presentazione delle offerte medesime; ai soggetti la cui richiesta di invito sia stata respinta, è consentito l'accesso all'elenco dei soggetti che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato il loro interesse, dopo la comunicazione ufficiale, da parte delle stazioni appaltanti o degli enti concedenti, dei nominativi dei candidati da invitare; c ) in relazione alle domande di partecipazione e agli atti, dati e informazioni relativi ai requisiti di partecipazione di cui agli articoli 94, 95 e 98 e ai verbali relativi alla fase di ammissione dei candidati e offerenti, fino all'aggiudicazione; d) in relazione alle offerte e ai verbali relativi alla valutazione delle stesse e agli atti, dati e informazioni a questa presupposti, fino all'aggiudicazione; e ) in relazione alla verifica della anomalia dell'offerta e ai verbali riferiti alla detta fase, fino all'aggiudicazione.

Le fattispecie declinate dall'art. 35, comma 2, lett. a) e b), sono state previste con l'intento di prevenire collusioni fra gli operatori economici che abbiano presentato offerte oppure anche intimidazioni di alcuni di essi, situazioni che sarebbero agevolate dalla possibilità di conoscere l'identità dei potenziali offerenti prima della scadenza del termine di presentazione delle offerte.

A sostegno di tale assunto, lo stesso art. 35, ai commi 3 e 4, prescrive che “gli atti di cui al comma 2, fino alla scadenza dei termini ivi previsti, non possono essere comunicati a terzi o resi in qualsiasi altro modo noti” e, subito dopo, che “l'inosservanza dei commi 2 e 3 per i pubblici ufficiali o per gli incaricati di pubblici servizi rileva ai fini dell'art. 326 del codice penale” e, cioè, a titolo di rivelazione di segreti d'ufficio. La responsabilità penale non risulta tuttavia addebitabile ai soggetti privati, ai quali potranno applicarsi esclusivamente le fattispecie di responsabilità amministrativa (erariale, contabile o disciplinare) e contrattuale.

Per quanto attiene, in particolare, le fattispecie di cui all'art. 35, comma 2, lett. b), preme rilevare come, al fine di garantire una rapida ed efficace tutela giurisdizionale avverso il mancato invito, sia stata disposta una deroga a beneficio di coloro la cui candidatura sia stata respinta. Invero, a tali soggetti è consentito l'accesso all'elenco degli operatori economici che hanno fatto richiesta di invito o che hanno manifestato tale interesse, a seguito della comunicazione ufficiale da parte della stazione appaltante dei nominativi dei candidati da invitare.

Per quanto concerne le fattispecie di differimento di cui all'art. 35, comma 2, lett. c), attenta dottrina ha osservato che già il d.lgs. n. 50/2016 aveva traslato ulteriormente in avanti il momento dell'accessibilità agli atti rispetto al Codice del 2006. Secondo la giurisprudenza formatasi già durante la vigenza del d.lgs. n. 163/2006 sulla disciplina previgente, che differiva l'accesso al contenuto delle offerte fino all'approvazione dell'aggiudicazione provvisoria, che, nel Codice del d.lgs. n. 50/2016, è stata sostituita dalla proposta di aggiudicazione, allo stato attuale, il riferimento all'aggiudicazione deve intendersi a quella definitiva, comportando così un ulteriore differimento dell'accesso (De Nictolis).

Le cause di esclusione di accesso agli atti

Si è già visto che l'art. 35, comma 4, prevede cinque fattispecie di esclusione del diritto di accesso agli atti, prevedendo a differenza della disciplina previgente, alla lett. a) una ipotesi facoltativa e alla lett. b) delle ipotesi obbligatorie.

Segnatamente, in base alla lett. a) possono essere esclusi in relazione alle informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali;

In base alla b) sono esclusi in relazione:

1) ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici;

2) alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell'esecuzione e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto;

3) alle piattaforme digitali e alle infrastrutture informatiche utilizzate dalla stazione appaltante o dall'ente concedente, ove coperte da diritti di privativa intellettuale.

In dottrina, già sotto la vigenza del precedente Codice era stato rilevato come si trattasse di tre esclusioni aventi portata assoluta (art. 53, comma 5 lettere b), c) e d) del d.lgs. n. 50/2016) e di una avente invece portata relativa (lettera a), in quanto il legislatore ha espressamente stabilito, con riferimento a quest'ultima fattispecie, una potenziale deroga ogniqualvolta il concorrente agisca “ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto” ex art. 53, comma 6 (Iannuzzi).

Il legislatore ha recepito tali osservazioni della dottrina all'interno del nuovo Codice prevendo espressamente alla lett. a) una esclusione avente portata relativa e alla lett. b) tre esclusioni che sembrerebbero avere portata assoluta.

In realtà, il comma 5 prevede che sia in relazione all'ipotesi di cui al comma 4, lett. a), e lett. b ), numero 3), è consentito l'accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara (c.d. accesso difensivo).

Sono stati esclusi dal novero del comma 4 gli appalti secretati o quelli la cui esecuzione sia accompagnata da speciali misure di sicurezza, rinviando in entrambi i casi ad una disciplina ad hoc. In merito, è stato osservato che, in assenza di un'apposita disciplina, spetterebbe all'interprete compiere, caso per caso, “un'opera di bilanciamento tra l'interesse alla non divulgazione di notizie sensibili e il diritto di difesa, garantito dall'art. 24 della Costituzione, al cui esercizio l'accesso è finalizzato” (Caringella, 496).

Per quanto concerne l'ambito oggettivo delle citate cause di esclusione, la giurisprudenza amministrativa ha statuito che a fronte della regola generale che prevede l'accessibilità in presenza di un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è richiesto l'accesso, le limitazioni di cui ai commi 2 e 5 dell'art. 53 del Codice dei contratti pubblicirappresentano norme speciali e, dunque, eccezionali, da interpretare perciò in modo restrittivo, attenendosi a quanto tassativamente ed espressamente previsto in esse (T.A.R. Abruzzo (Pescara) I, n. 162/2020).

Nel novero delle cause di esclusione del diritto di accesso di natura assoluta sono comprese quelle relative “ai pareri legali acquisiti dai soggetti tenuti all'applicazione del presente codice, per la soluzione di liti, potenziali o in atto, relative ai contratti pubblici” ed “alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell'esecuzione e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto”. Si tratta di fattispecie volte a tutelare il diritto di difesa della stazione appaltante, per le quali non è ammessa alcuna deroga, nemmeno nell'ipotesi in cui il concorrente intenda agire in sede processuale (deroga, al contrario, consentita dall'art. 53, comma 5, lett. a) qualora siano interessati i segreti tecnici o commerciali) (Cons. St. IV, 28, n. 326/2016).

In particolare, per quanto riguarda i pareri legali, la ratio dell'esclusione si rinviene nelle “esigenze di riservatezza che tutelano le ragioni di ordine patrimoniale della stazione appaltante”, che si pongono nell'ambito della strategia difensiva e/o della condotta processuale da assumere in una controversia giurisdizionale già instaurata ovvero di imminente instaurazione (Comporti, p. 301).

Anche la causa di esclusione prevista dall'art. 53, comma 5, lett. c), relativa “alle relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell'esecuzione e dell'organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto”, sembra rispondere alla stessa logica di quella relativa ai pareri legali sopra esaminata: le “relazioni riservate” contengono, infatti, valutazioni circa la rilevanza delle domande e delle riserve presentate che confluiscono all'interno della strategia difensiva della stazione appaltante nei confronti delle pretese economiche vantate dal soggetto esecutore del contratto.

Diversa è, invece – secondo il Consiglio di Stato – la tipologia delle riserve che, configurando un “dato storico che fotografa il contrasto tra le parti intercorso nella fase di esecuzione dell'appalto”, rappresentano uno stato di conoscenza oggettiva da cui sia la stazione appaltante, che l'impresa “sono libere di trarre, ciascuna in modo autonomo, le rispettive valutazioni”.

