Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 65 - Operatori economici.

Marco Giustiniani
Codice legge fallimentare

Artt. 46, 47, 48


Operatori economici.

1. Sono ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici gli operatori economici di cui all'articolo 1, lettera l), dell'allegato I.1, nonché gli operatori economici stabiliti in altri Stati membri, costituiti conformemente alla legislazione vigente nei rispettivi Paesi.

2. Rientrano nella definizione di operatori economici:

a) gli imprenditori individuali, anche artigiani, e le società, anche cooperative;

b) i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della legge 25 giugno 1909, n. 422 e del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577;

c) i consorzi tra imprese artigiane di cui alla legge 8 agosto 1985, n. 443;

d) i consorzi stabili, costituiti anche in forma di società consortili ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile, tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, società cooperative di produzione e lavoro; i consorzi stabili sono formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa;

e) i raggruppamenti temporanei di concorrenti, costituiti o costituendi dai soggetti di cui alle lettere a), b), c) e d), i quali, prima della presentazione dell'offerta, abbiano conferito mandato collettivo speciale con rappresentanza ad uno di essi, qualificato mandatario, il quale esprime l'offerta in nome e per conto proprio e dei mandanti;

f) i consorzi ordinari di concorrenti di cui all'articolo 2602 del codice civile, costituiti o costituendi tra i soggetti di cui alle lettere a), b), c) e d) del presente comma, anche in forma di società ai sensi dell'articolo 2615-ter del codice civile;

g) le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete ai sensi dell'articolo 3, comma 4-ter, del decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 aprile 2009, n. 33;

h) i soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico (GEIE) ai sensi del decreto legislativo 23 luglio 1991, n. 240.

3. Le stazioni appaltanti possono imporre alle persone giuridiche di indicare, nell'offerta o nella domanda di partecipazione a procedure per l'affidamento di appalti che comportino esecuzione di servizi o lavori nonché di forniture che comportano anche servizi o lavori di posa in opera e di installazione, il nome e le qualifiche professionali delle persone fisiche incaricate di fornire la prestazione e possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall'offerente.

Inquadramento

L'art. 65 del nuovo Codice tratta il tema degli operatori economici ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici. Tale norma deve essere letta in combinato disposto con una serie di altri articoli e segnatamente: l'art. 66, dedicato specificamente agli operatori economici affidatari dei servizi di architettura e ingegneria; l'art. 67, riguardante i consorzi non necessari; l'art. 68, afferente ai raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di operatori economici.

Gli artt. 65, 66, 67, 68 e 69, enucleano gli operatori economici legittimati a stipulare contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. Tale corpus omogeneo di disposizioni, in primo luogo, demanda alla nozione generale di operatori economici contenuta nell'art. 1, lett. l), dell'allegato I.1 secondo cui si definisce “operatore economico”, qualsiasi persona o ente, anche senza scopo di lucro, che, a prescindere dalla forma giuridica e dalla natura pubblica o privata, può offrire sul mercato, in forza del diritto nazionale, prestazioni di lavori, servizi o forniture corrispondenti a quelli oggetto della procedura di evidenza pubblica.

In base al richiamato corpus di disposizioni:

– l'art. 66 riporta integralmente il contenuto dell'art. 46 del d.lgs. n. 50/2016, salva la modifica introdotta al comma 2, in cui si fa riferimento a un decreto del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili (ora Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti), che stabilirà i requisiti minimi ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento dei soggetti ivi indicati;

– l'art. 67 rinvia al regolamento di cui all'art. 100, comma 4 per la disciplina dei requisiti di idoneità tecnica e finanziaria necessari che devono possedere i consorzi per imprese artigiane e i consorzi stabili, nonché i consorzi stabili di società di professionisti e di società di ingegneria per partecipare alle gare, oltre a disciplinare il regime transitorio, ed è dettata una specifica disciplina per i requisiti dei consorzi fra società cooperative;

– all'art. 68, in ragione della sentenza della Corte di Giustizia, sez. IV, 28 aprile 2022, in causa C-642/20 (in base alla quale, nonostante gli artt. 19 e 63 Direttiva 2014/24/UE, non è ammissibile che uno Stato membro predetermini le modalità esecutive all'interno del raggruppamento, lo può fare in certi casi l'Amministrazione), si è configurato l'istituto del raggruppamento senza ricorrere agli istituti del raggruppamento orizzontale e del raggruppamento verticale, consentendo la presentazione di un'offerta sulla base del solo mandato collettivo, senza la necessità di richiedere ulteriori requisiti e comportando la responsabilità solidale dei partecipanti;

– all'art. 69 è stato riportato l'art. 49 del d.lgs. n. 50/2016.

Con specifico riguardo all'art. 65, al fine di chiarire l'iter logico della nuova formulazione, si muoverà, almeno in parte, dal testo previgente.

Essenzialmente, il comma 1 – come anticipato – contiene un richiamo alla definizione di operatore economico contenuta nell'art. 1, lett. l), dell'allegato I.1, in cui viene sancito il principio di neutralità delle forme giuridiche, oltre che agli operatori economici stabiliti in altri Stati membri.

Il comma 2 ripropone, con minime modifiche, l'elenco di cui al comma 2 dell'art. 45 del decreto legislativo n. 50 del 2016 (alle lettere e) ed f) si è specificato il riferimento ai soggetti costituendi per esigenze di chiarezza, così “doppiandosi” la previsione di cui al primo comma dell'art. 68.

Il comma 3 ricalca la previsione del quarto comma dell'art. 45 del d.lgs. n. 50/2016, cui si aggiunge un riferimento all'art. 63 par. II della Direttiva 2014/24/UE. Viene specificato, infatti, che le stazioni appaltanti possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall'offerente.

Il comma 3 e il comma 5 del previgente art. 45 del d.lgs. n. 50/2016 sono stati soppressi in quanto le disposizioni, che riguardano i raggruppamenti temporanei di imprese, sono state rispettivamente dislocate, più pertinentemente, nell'art. 67, comma 4 e nell'art. 67, comma 10, in quanto riferite espressamente ai raggruppamenti dall'art. 19, par. 2 Direttiva 2014/24/UE. La disposizione in esame si pone, quindi in continuità con il precedente art. 45 del d.lgs. n. 50/2016 (rubricato, come l'articolo in commento, “operatori economici”).

La nozione di operatore economico

L'art. 65 si apre rinviando alla definizione di operatore economico che, sulla scia della normativa europea, contiene un'elencazione di soggetti esaustiva degli operatori che possono partecipare agli affidamenti pubblici, riproponendo fedelmente quella di cui al previgente art. 45 d.lgs. n. 50/2016.

