Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 93 - Commissione giudicatrice.Codice legge fallimentare Art. 77 Commissione giudicatrice. 1. Ai fini della selezione della migliore offerta nelle procedure di aggiudicazione di contratti di appalti con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, dopo la scadenza del termine per la presentazione delle offerte, è nominata una commissione giudicatrice, che, su richiesta del RUP, svolge anche attività di supporto per la verifica dell'anomalia. 2. La commissione è composta da un numero dispari di componenti, in numero massimo di cinque, esperti nello specifico settore cui si riferisce l'oggetto del contratto. Possono essere nominati componenti supplenti. 3. La commissione è presieduta e composta da dipendenti della stazione appaltante o delle amministrazioni beneficiarie dell'intervento, in possesso del necessario inquadramento giuridico e di adeguate competenze professionali. Della commissione giudicatrice può far parte il RUP. In mancanza di adeguate professionalità in organico, la stazione appaltante può scegliere il Presidente e i singoli componenti della commissione anche tra funzionari di altre amministrazioni e, in caso di documentata indisponibilità, tra professionisti esterni. Le nomine di cui al presente comma sono compiute secondo criteri di trasparenza, competenza e rotazione. 4. La commissione può riunirsi con modalità telematiche che salvaguardino la riservatezza delle comunicazioni. La commissione opera attraverso la piattaforma di approvvigionamento digitale per la valutazione della documentazione di gara e delle offerte dei partecipanti. 5. Non possono essere nominati commissari: a) coloro che nel biennio precedente all'indizione della procedura di aggiudicazione sono stati componenti di organi di indirizzo politico della stazione appaltante; b) coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel Capo I del Titolo II del Libro II del codice penale; c) coloro che si trovano in una situazione di conflitto di interessi con uno degli operatori economici partecipanti alla procedura; costituiscono situazioni di conflitto di interessi quelle che determinano l'obbligo di astensione previste dall'articolo 7 del regolamento recante il codice di comportamento dei dipendenti pubblici, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 62. 6. Salvo diversa motivata determinazione della stazione appaltante, in caso di rinnovo del procedimento di gara per effetto dell'annullamento dell'aggiudicazione o dell'esclusione di taluno dei concorrenti, è riconvocata la medesima commissione, tranne quando l'annullamento sia derivato da un vizio nella composizione della commissione. 7. Nelle procedure di aggiudicazione di contratti di appalto con il criterio del minor prezzo o costo, la valutazione delle offerte è effettuata da un seggio di gara, anche monocratico, composto da personale della stazione appaltante, scelto secondo criteri di trasparenza e competenza, al quale si applicano le cause di incompatibilità di cui alle lettere b) e c) del comma 5. InquadramentoL'articolo 93 contiene le disposizioni che regolano i presupposti per la nomina e le modalità di funzionamento della Commissione giudicatrice preposta alla valutazione delle offerte, quando il criterio prescelto è quello dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Come indicato nella Relazione illustrativa, nel nuovo codice la disciplina della Commissione giudicatrice è stata completamente rivista in attuazione al criterio direttivo di cui all'art. 1 comma 2 lett. m) della legge delega n. 78/2022, che ha richiesto il superamento della precedente impostazione del sistema di nomina dei commissari, caratterizzata dal ricorso all'Albo dei Commissari che avrebbe dovuto essere istituito presso l'ANAC. Il d.lgs. n. 50/2016, al fine di comprimere in un ambito molto ristretto le prerogative delle stazioni appaltanti nella nomina dei commissari, prevedeva l'individuazione dei membri mediante pubblico sorteggio da una lista di candidati costituita da un numero di nominativi almeno doppio rispetto a quello dei componenti da incaricare; la lista avrebbe dovuto essere fornita dall'ANAC. Tuttavia, il regime dei commissari di gara elaborato dal Legislatore del 2016 non ha mai trovato attuazione, per effetto di diversi interventi normativi che hanno posticipato l'operatività dell'Albo, anche tenendo conto delle difficoltà operative rappresentate dalla stessa ANAC in alcuni atti di segnalazione. Nello specifico, l'efficacia dell'art. 77 comma 3 del d.lgs. n. 50/2016 era stata sospesa, sino al 30 giugno 2023, sulla base delle modifiche su tale termine, introdotte dall'art. 52, comma 1, lett. a), n. 1.1), d.l. 31 maggio 2021, n. 77, conv., con modif., dalla l. 29 luglio 2021, n. 108. In precedenza, l'art. 1 comma 1 lett. c) del d.l. n. 32/2019 conv., con modif., dalla l. 14 giugno 2019, n. 55 aveva previsto che non trovava applicazione, a titolo sperimentale, – tra gli altri – anche «l'art. 77, comma 3, quanto all'obbligo di scegliere i commissari tra gli esperti iscritti all'Albo istituito presso l'Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) di cui all'art. 78, fermo restando l'obbligo di individuare i commissari secondo regole di competenza e trasparenza, preventivamente individuate da ciascuna stazione appaltante». La disciplina contiene anche altre novità, quale l'espressa previsione in base alla quale la Commissione giudicatrice può essere chiamata dal RUP a svolgere attività di supporto ai fini della verifica dell'anomalia dell'offerta. Inoltre, per la prima volta è disciplinato il seggio di gara, che può essere nominato anche in composizione monocratica nelle procedure da aggiudicare al prezzo più basso. Anche la disciplina delle incompatibilità e cause di astensione dei commissari ha subito una rilevante semplificazione; infatti, si supera la precedente impostazione in base alla quale, per garantire la separazione tra chi predispone il regolamento di gara e chi è chiamato ad applicarlo concretamente, era richiesto ai commissari di non aver svolto, né di svolgere alcun'altra funzione, incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto oggetto dell'affidamento. Infine, in coerenza con la rilevante revisione apportata alla disciplina generale del conflitto di interessi prevista dall'art. 16 del codice in sostituzione di quella contenuta nell'art. 42 del d.lgs. n. 50/2016, anche regole relative a questa causa di astensione sono state semplificate. In generale, con il nuovo codice si è inteso superare tutte le questioni applicative a cui aveva dato adito la precedente disciplina, tenendo conto delle indicazioni rese dalla giurisprudenza prevalente. Pur mantenendo l'impostazione di disciplina unitaria, già adottata in precedenza dall'art. 84 del d.lgs. n. 163/2006 e dall'art. 77 del d.lgs. n. 50/2016, ulteriori regole speciali sono previste dall'art. 51 che riguarda gli appalti di importo inferiore alle soglie europee. Diversamente rispetto al d.lgs. n. 50/2016, che all'art. 155 recava la disciplina delle commissioni giudicatrici nei concorsi di progettazione (in recepimento di alcune previsioni degli artt. 81 e 82 della direttiva 2014/24/UE e 97 e 98 della direttiva2014/25/UE), il nuovo codice non prevede alcuna specifica disposizione al riguardo. In generale: sulla nomina della CommissioneQuando è obbligatoria Il nuovo codice conferma che la nomina di una Commissione giudicatrice è prescritta solo quando si utilizza per l'aggiudicazione il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Nella vigenza del d.lgs. n. 163/2006, la dottrina (M. Lipari) aveva rilevato che il ricorso alla Commissione giudicatrice non potrebbe considerarsi escluso anche quando il criterio prescelto è quello del prezzo più basso. Il nuovo codice, invece, chiarisce al comma 7 che, in caso di applicazione del criterio del minor prezzo o costo, la valutazione è effettuata da un seggio di gara, anche monocratico, al quale si applicano le incompatibilità previste per i commissari derivanti da precedenti penali e dal conflitto di interesse. Anche la giurisprudenza formatasi sull'art. 77 del d.lgs. n. 50/2016, aveva distinto il ruolo del Seggio di gara, chiamato ad un'attività di mero accertamento, priva di ogni connotato discrezionale, da quello della Commissione, preposta all'effettuazione di valutazioni tecnico-discrezionali, senza che sia possibile l'ingerenza della prima nell'attività valutativa che costituisce prerogativa riservata alla seconda. La valutazione delle offerte tecniche, infatti, si compendia nell'apprezzamento, massima espressione della discrezionalità tecnica, degli elementi tecnici delle singole offerte e nell'attribuzione dei relativi punteggi sulla base dei pesi e punteggi appositamente indicati, sicché deve essere svolta necessariamente dalla Commissione giudicatrice. E', dunque, da ritenere illegittimo l'operato del Seggio di gara, che in violazione di tale principio, provveda direttamente alla rivalutazione delle offerte tecniche, alla rideterminazione dei punteggi e, dunque, alla riformulazione della graduatoria (T.A.R. Lombardia IV, n. 1549/2017). Nella vigenza del d.lgs. n. 163/2006, la giurisprudenza aveva escluso l'applicazione generalizzata della disciplina sulla Commissione giudicatrice dell'art. 84, con riferimento all'obbligo di nominarla per una procedura di acquisto in economia ai sensi dell'art. 125 del d.lgs. n. 163/2006 (T.A.R. Veneto I, 27 gennaio, n. 168). L'attuale disciplina si applica, invece, anche agli appalti sotto soglia, con alcune semplificazioni, che riguardano nello specifico la possibilità per il RUP di presiedere la Commissione, espressamente ammessa dall'art. 51. Al fine di risolvere problemi di coordinamento con le previsioni del TUEL, l'art. 224comma 5 del