Ne discende, pertanto, che esclusivamente lerelazioni riservate ” del direttore dei lavori, del direttore dell'esecuzione e dell'organo di collaudo sono coperte dalla causa di esclusione prevista dal Codice e non, invece, quelle prive di tale qualificazione, tra le quali rientra la relazione del direttore dei lavori nell'ambito del procedimento di risoluzione per grave inadempimento dell'appaltatore di cui all'art. 108, comma 3 del Codice dei contratti (Cons. St. IV, n. 326/2016).

Accesso agli atti e segretezza industriale

Sin dalla rubrica dell'art. 35 emerge chiaramente la contrapposizione tra il diritto di accesso ed il diritto alla riservatezza. A tal proposito, preme soffermarsi sull'esclusione prevista dall'art. 35, comma 4, lett. a) del Codice.

In particolare, fatta salva la disciplina per gli appalti secretati o la cui esecuzione richiede speciali misure di sicurezza, la norma stabilisce che è escluso il diritto di accesso e ogni forma di divulgazione con riferimento: “ a) alle informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali ”.

Al riguardo, si osserva in primo luogo che, ad eccezione delle ipotesi in cui la documentazione di gara concerne segreti tecnici o commerciali, ciascun operatore economico ha diritto ad accedere in modo completo a tutti gli atti di gara, ferma restando l'osservanza dei limiti temporali previsti dall'art. 35, comma 2, del Codice dei contratti pubblici (Mirra).

In secondo luogo, è doveroso precisare che l'ambito dell'esclusione in oggetto non riguarda l'offerta nel suo complesso, ma soltanto la parte contenente le informazioni che possono essere considerate, “secondo comprovata e motivata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali” (De Nictolis p. 1131).

Tale conclusione può essere desunta dal tenore letterale della norma, la quale fa riferimento alle “informazioni” fornite dall'offerente e non all'offerta nel suo insieme. Pertanto, sono ostensibili la documentazione amministrativa ed economica, mentre ciò che è coperto dal segreto tecnico e commerciale all'interno della busta tecnica non è accessibile.

In tal senso, anche la giurisprudenza ha statuito che l'oggetto della fattispecie prevista dall'art. 35, comma 4, lett. a) del Codice (cd. riservatezza tecnica) non è l'offerta nel suo complesso, che in linea di principio risulta accessibile, ma esclusivamente quella parte di essa che contiene informazioni che possano costituire segreti tecnici o commerciali; inoltre, l'offerente ha l'onere di indicare le parti dell'offerta che contengano detti segreti, fornendo altresì una motivata e comprovata dichiarazione da inserire nell'offerta medesima. Quanto asserito dal concorrente, tuttavia, è oggetto di autonomo e discrezionale apprezzamento da parte della stazione appaltante sotto il profilo della validità e della pertinenza delle ragioni prospettate a sostegno del diniego (T.A.R. Campania (Napoli) I, n. 437/2020).

Si specifica che la suddetta esclusione è volta a tutelare la “riservatezza aziendale”, con lo scopo di impedire che gli operatori economici possano utilizzare surrettiziamente l'accesso al solo fine di acquisire informazioni riservate sul know how di quelli concorrenti, vale a dire “segreti tecnici o commerciali”. L'art. 35 comma 4, lett. a) mira infatti ad evitare che operatori economici in diretta concorrenza tra loro possano utilizzare l'istituto dell'accesso per giovarsi delle conoscenze possedute da altri e dunque ottenere un indebito vantaggio commerciale nel mercato.

In tal senso, la Corte cost. n. 20/2019 ha ritenuto che la disciplina prevista dal previgente art. 53, d.lgs. n. 50/2016 – recepita anche all'interno del nuovo Codice – supererebbe il c.d. “ test di proporzionalità e ragionevolezza”, richiesto per il vaglio sulla legittimità costituzionale delle norme. Secondo la pronuncia della Consulta, infatti, nel caso in cui due diversi diritti siano confliggenti tra loro, il giudizio di ragionevolezza delle scelte legislative richiede di valutare, in prima analisi, se la norma sottoposta al controllo di costituzionalità sia necessaria e idonea al perseguimento delle finalità e, inoltre, se, tra le misure esistenti, sia stata scelta quella meno restrittiva e proporzionata al conseguimento degli obiettivi (Corte cost. n. 20/2019).

Soltanto l'esternazione delle argomentazioni dell'opposizione mediante la presentazione di una dichiarazione da parte dell'offerente consente all'amministrazione di valutare l'effettiva sussistenza delle condizioni necessarie affinché la segretezza aziendale possa prevalere sul diritto di accesso agli atti di gara. Pertanto, l'onere gravante sul controinteressato appare proporzionato rispetto allo scopo della norma di preservare la sua proprietà industriale. La ragionevolezza della disposizione si evince altresì dalla previsione di una disciplina flessibile, che non si limita meramente a stabilire quando la riservatezza sia preponderante rispetto all'accesso (o viceversa), ma fissa le condizioni di prevalenza di uno o dell'altro diritto e ne prevede le deroghe.

Si evidenzia che l'art. 35, comma 5 del nuovo Codice, in continuità con l'art. 53, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016, prescrive che in relazione all'ipotesi di cui al comma 4, lett. a) 4 lett. b), numero 3, “ è consentito l'accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara. ”

L'accesso difensivo presuppone – secondo consolidata giurisprudenza – la “stretta indispensabilità” della documentazione richiesta rispetto allo scopo di curare o difendere i propri interessi giuridici, atteso che “nel quadro del bilanciamento tra il diritto alla tutela dei segreti industriali ed il diritto all'esercizio del c.d. “accesso difensivo” (ai documenti della gara cui l'impresa richiedente l'accesso ha partecipato), risulta imprescindibile l'accertamento dell'eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione cui si intende accedere e le censure formulate”, con la conseguenza che “l'onere della prova del suddetto nesso di strumentalità incombe, secondo i principi generali del processo, su chi agisce” (Cons. St. V, n. 1451/20 20).

Ai fini di un'esatta perimetrazione della causa di esclusione, occorre far luce sulla nozione centrale di “segreti tecnici o commerciali”.

A tale scopo, si richiama il c.d. “Codice della proprietà industriale” che, all'art. 98, reca la definizione dei “segreti commerciali” nei seguenti termini: “Per segreti commerciali si intendono le informazioni aziendali e le esperienze tecnico-industriali, comprese quelle commerciali, soggette al legittimo controllo del detentore, ove tali informazioni: a) siano segrete, nel senso che non siano nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi generalmente note o facilmente accessibili agli esperti ed agli operatori del settore; b) abbiano valore economico in quanto segrete; c) siano sottoposte, da parte delle persone al cui legittimo controllo sono soggette, a misure da ritenersi ragionevolmente adeguate a mantenerle segrete” ed aggiunge che “costituiscono altresì oggetto di protezione i dati relativi a prove o altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno ed alla cui presentazione sia subordinata l'autorizzazione dell'immissione in commercio di prodotti chimici, farmaceutici o agricoli implicanti l'uso di nuove sostanze chimiche”. Si tratta di una nozione più stringente rispetto al concetto di “riservatezza commerciale” prevista dall'art. 24 della l. n. 241/1990, in quanto “nessuna (generica) esigenza di riservatezza può essere capace, nello specifico contesto dell'evidenza pubblica, di sottrarre all'accesso i dati economici che non sono così inestricabilmente avvinti a quelli tecnici da costituire parte di un segreto industriale”.

È stato, in particolare, escluso dalla sfera di operatività del diritto di ostensione la documentazione suscettibile di rivelare il know how industriale e commerciale contenuto nelle offerte degli operatori economici, così da evitare che un concorrente possa utilizzare lo strumento dell'accesso per ottenere le specifiche conoscenze possedute da altri in vista del conseguimento di un indebito vantaggio commerciale e competitivo.

