Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 58 - Suddivisione in lotti.

Marco Giustiniani
Codice legge fallimentare

Artt. 3, 4, 30, 32, 35, 36, 51, 71, 99, 139


Suddivisione in lotti.

1. Per garantire la effettiva partecipazione delle micro, delle piccole e delle medie imprese, anche di prossimità, gli appalti sono suddivisi in lotti funzionali, prestazionali o quantitativi in conformità alle categorie o specializzazioni nel settore dei lavori, servizi e forniture.

2. Nel bando o nell'avviso di indizione della gara le stazioni appaltanti motivano la mancata suddivisione dell'appalto in lotti tenendo conto dei principi europei sulla promozione di condizioni di concorrenza paritarie per le piccole e medie imprese. Nel caso di suddivisione in lotti, il relativo valore deve essere adeguato in modo da garantire l'effettiva possibilità di partecipazione da parte delle microimprese, piccole e medie imprese.

3. Nel medesimo atto le stazioni appaltanti indicano i criteri di natura qualitativa o quantitativa concretamente seguiti nella suddivisione in lotti, avuto riguardo ai parametri indicati al comma 2. È in ogni caso vietato l'artificioso accorpamento dei lotti.

4. La stazione appaltante può limitare il numero massimo di lotti per i quali è consentita l'aggiudicazione al medesimo concorrente per ragioni connesse alle caratteristiche della gara e all'efficienza della prestazione, oppure per ragioni inerenti al relativo mercato, anche a più concorrenti che versino in situazioni di controllo o collegamento ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile. Al ricorrere delle medesime condizioni e ove necessario in ragione dell'elevato numero atteso di concorrenti può essere limitato anche il numero di lotti per i quali è possibile partecipare. In ogni caso il bando o l'avviso di indizione della gara contengono l'indicazione della ragione specifica della scelta e prevedono il criterio non discriminatorio di selezione del lotto o dei lotti da aggiudicare al concorrente utilmente collocato per un numero eccedente tale limite.

5. Il bando di gara o la lettera di invito possono anche riservare alla stazione appaltante la possibilità di aggiudicare alcuni o tutti i lotti associati al medesimo offerente, indicando le modalità mediante le quali effettuare la valutazione comparativa tra le offerte sui singoli lotti e le offerte sulle associazioni di lotti.

Inquadramento

L'art. 58 del Codice ‘succede' in linea temporale all'art. 51 del previgente d.lgs. n. 50/2016.

Tale articolo, applicabile tanto nei settori ordinari quanto nei settori speciali, al dichiarato fine di favorire l'accesso delle microimprese, piccole e medie imprese al mercato delle commesse pubbliche, stabilisce il principio generale per cui le stazioni appaltanti – di norma e ove possibile in considerazione delle specificità della singola procedura – debbano suddividere gli appalti in lotti (nella triplice accezione di lotti funzionali, prestazionali e quantitativi), motivando nella lex specialis di gara l'eventuale (ed opposta) scelta di non procedere al frazionamento.

Il legislatore specifica altresì che è vietato l'artificioso accorpamento dei lotti e che il valore di ciascun lotto deve essere calibrato in maniera tale da garantire effettivamente la possibilità di partecipazione delle microimprese, piccole e medie imprese, fermo restando ovviamente che la suddivisione in lotti non può essere disposta al solo fine di eludere la doverosa applicazione della disciplina codicistica.

L'articolo in commento rappresenta un esempio di come anche il legislatore della riforma – così come il suo predecessore e al di là del mutato contesto di policy generale di cui si è dato conto in sede di commento agli articoli codicistici dedicati ai princìpi – non abbia resistito alla tentazione di fare un “uso strategico dei contratti pubblici” per il raggiungimento di obiettivi di politica economica e sociale di più ampia portata rispetto al ristretto ambito della contrattualistica pubblica.

Nel caso di specie, l'obiettivo perseguito è quello che mira a garantire non solo alle microimprese, piccole e medie imprese (di seguito anche “MPMI”), ma finanche alle “imprese di prossimità”, maggiori possibilità di accesso al mercato delle commesse pubbliche.

Durante i lavori della Commissione speciale insediata presso il Consiglio di Stato ed incaricata della stesura della bozza del nuovo Codice, si era considerata l'eventualità di circoscrivere l'ambito oggettivo di applicazione dell'art. 58 ai soli settori di mercato in cui il ruolo delle MPMI sia attivo o comunque rilevante.

Tale idea è stata tuttavia ben presto riposta, in ragione della “difficoltà di tracciare con esattezza i contorni di una simile nozione, per cui si è ritenuto preferibile non indicarla a monte, ma semmai di tradurne la rilevanza nella enucleazione dei criteri che orientano le scelte discrezionali dell'amministrazione di suddividere o meno (e di come suddividere). La nozione di mercato a fini antitrust si collega infatti alla combinazione di caratteristiche del prodotto e area geografica (elementi sostanzialmente coincidenti con quelli ai quali la giurisprudenza parametra la legittimità della scelta relativa alla suddivisione in lotti), e soprattutto si basa sulle istruttorie (che sarebbe complesso ipotizzare prima della predisposizione del singolo bando). È sembrato sufficiente a tale scopo che la norma si apra con l'indicazione dei tratti funzionali della disciplina (“Per garantire la effettiva partecipazione delle micro, delle piccole e delle medie imprese...) dal che sembra trasparire con sufficiente chiarezza che la suddivisione in lotti ha la finalità di assicurare la partecipazione delle MPMI” (Consiglio di Stato, Schema di codice dei contratti pubblici, Relazione agli articoli e agli allegati).