nuovo codice, aggiunge all'art. 107, comma 3, lettera a), del d.lgs. n. 267/2000, TUEL, la medesima previsione in base alla quale: “la commissione giudicatrice, nel caso di aggiudicazione dei contratti di importo inferiore alle soglie europee con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, può essere presieduta dal responsabile unico del procedimento”. Natura giuridica dell'organo e caratteristiche della sua attività valutativa Anche con riferimento alla nuova disciplina, restano valide le considerazioni della dottrina, in base alle quali la Commissione è un organo straordinario, temporaneo e con funzioni consultive svolte a favore della stazione appaltante (Beneventi). Il Collegio è, infatti, nominato esclusivamente per una specifica procedura di aggiudicazione e viene meno quando è stata completata l'attività di valutazione delle offerte ed individuata la migliore. La violazione delle regole di azione da parte dei commissari, determina, pertanto, responsabilità civile diretta della stazione appaltante per i danni eventualmente subiti da terzi e responsabilità amministrativa dei commissari con giurisdizione della Corte dei Conti. L'interruzione del nesso organico, si realizza solo quando vengono attuate condotte che integrano fattispecie di reato (De Nictolis). Ancor prima della entrata in vigore del d.lgs. n. 163/2006, anche la giurisprudenza amministrativa è sempre stata costante nel ritenere che i commissari sono organi istruttori straordinari e temporanei della stazione appaltante e che, pertanto, le valutazioni della Commissione, anche eventualmente illegittime, sono riconducibili direttamente all'amministrazione aggiudicatrice (Cons. St., Comm. Spec., Parere 14 settembre 2016, n. 1919 sulle Linee guida relative a criteri di scelta dei commissari di gara e di iscrizione degli esperti nell'Albo nazionale obbligatorio dei componenti delle commissioni aggiudicatrici, che richiama tra gli altri, Cons. St. IV, n. 5811/2014). Costituisce applicazione della predetta ricostruzione, anche il chiarimento di carattere applicativo fornito dalla giurisprudenza per cui «il Presidente della Commissione di gara non è controinteressato nel giudizio proposto avverso la procedura di gara, con la conseguenza che allo stesso non va notificato il ricorso, e ciò in quanto la Commissione è un organo tecnico, privo di rilevanza esterna, la cui attività viene trasfusa – previa apposita approvazione – nel provvedimento finale della procedura di gara, e cioè l'aggiudicazione, adottata dalla stazione appaltante.» (T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 3587/2018). Del consolidato orientamento giurisprudenziale richiamato, riguardante la natura della Commissione giudicatrice, aveva dato atto ampiamente anche l'allora AVCP, ricordando che si tratta di un organo collegiale con funzioni tecnico-valutative di natura consultiva e proponente, specificando anche che si tratta di un organo dell'amministrazione, appositamente nominato, che esprime una competenza tecnica, la quale si manifesta nella scelta dei componenti, in ragione della loro professionalità tecnica e scientifica e non in funzione della rappresentanza di interessi particolari (parere sulla normativa del 30 luglio 2013, AG 11/13). Il comma 1 conferma che la Commissione è nominata solo ai fini della valutazione della migliore offerta, ma rispetto alla precedente disciplina aggiunge, per la prima volta, che il RUP può chiedere che svolga attività di supporto nella valutazione dell'anomalia delle offerte. Come già con il precedente codice, resta, dunque, superata la diversa e risalente tesi, in base alla quale l'organo avrebbe anche potuto adottare atti di amministrazione attiva con efficacia esterna. Nella valutazione dell'offerta tecnica, la Commissione opera in piena autonomia rispetto alla stazione appaltante e deve valutare il contenuto dell'offerta secondo i criteri motivazionali presenti nei documenti di gara. Il giudizio della Commissione è connotato da ampi margini di discrezionalità tecnica e, pertanto, il sindacato giurisdizionale sulle scelte operate è soggetto a significativi limiti. Quanto all'attività di valutazione delle offerte da parte della Commissione, l'ANAC ha ricordato che essa costituisce tipica espressione della discrezionalità tecnica e, come tale, è sottratta al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non si tratti di valutazioni manifestamente illogiche, irrazionali, irragionevoli, arbitrarie ovvero fondate su un altrettanto palese e manifesto travisamento dei fatti. Non è sufficiente che le determinazioni assunte siano, sul piano del metodo e del procedimento seguito, meramente opinabili, in quanto il Giudice non può sostituire – in attuazione del principio costituzionale di separazione dei poteri – proprie valutazioni a quelle effettuate dall'autorità pubblica (delibera n. 226 del 4 marzo 2020 PREC 208/19/S; nello stesso senso, anche delibera del 12 febbraio 2020 n. 130 PREC 225/19/L; in precedenza, delibera del 18 settembre 2019 n. 824; delibera n. 491 del 29 maggio 2019, delibera n. 687 del 18 luglio 2018; delibera n. 193 del 1 marzo 2018; parere di precontenzioso n. 256 del 7 marzo 2018; parere di precontenzioso n. 412 del 2 maggio 2018; parere di precontenzioso n. 796 del 19 luglio 2017; parere di precontenzioso n. 84 del 10 aprile 2014). Infatti, secondo consolidata giurisprudenza, rientra nelle prerogative del giudice amministrativo, relativamente ai giudizi tecnici formulati ai fini della attribuzione dei punteggi alle offerte presentate in una gara pubblica, il vaglio dell'attendibilità delle valutazioni tecniche effettuate dalla stazione appaltante: ciò, al fine di verificare se il potere amministrativo sia stato esercitato con utilizzo delle regole conformi a criteri di logicità, congruità e ragionevolezza; ma senza – per il principio di separazione dei poteri – sostituirsi a questa negli apprezzamenti di merito. Sicché, a fronte dei giudizi «tecnici» espressi dalla Commissione, sono inammissibili le censure con cui il ricorrente non evidenzia macroscopiche irrazionalità o incongruenze, né palesi illogicità o travisamenti: invero, un sindacato che si spingesse fino a «rivalutare» nel merito le valutazioni effettuate avrebbe natura sostitutoria, esorbitando dai tassativi casi sanciti dall'art. 134 del d.lgs. n. 104/2010 (cod. proc. amm.), fatto salvo il limite della abnormità ed irrazionalità della scelta tecnica (Cons. St. IV, n. 5201/2022; Cons. St. V, n. 7448/2022; T.A.R. Puglia (Bari) III, n. 1534/2022, Cons. St. V, n. 144/2021; Cons. St. V, n. 173/2019; T.A.R. Lazio III-quater, n. 5302/2019; Cons. St. V, n. 279/2018). La stazione appaltante, invece, conserva il potere di decidere la non conformità dell'offerta al progetto dalla stessa predisposto, senza che il vaglio positivo dell'organo valutatore sulla «accettabilità» della offerta possa precludere un successivo diverso accertamento del RUP (T.A.R. Toscana I, n. 526/2022; T.A.R. Toscana I, n. 685/2022). In termini generali, la dottrina ha messo in evidenza come l'espressione del giudizio da parte della Commissione, può esplicarsi in modo unitario, risolvendosi in un unico valore, quale sintesi di quelli espressi da ciascun Commissario, secondo il meccanismo della maggioranza tipico del funzionamento degli organi collegiali; in alternativa, può attribuirsi rilievo ai singoli giudizi, che restano distinti ed autonomi. Entrambe le soluzioni possono comportare delle problematiche, in un caso perché attraverso il giudizio unitario espresso a maggioranza, non tiene conto della valutazione difforme della minoranza, nell'altro, in quanto i singoli giudizi potrebbero rivelarsi anche diametralmente opposti, con l'effetto di alterare l'esito finale. Pertanto, al fine di individuare quale delle due metodologie prediligere, dovrebbe farsi riferimento allo specifico oggetto della procedura di gara e, soprattutto, a cosa sia stato previsto nella lex sp ecialis. Pertanto, se la Commissione è chiamata ad esprimere una motivazione anche di tipo discorsivo andrebbe preferito il criterio della maggioranza, mentre quando si tratta di un dato numerico, dovrebbe essere ritenuto più appropriato l'altro criterio (Nardocci). Riguardo all'ipotesi in cui la Commissione esprima il proprio giudizio attraverso un punteggio numerico, la giurisprudenza si è espressa evidenziando che si considera esaustivo dell'onere di motivazione – la cui funzione è propriamente quella di arginare il rischio di un utilizzo arbitrario del potere discrezionale – se la lex specialis di gara contiene criteri di valutazione sufficientemente dettagliati e, dunque, idonei a risalire con immediatezza dalla ponderazione numerica alla valutazione ad essa sottesa (Cons. St. III, n. 3301/2018). È stato pure sottolineato che nell'interpretazione della lex specialis, la Commissione, deve attenersi ad un criterio strettamente letterale, in ossequio ai principi di imparzialità e di par condicio. Pertanto, deve ritenersi precluso ogni intervento integrativo dei requisiti e criteri di attribuzione del punteggio come pure la possibilità di individuare dei sub-criteri non previsti dal bando e avulsi da quelli stabiliti dai documenti di gara (Cons. St. III, n. 97/2014; Cons. St. III, n. 514/2012). Alla Commissione è inibito di integrare il bando di gara mediante la previsione di criteri integrativi dello stesso che non siano stati resi noti ai potenziali offerenti, mediante adeguata pubblicità, al momento in cui presentarono le offerte (Cons. St. III, n. 97/2013; Cons. St. V n. 7256/2010). Pertanto, l'individuazione di una griglia di sotto parametri di valutazione della qualità successivamente all'apertura delle offerte tecniche integra un'evidente inversione procedimentale, che, oltre a violare palesemente i principi di