Secondo dottrina, nella nozione di “segreti tecnici o commerciali” non può, dunque, “ricadere qualsiasi elemento di originalità dello schema tecnico del servizio offerto, perché è del tutto fisiologico che ogni imprenditore abbia una specifica organizzazione, propri contatti commerciali e idee differenti da applicare alle esigenze della clientela”, dovendosi in essa ricomprendere solo “elaborazioni e studi ulteriori, di carattere specialistico, che trovano applicazione in una serie indeterminata di appalti e sono in grado di differenziare il valore del servizio offerto solo a condizione che i concorrenti non ne vengano mai a conoscenza” (F. Armenante, p. 190).

Anche per questi motivi, la giurisprudenza ha interpretato in chiave restrittiva la fattispecie di esclusione prevista dall'art. 53, comma 5, lett. a) del Codice, rilevando come essa ne condizioni il funzionamento alla manifestazione di un interesse da parte della stessa impresa cui si riferiscono i documenti ai quali il concorrente richiede di accedere; ai fini dell'operatività della predetta causa di esclusione, è, quindi, necessaria una “comprovata e motivata dichiarazione dell'offerente ” (Cons. St. V, n. 64 /2020).

Non si tratta soltanto di informazioni protette da un brevetto industriale, ma di tutti quei beni immateriali che siano qualificabili come invenzioni originali o informazioni aziendali che ne costituiscono il know how. In particolare, la stessa giurisprudenza ha sottolineato come ciò che il legislatore intende tutelare, sottraendolo all'accesso, è l'«insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell'esercizio professionale dell'attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell'impresa nel mercato aperto alla concorrenza». Qualora le informazioni richieste non siano coperte da un brevetto, l'onere motivazionale del controinteressato sarà più gravoso, dovendo quest'ultimo dimostrare che trattasi di un segreto commerciale. A tal fine, a titolo esemplificativo, potranno essere valorizzati: l''esistenza di contratti di riservatezza o non disclosure agreement, l'esistenza di contratti di cessione o di licenza di segreti commerciali e la stipulazione di patti di non concorrenza” (Mirra).

È stato, inoltre, chiarito che “la voluntas legis di cui all'art. 53 codice appalti, consona al particolare contesto concorrenziale, è quella di escludere dall'ostensibilità propria degli atti di gara quella parte dell'offerta o delle giustificazioni della anomalia che riguardano le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o in genere gestionali proprie dell'impresa in gara (il know how), vale a dire l'insieme del “saper fare” e delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente riservate, maturate ed acquisite nell'esercizio professionale dell'attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la specifica competitività dell'impresa nel mercato aperto alla concorrenza. Si tratta, del resto, di beni essenziali per lo sviluppo e per la stessa competizione qualitativa, che sono prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa e cui l'ordinamento, ai fini della corretta esplicazione della concorrenza, offre tutela di loro in quanto segreti commerciali: cfr. artt. 98 e 99 d.lgs. 10 febbraio 2005, n. 30 (Codice della proprietà industriale). Tuttavia, in caso di mancata motivata e comprovata dichiarazione circa l'effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia, l'Amministrazione non può disporre il diniego ovvero procedere a un diffuso oscuramento della documentazione o stesa.” (T.A.R. Friuli Venezia-Giulia (Trieste) I, 2 febbraio 2023, n. 37).

Inoltre, in base alla più recente giurisprudenza, la partecipazione all'appalto implica, da parte dell'operatore, l'accettazione del rischio di divulgazione del segreto industriale o commerciale in seguito a istanza di accesso degli interessati.

Sul punto è intervenuto anche il T.A.R. Emilia Romagna con una interessante pronuncia, in cui è stato analizzato il diniego all'accesso all'offerta per la presenza di segreti industriali/know how e, quindi, per l'opposizione dell'aggiudicatario, che sintetizza i rapporti tra l'accesso all'offerta e l'esigenza di tutelare aspetti di know how consentendo, altresì, di aggiornare la fattispecie alla luce di alcune importanti novità previste nel nuovo codice degli appalti.

Il provvedimento, nel ricordare i corretti compiti del RUP della stazione appaltante, segnala immediatamente che «il diritto di accesso agli atti di una gara d'appalto deve essere riconosciuto anche quando vi è l'opposizione di altri partecipanti controinteressati», finanche per la tutela di segreti tecnici e commerciali. Questo perché, come da giurisprudenza consolidata, rispetto alla riservatezza, nell'attività contrattuale, «è prevalente» l'esigenza di difesa dei concorrenti riconosciuta dalla Costituzione.

Ne discendono ulteriori corollari. In primo luogo, la partecipazione ad una competizione non può che comportare «l'accettazione implicita da parte del concorrente», al corredo di regole di trasparenza e imparzialità che caratterizzano la selezione. Fermo restando l'obbligo «tassativo per il richiedente l'accesso di utilizzare i documenti acquisiti esclusivamente per la cura e la difesa dei propri interessi giuridici».

In sostanza, come altra parte della giurisprudenza ha sottolineato (T.A.R. Molise, sen. n. 332/2019), la decisione di affrontare una competizione implica, inevitabilmente, l'accettazione «del rischio di divulgazione del segreto industriale o commerciale, ove quest'ultimo sia impiegato allo scopo di acquisire un vantaggio competitivo». Il concorrente non aggiudicatario non potrebbe avere la cognizione delle varie ragioni sottese all'assegnazione del punteggio che ha portato ad acquisire l'appalto e la prerogativa della stipula di un contratto, senza la possibilità di visionare, quindi, l'offerta che ha determinato l'aggiudicazione.

L'affermata presenza di segreti commerciali, quindi, esige una motivazione adeguata e credibile in quanto viene attribuita prevalenza al diritto di accesso. Ne consegue la necessità di una puntuale istruttoria da parte del RUP.

È stato, altresì, evidenziato che le scelte organizzative proprie dell'impresa «non sono classificabili nell'alveo del know how meritevole di protezione, alla stregua (ad esempio) di un'opera dell'ingegno tutelata da un brevetto».

A tal riguardo, risultano di rilievo le novità introdotte in tema di accesso agli atti (e norme procedimentali) nell'art. 35 – norma appunto in esame – nonché dell'art. 36 del nuovo Codice.

In particolare, come si legge anche nella Relazione tecnica che accompagna il nuovo codice, all'art. 36, comma 6, è previsto, al fine di scongiurare la pratica «abbastanza diffusa tra gli operatori economici di indicare come segrete parti delle offerte senza che sussistano reali ragioni» che, nel caso in cui l'amministrazione ritenga insussistenti le ragioni di segretezza, possa essere inoltrata una segnalazione all'ANAC la quale può irrogare una sanzione pecuniaria nella misura stabilita dall'art. 222, comma 9 (da 500 a 10mila euro), ridotta alla metà nel caso di pagamento entro 30 giorni dalla contestazione, qualora vi siano reiterati rigetti di istanze di oscuramento (T.A.R. Emilia Romagna, ordinanza n. 111/2023).

Accesso documentale all'offerta tecnica nelle gare d'appalto

La richiesta di accesso relativa all'offerta tecnica deve sempre essere sostenuta dalla necessità, concreta, di esperire un ricorso, non essendo sufficiente la mera intenzione di valutare l'opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (Cons. St. V, n. 64 /2020).

In attuazione delle direttive europee, l'art. 35, comma 4, lett. a) del Nuovo Codice esclude dal regime di ostensibilità degli atti di gara quella parte dell'offerta o delle giustificazioni della anomalia che contengono le specifiche e riservate capacità tecnico-industriali o, in genere, gestionali appartenenti al concorrente (il know how). Si tratta dell'insieme del “saper fare”, delle competenze ed esperienze, originali e tendenzialmente segrete, maturate ed acquisite durante lo svolgimento dell'attività industriale e commerciale e che concorre a definire e qualificare la peculiare competitività dell'impresa nel mercato aperto alla concorrenza. Si tratta di beni essenziali per lo sviluppo e per la stessa competizione qualitativa, che costituiscono il prodotto patrimoniale della capacità ideativa o acquisitiva della singola impresa a cui l'ordinamento, nell'ottica di promuovere pienamente le dinamiche concorrenziali, offre tutela in quanto segreti commerciali. La ratio legis è di impedire che, nelle procedure ad evidenza pubblica, il diritto di accesso possa essere impiegato strumentalmente, come, ad esempio, da parte di contendenti che potrebbero formalizzare l'istanza allo scopo di giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri (Cons. St. VI, n. 6393/1990).