In quest'ottica, l'art. 58 – come del resto il previgente art. 51 del vecchio Codice – è dichiaratamente finalizzato “a plasmare i profili organizzativi dell'amministrazione committente in modo servente rispetto ad un fine che esula dallo stretto tema dell'evidenza pubblica, per collocarsi nella più ampia prospettiva dello sviluppo pro-concorrenziale del mercato” (T.A.R. Lazio (Roma) III, n. 12555/2022).

Se per un verso il valore stimato di una procedura può essere un indice idoneo a pregiudicare il dispiegamento della libera concorrenza fra imprese, per altro verso l'articolo in commento “ci consegna un ruolo della stazione appaltante che, attraverso la suddivisione dell'appalto in lotti, può consentire l'accesso alla gara e la sua aggiudicazione a soggetti dimensionalmente inidonei a poter concorrere per la totalità dell'oggetto del contratto” (Cafagno, Farì, 222).

Accanto al tradizionale obiettivo di garantire la tutela della concorrenza e la parità di trattamento tra gli operatori economici, si vuole perseguire l'obiettivo di garantire un maggior coinvolgimento delle MPMI (nonché delle imprese di prossimità) nell'economia pubblica.

In considerazione dell'elevatissimo numero di MPMI sul territorio dell'Unione, il legislatore intende sostenerle in un contesto economico globale sempre più competitivo, tutelandole quali preziosi “incubatori di sviluppo scientifico e tecnologico” (Caringella, Protto, p. 261).

Ciò posto, se l'obiettivo della norma (i.e. favorire l'accesso alle MPMI e delle imprese di prossimità al mercato delle commesse pubbliche) e lo specifico strumento utilizzato per perseguirlo (i.e. il dichiarato favor verso la suddivisione in lotti delle procedure) sono molto chiari, è altrettanto chiaro come in questo meccanismo possano innestarsi delicate tensioni tra cui è più che mai importante individuare il corretto bilanciamento.

In quest'ottica, alla luce di quanto si è già anticipato circa l'intenzione del legislatore – con l'articolo in commento – di perseguire obiettivi di politica economica e sociale ‘esterni' rispetto alla contrattualistica pubblica, come ad esempio la tutela della concorrenza e in particolar modo l'accesso al mercato delle commesse pubbliche delle imprese di prossimità o comunque delle imprese di minori dimensioni, occorre contestualizzare tutto ciò nell'ambito della nuova policy inaugurata dal legislatore medesimo con l'adozione del nuovo Codice dei contratti pubblici.

Al di là della meritevolezza o meno dell'opzione prescelta in favore delle MPMI e delle imprese di prossimità, non possiamo infatti ignorare come, sotto un certo punto di vista, la filosofia di fondo che emerge dalla lettura dell'art. 58 appaia quantomeno contraddittoria rispetto ad un quadro generale in cui il principio di concorrenza è stato ‘retrocesso' dal rango di ‘valore finale' a quello di ‘principio strumentale'.

Sebbene infatti non vi sia chi non veda come la suddivisione in lotti di un appalto sia suscettibile di determinare un aumento dei costi a carico della P.A. e quindi una minore economicità dell'appalto, nondimeno il legislatore ha ritenuto di far ‘recedere' siffatto effetto negativo in vista della tutela da accordare alla partecipazione alle gare degli operatori economici di minori dimensioni, ‘scaricando' sulle stazioni appaltanti il peso di doversi fare carico del problema contemperando, in concreto, le opposte esigenze che vengono in considerazione.

Ciò appare quantomeno meritevole di una riflessione sol che si consideri che la ‘stella polare' del nuovo regime è stata ormai individuata nel principio del risultato, il quale rappresenta ad ogni effetto il nuovo nord a cui è chiamata a tendere la bussola della contrattualistica pubblica; in un sistema che ha inteso riportare prepotentemente in auge la funzione di committenza delle amministrazioni pubbliche e, per l'effetto, la necessità (che in altri tempi sarebbe stata spregiativamente definita ‘contabilistica') di garantire la migliore spendita possibile del denaro pubblico (nella letteratura anglosassone, il c.d. ‘Best Value' o ‘Value for money'), occorrerebbe considerare che la scelta di ‘forzare' le stazioni appaltanti – vincolandole ad un preciso favor verso l'opzione della suddivisione in lotti – potrebbe rivelarsi un boomerang, nella misura in cui tale opzione è suscettibile di aumentare il rischio che si vengano a creare delle diseconomie di scala, in aperta contraddizione con la dichiarata volontà di mettere al centro il principio del risultato.

Sempre nella medesima ottica, stona con la filosofia generale di fondo del nuovo Codicela scelta del legislatore – rispetto alla bozza originaria proposta dalla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato – di espungere il riferimento alla “necessità di realizzare significative economie di scala funzionali al contenimento e al miglioramento della spesa pubblica” quale possibile valore antagonista rispetto al favor verso le MPMI, idoneo ad essere valorizzato in sede di motivazione dell'eventuale scelta di non suddividere in lotti.

Si tratta di una scelta difficile da comprendere, posto che la formulazione proposta dal Consiglio di Stato – secondo cui, per poter legittimamente giustificare la mancata suddivisione in lotti, l'economia di scala avrebbe dovuto essere “significativa” – era già tale da scongiurare il rischio i) di rendere (troppo) facilmente motivabile qualsiasi decisione di non suddividere in lotti e conseguentemente ii) di porsi in contrasto con lo spirito della legge delega.

Inoltre, occorrerebbe sempre tenere presente che le MPMI e le imprese di prossimità ben potrebbero ricevere adeguata valorizzazione (non solo in sede di frazionamento degli appalti, ma anche) in sede di subappalto, evitando così ogni problema legato alle diseconomie di scala connesse alla suddivisione in lotti.