imparzialità, parità di trattamento e trasparenza di cui all'art. 4 del d.lgs. n. 50/2016, costituisce sicura spia dell'eccesso di potere (T. A. R. Liguria II, n. 524/2017). Dopo l'abrogazione del d.P.R. n. 207/2010, nelle Linee Guida n. 2 (attuazione dell'art. 95 comma 9 d.lgs. n. 50/2016, recanti «Offerta economicamente più vantaggiosa» – Approvate dal Consiglio dell'Autorità con Delibera n. 1005, del 21 settembre 2016. Aggiornate al d.lgs. n. 56/2017 con Delibera del Consiglio n. 424 del 2 maggio 2018), l'ANAC aveva chiarito che occorre definire in maniera chiara e precisa i criteri di valutazione, i metodi e le formule per l'attribuzione dei punteggi e il metodo per la formazione della graduatoria, finalizzati all'individuazione dell'offerta economicamente più vantaggiosa; devono, pertanto, essere evitate formulazioni oscure o ambigue, assicurando la trasparenza dell'attività e la consapevolezza della partecipazione. Gli elementi di valutazione cosiddetti qualitativi richiedono una valutazione discrezionale da parte dei commissari di gara. Sicché, al fine di permettere ai concorrenti di presentare una proposta consapevole e alla Commissione di gara di esprimere una valutazione delle offerte coerente con gli obiettivi della stazione appaltante, è assolutamente necessario che vengano indicati – già nel bando o in qualsiasi altro atto di avvio della procedura di affidamento – i criteri motivazionali a cui deve attenersi la Commissione per la valutazione delle offerte. Tali criteri devono essere almeno non discriminatori (ad es. non possono essere introdotte specifiche tecniche che favoriscono un determinato operatore), conosciuti da tutti i concorrenti e basati su elementi accessibili alle imprese. L'ANAC aveva precisato che sono due le modalità a cui ordinariamente si ricorre per l'attribuzione dei punteggi per gli elementi qualitativi, ossia l'attribuzione discrezionale, da parte di ciascun commissario di gara, di un coefficiente variabile tra zero e uno, da moltiplicare, poi, per il punteggio massimo attribuibile in relazione al criterio, e il metodo del «confronto a coppie» tra le offerte presentate, da parte di ciascun Commissario di gara, sistema in base al quale i Commissari confrontano l'offerta di ciascun concorrente indicando quale sia la preferita e il grado di preferenza. La giurisprudenza si è occupata in diverse pronunce del metodo del «confronto a coppie», (Cons. St. III, n. 3301/2018; T.A.R. Lombardia (Milano) IV, n. 2337/2017; T.A.R. Lazio, (Roma) I, n. 10705/2017; Cons. St. III, n. 3622/2017; Cons. St. VI, n. 2969/2017; T.A.R. Basilicata I, n. 342/2017; T.A.R. Campania (Napoli) VII, n. 1150/2017). Tuttavia, solo di recente, con specifico riferimento a detto metodo, si è espressa anche l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato che, al contempo, ha definito la corretta modalità di valutazione da parte dei commissari anche quando il metodo indicato dalla stazione appaltante è quello dell'attribuzione discrezionale di un coefficiente variabile tra zero ed uno. L'A.D. si è occupata della questione riguardante l'attribuzione di identici punteggi da parte di tutti i commissari e della possibilità che l'assegnazione dei punteggi sia preceduta da un momento di confronto e di collegialità da parte di tutti i membri dell'organo. Nel rispondere ai quesiti posti dalla sezione remittente, l'A.D. ha meglio definito le differenze tra i due sistemi, evidenziando che: «a) i commissari di gara cui è demandato il compito di esprimere una preferenza o un coefficiente numerico, quando procedono alla valutazione degli elementi qualitativi dell'offerta tecnica, possono confrontarsi tra loro in ordine a tali elementi prima di attribuire individualmente il punteggio alle offerte, purché tale confronto non si presti ad una surrettizia introduzione del principio di collegialità, con la formulazione di punteggi precostituiti ex ante, laddove tali valutazioni debbano essere, alla luce del vigente quadro regolatorio, anzitutto di natura esclusivamente individuale; b) con riferimento al metodo del confronto a coppie, in particolare, l'assegnazione di punteggi tutti o in larga parte identici e non differenziati da parte dei tutti i commissari annulla l'individualità della valutazione che, anche a seguito della valutazione collegiale, in una prima fase deve necessariamente mantenere una distinguibile autonomia preferenziale nel confronto tra la singola offerta e le altre in modo da garantire l'assegnazione di coefficienti non meramente ripetitivi e il funzionamento stesso del confronto a coppie; c) le valutazioni espresse dai singoli commissari, nella forma del coefficiente numerico non comparativo, possono ritenersi assorbite nella decisione collegiale finale, in assenza di una disposizione che ne imponga l'autonoma verbalizzazione, mentre per il confronto a coppie la manifestazione della preferenza è e deve essere anzitutto in una prima fase individuale, nel senso sopra precisato, e in quanto tale individualmente espressa e risultante dalla verbalizzazione» (Cons. St., Ad. Plen., n. 16/2022). Sotto altro profilo, è stato anche chiarito che la circostanza che i singoli commissari abbiano espresso tutti lo stesso punteggio o un unico punteggio, non è ex se indice di illegittimità, (Cons. St. III, n. 7595/2019; Cons. St. V, n. 1428/2014; Cons. St. V, n. 517/2015), potendo trattarsi di una fisiologica evoluzione del confronto dialettico svoltosi in seno a tale organo (Cons. St. III, n. 5130/2020). Si supera in questo modo, il precedente diverso orientamento, secondo il quale, l'espressione di un giudizio identico, singolarmente o complessivamente, da parte di tutti i commissari, può proprio essere la conseguenza di tale dialettico confronto, in seno alla Commissione giudicatrice, anziché la manifestazione di una evidente parzialità nei confronti di un'offerta rispetto ad un'altra, in assenza di un qualsivoglia principio di prova che lasci ritenere simile giudizio, da parte di tutti i commissari, come una valutazione precostituita, frutto non già del libero convincimento di ciascuno di essi, poi confluito in un unanime complessivo giudizio, ma di un atteggiamento acritico, illogico, ingiusto o, ancor peggio, parziale o preconcetto (Cons. St. III, n. 829/2020). Modalità di composizione, costituzione e funzionamento dell'organoLa formazione del collegio Sotto un profilo temporale, il comma 1 conferma, come la precedente disciplina, che la nomina dei commissari e la costituzione della Commissione devono avvenire dopo la scadenza del termine fissato per la presentazione delle offerte. La stessa previsione era contemplata anche nel precedente regime (art. 77 comma 7 del d.lgs. n. 50/2016 e art. 84 comma del d.lgs. n. 163/2006, che riproduceva il comma 7 dell'art. 21 della legge Merloni, l. n. 109/1994) con la finalità di evitare che i concorrenti, avendo conosciuto i nomi dei commissari, pongano azioni per influenzarne il giudizio. Si tratta di una regola generale, posta a tutela della par condicio, che, in quanto tale, ha carattere tassativo e non è suscettibile di deroga. La norma si pone, altresì, a presidio della regola per cui non è ammesso il ricorso a commissioni permanenti, precostituite per un numero indeterminato di gare d'appalto nell'ambito di alcuni enti. Secondo la giurisprudenza formatasi sulle precedenti identiche previsioni, la regola della posteriorità della nomina della Commissione giudicatrice, rispetto al termine ultimo di presentazione delle offerte, riguarda la formazione del Collegio nella sua interezza e non la (eventuale e previa) individuazione di alcuni dei suoi componenti, tenuto conto del fatto che l'imparzialità e la trasparenza delle operazioni di gara vanno riferiti all'organo in quanto tale che decide nell'integrità dei suoi membri (Cons. St. III, n. 4054/2018). La designazione di un singolo membro della Commissione esaminatrice è, infatti, un atto prodromico di carattere preparatorio, privo di efficacia esterna; viceversa, la nomina della Commissione ha effetti costitutivi dell'organismo collegiale e deve intervenire necessariamente in un arco di tempo posteriore alla presentazione delle offerte (Cons. St. V, n. 3743/2016). Quanto al profilo processuale, l'atto di nomina della Commissione – al pari degli atti da questa compiuti nel corso del procedimento – non produce di per sé un effetto lesivo immediato, e comunque, tale da implicare l'onere dell'immediata impugnazione nel prescritto termine decadenziale (Cons. St. III, n. 2253/2022; Cons. St. III, n. 7446/2019). La nomina dei componenti della Commissione può, dunque, essere impugnata dal partecipante alla selezione che la ritenga illegittima solo nel momento in cui – con l'approvazione delle operazioni concorsuali – si esaurisca il relativo procedimento amministrativo e divenga compiutamente riscontrabile la lesione della sfera giuridica dell'interessato (Cons. St. III, n. 2835/2018). Competenze, numero e sostituzione dei commissari Il comma 2 conferma quanto già previsto dall'art. 77, ossia che la Commissione giudicatrice deve essere composta da soggetti dotati di adeguate competenze tecniche, con riferimento allo specifico settore a cui è da ricondursi l'oggetto del contratto. La necessità di ricorrere ad «esperti» è correlata all'utilizzo del criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, che presuppone una valutazione comparativa, che può essere svolta solo utilizzando conoscenze specialistiche. Secondo la giurisprudenza amministrativa, riferita all'art. 77 del d.lgs. n. 50/2016, che conserva la propria validità anche rispetto all'art. 93, la già menzionata disposizione non impone, però, una rigida corrispondenza tra competenza dei membri della Commissione e ambiti materiali che concorrono all'integrazione del complessivo oggetto del