La scelta di partecipare ad una procedura di aggiudicazione di una commessa pubblica non implica, quindi, una accettazione del rischio di veder divulgati i propri segreti industriali o commerciali, che dovrebbero rimanere sottratti all'accesso, nell'ottica di preservarne il valore concorrenziale.

Il limite posto alla ostensibilità è comunque subordinato all'espressa «manifestazione di interesse» da parte dell'impresa proprietaria del segreto commerciale, sulla quale incombe l'onere dell'allegazione di «motivata e comprovata dichiarazione», mediante la quale sia dimostrata l'effettiva sussistenza di un segreto industriale o commerciale meritevole di protezione. A tal fine, la presentazione di un'istanza di accesso impone alla stazione appaltante di coinvolgere, nel rispetto del contraddittorio, il concorrente controinteressato, nelle forme previste dalla disciplina generale del procedimento amministrativo e richiede una motivata valutazione delle argomentazioni offerte, ai fini dell'apprezzamento dell'effettiva rilevanza per l'operatività del regime di segretezza.

Non deve esser sottaciuto inoltre che, nella materia in esame, l'accesso è strettamente connesso alla sola esigenza di «difesa in giudizio», trattandosi di una previsione più restrittiva di quella dell'art. 24, comma 7, l. n. 241/1990, che contempla un ventaglio più ampio di possibilità e consente l'accesso, ove necessario, senza limitarlo alla sola dimensione processuale. Ne consegue che, “al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, bensì la concreta necessità (da interpretarsi, restrittivamente, in termini di indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio.

La mera intenzione di sondare l'opportunità di proporre ricorso giurisdizionale (anche da parte di chi vi abbia, come l'impresa seconda graduata, concreto ed obiettivo interesse) non legittima un accesso esplorativo a delle informazioni riservate, perché, in tal caso, mancherebbe la dimostrazione della specifica e concreta indispensabilità a fini di giustizia” (Cons. St. V, n. 64/2020).

Il termine entro il quale opporsi alla richiesta di ostensione

La giurisprudenza si è interrogata anche in ordine al termine entro il quale l'interessato debba eccepire l'esistenza di un segreto tecnico o commerciale, al fine di impedire l'accesso alla relativa documentazione.

Al riguardo, si fronteggiano due opposti orientamenti: una parte della giurisprudenza ha sostenuto che la tutela del segreto industriale non possa essere eccepita per la prima volta con l'opposizione all'istanza di accesso. Secondo tale impostazione, infatti, la dichiarazione da parte dell'interessato deve essere effettuata esplicitamente e preventivamente, già in sede di presentazione dell'offerta. In particolare, ciò veniva desunto dal previgente art. 53, comma 5, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016 – trasposto ora all'art. 35, comma 4, lett. a) – che fa espresso riferimento alle “informazioni fornite dagli offerenti nell'ambito delle offerte” e alle “dichiarazioni dell'offerente” – e dalla norma, in virtù della quale una dichiarazione successiva dell'aggiudicatario (a tutela della posizione conseguita) potrebbe pregiudicare la tutela giurisdizionale agli altri concorrenti. Dunque, secondo tale orientamento, sussisterebbe una decadenza per l'opponente che non deduca l'esistenza di un segreto tecnico o commerciale al momento della presentazione dell'offerta (Cons. St. IV, n. 3431/2016).

Un diverso filone giurisprudenziale, invece, asserisce che la motivata e comprovata dichiarazione dell'opponente non debba essere prodotta, a pena di decadenza, in sede di presentazione dell'offerta, dal momento che non può essere richiesto al partecipante alla gara di effettuare, già in tale fase, una valutazione preventiva in ordine alla possibilità che l'offerta possa presentare profili di segretezza. Peraltro, secondo tale interpretazione, la conclusione opposta priverebbe l'amministrazione della facoltà di valutare la fondatezza dell'eccezione. In ogni caso, occorre tener presente che l'eventuale opposizione da parte dell'offerente può essere influenzata dalle caratteristiche del soggetto richiedente (ad esempio, qualora si tratti o meno, secondo una valutazione dell'offerente, di un soggetto in diretta concorrenza). Secondo questo orientamento giurisprudenziale individuare un termine decadenziale entro il quale l'offerente dovrebbe opporsi all'istanza di accesso, in primo luogo, finirebbe con l'introdurre nel nostro ordinamento un'ipotesi di decadenza non prevista dal legislatore. Inoltre, l'accoglimento di questa impostazione renderebbe pleonastico il procedimento amministrativo previsto in materia di accesso agli atti exlegge 241/1990, che richiede il necessario coinvolgimento del controinteressato, in una fase successiva – e non precedente – alla presentazione dell'istanza (T.A.R. Lazio (Roma) I, n. 10738/2017).

L'accesso difensivo

Nella materia in esame l'accesso è strettamente connesso all'esigenza di «difesa in giudizio»: trattasi di una previsione più restrittiva di quella dell'art. 24, comma 7, l. n. 241/1990, che contempla un ventaglio più ampio di possibilità, consentendo l'accesso, ove necessario, senza prevedere limitazioni legate alla sola dimensione processuale (Cons. S t. V, n. 6121/2008).

Infatti, l'art. 35 al comma 5 stabilisce che “In relazione all'ipotesi di cui al comma 4, lettera a), e lettera b), numero 3), è consentito l'accesso al concorrente, se indispensabile ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi giuridici rappresentati in relazione alla procedura di gara”.

Dal tenore letterale della norma emerge quindi che il diritto di accesso debba prevalere sul diritto alla riservatezza aziendale, quando sia strumentale alla difesa in giudizio del richiedente nell'ambito della procedura di affidamento del contratto (c.d. diritto di accesso difensionale).

In altre parole, la norma stessa effettua un bilanciamento tra diritto di accesso e diritto di difesa, non rimettendo alcuna valutazione discrezionale in capo alla stazione appaltante (Cons. St. IV, n. 326/2016).

In particolare, secondo la giurisprudenza predominante la disposizione in esame introduce, nel settore dei contratti pubblici, una figura “speciale” di accesso difensivo, che prevale sugli interessi di tutela del segreto tecnico o commerciale soltanto nel caso in cui l'accesso sia azionato in vista della difesa in giudizio degli interessi del richiedente e limitatamente alla procedura di affidamento della commessa nell'ambito della quale è formulata l'istanza ostensiva (ex multis T.A.R. Lazio (Roma) I, n. 10738/2017; T.A.R. Lazio (Roma), II-quater, n. 1067/2018; T.A.R. Lazio (Roma) I-quater, n. 6614/2018; T.A.R. Lazio (Roma) III, n. 9655/2018; Cons. St. III, n. 6083/2018).

Prevale dunque l'accesso defensionale nelle sole ipotesi in cui siano impugnati gli atti di gara per ottenere una pronuncia di annullamento o, comunque, di risarcimento del danno, anche in via autonoma.

Pertanto, per l'esercizio del diritto di accesso alle informazioni contenenti possibili segreti tecnici o commerciali, è fondamentale dimostrare non semplicemente un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, quanto piuttosto la concreta necessità (da interpretarsi in chiave restrittiva) di utilizzare la documentazione in giudizio. La semplice volontà di verificare e sondare l'opportunità di presentare un ricorso giurisdizionale non legittima un accesso meramente esplorativo a informazioni riservate, in quanto difetterebbe la comprova della specifica e concreta indispensabilità a fini difensivi. È stato escluso il diritto laddove il richiedente, anche se impugnasse l'aggiudicazione, non diverrebbe aggiudicatario o laddove il richiedente, escluso, non abbia impugnato l'esclusione (cfr. Cons. St. n. 6038/2018).