In conclusione, sorge spontaneo chiedersi se non sarebbe stato più coerente con l'impianto generale del nuovo Codice riprendere in parte qua la previsione recata dal d.lgs. n. 163/2006, secondo cui le stazioni appaltanto avrebbero dovuto suddividere gli appalti in lotti laddove “possibile ed economicamente conveniente”.

Il percorso evolutivo: un confronto diacronico tra la disciplina attuale e quella previgente

Le Direttive comunitarie n. 2004/17/CE e n. 2004/18/CE mostravano una scarsa sensibilità alla tematica relativa alle MPMI, la cui principale (se non unica) tutela si risolveva nell'istituto del subappalto quale indiretto strumento per favorire l'ingresso degli operatori economici di piccole dimensioni nell'economia pubblica.

A normativa invariata, nel 2008, con il c.d. “Codice europeo di buone pratiche per facilitare l'accesso delle Pmi agli appalti pubblici”, la Commissione europea si preoccupò di offrire spunti concreti per poter declinare le previsioni delle direttive nel senso di un maggior coinvolgimento delle microimprese, piccole e medie imprese.

Sempre nel 2008, con il c.d. ‘Small Business Act' “(Comunicazione della Commissione europea «Una corsia preferenziale per la piccola impresa». Alla ricerca di un nuovo quadro fondamentale per la piccola impresa (uno «Small Business Act» per l'Europa), COM(2008) 394”) furono elaborate alcune proposte concrete per un'ulteriore implementazione del favor verso le MPMI. Con il medesimo atto fu fornita una precisa definizione di microimprese, piccole e medie imprese, in base alla quale sono da intendersi quali microimprese quelle con meno di 10 dipendenti, piccole imprese quelle che hanno da 10 a 49 dipendenti, e medie imprese quelle con un numero di dipendenti compreso tra 50 e 249.

Questo percorso ha portato all'inserimento nell'ultimo stock di direttive eurounitarie in materia di contrattualistica pubblica di un gran numero di previsioni volte a favorire – direttamente o indirettamente – l'accesso delle MPMI al mercato dei contratti pubblici.

Con specifico riferimento alla Direttiva n. 2014/24/UE, oltre all'art. 46 specificamente dedicato al tema della suddivisione in lotti delle procedure, è possibile fare riferimento – in via meramente esemplificativa e non esaustiva – ai Considerando n. 59 (che sottolinea la volontà di promuovere la centralizzazione delle committenze, a patto di renderla compatibile con l'esigenza di “preservare la trasparenza e la concorrenza e la possibilità di accesso al mercato per le PMI”) e n. 78 (che rappresenta il cuore motivazionale della direttiva quanto alla spinta, riflessa nell'art. 46 dell'articolato, verso un maggiore e più agevole accesso delle MPMI al mercato delle commesse pubbliche).

Nonostante l'incisività delle sollecitazioni, la legge delega n. 11/2016 aveva declinato il favor per le MPMI mostrato dalle direttive eurounitarie limitandosi a enunciazioni molto generiche.

La ‘timidezza' sul punto della legge delega n. 11/2016 si rifletté anche sul disposto di cui all'art. 51 del previgente Codice, che certamente non spinse alle estreme conseguenze la chiara indicazione proveniente dal legislatore eurounitario in direzione della valorizzazione del contributo delle MPMI al mercato delle commesse pubbliche, pur superando l'impostazione maggiormente restrittiva del d.lgs. n. 163/2006 secondo cui le stazioni appaltanti avrebbero dovuto suddividere gli appalti in lotti laddove ciò risultasse “possibile ed economicamente conveniente”.

Rispetto all'art. 51 del previgente Codice, l'art. 58 presenta senz'altro alcuni profili di continuità, ma si caratterizza per una serie di rilevanti innovazioni.

Per quanto concerne i principali profili di continuità, essi si riferiscono innanzitutto i) al mantenimento del generale favor verso la suddivisione in lotti finalizzata a incentivare l'accesso alle commesse pubbliche da parte delle MPMI, con il conseguente obbligo di motivare in ordine all'an dell'eventuale scelta di non suddividere un appalto in lotti, ii) alla riproposizione del duplice vincolo di partecipazione e di aggiudicazione, nonché iii) alla conferma – pressoché negli stessi termini – della possibilità di aggiudicare alcuni o tutti i lotti associati al medesimo offerente.

I principali elementi di innovazione sono invece i seguenti: i) la previsione, accanto all'obbligo di motivare l'an dell'eventuale mancata suddivisione in lotti, dell'obbligo – se non propriamente di motivare anche la scelta opposta, ossia di motivare anche la scelta di frazionare l'appalto – di dare comunque conto del quomodo dell'eventuale frazionamento; ii) la previsione, accanto alle ‘confermate' nozioni di ‘lotto funzionale' e di ‘lotto prestazionale', della nuova nozione di ‘lotto quantitativo'; iii) l'individuazione di precisi presupposti normativi per l'applicazione dei vincoli di partecipazione e di aggiudicazione, della cui sussistenza le stazioni appaltanti sono chiamate a dare puntualmente in conto in sede di bando o avviso di gara; iv) l'estensione del vincolo di partecipazione e/o di aggiudicazione non più solo con riferimento ad un medesimo concorrente, ma anche a più concorrenti che eventualmente versino in una situazione di controllo o collegamento ai sensi dell'art. 2359 del codice civile; v) l'espunzione dal testo dell'articolo in commento del riferimento al divieto di artificioso frazionamento dell'appalto con scopi elusivi della disciplina codicistica, in quanto già contenuto nel corpo dell'art. 14.