In particolare, art. 3 comma 1 lett. p ) include nella nozione di operatore economico qualsiasi persona fisica o giuridica, ente pubblico, raggruppamento di tali persone o enti, comprese le associazioni temporanee di imprese, ed ente senza personalità giuridica, compresi i gruppi europei di interesse economico (GEIE), che offra sul mercato la realizzazione di lavori o opere, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi.

Si rileva che la nozione di operatore economico include espressamente anche gli enti pubblici.

La tematica è stata oggetto di diverse pronunce della Corte di Giustizia dell'Unione Europea e del Consiglio di Stato, tutte approdate alle medesime conclusioni. In particolare, una visione funzionale del diritto europeo conduce, in positivo, ad imporre alle amministrazioni il rispetto della concorrenza ove debbano affidare attività economicamente contendibili, e, in negativo, ad escluderne l'operatività quando non sussistano rischi di distorsioni del mercato interno. In altre parole: ogniqualvolta un'amministrazione si ponga rispetto ad un'altra come “ operatore economico ”, offrendo una prestazione verso un corrispettivo anche non implicante il riconoscimento di un utile economico, ma il mero rimborso dei costi, dovranno essere applicate le norme di diritto europeo e nazionale in tema di affidamento di contratti pubblici (si veda in tal senso: Corte giustizia UE,Grande Sezione, n. 159/2012; Corte giustizia UE VI, n. 305/2009; Cons. St. V, n. 3130/2014; Cons. St. V, n. 3849/2013).

La nozione di operatore economico contenuta nel Codice del 2023, così come quella contenuta nel previgente art. 45 del d.gs. n. 50/2016 privilegia il dato sostanziale, prescindendo dalla veste formale, dalla natura pubblica o privata o dall'organizzazione interna dell'offerente per focalizzarsi, piuttosto, sulla sua capacità di offrire sul mercato la realizzazione di lavori, la prestazione di servizi o la fornitura di prodotti.

Quanto sopra è coerente sia con quanto enunciato dalle Direttive del 2014, che con i principi contenuti nella legge delega n. 11/2016.

Infatti, le Direttive 2014 in materia di appalti e concessioni (art. 19 della Direttiva n. 2014/24/UE; art. 37 della Direttiva n. 2014/25/UE e l'art. 26 della Direttiva n. 2014/23/UE che hanno abrogato gli artt. 1, par. 8, Direttiva n. 2004/18/CE e. 1, par. 7, Direttiva n. 2004/17/CE) e l'elaborazione giurisprudenziale della Corte di Giustizia dell'UE forniscono una definizione ampia e fluida di operatore economico.

In particolare, secondo le direttive europee la nozione di operatore economico dovrebbe essere intesa in senso ampio, a prescindere dalla sua natura di persona fisica o giuridica ed indipendentemente dal fatto che secondo la normativa dello Stato membro nel quale è aggiudicato il contratto l'operatore avrebbe dovuto essere una persona fisica o giuridica (si fa riferimento al considerando 49 della Direttiva n. 2014/23/UE, 14 della Direttiva n. 2014/24/UE e 17 della Direttiva n. 2014/25/UE),

Sulla base di quanto sopra, viene recepito un orientamento consolidato da diverso tempo anche nella giurisprudenza europea che aveva chiarito come nel contesto di un mercato interno in cui operano dinamiche concorrenziali effettive,\ è nell'interesse del diritto europeo garantire la partecipazione più ampia possibile di concorrenti alle procedure (Corte Giust. IV, n. 538/2007).

La Corte di Giustizia, in particolare, aveva espresso un evidente favor verso la libertà delle forme desumibile dall'art. 4, par. 1, della Direttiva n. 2004/18/CE, in cui era sancito che i candidati o gli offerenti, autorizzati dalla legge del proprio Stato a fornire la prestazione oggetto della gara “non possono essere respinti soltanto per il fatto che, secondo la normativa dello Stato membro nel quale è aggiudicato l'appalto, avrebbero dovuto essere persone fisiche o persone giuridiche” (Corte giustizia UE, 18 dicembre 2007, C-357/06).

Inoltre, sebbene le fonti del diritto europeo non avessero fornito una precisa definizione di impresa, la Corte di Giustizia ne ha ripetutamente tracciato una nozione a maglie larghe, includendovi sia la figura dell'imprenditore che di fornitore e prestatore di servizi e riconducendovi qualsiasi ente che, a prescindere dallo status giuridico, dalle sue modalità di finanziamento e dall'assenza del perseguimento di uno scopo di lucro, eserciti un'attività economica offrendo beni o servizi sul mercato contro retribuzione e con assunzione dei rischi finanziari ad essa connessi (Corte giustizia UE, 26 marzo 2009, C-113/07; Corte giustizia UE, 1° luglio 2008, C-49/07).

La definizione di matrice europea risulta quindi dinamica e funzionale, consentendo di attribuire ad un soggetto la veste imprenditoriale anche relativamente ad una sola parte della propria attività.

Emerge quindi una definizione di operatore economico consolidata nella giurisprudenza comunitaria e confermata dalle direttive del 2014, in forza della quale, in assenza di norme generali o speciali di divieto, deve essere ammessa la partecipazione alle gare d'appalto di ogni operatore che, indipendentemente dalla sua natura di soggetto di diritto privato o di diritto pubblico e a prescindere dal fatto che sia attivo sul mercato in modo sistematico oppure soltanto occasionale o benefici di sovvenzioni pubbliche, si reputi idoneo a garantire, in modo diretto, oppure facendo ricorso al subappalto, l'esecuzione dell'affidamento sulla base dei requisiti indicati nel bando di gara (ex plurimis Corte Giust., 18 dicembre 2014, C-568/13).

Diversamente, un'interpretazione restrittiva della nozione di operatore economico contrasterebbe tanto con gli obiettivi europei di libera circolazione dei beni e dei servizi e di creazione di un mercato degli appalti pubblici, quanto con gli interessi perseguiti dalle singole amministrazioni aggiudicatrici. Queste ultime, infatti, si vedrebbero private della possibilità di scegliere l'offerta, potenzialmente più vantaggiosa e quindi maggiormente rispondente ai bisogni della collettività pubblica interessata.

Coerentemente a quanto già evidenziato dalle direttive e nelle sentenze della giurisprudenza comunitaria, la legge delega n. 11/2016, all'art. 1 comma 1 lett. r), ha rilevato la necessità, nel definire i requisiti di capacità economico-finanziaria, tecnico-organizzativa e professionale da esigere in capo agli operatori economici, di tenere presente “l'interesse pubblico ad avere il più ampio numero di potenziali partecipanti, nel rispetto dei principi di trasparenza e rotazione” favorendo “l'accesso da parte delle micro, piccole e medie imprese”.

