Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 120 - Modifica dei contratti in corso di esecuzione.Codice legge fallimentare Art. 106 Modifica dei contratti in corso di esecuzione. 1. Fermo quanto previsto dall'articolo 60 per le clausole di revisione dei prezzi, i contratti di appalto possono essere modificati senza una nuova procedura di affidamento nei casi seguenti, sempre che, nelle ipotesi previste dalle lettere a) e c), nonostante le modifiche, la struttura del contratto o dell'accordo quadro e l'operazione economica sottesa possano ritenersi inalterate: a) se le modifiche, a prescindere dal loro valore monetario, sono state previste in clausole chiare, precise e inequivocabili dei documenti di gara iniziali, che possono consistere anche in clausole di opzione; per i contratti relativi a servizi o forniture stipulati dai soggetti aggregatori restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 511, della legge 28 dicembre 2015, n. 208; b) per la sopravvenuta necessità di lavori, servizi o forniture supplementari, non previsti nell'appalto iniziale, ove un cambiamento del contraente nel contempo: 1) risulti impraticabile per motivi economici o tecnici; 2) comporti per la stazione appaltante notevoli disagi o un sostanziale incremento dei costi; c) per le varianti in corso d'opera, da intendersi come modifiche resesi necessarie in corso di esecuzione dell'appalto per effetto delle seguenti circostanze imprevedibili da parte della stazione appaltante, fatti salvi gli ulteriori casi previsti nella legislazione di settore: 1) le esigenze derivanti da nuove disposizioni legislative o regolamentari o da provvedimenti sopravvenuti di autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti; 2) gli eventi naturali straordinari e imprevedibili e i casi di forza maggiore che incidono sui beni oggetto dell'intervento; 3) i rinvenimenti, imprevisti o non prevedibili con la dovuta diligenza nella fase di progettazione; 4) le difficoltà di esecuzione derivanti da cause geologiche, idriche e simili, non prevedibili dalle parti in base alle conoscenze tecnico-scientifiche consolidate al momento della progettazione 1; d) se un nuovo contraente sostituisce l'aggiudicatario a causa di una delle seguenti circostanze: 1) le modifiche soggettive implicanti la sostituzione del contraente originario sono previste in clausole chiare, precise e inequivocabili dei documenti di gara; 2) all'aggiudicatario succede, per causa di morte o insolvenza o a seguito di ristrutturazioni societarie, che comportino successione nei rapporti pendenti, un altro operatore economico che soddisfi gli iniziali criteri di selezione, purché ciò non implichi ulteriori modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere l'applicazione del codice, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 124; 3) nel caso in cui la stazione appaltante assume gli obblighi del contraente principale nei confronti dei suoi subappaltatori. 2. Nei casi di cui al comma 1, lettere b) e c), il contratto può essere modificato solo se l'eventuale aumento di prezzo non ecceda il 50 per cento del valore del contratto iniziale. In caso di più modifiche successive, la limitazione si applica al valore di ciascuna modifica. Tali modifiche successive non eludono l'applicazione del codice. 3. I contratti possono parimenti essere modificati, oltre a quanto previsto dal comma 1, senza necessità di una nuova procedura, sempre che nonostante le modifiche, la struttura del contratto o dell'accordo quadro e l'operazione economica sottesa possano ritenersi inalterate, se il valore della modifica è al di sotto di entrambi i seguenti valori: a) le soglie fissate all'articolo 14; b) il 10 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di servizi e forniture; il 15 per cento del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori; in caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo del contratto al netto delle successive modifiche. 4. Ai fini del calcolo del prezzo di cui ai commi 1, lettere b) e c), 2 e 3, quando il contratto prevede una clausola di indicizzazione, il valore di riferimento è il prezzo aggiornato. 5. Sono sempre consentite, a prescindere dal loro valore, le modifiche non sostanziali. 6. La modifica è considerata sostanziale quando altera considerevolmente la struttura del contratto o dell'accordo quadro e l'operazione economica sottesa. In ogni caso, fatti salvi i commi 1 e 3, una modifica è considerata sostanziale se si verificano una o più delle seguenti condizioni: a) la modifica introduce condizioni che, se fossero state contenute nella procedura d'appalto iniziale, avrebbero consentito di ammettere candidati diversi da quelli inizialmente selezionati o di accettare un'offerta diversa da quella inizialmente accettata, oppure avrebbero attirato ulteriori partecipanti alla procedura di aggiudicazione; b) la modifica cambia l'equilibrio economico del contratto o dell'accordo quadro a favore dell'aggiudicatario in modo non previsto nel contratto iniziale; c) la modifica estende notevolmente l'ambito di applicazione del contratto; d) un nuovo contraente sostituisce quello cui la stazione appaltante aveva inizialmente aggiudicato l'appalto in casi diversi da quelli previsti dal comma 1, lettera d). 