Con riferimento a quest'ultima novità, occorre ricordare che la valutazione discrezionale della stazione appaltante, oltre a prestarsi all'ipotesi di un uso distorto del relativo potere consistente nell'artificioso accorpamento dei lotti, si presta anche all'opposta ipotesi di artificiosa frammentazione dell'oggetto del contratto.

Entrambe queste forme di abuso del potere discrezionale relativo alla suddivisione dell'oggetto del contratto erano espressamente indicate nel corpo del previgente art. 51 del vecchio Codice.

Il legislatore della riforma, tuttavia, ha (correttamente) ritenuto preferibile espungere dall'art. 58 il divieto di artificiosa frammentazione a fini elusivi delle soglie non già perché intendesse superare tale divieto, ma in quanto esso è già enunciato con sufficiente previsione all'art. 14.

Tutto ciò premesso e considerato, nei paragrafi seguenti entreremo maggiormente nel dettaglio dei contenuti (vecchi e nuovi) dell'articolo in commento.

La suddivisione in lotti: obbligo o facoltà?

L'art. 58 del Codice, pur affermando una generale (e decisa) preferenza per la suddivisione degli appalti in lotti, ha ritenuto di non attribuire portata cogente a tale principio.

In altre parole, le stazioni appaltanti non sono obbligate a frazionare le procedure di gara mediante la suddivisione in lotti. Tuttavia, ove decidano di non suddividere un appalto in lotti pur sussistendone i presupposti qualitativi e dimensionali, esse sono tenute a motivare specificamente la loro decisione nel bando o nell'avviso di indizione della gara, “tenendo conto dei princìpi europei sulla promozione di condizioni di concorrenza paritarie per le piccole e medie imprese”.

Sebbene sia indubbio che la suddivisione in lotti rappresenti uno strumento posto a tutela della concorrenza sotto il profilo della massima partecipazione alle gare, è altrettanto indubbio come tale principio non costituisca un precetto inviolabile né possa comprimere eccessivamente la discrezionalità amministrativa di cui godono le stazioni appaltanti nella predisposizione degli atti di gara in funzione degli interessi sottesi alla domanda pubblica, assumendo, piuttosto, la natura di principio generale adattabile alle peculiarità del caso di specie e derogabile previa adeguata motivazione (Cons. St. V, n. 6384/2022).

Il legislatore, nel corpo dell'art. 58 del Codice così modificato in sede di approvazione finale del testo, ha ritenuto di non fare diretta menzione di nessun valore antagonista rispetto alla suddivisione in lotti, limitandosi a prevedere che la mancata suddivisione in lotti deve essere motivata tenendo conto dei princìpi europei relativi alla promozione della concorrenza in favore delle piccole e medie imprese.

Ciò appare in contraddizione con la versione dell'art. 58 approvata in via preliminare (che menzionava l'eventuale “interesse, anche di natura organizzativa, a una efficiente ed efficace esecuzione dell'appalto”) e soprattutto con la bozza originariamente predisposta dalla Commissione speciale istituita presso il Consiglio di Stato, che conteneva un forte il riferimento alla “necessità di realizzare significative economie di scala funzionali al contenimento e al miglioramento della spesa pubblica”).

Invero, nemmeno la legge delega ha previamente indicato il parametro al quale deve essere conforme l'esercizio del potere discrezionale di scelta fra suddivisione o accorpamento, o meglio non ha indicato espressamente il valore o interesse antagonista rispetto a quel favor per le MPMI che dovrebbe indurre alla suddivisione.

Questo però, come correttamente puntualizzato dalla Commissione speciale del Consiglio di Stato in sede di Relazione illustrativa, “si evince dal sistema: ed è dato sia dalle esigenze connesse alla funzionalità organizzativa (e, in genere, alla funzionalità della prestazione contrattuale rispetto all'interesse pubblico ad essa sotteso), sia dalla convenienza economica per la stazione appaltante, normalmente favorita dalla soluzione ‘aggregante' (sia pure non considerata in assoluto)” (Consiglio di Stato, Schema di codice dei contratti pubblici, Relazione agli articoli e agli allegati).

La giurisprudenza, già in vigenza del d.lgs. n. 50/2016, era solita affermare che la decisione di non suddividere in lotti, o di suddividere in macro-lotti, può essere giustificata da “ valutazioni di carattere tecnico-economico” (Cons. St. V, n. 5119/2022).

Sennonché la declinazione di tale canone non è stata sempre pacifica e coerente; come ricordato anche dalla Relazione illustrativa allo Schema di Codice, “alcune decisioni hanno ritenuto inidonee generiche esigenze di coordinamento (T.A.R. Lombardia (Milano) II, n. 2682/2019) o di semplificazione della procedura di gara anche allo scopo di evitare il proliferare dei contenziosi (Cons. St. III, n. 861/2019). Altre decisioni valorizzano invece l'esigenza di ‘miglior coordinamento delle prestazioni e di semplificazione e riduzione dei costi di transazione' (Cons. St. III, n. 1138/2018; nello stesso senso n. 5224/2017)” (Consiglio di Stato, Schema di codice dei contratti pubblici, Relazione agli articoli e agli allegati).

Proprio per questa ragione il legislatore della riforma ha (correttamente) ravvisato l'opportunità di indicare quantomeno un parametro legale dell'esercizio del potere discrezionale di accorpamento (i.e. le esigenze di funzionalità, anche di natura organizzativa, connesse al contratto); come si è anticipato, l'errore è stato quello di non spingersi fino a menzionare anche l'altro parametro che avrebbe dovuto trovare cittadinanza nella disposizione in commento, ossia l'esigenza di realizzare significative economie di scala.