contratto (Cons. St. V, n. 170/2021; Cons. St. III, n. 7832/2020; T.A.R. Campania (Napoli) I, n. 15/2021). Infatti, la competenza ed esperienza richieste ai commissari deve essere riferita ad aree tematiche omogenee e non anche alle singole e specifiche attività oggetto dell'appalto (T.A.R. Campania (Napoli) V, n. 890/2020; Cons. St. V, n. 5058/2019; Cons. St. V, n. 5603/2018). Inoltre, è preferibile che, a fronte di componenti con competenza nel settore «primario», a cui si riferisce l'oggetto dell'appalto, ve ne siano altri con competenze in settori «secondari» che interferiscono e intersecano il primo (Cons. St. III, n. 2638/2019), ovvero, non soltanto di natura tecnica, ma amministrativa e gestionale (Cons. St. III, n. 4458/2019). La legittima composizione della Commissione presuppone, dunque, anche la prevalente, seppure non esclusiva, presenza di membri esperti del settore oggetto dell'appalto (Cons. St. V, n. 3721/2018) ed il requisito della competenza dell'organo collegiale può ritenersi concretamente soddisfatta allorché due dei suoi tre componenti siano portatori di una specifica competenza nel settore in cui il singolo appalto si riferisce ed il terzo membro vanti, comunque, una competenza tecnica generale in materia di pubbliche gare (Cons. St. V, n. 705/2022; T.A.R. Campania V, n. 890/2020; Cons. St. III n. 7595/2019). Il requisito in questione deve essere inteso in modo coerente con la poliedricità delle competenze spesso richieste in relazione alla complessiva prestazione da affidare, non solo tenendo conto, secondo un approccio formale e atomistico, delle strette professionalità tecnico settoriali implicate dagli specifici criterî di valutazione, la cui applicazione sia prevista dalla lex specialis, ma considerando, secondo un approccio di natura sistematica e contestualizzata, anche le professionalità occorrenti a valutare sia le esigenze dell'Amministrazione, alla quale quei criteri siano funzionalmente preordinati, sia i concreti aspetti gestionali ed organizzativi sui quali gli stessi siano destinati ad incidere (T.A.R. Lombardia (Brescia) I, n. 6/2023; T.A.R. Molise I, n. 8/2020; T.A.R Veneto III, n. 1186/2019). Infine, la competenza tecnica dei commissari di gara non deve essere necessariamente desunta da uno specifico titolo di studio, potendo, invece, risultare anche da attività espletate e da incarichi svolti in precedenza (Cons. St. III, n. 8700/2019). È, invece, dibattuto se per la proposizione di un motivo di ricorso incentrato sulla illegittimità della composizione della Commissione, in ragione del mancato rispetto delle prescrizioni in tema di competenza, il ricorrente sia tenuto, altresì, a dar prova che tale carenza di competenze abbia influito sulla valutazione delle offerte (in tal senso, Cons. St. III, n. 7446/2019). Infatti, in alcune pronunce è stato rilevato che le censure volte a contestare il procedimento di nomina della Commissione giudicatrice sono ammissibili anche quando non sia stato dimostrato che la procedura, ove governata da una Commissione in differente composizione, avrebbe avuto un esito diverso, essendo pacifico che la prova di resistenza non debba essere offerta da colui che deduca vizi diretti ad ottenere l'annullamento e la successiva rinnovazione dell'intera procedura (Cons. St. V, n. 7557/2019), anche perché non si comprende quale possa essere la prova esigibile in capo al concorrente, considerato che i giudizi della Commissione presentano una inscindibile componente di opinabilità (Cons. St., III, n. 7832/2020). Il comma 2 conferma la regola già prevista nel previgente codice secondo la quale l'organo è costituto da un numero dispari di commissari, fino ad un massimo di cinque. Con riferimento al numero massimo di cinque componenti della Commissione, la giurisprudenza amministrativa formatasi sulle omologhe disposizioni dei precedenti codici, ritiene unanimemente che si tratti di un'indicazione non vincolante (Cons. St. V, n. 3579/2006; Cons. St. IV, n. 2188/2008; Cons. St. V, n. 2143/2009). Resta fermo, invece, che il numero dispari di componenti è un aspetto imprescindibile per garantire la funzionalità del principio maggioritario nell'ambito di un Collegio perfetto qual è l'organo in questione (Cons. St. V, n. 2143/2009; T.A.R. Toscana, n. 1989/2012; T.A.R. Veneto I, n. 471/2017). Il filone giurisprudenziale che ne afferma l'indispensabilità è prevalente rispetto alla minoritaria interpretazione che nega valore di principio alla regola e l'interpretazione letterale della norma induce le stesse conclusioni. Nel numero pari o dispari di membri della Commissione deve essere computato anche il Presidente, il quale ne fa parte a pieno titolo e, in disparte i poteri che abbia deciso di esercitare o meno nel caso concreto, ha diritto di voto al pari degli altri componenti. Per quanto attiene alla figura del segretario, invece, trattandosi del soggetto «verbalizzante», non può essere ricompreso nel novero dei membri della Commissione (Delibera n. 1143 del 8 novembre 2017, PREC. 152/17/S). Il comma 2 chiarisce che possono essere nominati componenti supplenti, cristallizzando l'orientamento giurisprudenziale formatosi nella vigenza della precedente disciplina. Infatti, la giurisprudenza aveva rilevato che la supplenza doveva ritenersi ammissibile, giacché il suo scopo, nelle Commissioni di gara, è quello, da un lato, di garantire che il Collegio possa operare con il plenum, anziché con la sola maggioranza, in caso di impedimento di taluno dei membri effettivi e, dall'altro lato, che la Commissione svolga le sue operazioni con continuità e tempestività, senza che il suo agire sia impedito o ritardato dall'impedimento di taluno dei suoi componenti; pertanto, la natura di Collegio perfetto non è contraddetta dalla nomina di supplenti, ma, anzi, ne è confermata (Cons. St. V, n. 7997/2022; Cons. St. VII, n. 6446/2022; T.A.R. Veneto, n. 183/2017). È legittima anche la sostituzione di un componente della Commissione che si riveli in stato di impedimento, e ciò per il generale principio di diritto pubblico sulla temporaneità delle cariche e sugli impedimenti soggettivi, principio che va applicato nel senso della possibilità di sostituire i componenti del Collegio ove si manifestino ragioni di carattere soggettivo e sopravvenute rispetto all'atto di nomina. Quella della sostituzione è una modalità diversa dal ricorso ai componenti supplenti, a cui si ricorre di norma per ragioni meramente estemporanee; dunque, per assenze o indisponibilità limitate nel tempo (Cons. St. V, n. 2813/2006). La stazione appaltante, però, non ha il compito di operare alcun sindacato sull'esistenza di un impedimento grave in capo al membro titolare, dati i limiti oggettivi costituiti dalla normativa in materia di riservatezza su dati sensibili (Cons. St. V, n. 7446/2022). Secondo la giurisprudenza, poi, la sostituzione non implica la necessità di rinnovare le operazioni di gara già svolte, in quanto: se è vero che la Commissione giudicatrice di gare d'appalto è un Collegio perfetto, che deve operare, in quanto tale, in pienezza della sua composizione e non con la maggioranza dei suoi componenti, con la conseguenza che le operazioni di gara propriamente valutative, come la fissazione dei criteri di massima e la valutazione delle offerte, non possono essere delegate a singoli membri o a sottocommissioni (Cons. St. V, n. 4143/2018), è anche vero che la sostituzione di un suo componente non impone la integrale rinnovazione delle operazioni di gara già svolte, che rimangono valide, ben potendo il nuovo componente (...), fare proprie le valutazioni delle offerte già esaminate dalla Commissione nella precedente composizione e procedere nella disamina delle offerte non ancora valutate e nell'assegnazione dei punteggi finali (Cons. St. III, n. 3847/2021). L'orientamento seguito più volte dal Consiglio di Stato, infatti, afferma che non esiste un principio assoluto di unicità o immodificabilità delle commissioni giudicatrici e che tale principio è destinato ad incontrare deroghe ogni volta vi sia un caso di indisponibilità da parte di uno dei componenti della Commissione a svolgere le proprie funzioni (Cons. St. V, n. 7446/2022; Cons. St. III, n. 1169/201 3; Cons. St. III, n. 3639/2013). Il Consiglio di Stato ha statuito, infatti, che i «membri delle commissioni di gara [...] possono essere sostituiti in relazione ad esigenze di rapidità e continuità della azione amministrativa» (Cons. St. V, n. 8400/2010), configurandosi la sostituzione come «un provvedimento di ordinaria amministrazione necessario a garantire il corretto funzionamento e la continuità delle operazioni» (Cons. St. V, n. 6872/2009). Modalità di individuazione dei commissari Per quanto attiene alle modalità di individuazione dei commissari, il comma 3 supera il sistema – mai effettivamente attuato – previsto dal d.lgs. n. 50/2016, ritornando alla precedente impostazione, in base alla quale il ricorso a soggetti esterni non costituisce più la regola, bensì l'eccezione. Infatti, la stazione appaltante è chiamata a dare priorità nella nomina sia dei componenti che del Presidente a soggetti del proprio organico o – quando la gara sia espletata da una centrale di committenza per altro ente non qualificato – di quello dell'amministrazione beneficiaria dell'intervento; in seconda istanza, possono essere nominati funzionari di altre amministrazioni, mentre il ricorso a professionisti esterni può avvenire solo in caso di documentata indisponibilità. La nuova disciplina, oltre a ribadire il principio nella necessaria competenza e adeguato inquadramento professionale dei commissari, specifica che la Commissione può essere presieduta da un dipendente della stazione appaltante, oltre che essere composta da suoi funzionari. Il comma 3 chiarisce definitivamente