La giurisprudenza ha altresì affermato che l'accesso defensionale non può prevalere, ex se, sulla tutela dei segreti tecnici o commerciali, quando inerisce ad interessi diversi, quali il diritto di agire in sede civile nei confronti di soggetti privati per il risarcimento dei danni da concorrenza sleale o per illecito aquiliano, ovvero quando sia diretto a stimolare l'intervento del giudice penale o l'esercizio dei poteri di autotutela da parte dell'amministrazione (Cons. St. IV, n. 3431/2016).

Un altro orientamento giurisprudenziale ritiene che l'espressione “ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto” di cui al previgente art. 53, comma 6, recepito all'art. 35, comma 5 in commento, esclude l'accesso defensionale nelle ipotesi in cui il concorrente richieda di accedere ai documenti di gara che presentino segreti tecnici o commerciali di altre imprese con lo scopo di utilizzarli in giudizi diversi da quello relativo alla procedura di gara, oppure per indurre l'amministrazione ad agire in autotutela. Spetterà dunque stazione appaltante compiere un giudizio prognostico circa “l'effettiva utilità della documentazione di gara” ai fini dell'azione giurisdizionale, la cui ragion d'essere consiste nel garantire un equo bilanciamento tra esigenza di conoscibilità degli atti di gara e tutela dei segreti tecnici o commerciali e, quindi, un corretto contemperamento tra il principio di trasparenza amministrativa e quello di riservatezza (T.A.R. Lazio (Roma) I, n. 10738/2017).

L'intervento dell'amministrazione deve, pertanto, arrestarsi al riscontro della “effettiva utilità della documentazione richiesta ...allo specifico fine di verificare la sussistenza del concreto nesso di strumentalità tra la documentazione oggetto dell'istanza di accesso e la difesa in giudizio degli interessi della impresa ricorrente, quale partecipante alla procedura di gara pubblica il cui esito è controverso (Cons. St. III, n. 6083/2018).

Nel ribadire questo orientamento, il Consiglio di Stato si è soffermato sulla funzione servente e strumentale della peculiare tipologia di accesso prevista dall'art. 35, comma 5 del Codice per la difesa in giudizio, evidenziando la necessità che la sua rilevanza “deve essere valutata ex parte actoris e non, diversamente, ex parte judicis”: l'effettiva utilità della documentazione oggetto di accesso deve, infatti, essere apprezzata nell'ambito delle facoltà difensive della parte accedente, suscettibili di essere esplicate proprio sulla scorta della conoscenza della documentazione di gara (Cons. St. III, n. 4724 /2017).

In altre parole, l'effettiva utilità dei documenti per il dispiegamento delle prerogative difensive dell'operatore economico accedente deve essere intesa in termini di “pertinenza” dei medesimi al thema decidendum definito con la domanda giurisdizionale di annullamento e non, invece, nel senso più ristretto di una loro idoneità a determinare l'accoglimento della stessa domanda.

La giurisprudenza ha statuito che la previsione di cui all'art. 35, comma 5 del Codice deve essere interpretata in modo ragionevole e proporzionato, con la conseguenza che deve ritenersi insufficiente la presentazione di una richiesta di accesso con un contenuto indeterminato ma deve, in ogni caso, ritenersi sufficiente la deduzione di un'esigenza difensiva comprovata mediante presunzioni e allegazioni, tali da desumere che la documentazione individuata sia necessaria ai fini difensivi (Cons. St. n. 2472/2014).

Sul piano procedimentale, qualora l'accesso riguardi il contenuto delle offerte di diversi operatori economici, si manifesterà l'esigenza di tutelare della privacy dei concorrenti, che assumeranno la veste di soggetti contro-interessati, come definiti dall'art. 22, comma 1, lett. c) della l. n. 241/1990, secondo cui si considerano tali “tutti i soggetti, individuati o facilmente individuabili in base alla natura del documento richiesto, che dall'esercizio dell'accesso vedrebbero compromesso il loro diritto alla riservatezza”. La stazione appaltante sarà dunque tenuta ad avviare, ai sensi dell'art. 3 del d.P.R. n. 184/2006 il sub-procedimento di interpello dei soggetti contro-interessati ai sensi dell'art. 22, comma 1, lett. c) della l. n. 241/1990, notificando nei loro confronti l'istanza di accesso. I controinteressati, nei successivi dieci giorni, potranno presentare una motivata opposizione alla richiesta basata sulla sussistenza di segreti tecnici o commerciali, già dichiarata in sede di presentazione delle offerte. L'ultima parola spetta in ogni caso alla stazione appaltante: infatti, l'accesso potrà essere accordato anche laddove i controinteressati si siano opposti in quanto la legge non dispone alcuna regola di esclusione fondata su una presunzione assoluta valevole ex ante, bensì richiede una valutazione in concreto dei motivi addotti a tutela del segreto. Il predetto delicato vaglio deve concretarsi in un ponderato giudizio di bilanciamento, basato sull'imprescindibilità della conoscenza delle informazioni segrete ai fini della tutela dell'accedente nell'ambito di un giudizio ben determinato (Iannuzzi).

La giurisprudenza ha affermato che deve essere consentito l'accesso difensivo anche alle informazioni contenenti “segreti tecnici o commerciali” nel caso in cui il richiedente alleghi un'idonea dimostrazione dell'indispensabilità della loro conoscenza per la tutela in un determinato giudizio, prevalendo, in tal caso, il diritto all'accesso sulle contrapposte esigenze di riservatezza aziendale (Cons. St. V, ord. n. 2150/2020).

Si segnala che sul punto è intervenuta l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato con la sentenza del 18 marzo 2021, n. 4 che ha statuito che si deve escludere che sia sufficiente nell'istanza di accesso un generico riferimento a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, poiché l'ostensione del documento richiesto passa attraverso un rigoroso, motivato, vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l'istante intende curare o tutelare” (Cons. St., Ad. Pl., n. 4/2021).

La disposizione in materia di accesso agli atti si pone in termini di specialità “o comunque di coerente sviluppo normativo rispetto all'art. 24 della l. n. 241 del 1990, prevedendo: a) al comma 5, in chiave di principio generale, che sono escluse dal diritto di accesso quelle “informazioni fornite nell'ambito dell'offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell'offerente, segreti tecnici o commerciali”; b) al comma 6, in termini di eccezione rispetto al predetto principio generale, che “ è consentito l'accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”. Al riguardo è costante l'orientamento per cui la ratio della norma consiste nell'escludere dall'accesso quella parte dell'offerta strettamente afferente al know how del singolo concorrente, vale a dire l'insieme del “saper fare” costituito, in particolare, dalle competenze e dalle esperienze maturate nel tempo che consentono, al concorrente medesimo, di essere altamente competitivo nel mercato di riferimento. Quel che occorre evitare, in altre parole, è un “uso emulativo” del diritto di accesso finalizzato, ossia, unicamente a “giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri”. Ciò anche in considerazione del fatto che la partecipazione ai pubblici appalti non deve tramutarsi in una ingiusta forma di penalizzazione per il soggetto che, risolvendosi in tal senso, correrebbe altrimenti il rischio di assistere alla indiscriminata divulgazione di propri segreti di carattere industriale e commerciale. Condizione di operatività di siffatta esclusione dall'accesso agli atti è data dalla “motivata e comprovata dichiarazione” da parte del concorrente interessato a far valere il suddetto segreto tecnico o commerciale; la stessa, peraltro, non opera laddove altro concorrente “dimostri che l'ostensione documentale è finalizzata alla difesa in giudizio dei propri interessi” (c.d. accesso difensivo). In quest'ultima direzione è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti quanto, piuttosto, la “stretta indispensabilità” della ridetta documentazione per apprestare determinate difese all'interno di in uno specifico giudizio (Cons. St. V, n. 787/2023).

Applicabilità dell'accesso civico ‘generalizzato' alle procedure ad evidenza pubblica e Ad. pl. n. 10/2020

Fra le questioni che hanno animato il dibattito giurisprudenziale si segnala quella relativa all'ammissibilità dell'accesso civico “generalizzato” nella materia dei contratti pubblici di appalti di lavori, servizi e forniture.