Con particolare riferimento all'art. 45, comma 1, si evidenzia che, specularmente a quanto previsto all'art. 3, comma 1, lett. p) del Codice, tale norma distingue tra raggruppamenti di operatori economici e associazioni temporanee: le seconde sembrerebbero configurarsi quali “sottocategoria dei primi”. Si tratta di una distinzione mutuata dalle Direttive (artt. 26 della Direttiva 2014/23/UE, 19 della Direttiva 2014/24/UE e 37 della Direttiva 2014/25/UE), che, probabilmente, tiene conto di forme associative alternative praticate in altri Stati membri, ma che pare avere scarsa pregnanza nel nostro ordinamento.

Al comma 2 dell'art. 45 sono elencate sette categorie di soggetti rientranti nella definizione di operatore economico, anche se si tratta di una elencazione esemplificativa e non tassativa come specificato anche dall'Autorità Nazionale Anticorruzione, nel parere 11 marzo 2010, n. 48 e determinazione 21 ottobre 2010, n. 7.

Si specifica, infatti, che, secondo giurisprudenza ormai consolidata è ammessa la partecipazione alle procedure di soggetti non espressamente richiamati nell'elenco, come ad esempio le fondazioni, associazioni di volontariato e onlus (Cons. St. VI, n. 3897/2009, Cons. St. III, n. 116/2016; T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 1184/2015).

Analogamente a quanto era previsto al previgente art. 45, comma 1 del d.lgs. n. 50/2016, all'art. 65, comma 1 della bozza di Nuovo Codice è presente il riconoscimento espresso in capo agli operatori economici di altri Stati membri costituiti in conformità alle disposizioni vigenti nei rispettivi Paesi della possibilità di accedere alle procedure di affidamento dei contratti pubblici, in conformità ai principi di parità di trattamento, non discriminazione, libertà di stabilimento e di prestazione di servizi.

All'art. 65, comma 2, lett. d), si rinviene la definizione di “consorzi stabili” (“formati da non meno di tre consorziati che, con decisione assunta dai rispettivi organi deliberativi, abbiano stabilito di operare in modo congiunto nel settore dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture per un periodo di tempo non inferiore a cinque anni, istituendo a tal fine una comune struttura di impresa”), prima contenuta alla lett. c dell'art. 45, comma 2 del d.lgs. n. 50/2016, nonché in un articolo ad hoc del Codice del 2006 (l'art. 36 del d.lgs. n. 163/2006).

Inoltre, il comma 3 dell'art. 65 demanda alla discrezionalità della stazione appaltante la scelta di imporre: i) alle persone giuridiche di indicare, nell'offerta o nella domanda di partecipazione, a procedure di aggiudicazione di appalti di servizi e di lavori, oltre che di forniture che implichino anche lo svolgimento di servizi o lavori di posa in opera e di installazione e di concessioni, il nome e le qualifiche professionali delle persone incaricate di fornire la relativa prestazione; ii) che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall'offerente.

Questioni applicative

Le categorie di operatori economici

Come si è anticipato, l'elencazione delle categorie di operatori economici ammessi a partecipare alle procedure di affidamento di cui all'art. 65 del Codice, salvo marginali modifiche, si pone in linea di continuità con il previgente art. 45 d.lgs. n. 50/2016.

In particolare, le categorie di operatori indicati dalla norma sono le seguenti.

L'art. 65, anzitutto, contempla, alla lettera a, gli imprenditori individuali, anche artigiani e delle società, anche cooperative.

In primo luogo si osserva che la figura dell'imprenditore individuale ricomprende sia il paradigma generale fornito dall'art. 2082 c.c., che l'imprenditore agricolo nella definizione posta dall'art. 2135 c.c.. Nella lettera a ) sono comprese le società commerciali (iscritte nel registro delle imprese e ad oggetto l'esercizio delle attività elencate dall'art. 2195 c.c.) che, stante la previsione di cui all'art. 2249 c.c., devono essere costituite in forma di società in nome collettivo, in accomandita semplice, per azioni o in accomandita per azioni, a responsabilità limitata (Tranquilli).

In riferimento alla partecipazione ad una gara di una s.r.l. semplificata, già durante la vigenza del Codice del 2006, la giurisprudenza aveva evidenziato come non potesse essere disposta l'esclusione di una società commerciale per la sola circostanza che non sia “attiva” sul mercato, in quanto è sufficiente che la stessa sia regolarmente iscritta al registro delle imprese ed eserciti l'attività oggetto della gara. (T.A.R. Campania (Napoli) VIII, n. 2146/2015).

Alla lett. b), la norma prevede i consorzi fra società cooperative di produzione e lavoro costituiti a norma della l. n. 422/1909 e del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni;

La disposizione in esame, alla lett. c, contempla i consorzi tra imprese artigiane di cui alla l. n. 443/1985.

Si evidenzia che, stante il rinvio alla legge sull'artigianato (l. n. 443/1985), devono ricomprendersi in tale categoria sia i consorzi costituiti da sole imprese artigiane sia i consorzi cd. “misti” (T.A.R. Veneto, (Venezia) I, n. 746/2014).

Alla lettera f ), l'articolo in esame prevede i consorzi stabili, costituiti, anche in forma di società consortiliex art. 2615- terc.c., tra imprenditori individuali, anche artigiani, società commerciali, cooperative di produzione e lavoro. Con riferimento ai consorzi stabili, come nel Codice del 2016, la bozza di Nuovo Codice non contiene un articolo espressamente dedicato, includendo la relativa disciplina nell'ambito della definizione di operatore economico.

Alla lett. e ) la norma include i raggruppamenti temporanei di concorrenti costituiti o costituendi dai soggetti di cui alle precedenti lett. a ), b ) e c ) (disciplinati specificamente al successivo art. 68 del Codice).

La novella, rispetto al previgente art. 45 del d.lgs. n. 50/2016, specifica espressamente che i raggruppamenti temporanei di impresa possono essere anche “costituendi”.

Alla lett. f ) i consorzi ordinari di concorrentiexart. 2602 c.c., costituiti dai soggetti di cui alle precedenti lett. a ), b ) e c ) (anche in forma di società consortiliex art. 2615- terc.c.).

Analogamente, anche con riferimento ai consorzi ordinari, la disposizione in esame rispetto alla previgente specifica che i consorzi possono essere sia costituiti che “costituendi”.