Abbiamo quindi visto che l'eventuale scelta della stazione appaltante di non suddividere in lotti un appalto di grandi dimensioni deve essere sorretta da idonea motivazione; ciò, del resto, in continuità con il regime previgente.

Al tempo stesso, nessuna motivazione in senso tecnico è richiesta ove la scelta sia invece quella di operare la suddivisione, in osservanza dell'art. 58 e del ‘principio di preferenza' del frazionamento ivi enunciato. Più precisamente, l'eventuale scelta di frazionare l'appalto non deve essere giustificata nell' an e non richiede la necessaria sussistenza di alcuno specifico presupposto normativo, in quanto trattasi dell'opzione ‘suggerita' dal legislatore come prioritaria.

Tuttavia – ed è questa una delle principali novità recate dalla norma in commento – l'art. 58 del d.lgs. n. 36/2023 prevede che la stazione appaltante debba dare conto del quomodo della suddivisione in lotti, indicando specificamente i “criteri di natura qualitativa o quantitativa concretamente seguiti, avuto riguardo ai parametri indicati al comma 2”, ossia al parametro rappresentato dalla previsione per cui il valore dei lotti deve essere tale da garantire effettivamente la possibilità di partecipazione per le MPMI, pena la vanificazione della ratio dell'istituto: come correttamente ricordato anche dal Consiglio di Stato in sede di Relazione illustrativa, “mancata suddivisione e cattiva suddivisione producono infatti il medesimo effetto escludente per le PMI. Se, infatti, l'amministrazione dividesse l'appalto in macro lotti tali da escludere le PMI, si sarebbe in presenza di una fattispecie che sul piano degli effetti è sostanzialmente identica a quella della mancata suddivisione” (Consiglio di Stato, Schema di codice dei contratti pubblici, Relazione agli articoli e agli allegati).

Del resto, la scelta in merito al frazionamento dell'appalto non si esaurisce nell'alternativa dicotomica tra i) un lotto ovvero ii) più lotti.

Specialmente con riferimento alle procedure di importo più elevato, infatti, “i lotti sono sempre multipli, ma la questione che si pone è perché farne un certo numero N e non un altro numero M, oppure perché questi N hanno dimensioni tra loro omogenee o eterogenee. Pertanto, stante l'identità sostanziale della problematica in punto di limiti della scelta discrezionale, è parso più snello inserire nel terzo comma, oltre al richiamo alla natura quantitativa e qualitativa dei criteri (come previsto dalla delega), un richiamo ai possibili interessi antagonisti alla suddivisione, come disciplinati nel secondo comma: con la formula di chiusura del divieto (anch'esso espressamente previsto dalla delega) di artificiosi accorpamenti” (Consiglio di Stato, Schema di codice dei contratti pubblici, Relazione agli articoli e agli allegati).

Anche in questo quadro, è stato ribadito che la scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico costituisce una decisione normalmente ancorata, nei limiti previsti dall'ordinamento, a valutazioni di carattere tecnico-economico; in tali ambiti, il concreto esercizio del potere discrezionale della P.A. deve essere funzionalmente coerente con il bilanciato complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dal procedimento di appalto; il potere medesimo resta delimitato, oltre che da specifiche norme del Codice, anche dai principi di proporzionalità e di ragionevolezza. La scelta della stazione appaltante circa la suddivisione in lotti di un appalto pubblico deve dunque costituire una decisione funzionalmente coerente con il complesso degli interessi pubblici e privati coinvolti dalla procedura di gara, da valutarsi nel quadro complessivo dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza (Cons. St. V, n. 1607/2023).

La duplice possibilità di suddivisione su base ‘qualitativa' ovvero ‘quantitativa'

Con il citato Considerando n. 78 della Direttiva n. 2014/24/UE, il legislatore europeo suggerisce ai legislatori nazionali di introdurre due possibili ‘modalità' di suddivisione delle procedure in lotti, prevedendo in particolare che tale suddivisione possa essere effettuata tanto “su base quantitativa, facendo in modo che l'entità dei singoli appalti corrisponda meglio alla capacità delle PMI”, quanto “su base qualitativa, in conformità alle varie categorie o specializzazioni presenti”.

Entrambe le possibili modalità di suddivisione sono state recepite dal legislatore codicistico, posto che l'art. 58 – in continuità con il previgente art. 51 del d.lgs. n. 50/2016 – contempla tanto la suddivisione in ‘lotti funzionali' quanto il frazionamento in ‘lotti prestazionali'.

Sennonché – e qui risiede un'altra delle importanti novità recate dall'articolo in commento – il legislatore della riforma ha ritenuto di aggiungere ai lotti funzionali e prestazionali anche quelli quantitativi. In proposito l'indicazione degli economisti è stata nel senso che “tale specificazione non fosse strettamente indispensabile, ma che l'aggiunta non comportasse problematiche particolari dal punto di vista economico (segnalandosi anzi come oggi questo tipo di divisione in lotti si presta in modo più naturale alla deroga basata sulle economie di scala)” (Consiglio di Stato, Schema di codice dei contratti pubblici, Relazione agli articoli e agli allegati).

Le definizioni di ‘lotto funzionale' e di ‘lotto prestazionale' sono quelle mutuate dalla disciplina previgente.

Per ‘lotto funzionale' il Codice intende infatti “uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, ovvero parti di un lavoro o servizio generale la cui progettazione e realizzazione sia tale da assicurarne funzionalità, fruibilità e fattibilità indipendentemente dalla realizzazione delle altre parti”. In altre parole, ciascun lotto funzionale appare comparabile a un microcosmo contenente in sé tutte le tipologie presenti nell'appalto globalmente considerato (Caringella, Protto, p. 265).