che della Commissione giudicatrice può far parte il RUP. Con questa previsione, si supera anche la precedente impostazione che aveva dato adito ad ampio contenzioso, in base alla quale era richiesto ai Commissari di non aver svolto, né di svolgere alcun'altra funzione, incarico tecnico o amministrativo relativamente al contratto del cui affidamento si tratta. La stessa regola era valevole per il RUP. In merito al principio – al quale si conformava la precedente disciplina – della separazione tra chi predispone il regolamento di gara e chi è chiamato ad applicarlo concretamente, la giurisprudenza aveva evidenziato che si trattava di una regola generale posta a tutela della trasparenza della procedura e, dunque, a garanzia del diritto delle parti ad una decisione adottata da un organo terzo ed imparziale, che effettui valutazioni il più possibile oggettive e, cioè, non influenzate dalle scelte che l'hanno preceduta (Cons. St., Ad. Plen., n. 13/2013; Cons. St. III, n. 6082/2018; Cons. St. V, n. 193/2019). La medesima disposizione era già contenuta nel d.lgs. n. 163/2006, che, tuttavia, riguardava i soli commissari diversi dal Presidente, mentre il d.lgs. n. 50/2016 aveva esteso tale causa di incompatibilità anche al Presidente della Commissione. In ragione di tale estensione, l'ANAC aveva prospettato che doveva ritenersi preclusa ogni possibilità per le stazioni appaltanti di nominare il RUP nell'ambito della Commissione (Proposta deliberata dal Consiglio il 21 giugno 2016 e inviata al Consiglio Stato di Linee Guida aventi ad oggetto «Nomina, ruolo, e compiti del responsabile del procedimento per l'affidamento di appalti e delle concessioni»). Tuttavia, sul punto, il Consiglio di Stato (Cons. St., comm. spec., parere n. 1667/2016) si era espresso confermando la necessità di interpretare la disposizione secondo un approccio – già consolidato in riferimento previgente codice – di minor rigore che escludesse forme di automatica incompatibilità a carico del RUP (ex multis: Cons. St. V, n. 1565/2015). Ad ogni modo, il correttivo aveva poi posto fine ad ogni questione, inserendo una integrazione all'art. 77 del d.lgs. n. 50/2016, in base alla quale la nomina del RUP a membro delle commissioni di gara doveva essere valutata con riferimento alla singola procedura, rimettendo all'amministrazione la valutazione della sussistenza o meno dei presupposti dell'incompatibilità, senza escludere automaticamente la possibilità che lo stesso potesse far parte legittimamente della Commissione gara. Secondo la giurisprudenza, la norma del previgente codice doveva essere interpretata nel senso che l'eventuale incompatibilità dovesse essere comprovata, sul piano concreto e, di volta in volta, sotto il profilo dell'interferenza sulle rispettive funzioni assegnate al dirigente ed alla Commissione (Cons. St. V, n. 2471/2020; Cons. St. V, n. 6135/2019). In base alla nuova disciplina, però, non è chiarito se il RUP possa ricoprire il ruolo di Presidente, ove si tratti di contratti di importo superiore alle soglie di rilevanza europea tenuto conto che, l'art. 51 espressamente lo consente solo per le procedure sottosoglia. Sempre il comma 3 ribadisce che le nomine debbono avvenire nel rispetto del principio di competenza, rotazione e trasparenza. Anche l'art. 77 del precedente codice richiedeva che, nel rispetto del principio di rotazione, dovesse avvenire sia la scelta degli esperti iscritti nell'Albo per la compilazione della lista tra cui sorteggiare i componenti della Commissione, che l'individuazione dei componenti interni, nei casi in cui era ammessa tale possibilità (affidamento di contratti per i servizi e le forniture di importo inferiore alle soglie europee, per i lavori di importo inferiore a un milione di euro e per quelli che non presentano particolare complessità). Con riferimento all'art. 77 del d.lgs. n. 50/2016, la giurisprudenza aveva rilevato come il principio di rotazione necessiti di essere configurato nella sua dimensione operativa, in specie con riferimento alla durata temporale della preclusione di chi ha fatto parte della Commissione ad essere nominato in altra Commissione in successiva procedura. In tal quadro, può essere fatto riferimento a quanto era stato disposto dalla stessa ANAC riguardo alle proprie procedure di aggiudicazione con la deliberazione n. 620/2016 (avente ad oggetto: «criteri per la nomina dei componenti delle commissioni giudicatrici nelle procedure bandite dall'ANAC per l'aggiudicazione di contratti pubblici di appalto»), secondo la quale il «commissario di gara non potrà ricoprire analogo incarico per un periodo di due anni dalla data relativa alla precedente nomina»; infatti, il suddetto termine biennale può ritenersi congruo (T.A.R. Toscana II, n. 1441/2020). Diversamente dal precedente codice, però, la nuova disciplina della Commissione giudicatrice non contiene alcun riferimento alla necessità che ciascuna stazione appaltante individui previamente le regole in base alle quali effettuerà la scelta dei commissari. D'altra parte, quanto alla mancata predeterminazione in un atto generale delle regole di competenza e di trasparenza circa la nomina della Commissione giudicatrice, anche la giurisprudenza formatasi sul precedente codice, aveva già chiarito che, ove i principi di competenza e trasparenza non siano in concreto vulnerati, essa costituisce un'inosservanza meramente formale, inidonea a ridondare in vizio di legittimità della nomina (T.A.R. Abruzzo (Pescara), n. 119/2020). Infatti, sebbene sia preferibile la previa incorporazione delle regole di procedure in un atto fonte della stazione appaltante, l'operato non diventa illegittimo per il sol fatto della mancata previa formalizzazione di dette regole. Occorre dimostrare che, in concreto, siano mancate le condizioni di trasparenza e competenza (Cons. St. III, n. 2819/2022; Cons. St. IV, n. 4865/2019). È già stato anche evidenziato che in sede di nomina dei commissari, non sussiste l'obbligo di una preventiva indicazione dei criteri di nomina della Commissione, in quanto le ragioni della scelta possono evincersi dai curricula, mentre recede ad irregolarità formale la mancata predeterminazione dei criteri di scelta (T.A.R. Trentino-Alto Adige (Bolzano), n. 272/2020). Funzionamento del Collegio Il comma 4 conferma quanto già previsto dall'art. 77 del d.lgs. n. 50/2016, ossia che la Commissione lavora di regola a distanza con procedure telematiche che salvaguardino la riservatezza delle comunicazioni. In conseguenza della completa digitalizzazione dell'intero ciclo di vita dei contratti pubblici e delle previsioni concernenti l'obbligo di utilizzo delle piattaforme di approvvigionamento digitale per tutte le stazioni appaltanti, è previsto che anche la Commissione operi attraverso la piattaforma per la valutazione della documentazione di gara e delle offerte dei partecipanti. Pertanto, i principi elaborati dalla giurisprudenza in merito all'operato della Commissione giudicatrice, sebbene ancora astrattamente valevoli, devono essere coniugati con un sistema del tutto digitalizzato che, nella nuova impostazione, sostituisce quelli tradizionali basati su documentazione cartacea e attività svolte in presenza. Ciò, in quanto, la gestione telematica della procedura consente non solo di tracciare tutte le operazioni compiute dai concorrenti e dalla stazione appaltante, tra cui il caricamento sulla piattaforma dedicata e la successiva apertura dei files contenenti le offerte, ma anche di garantire con certezza l'immodificabilità, la segretezza e l'inviolabilità delle offerte. Già nella vigenza del precedente codice, la giurisprudenza si è occupata dei casi in cui la Commissione di gara operi nell'ambito di una procedura telematica, svolta mediante una piattaforma digitale. Nello specifico, è stato chiarito che la possibilità di accedere da remoto alla documentazione di gara sulla piattaforma da parte dei componenti la Commissione, con modalità tracciate dai tabulati attestanti gli accessi da parte dei commissari alla piattaforma, è certamente legittima. Tale modus operandi consente di chiudere in tempi rapidi la fase collegiale, alla quale ogni commissario è arrivato avendo già studiato le offerte, nelle singole componenti (Cons. St. III, n. 276/2019). Inoltre, tale modalità prevede specificamente l'accesso unicamente tramite password e username, e non esclude l'esame collegiale da parte della Commissione medesima, ma unicamente consente ai commissari una più attenta indagine. Ogni passaggio risulta tracciabile (Cons. St. III, n. 1637/2019). In merito alla pubblicità delle sedute, era stato evidenziato che il mancato rispetto di tale principio non costituisce una mera mancanza formale, ma una violazione sostanziale, idonea ad invalidare la procedura, anche in assenza di prova circa l'effettiva manipolazione della documentazione prodotta, ciò a tutela non solo degli interessi degli operatori, ma anche di quelli della stazione appaltante (Cons. St., Ad. Plen., n. 31/2012 e Cons. St.,Ad. Plen., n. 13/2011). Il principio di pubblicità può essere soddisfatto solo con la possibilità offerta al pubblico, eventualmente anche a distanza, di assistere dell'apertura delle offerte, contestualmente allo svolgimento di tali operazioni. La registrazione audiovisiva della seduta rappresenta, invece, semplicemente una modalità di documentazione di ciò che avviene durante la stessa, analogamente a quanto avviene con la redazione del relativo verbale cartaceo, senza tuttavia che ciò possa avere conseguenze sananti, ex post, sull'avvenuta violazione del principio di pubblicità, che attiene infatti alle modalità di svolgimento delle operazioni di gara, ed è pertanto indipendente dalle regole prescelte per la loro documentazione (T.A.R. Lombardia IV, n. 653/2016). Tuttavia, più di