La vexata quaestio trae origine dalla molteplicità di tipologie di accesso alla documentazione amministrativa presenti all'interno del nostro ordinamento giuridico, che rendono difficoltoso il coordinamento tra le rispettive discipline.

La questione è sorta, dapprima, affrontata dalla giurisprudenza amministrativa di prime cure, che ha maturato due contrapposti orientamenti.

Secondo un primo indirizzo giurisprudenziale l'istituto dell'accesso civico “generalizzato” non si applicherebbe nell'ambito dei contratti pubblici, in forza del combinato disposto del previgente art. 53 del Codice dei contratti pubblici con l'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013: se, infatti, la disposizione codicistica contiene una disciplina in parte derogatoria in subiecta materia, rinviando in termini generali alla l. n. 241/1990, la disposizione del “decreto trasparenza” annovera, fra i casi di esclusione dell'accesso civico “generalizzato”, anche quelle fattispecie in cui l'accesso è subordinato al rispetto di “specifiche condizioni, modalità o limiti”. Se ne ricaverebbe, secondo il predetto indirizzo, l'applicabilità alla materia contrattualistica pubblica unicamente del diritto di accesso documentale regolato dalle l. n. 241/1990, anche in considerazione del fatto che il legislatore non è intervenuto, in modo espresso sulla formulazione dell'art. 53, inserendovi un rinvio alla disciplina dell'accesso civico generalizzato (T.A.R. Emilia Romagna (Parma), n. 197/2018; T.A.R. Marche (Ancona) I, n. 677/2018; T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 425/2019; T.A.R. Lombardia (Milano) I, n. 630/2019).

Altra parte della giurisprudenza di prime cure ha accolto, invece, la tesi favorevole all'operatività della disciplina prevista dal “decreto trasparenza” anche nel settore dei contratti pubblici, muovendo, essenzialmente, dalla circostanza che la normativa non preveda alcuna esclusione specifica: l'art. 5-bis, comma 3 del predetto decreto fa riferimento, infatti, ai divieti di accesso e non, invece, ad altre forme di limitazione, fra cui quella prevista dal previgente art. 53 del d.lgs. n. 50/2016. Secondo questa impostazione ermeneutica l'indirizzo positivo fornirebbe, pertanto, l'unica lettura compatibile con i principi di trasparenza e concorrenza (T.A.R. Campania (Napoli) VI, n. 6028/2017; T .A.R. Lombardia (Milano) IV, n. 45/2019; T.A.R. Toscana (Firenze) I, n. 422/2019; T.A.R. Toscana (Firenze) III, n. 577/2019; T.A.R. Campania (Napoli) VI, n. 5837/2019).

La questione è stata poi sottoposta all'attenzione del Consiglio di Stato, che è pervenuto ad arresti contrapposti.

Più precisamente, la III Sezione del Consiglio di Stato, con la decisione del 5 giugno 2019, n. 3780, si è espressa in senso favorevole all'applicazione dell'istituto dell'accesso civico generalizzato in materia di contrati pubblici. Tale orientamento si fondava su una “lettura coordinata” della normativa in materia di accesso agli atti e su “una interpretazione funzionale” dell'art. 53 del Codice dei contratti pubblici. In particolare, muovendo dalla portata generale dell'art. 5-bis, comma 3 del d.lgs. n. 33/2013, che disciplina l'accesso civico generalizzato, la sezione terza aveva sposato un'esegesi ampliativa, volta a valorizzare il principio fondamentale della trasparenza amministrativa, di cui l'accesso civico generalizzato costituisce la frontiera più avanzata. L'inapplicabilità di tale forma di trasparenza non potrebbe essere interpretata come un'esclusione tout court dell'intera materia degli appalti pubblici. Secondo questa interpretazione, infatti, una differente esegesi vanificherebbe la disciplina dell'accesso civico “generalizzato” con riguardo proprio ad un settore, quale quello dei contratti pubblici, in cui deve essere prioritariamente garantito il rispetto del principio fondamentale di trasparenza, unitamente a quello della concorrenza, di diretta derivazione comunitaria. “Del resto, il mancato richiamo dell'art. 53 del Codice dei contratti pubblici alla disciplina dell'accesso civico generalizzato troverebbe spiegazione nella constatazione secondo cui il Codice è stato approvato nell'aprile del 2016, mentre la disciplina dell'accesso civico è stata introdotta nel nostro ordinamento sol tant o nel maggio dello stesso anno con il decreto legislativo 25 maggio 2016, n. 97. A supporto di tale orientamento, vi sono alcune argomentazioni tratte dal parere 18 febbraio 2016, n. 515, reso dal Consiglio di Stato sullo schema di d.lgs. n. 33/2013, in virtù delle quali le disposizioni in materia di accesso dovrebbero essere lette non in maniera statica, bensì secondo un'interpretazione costituzionalmente orientata di tipo dinamico basata sulla valorizzazione dell'“impatto orizzontale” dell'istituto. In particolare, secondo la Sezione III del Consiglio di Stato, dunque, “non si può ipotizzare una interpretazione statica e non costituzionalmente orientata delle disposizioni vigenti in materia di accesso, allorch é, intervenuta la disciplina del decreto legislativo n. 97 del 2016, essa non risulti correttamente coordinata con l'art. 53 del Codice dei contratti e con la ancor più risalente normativa generale sul procedimento”, dovendosi, invece, sostenere un'esegesi “dinamica”, che sia conforme ai canoni dell'art. 97 della Costituzione e che, quindi, sia incline ad esaltare “l'impatto orizzontale dell'accesso civico generalizzato, non limitabile da norme preesistenti, ma soltanto dalla prescrizioni speciali e interpretabili restrittivamente che la stessa nuova normativa ha introdotto al suo interno”.

Contrariamente alla suindicata tesi, si era invece pronunciata la V sezione, con la sentenza del 2 agosto 2019, n. 5503, concludendo nel senso dell'esclusione assoluta della disciplina dell'accesso civico generalizzato nelle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici. In particolare, l'orientamento negativo ha trovato accoglimento in due sentenze gemelle attraverso le quali, muovendo dal dato letterale, è stato osservato che “l'art. 5-bis, comma 3 del decreto legislativo n. 33 del 2013 esclude, senza dubbio, dall'accesso civico “generalizzato” i “casi di segreto di Stato” e gli “altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge”, nonché “quelli di cui all'art. 24, comma 1 della legge n. 241 del 1990” ed, infine, “i casi in cui l'accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti”. La sezione V ha ritenuto che tale ultima locuzione fosse riferibile “a tutte le ipotesi in cui vi sia una disciplina vigente che regoli specificamente il diritto di accesso, in riferimento a determinati ambiti o materie o situazioni, subordinandolo a “condizioni, modalità o limiti” (includendo quindi anche l'art. 53 del Codice dei contratti pubblici). La conclusione cui è approdata la Sezione V è, dunque, nel senso di escludere completamente la disciplina dell'accesso civico generalizzato in relazione agli atti delle procedure ad evidenza pubblica, ivi compresi quelli afferenti alla fase esecutiva dei contratti (Cons. St. V, n. 5502 e n. 5503/2019).

La questione è stata definitivamente risolta dall'Adunanza Plenaria, a seguito dell'ordinanza di rimessione n. 8501 del 16 dicembre 2019, con cui è stato richiesto se la disciplina dell'accesso civico generalizzato di cui al d.lgs. n. 33/2013 sia applicabile, in tutto o in parte, ai documenti relativi alle attività delle amministrazioni disciplinate dal codice dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, inerenti al procedimento di evidenza pubblica e alla successiva fase esecutiva, ferme restando le limitazioni ed esclusioni oggettive previste direttamente dal codice.