7. Non sono considerate sostanziali, fermi restando i limiti derivanti dalle somme a disposizione del quadro economico e dalle previsioni di cui alle lettere a) b) e c) del comma 6, le modifiche al progetto o le modifiche contrattuali proposte dalla stazione appaltante ovvero dall'appaltatore con le quali, nel rispetto della funzionalità dell'opera: a) si assicurino risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi delle lavorazioni; b) si realizzino soluzioni equivalenti o migliorative in termini economici, tecnici o di tempi di ultimazione dell'opera, ivi compresa la sopravvenuta possibilità di utilizzo di materiali, componenti o tecnologie non esistenti al momento della progettazione che possono determinare, senza incremento dei costi, significativi miglioramenti nella qualità dell'opera o di parte di essa, o riduzione dei tempi di ultimazione; c) gli interventi imposti dal direttore dei lavori per la soluzione di questioni tecniche emerse nell'esecuzione dei lavori che possano essere finanziati con le risorse iscritte nel quadro economico dell'opera 2. 8. Il contratto è sempre modificabile ai sensi dell'articolo 9 e nel rispetto delle clausole di rinegoziazione contenute nel contratto. Nel caso in cui queste non siano previste, la richiesta di rinegoziazione va avanzata senza ritardo e non giustifica, di per sé, la sospensione dell'esecuzione del contratto. Il RUP provvede a formulare la proposta di un nuovo accordo entro un termine non superiore a tre mesi. Nel caso in cui non si pervenga al nuovo accordo entro un termine ragionevole, la parte svantaggiata può agire in giudizio per ottenere l'adeguamento del contratto all'equilibrio originario, salva la responsabilità per la violazione dell'obbligo di rinegoziazione. 9. Nei documenti di gara iniziali può essere stabilito che, qualora in corso di esecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, la stazione appaltante possa imporre all'appaltatore l'esecuzione alle condizioni originariamente previste. In tal caso l'appaltatore non può fare valere il diritto alla risoluzione del contratto. 10. Nel caso in cui nel bando e nei documenti di gara iniziali sia prevista un'opzione di proroga il contraente originario è tenuto a eseguire le prestazioni contrattuali ai prezzi, patti e condizioni stabiliti nel contratto o, se previsto nei documenti di gara, alle condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante. 11. In casi eccezionali nei quali risultino oggettivi e insuperabili ritardi nella conclusione della procedura di affidamento del contratto, è consentito, per il tempo strettamente necessario alla conclusione della procedura, prorogare il contratto con l'appaltatore uscente qualora l'interruzione delle prestazioni possa determinare situazioni di pericolo per persone, animali, cose, oppure per l'igiene pubblica, oppure nei casi in cui l'interruzione della prestazione dedotta nella gara determinerebbe un grave danno all'interesse pubblico che è destinata a soddisfare. In tale ipotesi il contraente originario è tenuto all'esecuzione delle prestazioni contrattuali ai prezzi, patti e condizioni previsti nel contratto. 12. Si applicano per le cessioni di crediti le disposizioni di cui alla legge 21 febbraio 1991, n. 52. L'allegato II.14 disciplina le condizioni per l'opponibilità alle stazioni appaltanti. 13. Fatto salvo quanto previsto dal comma 8 per il caso di rinegoziazione, le modifiche e le varianti devono essere autorizzate dal RUP con le modalità previste dall'ordinamento della stazione appaltante. Le modifiche progettuali consentite ai sensi del comma 7 devono essere approvate dalla stazione appaltante su proposta del RUP, secondo quanto previsto dall'allegato II.14. 14. Un avviso della intervenuta modifica del contratto nelle situazioni di cui al comma 1, lettere b) e c), è pubblicato a cura della stazione appaltante nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea. L'avviso contiene le informazioni di cui all'allegato II.16, ed è pubblicato conformemente all'articolo 84. [In sede di prima applicazione del codice, l'allegato II.16 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro per gli affari europei, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.] Per i contratti di importo inferiore alla soglia di cui all'articolo 14 la pubblicità avviene in ambito nazionale3. 