recente, sulla base delle peculiari caratteristiche della procedura telematica, e delle garanzie di trasparenza che la stessa assicura, riguardo alla pubblicità delle sedute, il Consiglio di Stato ha ritenuto che, in questi casi, non sarebbe necessaria una seduta pubblica per l'apertura delle offerte tecniche, in quanto la gestione informatizzata offre il vantaggio di una maggiore sicurezza rispetto alla conservazione dell'integrità degli atti. Ciò in quanto, è assicurata la tracciabilità dei flussi di dati tra i singoli operatori partecipanti, garantendo un'immediata e diretta verifica della data di confezionamento dei documenti trasmessi, della loro acquisizione e di ogni eventuale tentativo di modifica (Cons. St. V, n. 627/2021; Cons. St. III, n. 7039/2018; Cons. St. III, n. 4990/2016). In generale, secondo la giurisprudenza, il principio di pubblicità delle sedute deve essere rapportato non ai canoni storici che hanno guidato l'applicazione dello stesso, quanto piuttosto alle peculiarità e specificità che l'evoluzione tecnologica ha consentito di mettere a disposizione delle procedure di gara telematiche, in ragione del fatto che la piattaforma elettronica, che ha supportato le varie fasi di gara, assicura l'intangibilità del contenuto delle offerte (indipendentemente dalla presenza o meno del pubblico), posto che ogni operazione compiuta risulta essere ritualmente tracciata dal sistema elettronico senza possibilità di alterazioni; in altri termini, è garantita non solo la tracciabilità di tutte le fasi ma proprio l'inviolabilità delle buste elettroniche contenenti le offerte e l'incorruttibilità di ciascun documento presentato (Cons. St. V, n. 5388/2017). Quanto all'utilizzo dei sistemi telematici da parte dei commissari di gara, nella vigenza del precedente codice era stata espressa l'opinione secondo la quale sarebbe stato difficile coniugare la possibilità per i commissari di lavorare a distanza con i principi che secondo la giurisprudenza formatasi al riguardo, regolano l'operato della Commissione (Marongiu). Ad esempio, dai principi generali in materia, già con riferimento alla disciplina contenuta nel d.lgs. n. 163/2006, la giurisprudenza aveva desunto che, al fine di assicurare imparzialità, pubblicità, trasparenza e speditezza all'azione amministrativa, le sedute di una Commissione di gara devono ispirarsi al principio di concentrazione e di continuità (Cons. St. V, n. 8155/2010). In particolare, le operazioni di esame delle offerte tecniche ed economiche devono essere concentrate in una sola seduta, senza soluzione di continuità, al precipuo fine di scongiurare possibili influenze esterne ed assicurare l'assoluta indipendenza di giudizio dell'organo incaricato della valutazione (Cons. St. VI, n. 6128/2000). Il principio di continuità e di concentrazione della gara non è, però, assolutamente insuscettibile di eccezioni, potendo verificarsi situazioni particolari che obiettivamente impediscono l'espletamento delle operazioni in unica seduta (Cons. St. V, n. 6388/2002; Cons. St. V, n. 5/2002). Tra queste possono, in effetti, annoverarsi la particolare complessità delle valutazioni da svolgere o l'elevato numero delle offerte da giudicare, l'indisponibilità dei membri della Commissione, la correlata necessità di nominare sostituti che giustificano il ritardo, anche in relazione al preminente interesse alla effettuazione di scelte ponderate (Cons. St. III, n. 4903/2017). Era stato anche evidenziato che, ai fini della tutela della segretezza delle offerte e per assicurare la par condicio e la trasparenza delle operazioni concorsuali occorre che la Commissione di gara predisponga particolari cautele per la conservazione delle buste contenenti le offerte e che di dette cautele si faccia espressa menzione nel verbale di gara, non potendo tale verbalizzazione essere surrogata da dichiarazioni postume del Presidente circa lo stato di conservazione dei plichi (Cons. St. III, n. 5495/2018). Ad ogni modo, la mancanza di disposizioni puntuali in ordine alle modalità di conservazione dei plichi tra una seduta e l'altra, la mancata indicazione nei verbali di operazioni singolarmente svolte, la mancata identificazione del soggetto responsabile della custodia dei plichi o del luogo di custodia degli stessi e delle misure atte a garantirne l'integrale conservazione, non costituiscono causa d'illegittimità del procedimento, salvo che non sia provato o siano quanto meno forniti indizi che la documentazione di gara sia stata effettivamente manipolata negli intervalli tra un'operazione e l'altra (T.A.R. Abruzzo, n. 16/2017; Cons. St. n. 3649/2015; T.A.R. Veneto, n. 1028/2015). Di recente, la giurisprudenza ha escluso che possa essere addotta a indice di illegittimità dell'operato del seggio di gara la pretesa inadeguatezza dei tempi impiegati per la valutazione delle offerte, ricostruiti presuntivamente sulla base del numero di esse, del numero delle sedute e della durata delle stesse, evincibile dai relativi verbali, ben potendo la brevità dei lavori dipendere ragionevolmente, per esempio, da particolari doti, anche di sintesi, dei componenti della Commissione, dall'adeguatezza dell'organizzazione dei suoi lavori o anche dalla rilevazione ictu oculi delle peculiari caratteristiche delle offerte presentate (Cons. St. V, n. 7448/2022). In merito al funzionamento dell'organo, già prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 50/2016, si era consolidato l'orientamento – da ritenersi ancora attuale – secondo cui la Commissione deve operare come un Collegio perfetto, ossia nel plenum dei suoi componenti e non con la semplice maggioranza, con la conseguenza che non è possibile delegare le operazioni di carattere valutativo a singoli membri o a sottocommissioni. Da questo principio, discende anche che il rifiuto di sottoscrizione da parte di uno dei componenti della Commissione rende il verbale imperfetto e non imputabile, quale atto conclusivo della procedura valutativa, alla Commissione, unitariamente considerata nella sua natura di organo collegiale straordinario della P.A. (Cons. St. III, n. 10457/2022). Nondimeno, in base alla giurisprudenza, per evidenti esigenze di funzionalità, il principio deve ritenersi temperato nella misura in cui non è indispensabile la piena collegialità, quando occorra effettuare attività preparatorie, istruttorie o strumentali, destinate, come tali, a refluire nella successiva e definitiva valutazione dell'intero consesso (Cons. St. V, n. 513/2011; Cons. St. IV, n. 4196/2005). Quanto all'attività che, in quanto meramente strumentale è da considerare delegabile o affidabile a sottocommissioni, è stato chiarito che a tal fine dovrà avere, in difetto di criteri identificativi o discretivi di ordine materiale o sostanziale, la duplice caratteristica (a un tempo necessaria e sufficiente): a) di essere, ex ante e in abstracto, suscettibile di potenziale verifica a posteriori da parte del plenum; b) di essere, ex post e in concreto, effettivamente acquisita alla valutazione collegiale piena, in termini di controllo, condivisione ed approvazione (Cons. St. V, n. 4143/2018). È, inoltre, ritenuto ammissibile che, all'occorrenza, le commissioni di gara facciano ricorso a consulenze esterne per integrare o approfondire alcuni aspetti necessari alla corretta valutazione delle offerte – fermo restando però che, in tali casi, la consulenza deve arrestarsi ad aspetti fattuali, non potendo estendersi all'espressione di valutazioni. (Cons. St. III, n. 112/2016; Cons. St. VI, 5 n. 2026/2012; T.A.R. Puglia (Bari) I, n. 1583/2012). Le attività attuate dalla Commissione devono essere verbalizzate. Infatti, secondo la giurisprudenza, il processo verbale è il documento che fa prova fino a querela di falso e deve contenere una sintesi dettagliata delle attività svolte dalla Commissione di gara e gli estremi necessari ad individuare l'imputazione della volontà decidente, compresa la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha compilato ovvero, la sottoscrizione da parte di tutti i membri (T.A.R. Trento, n. 166/2022). L'attività di verbalizzazione può anche non essere contestuale alle specifiche operazioni, alla cui descrizione essa è dedicata per essere effettuata in un secondo momento, mediante la c.d. «verbalizzazione postuma». Affinché la descritta modalità risulti legittima, è necessario che la verbalizzazione avvenga dopo un lasso di tempo ragionevole, in modo da evitare la dispersione degli elementi informativi. Inoltre, è stato ritenuto necessario che durante le operazioni, il segretario verbalizzante prenda appunti per poter poi essere in grado di riportare fedelmente nel verbale tutti gli accadimenti che hanno contraddistinto la seduta di gara (Cons. St. V, n. 1599/2012). È da ritenersi ammissibile la verbalizzazione sintetica e la compilazione di un unico verbale di tutte le operazioni compiute (Cons. St. V, n. 5377/2014), come pure va esclusa la necessità di redigere contestuali e distinti verbali per ciascuna seduta della Commissione di gara potendosi legittimamente accorpare in un unico atto la verbalizzazione delle varie sedute ed anche la sua redazione non contestuale al compimento delle operazioni di gara (Cons. St. III, n. 4449/2014). La giurisprudenza amministrativa ha, altresì, avuto modo di precisare che, qualora l'operato della Commissione chiamata a valutare le offerte tecniche si sia protratto per più sedute e nel corso della seduta finale siano stati poi riportati i giudizi finali, contenuti in un prospetto unitario, tale modalità di verbalizzazione, seppur di tipo sintetico e non contestuale, non dimostra in via automatica la presenza di irregolarità nello svolgimento delle attività valutative. Detta modalità di verbalizzazione è censurabile solo allorquando, dalla lettura complessiva