Si precisa che i consorzi ordinari sono ammessi a partecipare alle gare pubbliche negli stessi modi e forme consentiti ad un raggruppamento temporaneo di imprese. Da questi, tuttavia, si differenziano per la circostanza di costituire un'organizzazione comune tra i partecipanti.

La lett. g) della norma in esame contempla le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete ai sensi dell'art. 3, comma 4-ter, del d.l. n. 5/2009, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 33/2009;

Sul contratto di rete si è di recente espressa l'Autorità Nazionale Anticorruzione evidenziando che “la forma di partecipazione alla gara, dichiarata in sede di domanda, vincola il concorrente anche in fase esecutiva. Pertanto, laddove un operatore economico abbia dichiarato di partecipare alla gara in forma individuale non è invocabile a posteriori l'art. 45, comma 2, lett. f) del Codice che consente la partecipazione ad aggregazioni di imprese aderenti ad un contratto di rete, ma la società aggiudicataria è tenuta ad eseguire l'appalto singolarmente” (Delibera ANAC n. 29 del 20 gennaio 2021).

Infine, la lett. h), invece, fa riferimento ai soggetti che abbiano stipulato il contratto di gruppo europeo di interesse economico (GEIE) ai sensi del d.lgs. n. 240/1991.

Con riferimento a tale categoria si osserva che la disciplina generale è stabilita dal Regolamento CE 25 luglio 1987, n. 2137, mentre ulteriori disposizioni sono dettate a livello nazionale dal d.lgs. n. 240/1991. A differenza delle reti di imprese, il GEIE è sempre dotato di personalità giuridica. Merita inoltre evidenziare come parti del contratto possano essere più soggetti, persone fisiche e giuridiche che svolgano un'attività economica, di cui almeno due siano stabilite in diversi Stati membri dell'Unione. Non è dunque necessario che i membri del GEIE siano imprenditori, potendo tale aggregazione essere costituita anche da liberi professionisti. Inoltre, l'art. 3 del Regolamento CE 25 luglio 1987, n. 2137 sancisce che il GEIE non «ha lo scopo di realizzare profitti per se stesso, ma persegue la finalità di agevolare l'attività economica dei suoi membri» (Tranquilli).

Gli enti pubblici

Tra le questioni maggiormente problematiche, vi è quella della partecipazione alle gare degli enti pubblici.

Come noto, già le direttive del 2004 consentivano espressamente la partecipazione alle gare degli enti pubblici e in particolare, le direttive del 2004, sancivano la possibilità per gli Stati membri di autorizzare o meno talune categorie di operatori a fornire certi tipi di prestazioni sul mercato, contro corrispettivo, anche a titolo occasionale, specificando che, una volta intervenuta detta autorizzazione, non può essere vietato a tali soggetti di partecipare a procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi ad oggetto l'esercizio dell'attività che gli è consentito svolgere.

La suddetta possibilità è stata confermata dalle nuove direttive appalti e concessioni (considerando n. 14, artt. 2, par. 1 n. 10, art. 19, Direttiva n. 2014/24/UE; considerando n. 17 e artt. 2, par. 1, n. 6 e 37 della Direttiva 2014/25/UE, l'art. 26 della Direttiva n. 2014/23/UE), che parlano onnicomprensivamente di “persona e/o ente in grado di offrire sul mercato la realizzazione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi” richiamando, a titolo esemplificativo, le “università pubbliche o private” e “altre forme di enti”.

Nonostante il dato normativo, la legittimazione a partecipare alle gare degli enti pubblici è stata, negli anni, oggetto di una vexata questio correlata principalmente alle possibili ricadute distorsive sulla concorrenza legate alla circostanza che tali soggetti nell'esercizio dell'attività imprenditoriale i) beneficiano di finanziamenti pubblici e ii) non assumono il cd. “rischio di impresa”.

La giurisprudenza amministrativa ha quindi evidenziato che i suddetti elementi rendono l'offerta presentata dall'ente generalmente più competitiva rispetto a quella degli operatori privati e, dunque, potenzialmente idonea a falsare la concorrenza. Tuttavia, nel diritto dei Trattati dell'UE e nelle richiamate direttive sembra emergere una tendenziale neutralità rispetto alla natura pubblica o privata degli attori del mercato (si pensi all'art. 345 TFUE secondo cui “il trattato non incide sul regime di proprietà all'interno dei paesi dell'Unione Europea” sancendo, quindi, che non deve esistere nessuna discriminazione fra le imprese pubbliche e quelle private nel quadro dell'applicazione delle regole di concorrenza (Tranquilli).

Del resto, anche nell'affrontare la questione della partecipazione alle gare delle società con capitale interamente pubblico, la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto che, per il diritto europeo, la proprietà pubblica dell'impresa costituisce, di per sé, un fattore “neutro” rispetto al dispiegarsi della concorrenza (art. 345 TFUE), purché “da ciò non derivino, sotto forma di finanziamenti, affidamenti diretti etc., aiuti idonei di alterare la par condicio fra essa e gli altri operatori”. Le ipotesi in cui l'ordinamento, a tutela della concorrenza, impone a determinate imprese a capitale pubblico divieti di partecipazione alle gare devono, perciò, ritenersi tassative e fra queste “non rientra il caso in cui il capitale della società partecipante alla gara sia di proprietà della stazione appaltante” (T.A.R. Lombardia (Milano) III, n. 458/2012).

Ad ogni modo preme precisare che, nell'ambito della distinzione tra enti pubblici economici e non, in relazione ai primi non si è mai realmente dubitato della loro legittimazione a partecipare alle gare, stante l'applicabilità ad essi del regime dell'impresa (Cons. St. III, n. 1842/2015).

Il dibattito si è quindi concentrato sugli enti pubblici non economici, i quali sono caratterizzati dall'assenza di un'organizzazione imprenditoriale e dalla mancanza dell'esercizio esclusivo o prevalente di attività economica. Inizialmente, fu rilevato che, non essendo questi enti deputati alla «produzione di ricchezza» – finalità che caratterizza la nozione di imprenditore di cui all'art. 2082 c.c. – avrebbero dovuto ritenersi esclusi dal novero degli “operatori economici” ammessi alla presentazione delle offerte. Infatti, la locuzione “operatore economico” recata dalla normativa eurounitaria era stata talvolta interpretata dalla Corte di giustizia europea nel senso di “operatore economico attivo sul mercato”, il che aveva indotto a limitare la partecipazione al soggetto che svolga professionalmente un'attività imprenditoriale.