Sul punto, i giudici della Plenaria hanno asserito che “se è vero che l'accesso documentale e quello civico generalizzato differiscono per finalità, requisiti e aspetti procedimentali, la pubblica amministrazione, nel rispetto del contraddittorio con eventuali controinteressati, deve esaminare l'istanza nel suo complesso, nel suo “anelito ostensivo”, evitando inutili formalismi e appesantimenti procedurali tali da condurre ad una defatigante duplicazione del suo esame”, aggiungendo che “con riferimento al dato procedimentale, infatti, in materia di accesso opera il principio di stretta necessità, che si traduce nel principio del minor aggravio possibile nell'esercizio del diritto, con il divieto di vincolare l'accesso a rigide regole formali che ne ostacolino la soddisfazione”.

Secondo la Plenaria, pertanto, benché le eccezioni in materia di accesso civico generalizzato siano molto ampie, non può escludersi che un'istanza di accesso documentale, non accoglibile per l'assenza di un interesse attuale e concreto, possa essere invece accolta sub specie di accesso civico generalizzato. Pertanto, “la pubblica amministrazione ha il potere-dovere di esaminare l'istanza di accesso agli atti e ai documenti pubblici, formulata in modo generico o cumulativo dal richiedente senza riferimento ad una disciplina, anche alla stregua della disciplina dell'accesso civico generalizzato, a meno che l'interessato non abbia inteso fare esclusivo, inequivocabile, riferimento alla disciplina dell'accesso documentale, nel qual caso essa dovrà esaminare l'istanza solo con specifico riferimento ai profili della l. n. 241 del 1990, senza che il giudice amministrativo, adìto ai sensi dell'art. 116 c.p.a., possa mutare il titolo dell'accesso, definito dall'originaria istanza e dal conseguente diniego adottato dalla pubblica amministrazione all'esito del procedimento” (Cons. St., Ad. Plen., n. 10/2020).

Si evidenzia che, anche di recente, il Consiglio di Stato ha ribadito la piena applicabilità dell'accesso civico generalizzato (art. 5, comma 2 del d.lgs. n. 33/2013) in materia di appalti. Ricordando che «la richiesta di accesso agli atti è indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata» ciò comporta l'irrilevanza di un problema di legittimazione «alla pretesa sostanziale». Non solo, diventa altresì non rilevante la circostanza che l'impresa richiedente l'accesso sia stata esclusa dalla procedura di gara visto che «conclusasi la procedura concorsuale i documenti prodotti dalle ditte partecipanti assumono rilevanza esterna» e «la documentazione prodotta ai fini della partecipazione ad una gara di appalto» esce dalla sfera esclusiva delle imprese «per formare oggetto di valutazione comparativa essendo versata in un procedimento caratterizzato dai principi di concorsualità e trasparenza» (Cons. St. VI, n. 3418/2006). Le uniche eccezioni opponibili alla istanza di accesso civico generalizzato sono rinvenibili nei cd. limiti «assoluti all'accesso di cui all'art. 5-bis, comma 3, d.lgs. n. 33 del 2013 e suoi richiami (cfr. Cons. St., Ad. plen ., n. 10 del 2020, cit., spec. par. 24 ss.)» e dei limiti cd. relativi «correlati agli interessi-limite, pubblici e privati, previsti dall'art. 5-bis, comma 1 e 2, d.lgs. n. 33 del 2013, nella prospettiva del bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza» (Cons. St. V, n. 2670/2022).

Come anticipato, l'approdo giurisprudenziale a cui giunge la sentenza richiamata (che ribadisce l'orientamento oramai consolidato) è stato ripreso ed introdotto nell'ambito del Nuovo codice dei Contratti e, in particolare, nell'art. 35 in commento.

La nuova norma, infatti, tiene conto – come si legge nella relazione che accompagna il testo – delle modifiche che si sono rese necessarie «al fine di allineare lo svolgimento della procedura di accesso all'utilizzo delle piattaforme di e- procurement», dal momento che le stazioni appaltanti dovranno assicurare «l'accesso alle procedure di affidamento e di esecuzione dei contratti pubblici in modalità digitale». Nel quarto comma dell'art. 35 si legge, quindi, che l'acquisizione dei dati e delle informazioni sono consentite «ai sensi degli articoli 3-bis e 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990, n. 241 e degli articoli 5 e 5-bis del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33». Il richiamo al c.d. “decreto trasparenza” sostanzia l'altra novità di rilievo in considerazione che ribadisce – si legge nella relazione – «la possibilità di richiedere, attraverso l'istituto dell'accesso civico generalizzato, la documentazione di gara nei limiti consentiti e disciplinati dall'art. 5-bis del d.lgs. 14 marzo 2013, n. 33». Nel documento tecnico, quindi, si rammenta l'intervento del Consiglio di Stato, in Adunanza Plenaria n. 10/2020 che, per prima, ha chiarito che l'accesso civico generalizzato “si applica a tutte le fasi” di aggiudicazione dei contratti pubblici. Con il chiarimento “che il principio di trasparenza, che si esprime nella conoscibilità dei documenti amministrativi, rappresenta il fondamento della democrazia amministrativa in uno stato di diritto, assicurando anche il buon funzionamento della pubblica amministrazione attraverso l'intellegibilità dei processi decisi onali e l'assenza di corruzione”. Fattispecie, pertanto, che mira ad ottenere una conoscibilità completa delle decisioni dell'amministrazione (che diventa una “casa di vetro”) al fine di rendere possibile il controllo ‘democratico' “che l'istituto intende perseguire”. La conoscenza dei documenti, dei dati e delle informazioni amministrative, conclude la relazione tecnica sulla norma in parola, ha l'effetto di consentire “la partecipazione alla vita di una comunità, la vicinanza tra governanti e governati, il consapevole processo di responsabilizzazione (accountability) della classe politica e dirigente del Paese” (USAI).

L'accesso nella fase esecutiva

Ulteriore questione su cui si è interrogata la giurisprudenza, risolta dalla citata Adunanza Plenaria n. 10/2020, è “se sia configurabile, o meno, in capo all'operatore economico, utilmente collocato nella graduatoria dei concorrenti, determinata all'esito della procedura di evidenza pubblica per la scelta del contraente, la titolarità di un interesse giuridicamente protetto, ai sensi dell'art. 22 della legge n. 241/1990, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva delle prestazioni, in vista della eventuale sollecitazione del potere dell'amministrazione di provocare la risoluzione per inadempimento dell'appaltatore e il conseguente interpello per il nuovo affidamento del contratto, secondo le regole dello scorrimento della graduatoria”.

Sul tema, i giudici di Palazzo Spada si sono pronunciati in senso favorevole, in forza di quanto previsto dall'art. 22, comma 1, lett. b) della l. n. 241/1990. In particolare, l'accesso agli atti relativi anche alla fase esecutiva delle prestazioni sarebbe giustificato in vista della possibile sollecitazione del potere di autotutela dell'amministrazione di determinare la risoluzione del contratto per grave inadempimento dell'appaltatore ed il conseguente interpello per la nuova procedura selettiva secondo le regole dello scorrimento della graduatoria. Nel dettaglio, è stato affermato il seguente principio: è ravvisabile un interesse concreto e attuale, ai sensi dell'art. 22 della l. n. 241 del 1990, e una conseguente legittimazione, ad avere accesso agli atti della fase esecutiva di un contratto pubblico da parte di un concorrente alla gara, in relazione a vicende che potrebbero condurre alla risoluzione per inadempimento dell'aggiudicatario e quindi allo scorrimento della graduatoria o alla riedizione della gara, purché tale istanza non si traduca in una generica volontà da parte del terzo istante di verificare il corretto svolgimento del rapporto contrattuale”.

Pertanto, “la disciplina dell'accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei e/o assoluti di cui all'art. 53 del d.lgs. n. 50/2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara e, in particolare, all'esecuzione dei contratti pubblici, non ostandovi in senso assoluto l'eccezione del comma 3 dell'art. 5-bis del d.lgs. n. 33/2013 in combinato disposto con l'art. 53 e con le previsioni della l. n. 241 del 1990, che non esenta in toto la materia dall'accesso civico generalizzato, ma resta ferma la verifica della compatibilità dell'accesso con le eccezioni relative di cui all'art. 5-bis, comma 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza” (Cons. St., Ad. Plen., n. 10/2020).