degli atti di gara, non sia possibile ricostruire in maniera chiara l'iter logico seguito dalla Commissione giudicatrice nelle sedute riservate, nelle quali ha proceduto all'esame ed alla valutazione delle offerte, oppure quando l'interessato abbia fornito prova che tale modus operandi abbia inciso sulla regolarità della procedura ed, in particolare, sulla garanzia della corretta custodia delle offerte (T.A.R. Toscana III, n. 1654/2020; T.A.R. Sardegna I, n. 200/2017). Con riferimento alle gare telematiche, è stato, invece, chiarito che il fatto che la Commissione Giudicatrice ha redatto materialmente il verbale in forma cartacea nella fase successiva alla presentazione delle offerte, senza poi alcuna apposizione di firma digitale, rappresenta una mera irregolarità che, di per sé, non è idonea ad inficiare la correttezza e la legittimità delle operazioni valutative effettuate (Cons. St. V, 623/2021). Divieti di nomina dei commissariOltre che in ossequio al principio della composizione eminentemente tecnica, la nomina dei commissari di gara deve anche avvenire tenendo conto di alcuni altri vincoli e divieti, previsti dal Legislatore a garanzia dell'imparzialità e dell'obiettività di giudizio della Commissione. Il sistema risulta fortemente semplificato rispetto a quello del precedente codice. Il comma 5 lett. a), tuttavia, ripropone la disposizione già contenuta nell'art. 77 in base alla quale non possono essere nominati commissari coloro che nel biennio precedente all'indizione della procedura di aggiudicazione sono stati componenti di organi di indirizzo politico della stazione appaltante. La ratio della disposizione contenuta anche nell'art. 84 del d.lgs. n. 163/2006 è quella di evitare la proliferazione di rapporti di natura clientelare (Fonderico). Tenuto conto della funzione della norma, che è posta a presidio della imparzialità, la stessa dovrebbe essere interpretata secondo significato più ampio e di maggior garanzia, in base al quale il pubblico amministratore può essere indentificato con colui che sia preposto alla gestione del denaro pubblico ed investito di prerogative gestorie (Nardocci). Viene anche confermata alla lett. b) la situazione di incompatibilità per coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per i reati previsti nel Capo I del Titolo II del Libro II del codice penale, (peculato, malversazione, concussione, corruzione, abuso d'ufficio, ecc.) che è anche prevista dall'art. 35-bis del d.lgs. n. 165/01 Testo unico sul pubblico impiego. Nella vigenza del precedente codice, la dottrina ha evidenziato che la ragione di tale previsione è da correlare alla delicatezza dell'attività richiesta ai Commissari e all'esigenza gli stessi non abbiano già commesso quei tipici reati che possono compiersi anche in seno alle procedure di aggiudicazione degli appalti. Inoltre, mentre l'art. 77 qualificava questa situazione come causa di incompatibilità, l'ANAC nelle Linee guida n. 5 l'aveva, più correttamente, inserita fra le situazioni che impediscono tout court l'iscrizione del soggetto all'Albo (Nardocci). In merito ai delitti rilevanti ai fini dell'applicazione della disposizione, l'ANAC aveva anche osservato che il citato capo I si riferisce esclusivamente ai reati dei pubblici ufficiali contro la Pubblica Amministrazione, mentre non sono richiamati quelli del capo II, ossia quelli dei privati contro la Pubblica Amministrazione. Ancora valida può ritenersi l'osservazione dell'ANAC secondo cui occorrerebbe includere nella previsione anche i reati del capo II, dal momento che la possibilità di essere nominati come Commissari è data anche ai liberi professionisti non dipendenti della pubblica amministrazione. Conflitto di interessi e rinnovo dell'attività valutativa in caso di annullamentoLa lett. c) del comma 5 contiene la nuova disciplina del conflitto di interessi dei commissari di gara, che risulta evidentemente semplificata rispetto a quella già prevista dal previgente art. 77, in coerenza con la rilevante revisione apportata alla disciplina generale del conflitto di interessi dall'art. 16 del codice che sostituisce l'art. 42 del d.lgs. n. 50/2016. L'art. 93 non contiene alcun espresso rinvio all'art. 16; pertanto, non è chiaro se anche per le situazioni di conflitto di interessi dei commissari di gara, vale la medesima regola prevista in generale dal predetto articolo, in base alla quale vi è un onere probatorio in capo a chi invoca il conflitto di interessi («In coerenza con il principio della fiducia e per preservare la funzionalità dell'azione amministrativa, la percepita minaccia all'imparzialità e indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi a interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all'altro»). Le situazioni di conflitto di interessi rilevanti sono quelle che determinano l'obbligo di astensione previste dall'articolo 7 d.P.R. n. 62/2013. In base all'art. 7 citato «Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente, ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza. Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza». Nel precedente codice, l'art. 77 conteneva un espresso richiamo al solo art. 51 del Codice di procedura civile e la dottrina (Nardocci) aveva rilevato che sarebbe stato più opportuno riferirsi al già citato art. 7 (Secondo l'art. 51 ricorre l'obbligo di astensione nei seguenti casi: 1) se ha interesse nella causa o in altra vertente su identica questione di diritto; 2) se egli stesso o la moglie è parente fino al quarto grado o legato da vincoli di affiliazione, o è convivente o commensale abituale di una delle parti o di alcuno dei difensori; 3) se egli stesso o la moglie ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con una delle parti o alcuno dei suoi difensori; 4) se ha dato consiglio o prestato patrocinio nella causa, o ha deposto in essa come testimone, oppure ne ha conosciuto come magistrato in altro grado del processo o come arbitro o vi ha prestato assistenza come consulente tecnico; 5) se è tutore, curatore, amministratore di sostegno, procuratore, agente o datore di lavoro di una delle parti; se, inoltre, è amministratore o gerente di un ente, di un'associazione anche non riconosciuta, di un comitato, di una società o stabilimento che ha interesse nella causa»). Tuttavia, l'articolata disciplina dell'art. 77 conteneva anche un rinvio all'art. 42 del d.lgs. n. 50/2016 che, invece, si riferiva proprio alle situazioni di conflitto di interessi dell'art. 7 del d.P.R. n. 62/2013, confermandone, così, la rilevanza per i Commissari di gara. Nella vigenza dell'art. 77, la giurisprudenza si è, quindi, già occupata delle questioni interpretative riferite alle fattispecie individuate dal predetto articolo. Sicché, proprio facendo applicazione e dell'art. 7 del d.P.R. n. 62, in una interessante pronuncia, il Consiglio di Stato ha ritenuto sussistente una situazione di conflitto di interessi nei riguardi di un commissario, il cui figlio, dipendente di una società di lavoro interinale, aveva prestato servizio in distacco presso un'impresa concorrente; ciò, tenuto conto che anche un altro commissario, aveva, invece, svolto attività lavorativa personalmente – sebbene quattordici anni addietro – presso la medesima società risultata aggiudicataria della gara. Secondo il giudice, tale lasso temporale non costituiva motivo di esonero dalla dichiarazione da parte del commissario del predetto rapporto, mentre la compresenza nella medesima Commissione di due commissari legati (seppure in passato o indirettamente per tramite del figlio) alle imprese concorrenti rafforza la percezione di compromissione dell'imparzialità che, invece la disciplina vuole garantire al massimo livello, al fine di scongiurare il ripersi nelle gare pubbliche di fenomeni distorsivi della par condicio e di una sana concorrenza tra gli operatori economici (Cons. St. III, n. 6448/2018). È stato anche chiarito che l'obbligo di astensione deve ritenersi esteso anche alle ipotesi non tipizzate delle «gravi ragioni di convenienza» a cui fa riferimento il già citato art. 7. Su tale aspetto si era soffermato il Consiglio di Stato nel parere n. 667/2019 del 5 marzo 2019, espresso sullo Schema delle Linee guida ANAC aventi ad oggetto «Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici», in attuazione dell'articolo 213, comma 2, d.lgs. n. 50/2016. In particolare, la Sezione consultiva per gli atti normativi aveva evidenziato come «occorra distinguere situazioni di conflitto di interessi, da un lato, conclamate, palesi e soprattutto tipizzate (quali ad esempio i rapporti di parentela o coniugio) che sono poi quelle individuate dall'art. 7 del d.P.R. n. 62/2013 citato; dall'altro non conosciute o non conoscibili, e soprattutto non tipizzate (che si identificano con le «gravi ragioni di convenienza» di cui al penultimo periodo del detto art. 7 e dell'art. 51 c.p.c.)» ed ha nel prosieguo precisato che «rilevano sia palesi situazioni di conflitto di interessi, sia situazioni di conflitto di interessi (in questo senso) potenziali, perché tale nozione include non soltanto le ipotesi di conflitto attuale e concreto, ma anche quelle che potrebbero derivare da una condizione non tipizzata ma ugualmente idonea a determinare il rischio». Le situazioni di «potenziale conflitto» sono identificate in primo luogo, in quelle che, per loro natura, pur non costituendo allo stato una delle situazioni tipizzate, siano destinate ad evolvere in un conflitto tipizzato. A queste vengono aggiunte «quelle situazioni, le quali possano per sé favorire l'insorgere di un rapporto di favore o comunque di non indipendenza e imparzialità in relazione a rapporti pregressi, solo però se inquadrabili per sé nelle categorie dei conflitti tipizzati. Si pensi a una situazione di pregressa frequentazione abituale (un vecchio compagno di studi) che ben potrebbe risorgere (donde la potenzialità) o, comunque, ingenerare dubbi di parzialità (dunque le gravi ragioni di convenienza)». «Quanto all'interesse rilevante per l'insorgenza del conflitto, la norma ... va intesa come operante indipendentemente dal concretizzarsi di un vantaggio» (cfr. Cons. St. V, n. 2853/2018; Cons. St. III, n. 6150/2019; Cons. St. V, n. 7389/2019) Infatti, le previsioni sul conflitto di interesse sono norme «di pericolo», operando anche solo in presenza del pericolo di pregiudizio che può essere causato dalla situazione conflittuale (cfr. Cons. St. III, n. 5151/2020 e Cons. St. V, n. 3048/2020). Facendo applicazione di questi principi, il Consiglio di Stato ha confermato la legittimità dell'operato della stazione appaltante, ritenendo che anche se la frequentazione familiare dichiarata dal RUP e segretario della commissione di gara con i membri di una delle società partecipanti alla procedura di aggiudicazione non era in corso, tale legame comporta, comunque, un conflitto di interessi potenziale in quanto i rapporti non si sono definitivamente interrotti e la frequentazione non è così risalente nel tempo (Cons. St. V, n. 6389/2022). Il Consiglio di Stato si è, altresì, occupato dell'ipotesi in cui dall'offerta tecnica sia emerso il coinvolgimento nel team proposto dalla concorrente di un soggetto in relazione di parentela con il presidente della Commissione giudicatrice. Il Collegio ha escluso la rilevanza di tale situazione in quanto riguardante un mero dipendente della società concorrente; al riguardo, ha, infatti, rilevato che «.....La preesistenza della parentela non è un dato rilevante se non associato ad un potenziale interesse del parente collegabile al concorrente. Né tale interesse potrebbe considerarsi sempre e comunque insito nell'esistenza di un rapporto di lavoro, quasi che qualsiasi dipendente di qualsiasi impresa, anche multinazionale e con moltissimi dipendenti, debba intendersi interessato a qualsiasi gara cui partecipi il datore di lavoro. Così ragionando, si finirebbe per identificare l'interesse nel puro credito stipendiale, laddove l'art. 77, comma 6 del d.lgs. n. 50/2016 – mediante il richiamo all'art. 51 c.p.c. e all'art. 42 stesso d.lgs., che a sua volta richiama l'art. 7 del d.P.R. n. 62/2013 – considera i rapporti di credito in quanto tali solo se relativi al commissario ed al coniuge, non anche ai parenti» (Cons. St. III, n. 5692/2022). Diversamente dalla precedente disciplina non è esplicitamente indicato in capo ai Commissari l'obbligo di rendere sotto la propria responsabilità una dichiarazione di insussistenza di cause di astensione; tuttavia, nella relazione illustrativa è specificato che sarebbe sottointeso che tale dichiarazione sia comunque da rendere. Nella nuova disciplina, viene meno anche l'esplicita previsione in base alla quale le stazioni appaltanti hanno l'obbligo di procedere ex officio all'accertamento delle cause ostative in esame. Tuttavia, l'art. 16 comma 4, del nuovo codice contiene un generale obbligo in capo alle stazioni appaltanti chiamate ad adottare ogni misure adeguate non solo per prevenire, ma anche individuare e risolvere ogni ipotesi di conflitto di interessi e di vigilare sul rispetto degli adempimenti in capo ai propri dipendenti, che certamente è da riferire anche ai commissari di gara. Con riferimento alle ipotesi in cui venga accertata l'incompatibilità per conflitto di interessi di un commissario dopo l'avvenuto espletamento di alcune attività da parte della Commissione di gara, il Consiglio di Stato ha affermato la necessità di sostituire non soltanto il commissario incompatibile, ma anche tutti gli altri componenti della Commissione; ciò, in quanto, sussiste il rischio che il ruolo e l'attività di uno dei commissari, dichiarato incompatibile, possano avere inciso nei confronti anche degli altri commissari durante le operazioni di gara, influenzandoli verso un determinato esito valutativo (Cons. St. III, n. 4830/2018; Cons. St. III, n. 6299/2018). Secondo parte della giurisprudenza, poi, ai fini dell'accertamento di illegittima composizione della Commissione giudicatrice ed il conseguente annullamento delle attività da essa svolte, è necessario che la causa ostativa possa avere avuto riflessi sulla valutazione tecnica delle offerte presentate in sede di gara e, dunque, possa sussistere il sospetto di alterazione della competizione a favore della concorrente, nei cui confronti è configurabile la situazione di conflitto di interessi (Cons. St. V, n. 1879/2016). Il comma 11 riproduce la medesima disposizione già contenuta nell'art. 77, in base alla quale, a seguito di annullamento dell'aggiudicazione o di annullamento dell'esclusione di taluno dei concorrenti, è riconvocata la medesima Commissione, fatto salvo il caso in cui l'annullamento sia derivato da un vizio nella composizione della Commissione. Si tratta di una regola generale da tempo enucleata dall'Adunanza Plenaria (n. 30/2012), per superare il contrasto giurisprudenziale sulle modalità di riedizione del potere da parte della stazione appaltante nel caso di riammissione in gara di un concorrente illegittimamente escluso da una procedura di gara, da aggiudicarsi con il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa. Il Consiglio di Stato ha chiarito che, in generale, il rinnovo degli atti debba limitarsi alla sola valutazione dell'offerta illegittimamente pretermessa, da effettuarsi ad opera della medesima Commissione preposta alla gara (Cons. St. V, n. 5777/2020; Cons. St. V, n. 7495/2019; Cons. St. V, n. 1512/2019). La precisazione riferita all'ipotesi in cui l'annullamento sia derivato proprio da un vizio nella composizione della Commissione era stata aggiunta nel precedente codice su indicazione del Consiglio di Stato contenuta nel parere reso sullo schema di d.lgs. n. 50/2016 (Commissione speciale parere n. 855/2016). La dottrina ha rilevato che si tratta di un'opportuna integrazione, necessaria ad evitare che l'amministrazione incorra nuovamente nel medesimo vizio (Carlotti). Con riferimento alla medesima disposizione dell'art. 77, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire come la norma si limiti a risolvere, in via legislativa, alla luce dei principi di economicità, di efficacia e di tempestività dell'azione amministrativa, il problema della possibilità per la Commissione giudicatrice di una procedura di gara, conclusasi con aggiudicazione successivamente annullata (in sede giurisdizionale o di autotutela), e che dunque abbia già espresso la propria valutazione sulle offerte dei candidati, di poter procedere essa stessa al rinnovo degli atti di gara ovvero (ed è questo l'aspetto critico che il legislatore ha voluto dirimere) ripetere il suo giudizio sulle offerte in gara. Deve, invece, escludersi che la stessa norma possa precludere l'esercizio da parte della stazione appaltante del potere di rinnovare, in tutto o in parte, la Commissione di gara originariamente nominata allorché se ne presenti la necessità (T.A.R. Lazio, II-ter, 11207/2021, confermata da Cons. St. V, n. 7446/2022). Se tale è la ratio della disposizione in esame, «non può dedursene in via interpretativa che, con essa, il legislatore abbia precluso alla stazione appaltante, in ogni possibile evenienza, la sostituzione dei membri dell'originaria Commissione, soprattutto se dovesse accedersi alla tesi per cui l'unica possibilità residua per la stazione, al fine di superare la sopravvenuta carenza di affidabilità della Commissione (si pensi al caso di membri coinvolti in vicende penali i cui atti siano annullati in sede giurisdizionale) sia quella di riavviare l'intera procedura di gara; si tratterebbe di un effetto paradosso, poiché si finirebbe per aggravare l'azione amministrativa, addirittura imponendo un riavvio ex novo, laddove la regola posta dal legislatore persegue... la finalità di rendere più rapida la ripresa della procedura in seguito ad eventuale annullamento del provvedimento di aggiudicazione in sede giurisdizionale (e, dunque, favorire la rapida ottemperanza alla sentenza per poter addivenire a nuova aggiudicazione)» (Cons. St. V, n. 1415/2021; Cons. St. V, n. 8299/2020). BibliografiaBeneventi, La Commissione giudicatrice, 159, in Contessa, Il Contenzioso e la giurisprudenza in materia di appalti pubblici, Piacenza, 2019; Caringella, Manuale dei contratti pubblici, 2019; Carlotti, commento all'art. 77, in Garofoli e G. Ferrari, Codice dei Contratti Pubblici annotato, Tomo I, Molfetta, 2017; Cocchi, Il conflitto di interessi dei componenti delle commissioni di gara - Criticità e conseguenze, in Azienditalia, n. 8-9/2020, 1386 e ss.; De Nictolis, I nuovi appalti pubblici, Bologna, 2017, Ristampa 2021; Di Cunzolo, Commento all'art. 77, in Codice dei contratti pubblici, (a cura) di G. M. Esposito, Torino, 2017; Fonderico, in AA.VV. (a cura di) M. Clarich, Commentario al Codice dei contratti pubblici, 475, Torino, 2010; Lipari «L'offerta economicamente più vantaggiosa», in Urbanistica e appalti, 1/2007, 7-17; Marongiu, Capitolo VII Selezione delle offerte», in La nuova disciplina dei contratti pubblici di R. Garofoli e G. Ferrari, Molfetta, 2017/2018, Piacenza; Mauro, Capitolo XIII «Selezione delle Offerte» 287 e ss., in Corradino, Sticchi Damiani (a cura di), I nuovi appalti Pubblici, Milano, 2017; Nardocci, Le commissioni Giudicatrici, in Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Presti, Commento agli artt. 77 e 78, in (a cura di) Ponzone, Codice degli appalti pubblici Ragionato, Molfetta, 2020; Usai «Il nuovo regolamento: doveri d'ufficio del rup, la scomposizione del procedimento amministrativo e la facoltatività della Commissione di gara nel sotto-soglia comunitario, in La Gazzetta degli Enti Locali, 16 giugno 2020. |