Infatti, secondo Cons. St. III, n. 1842/2015 “un ente pubblico è di natura economica se produce, per legge e per statuto (e quindi in modo non fattuale e non contingente) beni o servizi con criteri di economicità, ossia con equivalenza, almeno tendenziale, tra costi e ricavi, analogamente ad un comune imprenditore. Se tuttavia l'ente può normativamente perseguire molte finalità con finanziamenti dello Stato e di altri enti pubblici e, cioè, diversi dai corrispettivi ottenuti, indipendentemente dall'utilizzazione concreta, la gestione, comunque, non è economica, non avendo effetti automatici”.

A ben vedere, il principale fattore ostativo all'ammissione alle gare riguardava il finanziamento degli enti pubblici non economici tramite la spesa pubblica, che veniva ritenuto distorsivo della concorrenza. In particolare, si riteneva che tale circostanza garantisse una posizione di vantaggio all'ente pubblico rispetto agli altri operatori che, a parità di servizi offerti, affrontano rischi e costi dell'attività di impresa con il loro patrimonio, così alterando la par condicio tra i partecipanti. A ciò si aggiungeva l'argomento formale del carattere tassativo dell'elenco di cui al previgente art. 34 del d.lgs. n. 163/2006 (Sclafani).

Per converso, appariva altrettanto restrittivo della concorrenza escludere dalle gare soggetti oggettivamente in grado di fornire la prestazione prevista dal bando, solo perché non organizzati in forma imprenditoriale. La necessità di individuare un punto di equilibrio tra le contrapposte esigenze ha indotto il Consiglio di Stato ad investire della questione la Corte di Giustizia UE con un rinvio. In quella sede, la Corte ha confermato il principio della irrilevanza della forma giuridica rivestita dall'operatore economico osservando che anche i soggetti che non perseguono un preminente scopo di lucro, che non dispongono della struttura organizzativa di un'impresa e che non assicurano una presenza regolare sul mercato possono partecipare ad un appalto pubblico. Pertanto, le università, gli istituti di ricerca e i relativi raggruppamenti anche con altre amministrazioni pubbliche, se idonei in base al bando di gara a garantire l'esecuzione dell'appalto, possono presentare offerte. La Corte di Giustizia ha, infatti, chiarito che appartiene alla discrezionalità di ciascuno Stato membro decidere se autorizzare o meno un ente pubblico ad operare sul mercato (Corte giustizia UE, Sez. IV, sent. 23 dicembre 2009, Conisma, causa C-305/08).

In particolare, non può ritenersi operante un divieto per gli enti pubblici di partecipare alle procedure ad evidenza pubblica in quanto la nozione eurounitaria di operatore economico prescinde da requisiti soggettivi (come la natura privatistica ed fine di lucro) ed è determinata essenzialmente dal requisito oggettivo dell'idoneità del soggetto ad offrire beni e servizi sul mercato, nell'ambito di un'attività di impresa che può anche non essere l'attività principale dell'ente, purché però sia compatibile con il perseguimento dei fini istituzionali anche il finanziamento dell'ente attraverso la spesa pubblica non può essere di ostacolo alla partecipazione perché non incide sull'oggettiva idoneità dell'operatore ad eseguire la prestazione indicata nel bando l'unica accortezza richiesta dal diritto europeo è di verificare che l'ente in questione non sia beneficiario di aiuti di Stato non compatibili con il Trattato, perché in tal caso, secondo la giurisprudenza comunitaria, la sua esclusione dalla gara sarebbe doverosa.

Sulla nozione di operatore economico si è soffermato il Consiglio di Stato anche con una recente sentenza specifica sull'aggiudicazione dell'appalto a favore di un RTI di cui faceva parte un Dipartimento universitario. Il Consiglio di Stato ha ricordato, in primo luogo, che la nozione di operatore economico di cui all'art. 3, comma 1, lett. p), del Codice dei Contratti Pubblici, è in senso ampio “tale da ricomprendervi – nei limiti dell'affidamento dei terzi e della responsabilità patrimoniale, che postula la personalità giuridica – qualunque aggregazione riconducibile ad unità economica, sia esso persona o ente, indipendentemente dalla sua forma giuridica.” Pertanto, eventuali limitazioni preclusive delle procedure di gara che si basino sulla forma giuridica e sull'organizzazione interna degli operatori economici risulterebbero in contrasto con il principio del favor partecipationis, il quale mira, come è noto, ad assicurare la partecipazione più ampia di offerenti ad una gara d'appalto.

Nel caso concreto ha dunque ritenuto necessario e sufficiente, indipendentemente dall'accertamento del carattere della personalità giuridica, “un adeguato grado di autonomia organizzativa, contabile e dispositiva, tali da supportare – nella concreta prospettiva del contratto di cui si verte – un'autonoma offerta di prestazioni”. Alla luce di ciò, i giudici amministrativi hanno concluso che “i Dipartimenti rappresentano articolazioni interne dell'Università all'occorrenza abilitate [...] ad offrire per conto della rispettiva Università degli studi prestazioni sul mercato concorrenziale, senza l'esplicato e formale coinvolgimento dell'Ateneo di appartenenza nella procedura di formazione del contratto” (Cons. St. V, n. 7912/2020).

Gli enti privati senza fini di lucro

In materia di fondazioni, la giurisprudenza è stata oscillante. In un primo momento, è stato ritenuto che l'assenza dello scopo lucrativo, escludendo l'attività di impresa, ponesse le fondazioni al di fuori del perimetro della norma in esame. Successivamente, è stata valorizzata la capacità giuridica delle fondazioni di esercitare anche le attività di impresa che siano funzionali al perseguimento degli scopi statutari (Cons. St. VI, n. 3897/2009).

In tal senso, il possesso dei requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-organizzativa richiesti dal bando è stato ritenuto sufficiente per ammettere le fondazioni alle gare, in considerazione sia dell'interesse eurounitario alla libera circolazione dei prodotti e dei servizi, sia nell'interesse della stazione appaltante alla selezione della migliore prestazione, che non consentono di escludere delle offerte sul mero presupposto della mancanza di un fine di lucro da parte del soggetto offerente (Cons. St. III, n. 5882/2012).

Anche la legittimazione delle fondazioni a partecipare alle gare trova il suo fondamento nel principio di matrice europea di irrilevanza dei requisiti soggettivi. Infatti, può prendere parte alla gara – a prescindere dal termine di volta in volta utilizzato dalla lex specialis – qualsiasi organismo che, pur non operando per fini di lucro, sia presente sul mercato con l'offerta, anche occasionale, della prestazione indicata nel bando.