Al contrario, un ‘lotto prestazionale' è “uno specifico oggetto di appalto da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, definito su base qualitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti o in conformità alle diverse fasi successive del progetto”.

Ovviamente, la complessità delle prestazioni da acquisire può talora far sì che l'articolazione in lotti di un globale contenuto contrattuale si declini nella compresenza di lotti sia funzionali sia prestazionali (Caringella, Protto, p. 265).

La nozione di ‘lotto quantitativo' è invece una novità assoluta ed è recata dall'art. 3 dell'Allegato codicistico I.1., appositamente dedicato alle definizioni.

Più precisamente, per ‘lotto quantitativo' si intende “uno specifico oggetto di appalto funzionalmente autonomo da aggiudicare anche con separata ed autonoma procedura, definito su base meramente quantitativa, in conformità alle varie categorie e specializzazioni presenti o in conformità alle diverse fasi successive del progetto”.

Vincoli di partecipazione e vincoli di aggiudicazione

L'art. 58, comma 4 – in continuità con l'art. 51 del d.lgs. n. 50/2016 – conferma la possibilità per le stazioni appaltanti di prevedere tanto il c.d. vincolo di partecipazione quanto il c.d. vincolo di aggiudicazione.

Vi sono però due profili di innovazione da evidenziare.

I. La prima novità è che il legislatore della riforma ha ritenuto di esplicitare dei precisi presupposti normativi per l'applicazione dei vincoli di partecipazione e di aggiudicazione, della cui sussistenza le stazioni appaltanti sono chiamate a dare puntualmente in conto in sede di bando o avviso di gara.

Più precisamente, l'articolo in commento prevede i) che la stazione appaltante possa limitare il numero massimo di lotti per i quali è consentita l'aggiudicazione al medesimo concorrente “per ragioni connesse alle caratteristiche della gara e all'efficienza della prestazione, oppure per ragioni inerenti al relativo mercato”, e ii) che, al ricorrere delle medesime condizioni e “ove necessario in ragione dell'elevato numero atteso di concorrenti”, la medesima stazione appaltante possa altresì limitare anche il numero di lotti per i quali è possibile partecipare.

Sul punto, come evidenziato dalla Relazione illustrativa allo Schema di codice, in una prospettiva di analisi economica è emerso che “i vincoli di partecipazione possono avere un costo più alto in termini di 1) maggior facilità di coordinamento tra imprese (quindi un maggior rischio di turbativa d'asta) e 2) minor numero atteso di concorrenti su ciascun lotto. Nella pratica degli appalti il vincolo di partecipazione è diventato un sostituto quasi perfetto di quello di aggiudicazione semplicemente perché quest'ultimo è manipolabile: un ricorso strumentale su un solo lotto può bloccare l'intera procedura dal momento che l'allocazione di un lotto dipende in generale da quella degli altri” (Consiglio di Stato, Schema di codice dei contratti pubblici, Relazione agli articoli e agli allegati).

Per tali ragioni, il legislatore ha previsto che i vincoli in parola (rectius: che il vincolo di partecipazione) debbano essere previsti solo laddove ci si aspetti un numero elevato di offerte. In merito alla formulazione letterale della relativa previsione (secondo cui il vincolo di partecipazione può essere apposto “in ragione dell'elevato numero atteso di concorrenti”) si può innanzitutto osservare che l'utilizzo dell'aggettivo “atteso” frustra le aspirazioni di un contenzioso strumentale perché, salvo valutazioni manifestamente illogiche della stazione appaltante, sarà sufficiente dimostrare l'esistenza di un elevato numero di operatori di settore per giustificare la previsione di un elevato numero possibile di concorrenti (e dunque a prescindere dal mero dato del numero effettivo degli offerenti, costituente un post factum).

I vincoli di aggiudicazione sono invece meno problematici di quelli di partecipazione e possono aiutare in un'ottica di medio/lungo periodo a mantenere un mercato aperto e concorrenziale. In tale contesto, “si è ritenuto necessario prestare attenzione al disegno di gara, anche in rapporto al contesto di mercato,in particolare rispetto al criterio di priorità utilizzato per definire a quali imprese vadano quali lotti, tenendo presente che il criterio simultaneo è il criterio tipicamente ottimale ma di più difficile gestione rispetto al criterio sequenziale, consigliabile soprattutto se il numero di lotti è elevato o se i lotti sono asimmetrici; nella consapevolezza della difficoltà di codificare una regola astratta sul punto, la formula normativa sul punto mantiene l'unico richiamo al carattere non discriminatorio del criterio di selezione” (Consiglio di Stato, Schema di codice dei contratti pubblici, Relazione agli articoli e agli allegati).

II. La seconda novità è invece la possibilità di estendere il vincolo di partecipazione e/o di aggiudicazione non più solo con riferimento ad un medesimo concorrente, ma anche a più concorrenti che eventualmente versino in una situazione di controllo o collegamento ai sensi dell'art. 2359 del codice civile.