15. Si osservano, in relazione alle modifiche del contratto, nonché in relazione alle varianti in corso d'opera, gli oneri di comunicazione e di trasmissione all'ANAC, a cura del RUP, individuati dall'allegato II.14. Nel caso in cui l'ANAC accerti l'illegittimità della variante in corso d'opera approvata, esercita i poteri di cui all'articolo 222. In caso di inadempimento agli obblighi di comunicazione e trasmissione delle modifiche e delle varianti in corso d'opera previsti dall'allegato II.14, si applicano le sanzioni amministrative pecuniarie di cui all'articolo 222, comma 13. 15-bis. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 41, comma 8-bis, le stazioni appaltanti verificano in contraddittorio con il progettista e l'appaltatore errori o omissioni nella progettazione esecutiva che pregiudicano, in tutto o in parte, la realizzazione dell'opera o la sua futura utilizzazione e individuano tempestivamente soluzioni di progettazione esecutiva coerenti con il principio del risultato 4. [1] Lettera sostituita dall'articolo 42, comma 1, lettera a), del D.Lgs 31 dicembre 2024, n. 209. [2] Comma sostituito dall'articolo 42, comma 1, lettera b), del D.Lgs 31 dicembre 2024, n. 209. [3] Comma modificato dall'articolo 72, comma 2, lettera aa), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [4] Comma aggiunto dall'articolo 42, comma 1, lettera c), del D.Lgs 31 dicembre 2024, n. 209. InquadramentoSotto il profilo temporale, la sottoscrizione del contratto è ritenuta il punto di snodo che segna il passaggio dalla fase pubblicistica di scelta del contraente alla fase privatistica dell'esecuzione delle prestazioni oggetto di affidamento (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1459). È forse anche per questo che, assai felicemente, il contratto pubblico è stato definitivo un ossimoro meraviglioso (Caringella, 1). Invero esso si caratterizza per una stretta relazione tra il contenuto degli atti negoziali – con natura pubblicistica – attraverso i quali è stata definitiva la volontà dei contraenti (a partire dalla lex specialis di gara) e l'atto – con natura privatistica – sottoscritto dalle parti dapprima al momento della partecipazione alla gara (ossia l'offerta presentata) e dopo l'aggiudicazione (cioè il contratto vero e proprio). È in questo contesto che s'inserisce il tema dei diritti e degli obblighi delle parti durante l'esecuzione del contratto medesimo. E già dal quadro succintamente finora descritto si comprende il delicato equilibrio su cui si innestano eventuali modifiche contrattuali durante il rapporto: ogni variazione può pregiudicate la parità tra i concorrenti (per di più a gara conclusa) e così alterare i presupposti in base ai quali è stata effettuata la scelta pubblica (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1459). Tanto chiarito in linea generale, nel nuovo codice del 2023 la disposizione di riferimento è l'art. 120, che mira a disciplinare la possibilità di modificare i contratti di appalto già conclusi e in corso di esecuzione senza dover ricorrere ad una nuova procedura di affidamento, riservando la disciplina delle clausole di revisione dei prezzi all'art. 60 del d.lgs. n. 36/2023. La previsione in commento riproduce – con modifiche – l'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016, che aveva introdotto nell'ordinamento nostrano l'art. 72 della Direttiva 2014/24/UE, nonché l'art. 89 Direttiva 2015/25/UE, attuando quanto previsto dall'art. 1, comma 1, lett. ee), della legge delega 28 gennaio 2016, n. 11. Ciò con l'intento – peraltro non pienamente conseguito – di far confluire in un unico testo (appunto, l'art. 106 del Codice del 2016) una serie di fattispecie – anche molto eterogenee – precedentemente disciplinate da più disposizioni, al fine di semplificare il quadro normativo (Corrado). L'appena citata norma europea, essa, a propria volta, recepiva i princìpi che si erano affermati nella giurisprudenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, secondo cui le modifiche del contratto comportanti una modifica minore del valore del contratto sino a un determinato valore dovrebbero essere sempre possibili senza richiedere una nuova procedura d'appalto (in tal senso, v. il considerando n. 107 e seguenti della Dir. 24/2014/UE). Più precisamente, in attuazione delle Direttive n. 2014/24/UE, n. 2014/25/UE e n. 2014/23/UE il Codice dei contratti pubblici del 2016 ha aperto alla possibilità di una modifica dei contratti, anche su base negoziale, seppure con precisi limiti volti ad escludere una “rinegoziazione” in corso di esecuzione che non sia ancorata a parametri predeterminati sin dalla fase di scelta del contraente (e quindi noti a tutti i