Vale la regola già indicata per gli enti pubblici secondo la quale spetta alla stazione appaltante verificare la compatibilità della prestazione offerta con le finalità statutarie dell'ente (Cons. St. VI, n. 3897/2009).

Analoghe considerazioni valgono con riferimento alle associazioni di volontariato la cui particolarità consiste nello scopo non lucrativo che viene perseguito in assenza di un rapporto di lavoro con i propri associati, i quali prestano la loro opera in qualità di volontari e quindi senza percepire alcun compenso. Tale peculiarità che, astrattamente, potrebbe essere ritenuta un fattore distorsivo della concorrenza nella competizione con altri operatori che, invece, sopportano il costo della manodopera, secondo la giurisprudenza non può essere di ostacolo alla loro partecipazione alla gare in quanto risulta decisivo il requisito oggettivo dell'idoneità ad eseguire la prestazione contemplata dal bando, essendo sufficiente che l'offerta economica sia ancorata al puntuale computo degli oneri derivanti dalla prestazione, indicando livelli di profitto pari a zero (Cons. St. III, n. 116/2016).

In altri termini, se ai fini dell'ammissione alle gare, non è rilevante l'assenza del fine di lucro, non lo è nemmeno il carattere volontario delle prestazioni svolte all'interno dell'associazione.

L'illegittimità dell'esclusione di soggetti non aventi natura imprenditoriale è stata ribadita in diverse pronunce della giurisprudenza di prime cure. In particolare il Tar Campania, richiamando pronunce del Consiglio di Stato ha ribadito l'illegittimità dell'esclusione da una gara di un concorrente non avente natura imprenditoriale (nella specie era stato escluso un consorzio di imprese in quanto una delle consorziate – non avendo natura di impresa – non era iscritta alla CCIAA), confermando che l'assenza di fini lucrativi nell'attività del soggetto non può essere considerata come causa di esclusione dalla procedura, tenuto conto che una simile impostazione avrebbe violato apertamente i principi di trasparenza e massima partecipazione nelle gare di appalto (T.A.R. Campania (Napoli) IV, n. 6519/2018).

Le società semplici e le società pubbliche

In passato il Consiglio di Stato ha rimesso alla Corte di Giustizia UE la questione interpretativa sulla compatibilità del diritto italiano, che esclude le società semplici, con i principi eurounitari di parità di trattamento e trasparenza. La Corte, dopo aver ribadito che uno degli obiettivi della disciplina europea in materia di appalti pubblici è l'apertura alla concorrenza nella misura più ampia possibile, la quale giova non solo agli operatori, ma anche all'amministrazione, ha stabilito che il diritto nazionale non può vietare ad un imprenditore di partecipare a gare d'appalto esclusivamente a causa della sua forma giuridica, dal momento che la discrezionalità riconosciuta alla Stati membri nell'autorizzare l'attività imprenditoriale è funzionale al perseguimento dei principi di parità di trattamento e trasparenza. Quindi, la normativa italiana che esclude a priori le società semplici dalle gare pubbliche non è ragionevole, in quanto non può ritenersi che l'assenza di un capitale minimo, la responsabilità limitata ai soci che hanno agito in nome e per conto della società e l'esclusione dalle procedure fallimentari renda la partecipazione delle società semplici alle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici idonea a ledere i principi di trasparenza e di non discriminazione.

Su questa scia l'art. 45 del Codice, recependo le indicazioni della giurisprudenza sovranazionale, ha inserito un generico riferimento alle “ società ”, ammettendo così alle gare tutti i soggetti con forma giuridica societaria, anche quelle che non svolgono attività commerciale.

Una posizione particolare è poi occupata dalle c.d. società pubbliche, ossia le società a partecipazione pubblica.

Come noto, la veste societaria impone l'applicazione del regime privatistico, salvi i casi espressamente previsti dalla legge. La circostanza, quindi, che al capitale sociale partecipi lo Stato non preclude l'ammissione alle procedure di aggiudicazione, in quanto non incide sull'autonomia negoziale del soggetto concorrente. In questo senso, si sono espresse sia la giurisprudenza nazionale che quella europea affermando che il socio pubblico non è in grado di alterare le dinamiche concorrenziali, in quanto le società partecipate agiscono secondo le modalità e gli strumenti del diritto privato. Pertanto, se tali società operano in condizione di parità rispetto alle altre imprese, la violazione della par condicio 51 si realizzerebbe escludendole e non ammettendole (Cons. St. VI, n. 3499/2008; Cons. St. V, n. 6325/2004; Cons. giust. amm., Sez. I, n. 692/2002; Corte giustizia CE, Sez. I, sentenza 11 gennaio 2005, in C-26/03).

Quindi, il fatto che un concorrente riceva sovvenzioni da amministrazioni pubbliche, o benefici della loro partecipazione al capitale sociale, non altera la concorrenza, purché sia rispettata la disciplina eurounitaria sugli aiuti di Stato. Infatti, le garanzie offerte dall'evidenza pubblica valgono ad escludere che la partecipazione al capitale sociale di un ente pubblico possa rappresentare un fattore distorsivo della concorrenza offrendo alla società partecipata un illegittimo vantaggio (Chieppa, Giovagnoli).

Non possono partecipare alle procedure di aggiudicazione gli ordini professionali i quali, oltre a non rivestire forma societaria, non possono svolgere attività di impresa ma tale esclusione non è discriminatoria perché si fonda sulla mancanza di capacità imprenditoriale di tali soggetti (Cons. St. V, n. 1344/2004).

I consorzi e i consorzi stabili

Preme soffermarsi sulla disciplina in materia di consorzi. Si chiarisce, anzitutto, che il consorzio può essere con attività interna, solitamente costituito per regolamentare la concorrenza tra società, per esercitare il controllo qualitativo dei prodotti o per la creazione di marchi di qualità, in cui ogni impresa continua a svolgere autonomamente tutte le fasi della propria attività; il consorzio con attività esterna, costituito per avere rapporti con terzi, integrando fra loro le competenze dei soggetti consorziati mediante la gestione di una o più fasi imprenditoriali, quali la gestione di gare d'appalto, di particolari lavorazioni o di reti commerciali.

Nell'ambito degli appalti pubblici operano solo i consorzi con attività esterna. Il consorzio esterno può essere costituito per svolgere un solo lavoro e/o una sola funzione, oppure svolgere più lavori e/o funzioni, nel medio e lungo periodo; inoltre può essere stabile o temporaneo.