Sul punto, può essere interessante sapere che durante la formulazione della disposizione in esame da parte della Commissione speciale del Consiglio di Stato, sono emerse in argomento due distinte posizioni:

i) un primo orientamento mirava ad individuare, attraverso una clausola generale, una nozione oggettiva (“unico centro decisionale”) di collegamento fra imprese che legittimasse la limitazione, in modo da disciplinare il fenomeno senza avere riguardo ad una specifica figura soggettiva e/o a più figure soggettive, anche per il rischio che una indicazione in tal senso potesse comunque consentire di lasciare fuori, nella pratica, ipotesi di collegamento fra imprese non riconducibili a quelle tipizzate;

ii) un secondo orientamento, risultato prevalente, che invece reputava la nozione di unico centro decisionale congrua rispetto alla disciplina delle esclusioni ma incongrua rispetto alla disciplina del vincolo di aggiudicazione, “in cui la finalità sarebbe quella, oggettiva, di delimitazione delle quote di mercato, che richiederebbe di individuare la nozione soggettiva di riferimento (nel testo si è fatto rinvio, in questa prospettiva, al collegamento fra imprese ex art. 2359 c.c.)” (Cons. St., Schema di codice dei contratti pubblici, Relazione agli articoli e agli allegati).

Poiché è prevalso quest'ultimo orientamento, è stata introdotta la formulazione “oppure, per ragioni inerenti al relativo mercato, anche a più concorrenti che versino in situazioni di co ntrollo o collegamento ai sensi dell'art. 2359 del codice civile”.

Dal punto di vista delle questioni applicative, ci si potrebbe interrogare su quali conseguenze si dovrebbero produrre laddove la P.A. ponesse il vincolo senza esplicitarne le finalità.

Sul punto, si ritiene che la conseguenza non possa essere quella di ritenere il vincolo non apposto (tamquam non esset), in quanto tale soluzione avrebbe l'effetto di falsare la competizione, posto che le imprese avrebbero formulato le loro offerte sulla sulla base del bando come connotato dal vincolo.

Più precisamente, “laddove un'impresa presentasse invece un'offerta tendente all'aggiudic azione di un numero maggiore di lotti rispetto a quelli consentiti, fidando sull'illegittimità-inesistenza del vinc olo in quanto immotivato (nella sua finalità), si troverebbe in una posizione di ingiustificato vantaggio rispetto alle altre concorrenti, che invece hanno formulato l'offerta sul presupposto dell'esistenza ed efficacia del vincolo medesimo” (Cons. St, Schema di codice dei contratti pubblici, Relazione agli articoli e agli allegati).

Tutto ciò premesso e considerato, non si può tacere come sia correttamente stato rilevato – già in vigenza del precedente Codice – che la previsione di vincoli di partecipazione e/o di aggiudicazione nell'ambito di una procedura ad evidenza pubblica potrebbe comportare una lesione dell'interesse della P.A. a ricercare la migliore offerta e a selezionare il miglior contraente, comportando il rischio di un ingiustificato incremento di spesa per l'amministrazione e di un abbassamento della qualità del servizio, oltre a una lesione al principio del favor partecipationis. Tuttavia, “prendendo a riferimento un diverso parametro temporale che vada oltre la singola gara e che guardi al lungo periodo e alle modalità scelte per il soddisfacimento degli interessi così come sino ad ora delineati, se ne può scorgere la convergenza verso l'obiettivo di un'ulteriore apertura della concorrenza, garantendo anche alle imprese più piccole sul mercato e al loro bagaglio composito fatto di potenzialità di crescita, posti di lavoro e innovazione, di accedere al mercato e di acquisire requisiti e qualifiche necessarie per continuare a parteciparvi” (Cafagno, Farì, 224).

A chiusura del presente paragrafo, occorre rappresentare che l'articolo in commento – in continuità rispetto al previgente art. 51 del d.lgs. n. 50/2016 e in attuazione del paragrafo n. 3 dell'art. 46 della Direttiva n. 2014/24/UE – ha confermato la facoltà delle stazioni appaltanti, nei casi in cui un “solo offerente” possa intestarsi più lotti, di “aggiudicare appalti che associano alcuni o tutti i lotti al medesimo offerente”, indicando le modalità mediante le quali effettuare la valutazione comparative tra le offerte sui singoli lotti.

La norma pare voler intaccare la rigida separazione dei lotti. Essa ammette che siano individuati nella lex specialis meccanismi tali da fare sì che taluni lotti possano essere aggiudicati non a chi capeggi la relativa graduatoria, “ma a chi sia latore in relazione ad altri lotti di offerte che considerate in combinazione fra esse e quella presentata per il lotto considerato possano risultare più vantaggiose” per la stazione appaltante. Sotto il profilo economico e tecnico – funzionale il meccanismo appare un correttivo del rigido frazionamento in lotti, allorché questo possa in concreto (ossia alla luce delle offerte effettivamente presentate) risultare pregiudizievole per la P.A. in termini di ridotta vantaggiosità dell'acquisto. Va da sé che ciò riduce in concreto il favor per le MPMI che in generale anima la norma in discorso, dal momento che secondo l'id quod plerumque accidit ci si può attendere che non sia una MPMI “a poter articolare offerte su più lotti nel complesso più favorevoli per l'appaltante, così legittimato a superare le singole sub graduatorie per lotto”. Ovviamente, questo strumento di non agevole impiego si traduce – a livello di lex specialis – in una facoltà condizionata, posto che le stazioni appaltanti dovranno infatti specificare “nel bando di gara o nell'invito a confermare l'interesse”: i) l'esistenza di “tale possibilità”; ii) “i lotti o gruppi di lotti che possono essere associati”; iii) “le modalità mediante cui effettuare la valutazione comparativa tra le offerte sui singoli lotti e le offerte sulle associazioni di lotti”.