Accesso agli atti e diritto di difesa

Ulteriore problematica sottoposta all'attenzione dell'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato e risolta con un'altra importante pronuncia, la n. 12/2020, ha riguardato la corretta individuazione del termine per impugnare l'aggiudicazione definitiva, nell'ipotesi in cui l'impresa ricorrente abbia proposto un'istanza di accesso informale.

In particolare, con l'ordinanza di rimessione n. 2215 del 2020 la Sezione Quinta del Consiglio di Stato ha richiesto parere alla Plenaria in merito all'esatta individuazione: i) delle forme e delle modalità di comunicazione dell'aggiudicazione ai partecipanti; ii) della data di inizio della decorrenza del termine per impugnare l'aggiudicazione; i ii) dei casi in cui rilevi la piena ed effettiva conoscenza dell'aggiudicazione in assenza di una sua formale comunicazione.

Per quel che rileva in questa sede, si evidenzia che, dopo avere precisato che la previsione di un termine di decadenza non è ex se incompatibile con la giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea, la Plenaria ha sostenuto la necessità che il termine per impugnare l'aggiudicazione decorra da una data oggettivamente riscontrabile. Tale data coincide con l'effettiva comunicazione-pubblicità degli atti di gara nelle forme indicate nel bando e accettate dai partecipanti. La ratio è dunque quella di evitare i c.d. ricorsi al buio. Il Supremo Consesso ha però altresì specificato che il termine di cui all'art. 120 c.p.a. deve necessariamente subire una ‘dilazione temporale', allorquando l'impresa abbia presentato un'istanza di accesso informale. È fondamentale aggiungere, quindi, il termine atteso per l'ostensione dei documenti al termine di decadenza di cui all'art. 120 c.p.a. Invero, la norma non indica il termine entro il quale l'impresa sia tenuta a presentare l'istanza di accesso; tuttavia, secondo la Plenaria, all'impresa ricorrente deve essere concesso un termine ulteriore di quindici giorni che la Pubblica Amministrazione ha a disposizione per rispondere alla richiesta di accesso (Cfr. Cons. St., Ad. Plen., n. 12/2020).

Si rileva come il punto centrale della Plenaria sia rappresentato dall'affermazione del principio della piena conoscenza dell'atto, inteso come facoltà per il ricorrente di avere contezza dei vizi inficianti la legittimità dell'atto.

In particolare, si segnala una pronuncia con cui il T.A.R. Calabria, muovendo dai principi enunciati dall'Adunanza Plenaria n. 12/2020, sottolinea come l'individuazione del dies a quo per l'impugnazione dipenda sia dalle forme di comunicazione e di pubblicazione, sia dall'iniziativa intrapresa dall'impresa che effettua l'accesso: la richiesta di accesso., infatti, prolunga il termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale avverso l'aggiudicazione. Se la pubblica amministrazione deve concedere senza ritardo l'ostensione dei documenti richiesti, al contempo l'impresa deve proporre l'istanza di accesso nel rispetto dei limiti temporali e nell'osservanza della regola di diligenza. Tale onere discende dalla stessa giurisprudenza della Corte di Giustizia, laddove si attesta la compatibilità di un sistema di contenzioso sui contratti pubblici il cui termine per impugnare inizi a decorrere da quando l'impresa ha avuto o avrebbe dovuto avere conoscenza delle presunte violazioni. Sicché, l'impresa, in ossequio al proprio onere di diligenza, dovrà presentare l'istanza di accesso nel termine previsto dal Codice dei contratti pubblici. Ritenendo diversamente, ha rilevato il Collegio, il termine di impugnazione dipenderebbe esclusivamente dalle iniziative di ostensione dell'operatore economico, determinandosi in tal modo inaccettabili conseguenze di incertezza sulla stabilità degli atti della procedura di evidenza pubblica ed insostenibili ripercussioni sui tempi di gestione della commessa pubblica. In altri termini, verrebbe minato il coordinamento tra i tempi del processo e i tempi di conclusione del contratto. Una diversa soluzione, a giudizio del TAR Calabria, non sarebbe percorribile, in quanto si finirebbe con l'escludere la sussistenza di un termine per esercitare il diritto di accesso agli atti della procedura e non resterebbe che accogliere quell'indirizzo giurisprudenziale che, invece di aggiungere, sottrae i giorni attesi dall'impresa per l'ostensione a quello di decadenza di cui all'art. 120 c.p.a. Tale approdo contrasterebbe con il principio di effettività della tutela. Alla luce di tali principi, il T.A.R. aveva dichiarato il ricorso irricevibile, giacché l'istanza di accesso dell'impresa era stata proposta oltre il termine di quindici giorni, ripercuotendosi tale ritardo sul termine di decadenza del ricorso giurisdizionale (T.A.R. Calabria (Catanzaro) I, n. 359/2021; in tal senso anche Cons St. n. 1918/2021).

In tal senso, sono seguite pronunce successive sia del Consiglio di Stato che dei giudici di prime cure.

Il Tar Lazio, ha ribadito sulla scorta di quanto statuito dall'Adunanza Plenaria n. 12/2020, che la proposizione dell'istanza di accesso agli atti di gara comporta la c.d. ‘dilazione temporale' quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che integrano l'offerta dell'aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell'ambito del procedimento di verifica dell'anomalia dell'offerta, atteso che solo in questo caso rileva il tempo necessario per accedere alla documentazione presentata dall'aggiudicataria. In particolare, “l'omessa comunicazione completa ed esaustiva dell'aggiudicazione, che risulti priva dunque dell'esposizione completa delle ragioni di preferenza per l'offerta dell'aggiudicatario, può determinare uno slittamento del termine per la contestazione dell'aggiudicazione solo in relazione all'esigenza dell'interessato di conoscere gli elementi tecnici dell'offerta dell'aggiudicatario e, in generale, gli atti della procedura di gara, al fine di poter esaminare compiutamente il loro contenuto e verificare la sussistenza di eventuali vizi. In questi casi, pertanto, può ritenersi tempestiva l'impugnazione proposta oltre i 30 giorni decorrenti dalla comunicazione degli esiti della gara soltanto allorché contenga la formulazione di specifiche doglianze riferite e fondate sulle ulteriori circostanze e/o elementi dell'offerta conosciuti soltanto in sede di ostensione degli atti di gara. Del resto, il principio generale della piena conoscenza o conoscibilità consente l'invocato differimento del termine stabilito dalla legge per l'impugnazione solo nell'eventualità in cui l'esigenza di proporre l'impugnazione medesima sia emersa dopo aver conosciuto (a seguito di accesso agli atti) i contenuti dell'offerta dell'aggiudicatario o le sue giustificazioni rese in sede di verifica dell'anomalia dell'offerta, non potendosi imporre la previa proposizione di un ricorso “al buio”, di per sé destinato ad essere dichiarato inammissibile, per violazione della regola sulla specificazione dei motivi di ricorso, contenuta nell'art. 40, co mma 1, lett. d) c.p.a. e al quale, dunque, dovrebbe seguire la inevitabile proposizione di specifici motivi aggiunti” (in tal senso T.A.R. Lazio (Roma) I, n. 1815/2021 e n. 1025/2021; T.A.R. Sicilia (Catania) I, 3605/2020).

In sostanza, sulla base di tali pronunce è stata riconosciuta l'opportunità di sommare ai trenta giorni per l'impugnazione i giorni (fino ad un massimo di 15) impiegati dalla stazione appaltante per fornire un riscontro all'istanza. Si evidenzia che si tratta di una interpretazione volta ad incentivare comportamenti virtuosi sia dal lato dell'istante, il quale ha interesse ad accedere agli atti di gara a fini difensivi, che dal lato della stazione appaltante a cui interessa principalmente che il termine per impugnare spiri velocemente.

Bibliografia

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