Ai consorzi ordinari, per quanto riguarda la qualificazione, si applica la stessa disciplina degli RTI. Tuttavia, i consorzi si distinguono da questi ultimi in quanto forniti di autonoma soggettività giuridica, oltre che per la rilevanza esterna dell'organizzazione consortile. Il consorzio, infatti, svolgendo una funzione di intermediazione tra le imprese consorziate ed i terzi è legittimato a stipulare contratti in nome proprio e con propria autonoma responsabilità, sebbene per conto delle consorziate.

In realtà, più interessante e problematica è la disciplina relativa al consorzio stabile. Mentre il consorzio ordinario è di regola costituito per la partecipazione alla gara e lo svolgimento di un singolo appalto, il consorzio stabile è destinato a svolgere una serie di attività permanenti nel tempo.

L'istituto del consorzio stabile, quale forma di partecipazione alle procedure di affidamento, è stato introdotto dall'art. 10, comma 1, lett. c) della l. n. 109/1994, poi riprodotto nell'art. 36 del d.lgs. n. 163/2006, contemplato nell'art. 45, comma 2, lett. c) del d.lgs. n. 50/2016e oggi presente all'art. 65, comma 2 lett. c ).

La costante giurisprudenza amministrativa delinea il consorzio stabile come soggetto giuridico autonomo, costituito in forma collettiva e con causa mutualistica, che opera in base ad uno stabile rapporto organico con le imprese associate, in forza del quale può giovarsi, senza dover ricorrere all'avvalimento, degli stessi requisiti di idoneità tecnica e finanziaria delle consorziate stesse, secondo il criterio del “cumulo alla rinfusa” (cfr., T.A.R. Campania (Salerno) I, n. 1709/2016. In senso conforme, T.A.R. Lazio (Roma) I-quater, n. 1324/2017, si veda anche il Comunicato del Presidente ANAC dell'8 giugno 2016).

Tale criterio si sostanzia nella possibilità di scelta per il consorzio di provare il possesso dei requisiti o con attribuzioni proprie e dirette o attraverso quelle delle sue consorziate esecutrici e non esecutrici.

Ai fini dell'esistenza di un consorzio stabile è necessaria la sussistenza della “comune struttura di impresa” che, da un lato, è strettamente correlata alla concreta capacità dei consorzi stabili di assumere direttamente in proprio l'esecuzione delle prestazioni, dall'altro connota una nuova forma di cooperazione di imprese che, senza dar luogo ad un soggetto unitario, creano un'unica struttura imprenditoriale. Infatti, a differenza degli ordinari consorzi, che possono operare con la sola struttura aziendale delle imprese consorziate, il consorzio stabile deve dotarsi di un'autonoma struttura di impresa al fine di essere in grado di eseguire direttamente i lavori affidati senza doversi avvalere delle strutture aziendali delle imprese consorziate.

In sostanza, il consorzio stabile è istituito come una nuova e più capace impresa, avente ad oggetto esclusivo la realizzazione di lavori pubblici con corrispondente ed effettiva struttura imprenditoriale.

Il Codice dei contratti pubblici prevede per la costituzione dello stesso che vi siano almeno tre soci, con una comune struttura d'impresa ed un periodo temporale previsto di attività per almeno cinque anni.

Nel consorzio stabile è operativo il principio della ‘porta aperta', per cui è sempre ordinariamente possibile entrare o uscire dalla compagnia consortile. Essi integrano una forma di associazionismo imprenditoriale di tipo “forte”, in quanto la collaborazione tra i consorziati non è destinata ad esaurirsi nell'ambito della singola gara, come nel caso dei raggruppamenti temporanei d'imprese, né i consorzi stabili sono assimilabili ai consorzi ordinari, che sono meri strumenti di ripartizione di commesse pubbliche tra i partecipanti, senza creare un soggetto pienamente autonomo e distinto dalle consorziate (Abrate).

Il consorzio stabile, infatti, è dotato di propria soggettività giuridica ed autonoma qualificazione; esso, cioè, è del tutto scisso, giuridicamente (in quanto possiede la personalità giuridica) ed economicamente (in quanto dotato di un fondo consortile autonomo) dalle singole consorziate che lo compongono, stipula in proprio il contratto ed è responsabile direttamente per la sua corretta esecuzione.

Le disposizioni contenute ai commi 3 e 4 dell'art. 65

Come anticipato, rispetto alla disciplina previgente, è stato eliminato il comma 3 di cui art. 45 del Codice del 2016 e più opportunamente collocato all'art. 67 riferito agli RTI.

In particolare, il previgente comma 3 legittimava le stazioni appaltanti a richiedere ai raggruppamenti di operatori economici aggiudicatari di assumere una determinata forma giuridica dopo l'aggiudicazione del contratto, purché detta modificazione fosse funzionale a garantire la buona esecuzione della commessa. La previsione recepiva una corrispondente disposizione di diritto europeo ed incide sulla libertà di organizzazione dei singoli partecipanti al raggruppamento, il sacrificio della quale è ammesso, una volta aggiudicato il contratto, solo in quanto funzionale alla corretta esecuzione contrattuale. Ciò non legittimava, quindi, la stazione appaltante a subordinare l'accesso alla procedura di affidamento al possesso di una peculiare forma giuridica, ma solo ad esigere che l'operatore economico aggiudicatario assuma la veste giuridica ritenuta più idonea ad assicurare la miglior esecuzione del quid affidato.

D'altro canto le Direttive n. 2014/23/UE, n. 2014/24/UE e n. 2014/25/UE chiarivano che gli operatori economici “non possono essere obbligati dagli enti aggiudicatori ad avere una forma giuridica specifica ai fini della presentazione di un'offerta o di una domanda di partecipazione” (rispettivi artt. 26, 19 e 37): per cui una disposizione che avesse imposto limiti all'accesso, sarebbe stata non solo lesiva della concorrenza e della par condicio (a beneficio degli operatori individuali rispetto ai raggruppamenti), ma pure limitativa della libertà d'iniziativa economica ex art. 41 Cost..

La discrezionalità della stazione appaltante nel decidere se inserire o meno una clausola di questo tenore nella lex specialis incontra, quindi, un duplice limite.

In primo luogo, non sarà comunque possibile introdurre restrizioni all'accesso alla procedura connesse alla forma giuridica dell'offerente. Sussiste, infatti, una sostanziale “indifferenza dell'ordinamento, alla veste giuridica a mezzo della quale gli operatori concorrono alle procedure di gara ed alle eventuali modifiche della veste assunta inizialmente, quanto meno fino alla presentazione delle offerte” (Cons. St. III, n. 1328/2013).