Quale ultima osservazione in chiusura del presente commento, possiamo notare come l'art. 51 non abbia recepito l'ultimo paragrafo dell'art. 46 della Direttiva n. 2014/24/UE, il quale lasciava alla discrezione degli “Stati membri” la previsione di “condizioni” alle quali fosse “obbligatorio aggiudicare un appalto sotto forma di lotti separati”. Così facendo, il legislatore nazionale ha tentato di assicurare il principio del maggiore accesso possibile ai contratti pubblici (soprattutto rispetto alle PMI) senza limitare la libertà delle stazioni appaltanti di adeguare (sempre) ciascuna gara alla singola fattispecie (Caringella, Protto, 266).

Questioni applicative

1) La sindacabilità delle scelte in ordine alla suddivisione in lotti.

Il favor accordato alla suddivisione in lotti (quale importante ma non unico strumento di tutela e di valorizzazione delle MPMI) non può essere inteso quale regressione del coesistente interesse pubblico alla scelta del miglior contraente (Cafagno, Farì, 223).

Si pone allora il problema di verificare l'effettiva sindacabilità in sede giurisdizionale delle scelte delle stazioni appaltanti relative alla suddivisione in lotti delle procedure.

Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, la suddivisione in lotti sarebbe espressione di una valutazione discrezionale dell'amministrazione, sindacabile dal giudice amministrativo sotto il duplice profilo dell'adeguatezza dell'istruttoria e del rispetto dei princìpi di proporzionalità e adeguatezza (Cons. St. n. 8440/2020).

Questa certezza della giurisprudenza, tuttavia, parrebbe scontrarsi con il tenore letterale del Considerando n. 78 della Direttiva n. 2014/24/UE, secondo cui “l'amministrazione aggiudicatrice dovrebbe avere il dovere di esaminare se sia appropriato suddividere gli appalti in lotti mantenendo la facoltà di decidere autonomamente sulla base di qualsiasi motivo ritenga rilevante, senza essere soggetta a supervisione amministrativa o giudiziaria”. Tale (infelice) inciso sembrerebbe voler rendere inoppugnabili le decisioni delle stazioni appaltanti in ordine all'eventuale frazionamento in lotti delle procedure di gara.

Tuttavia, qualora la normativa interna fosse letta e interpretata in conformità con questa disposizione, essa dovrebbe ritenersi incostituzionale per violazione degli artt. 3,24,103 e 113 della Costituzioneexartt. 24,103,113 e 3 Cost. con le inerenti conseguenze, anche alla luce della c.d. teoria dei ‘controlimiti' (Caringella, Protto, 267).

2. Quali sono le effettive novità del nuovo codice sul vincolo di aggiudicazione?

Sul tema caldissimo del vincoli di aggiudicazione in caso di suddivisione in lotti, si segnala Cons. Stato, V, n. 8127/2023, secondo cui,  a seguito della entrata in vigore del nuovo Codice dei contratti pubblici, è emersa, sul piano positivo, la scelta del legislatore secondo cui, ai sensi dell'art. 58, comma 4, d.lgs. n. 36 del 2023: a) la limitazione del “numero massimo di lotti per i quali è consentita l'aggiudicazione al medesimo concorrente” è rimessa, quale mera facoltà, alla stazione appaltante, la quale, tuttavia, è, ove intenda esercitarla, tenuta a dare conto, nel corpo degli atti indittivi, della “ragione specifica” della scelta operata (una alla indicazione del criterio, non discriminatorio, di selezione del lotto o dei lotti da aggiudicare al concorrente utilmente collocato per un numero eccedente il limite fissato); b) tra l'altro, la giustificazione deve trovare (non generico né vago) ancoraggio nelle concrete “caratteristiche della gara”, ovvero nella prospettiva del perseguimento della “efficienza della prestazione” (il che dà, in definitiva, corpo alla necessità di un sufficientemente circostanziato obbligo motivazionale, di cui non vi era traccia nella previgente disposizione); c) solo con ulteriore (ma parimenti specifica e formalmente prefigurata) opzione, la stazione appaltante può decidere di estendere il limite quantitativo “a più concorrenti che versino in situazioni di controllo o collegamento ai sensi dell'articolo 2359 del codice civile” (dovendosi, per tal via, acquisire il silenzio, sul punto, degli atti di indizione quale espressivo di una volontà negativa: come, appunto, genericamente preconizzato dagli sviluppi esegetici di cui si è detto supra); d) per giunta, la ridetta estensione (nel senso di un vincolo soggettivamente aggravato) deve trarre (più specifica) giustificazione in “ragioni inerenti al […] mercato” (non essendo, per tal via, sufficiente la valorizzazione dell'oggetto dell'appalto, essendo necessario interrogare il contesto concorrenziale: in tal senso sembra doversi intendere, a dispetto della vistosa omissione, sul piano della interpunzione, di una necessaria virgola, il primo inciso del comma 4); e) in prospettiva gradualistica, ed in (aggiuntiva) considerazione dell'”elevato numero atteso dei concorrenti” il vincolo di aggiudicazione (con marcata inversione rispetto alla soluzione desumibile dal codice previgente) può essere integrato dal vincolo di partecipazione (con preventiva fissazione del numero massimo di lotti per i quali, prima ancora che concorrere alla aggiudicazione, sia possibile formulare l'offerta).

Bibliografia

Cafagno, Farì, I princìpi e il complesso ruolo dell'amministrazione nella disciplina dei contratti per il perseguimento degli interessi pubblici, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, Torino, 2019; Caponigro, Il principio del favor partecipationis e la tutela delle piccole e medie imprese nell'affidamento degli appalti pubblici, 8 marzo 2017, in giustizia-amministrativa.it; Caringella, Protto, Il Codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma, 2017; Giustiniani, Commento all'art. 51, in Caringella (a cura di), Il Codice dei contratti pubblici, Milano, 2021; Meale, Le soglie: una disciplina divisa tra obblighi e facoltà, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021.

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