In secondo luogo, ogni eventuale vincolo che venga imposto al raggruppamento aggiudicatario dovrà trovare la propria ragion d'essere – e il proprio limite – nella garanzia della buona esecuzione contrattuale. Le stesse Direttive n. 2014/23/UE, n. 2014/24/UE e n. 2014/25/UE specificano che l'assunzione di una determinata forma giuridica possa essere richiesta solonella misura in cui ciò sia necessario, ad esempio nei casi in cui sia prevista la responsabilità in solido” (rispettivi considerando (9), (15) e (18)).

Dunque, è ipotizzabile che una richiesta del genere venga avanzata solo quando il mutamento di veste giuridica del raggruppamento aggiudicatario, chiamato, per esempio, a costituire una società, sia finalizzato a facilitare la gestione operativa dei rapporti con la stazione appaltante.

Il nuovo comma 3 prevede che “Le stazioni appaltanti possono imporre alle persone giuridiche di indicare, nell'offerta o nella domanda di partecipazione a procedure per l'affidamento di appalti che comportino esecuzione di servizi o lavori nonché di forniture che comportano anche servizi o lavori di posa in opera e di installazione, il nome e le qualifiche professionali delle persone fisiche incaricate di fornire la prestazione e possono esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall'offerente.

Si specifica che il comma 3 dell'art. 65 legittima le stazioni appaltanti a richiedere agli operatori economici, persone giuridiche, di indicare nell'offerta o nella domanda di partecipazione a procedure per l'affidamento di appalti e concessioni di lavori, servizi e forniture che prevedano anche servizi o lavori di posa in opera e di installazione, i nominativi e le qualifiche professionali del personale che sarà impiegato nell'esecuzione del contratto. Viene altresì specificato che le stazioni appaltanti possono, altresì, esigere che taluni compiti essenziali siano direttamente svolti dall'offerente.

In quest'ottica le competenze tecniche e professionali del personale impiegato nell'esecuzione del contratto parrebbero assumere rilievo sia in relazione all'accesso alla gara, a dimostrazione dei requisiti di capacità tecnica dell'offerente, sia in sede di valutazione della sua offerta tecnica.

Tale disposizione è finalizzata ad assicurare l'elevata qualificazione dell'aggiudicatario, fermo restando che spetterà alla stazione appaltante modulare ragionevolmente, nel rispetto del principio di proporzionalità, requisiti d'accesso e criteri di valutazione, così da evitare di richiedere il possesso di qualifiche professionali troppo elevate in rapporto all'oggetto dell'affidamento, con conseguente riduzione della platea di offerenti in spregio al principio di libera concorrenza.

Senza contare che richiedere qualifiche troppo stringenti potrebbe pregiudicare le piccole e medie imprese, che, al contrario, sulla base delle direttive europee dovrebbero essere agevolate nell'accesso alle procedure pubbliche.

Infine, il comma 5 del previgente 45 è stato soppresso e più opportunamente collocato all'art. 68 afferente ai raggruppamenti temporanei di impresa. Tale norma esplicitava che le stazioni appaltanti potessero richiedere ai raggruppamenti di operatori economici condizioni per l'esecuzione del contratto differenti da quelle previste per i singoli partecipanti, purché rispettose del principio di proporzionalità e sorrette da ragioni oggettive.

Le Direttive n. 2014/23/UE, n. 2014/24/UE e n. 2014/25/UE specificano che tali condizioni “potrebbero ad esempio comprendere la richiesta” al raggruppamento di “nominare una rappresentanza congiunta o un partner capofila ai fini della procedura” o la “richiesta di informazioni sulla loro costituzione” (cfr. i Considerando (9), (15) e (18) delle Direttive 23, 24, 25 del 2014).

Alla luce di quanto riportato, sembra che le condizioni cui fanno riferimento le Direttive attengano a misure operative ed organizzative volte principalmente a facilitare i rapporti tra raggruppamento e stazione appaltante.

Trattandosi di indicazioni meramente esemplificative, saranno le stazioni appaltanti a scegliere di volta in volta le condizioni da imporre, nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, cui si affiancano i limiti intrinseci della discrezionalità amministrativa. In questa prospettiva, condizioni troppo gravose imposte ai soli raggruppamenti – e non agli operatori individuali – potrebbero rivelarsi anticoncorrenziali e lesive della parità di trattamento.

Si segnala che la giurisprudenza ha più volte ribadito che la clausola della lex specialis che preclude in termini generali e incondizionati la partecipazione alla gara dei concorrenti riuniti in raggruppamenti orizzontali o misti costituisce un'illegittima restrizione dell'accesso alle procedure ad evidenza pubblica, tanto più se la legge di gara ammette i raggruppamenti verticali di imprese.

Ciò perché la disciplina nazionale ed europea degli appalti ammette espressamente la partecipazione alle gare dei raggruppamenti temporanei costituiti da imprenditori in possesso dei requisiti prescritti ed esclude la possibilità di imporre una forma giuridica specifica ai fini della presentazione di un'offerta o di una domanda di partecipazione (cfr. art. 19 della Direttiva n. 2014/24/UE).

Le amministrazioni aggiudicatrici possono individuare le caratteristiche di capacità economico-finanziaria, tecnica e di idoneità professionale necessarie per partecipare alla gara, e definire la relativa modulazione anche per i concorrenti a composizione plurisoggettiva (tanto più a fronte di requisiti super-specialistici), ma non possono introdurreulteriori prescrizioni a pena di esclusione rispetto a quelle previste dal codice e da altre disposizioni di legge vigenti”.

Da ciò si ricava che i concorrenti in possesso dei requisiti prescritti hanno diritto a partecipare alla gara indipendentemente dalla forma organizzativa prescelta e che l'interesse pubblico alla selezione della migliore offerta consente alla stazione appaltante di specificare nei documenti di gara le modalità con cui i raggruppamenti devono ottemperare ai requisiti di partecipazione, anche richiedendo loro condizioni per l'esecuzione diverse da quelle imposte ai singoli partecipanti (purché siano proporzionate e giustificate da ragioni oggettive), ma ciò non legittima l'imposizione di un divieto di partecipare attraverso il modulo organizzativo del raggruppamento, espressamente previsto dalla legge, o di una limitazione delle tipologie di raggruppamenti ammessi (ex multis Cons. St. V, n. 2785/2020).

Bibliografia

Abrate, Consorzio Stabile, in l'Amministrativista, 2020; Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Chieppa, Giovagnoli, Manuale di diritto amministrativo, Milano, 2017; Giustiniani, Commento all'art. 45, in Caringella (a cura di), Codice dei contratti pubblici, Milano, 2021; Sclafani, Gli operatori economici, in Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, II ed., Torino, 2019; Tranquilli, Operare economico - LaBussola, in L'Amministrativista, 5 giugno 2020.

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