concorrenti effettivi o potenziali) oppure, in generale, tale da alterare gli elementi essenziali e le condizioni del contratto in questione al punto da incidere sul risultato della procedura comparativa con evidenza pubblica e da pregiudicare, conseguentemente, la concorrenza alla cui tutela detta procedura è preordinata. Viene così introdotta non tanto una possibilità di “rinegoziazione”, quanto piuttosto quella di “negoziazione” all'interno di un perimetro predefinito (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1460). Queste “linee guida” hanno costituito la base di partenza su cui si è innestato il legislatore della riforma. Vediamo dunque, in via introduttiva, quali sono i principali elementi distintivi tra il vecchio art. 106 e il nuovo art. 120, e dove invece si è data continuità all'impostazione previgente. Per un'efficace rappresentazione grafica delle innovazioni della nuova norma, v. Cosmai-Buonanno (344-347). a ) Il primo cambiamento che si riscontra è terminologico, nel senso che la rubrica della norma è passata da “modifica dei contratti durante il periodo di efficacia” (nell'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016, aderente al testo della citata Direttiva 24/2014/UE) a “modifica dei contratti in corso di esecuzione” (nell'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023), per renderla più coerente con le fasi dell'appalto. Infatti, nel citato art. 106 risultava sovrabbondante il riferimento al “periodo di efficacia”, poiché lo ius variandi del committente presuppone che gli effetti del contratto non siano cessati. In altre parole, sembra difficile ipotizzare che un contratto possa essere modificato prima ancora di essere stipulato. Evidentemente, quindi, parlare di “modifica di contratti” presuppone che ci si trovi nella fase successiva alla relativa stipula, in cui il contratto sussiste e ha efficacia, ossia non si è ancora estinto (Corrado). b ) Una seconda, significativa, modifica consiste nel rimando espresso all'art. 60 del nuovo codice per la disciplina delle clausole di revisione dei prezzi, in precedenza contenuta nel comma 1, lett. a) dell'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016. c ) Pur mantenendo l'impianto del precedente art. 106 del d.lgs. n. 50/2016, che ricalcava il testo dell'art. 72 della Direttiva 2014/24/UE, l'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023 ha positivizzato alcuni approdi a cui era giunta nel tempo la giurisprudenza, cercando di mettere quanto più possibile ordine nella (complessa) materia di cui si tratta. Segnatamente, le principali questioni affrontate dalla novella attengono: – per un verso, alla definizione di varianti “sostanziali”, come tali vietate dalle direttive; – e, per altro verso, alla necessità di dare attuazione al criterio di cui alla lett. u), dell'art. 1, comma 1, della legge delega (“ridefinizione della disciplina delle varianti in corso d'opera, nei limiti previsti dall'ordinamento europeo, in relazione alla possibilità di modifica dei contratti durante la fase dell'esecuzione”). c. 1) Quanto al primo profilo la relazione illustrativa al nuovo codice sottolinea che, circa la questione delle modifiche o varianti “sostanziali”, la Direttiva 2014/24/UE utilizza una terminologia piuttosto generica, ammettendo le modifiche che non alterano “la natura generale del contratto”. Dal canto suo, l'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016 fa(ceva) riferimento a “modifiche che avrebbero l'effetto di alterare la natura generale del contratto o dell'accordo quadro” (comma 1, lett. a), oppure alla modifica che “non altera la natura generale del contratto” (comma 1, lett. c), nonché alla modifica che “non può alterare la natura complessiva del contratto o dell'accordo quadro” (comma 2). Inoltre, lo stesso art. 106 del d.lgs. n. 50/2016 specifica(va) che “una modifica di un contratto o di un accordo quadro durante il periodo della sua efficacia è considerata sostanziale ai sensi del comma 1, lett. e), quando altera considerevolmente gli elementi essenziali del contratto originariamente pattuiti” (comma 4). Per contro, nell'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023 si è inteso recepire il contenuto della direttiva inserendo, nei diversi commi interessati (ossia nei commi 1, 3 e 5), una nozione unitaria di modifica “snaturante”, procedendo “a contrario”, ossia attraverso la trasposizione, nelle modifiche ammesse, del concetto di “non alterazione” della “natura generale del contratto” di cui alla direttiva. Ciò sia con l'utilizzo, (appunto) nei commi 1, 3 e 5 recanti le modifiche contrattuali consentite, della dizione “nonostante le modifiche, la struttura del contratto o dell'accordo quadro e l'operazione economica sottesa possano ritenersi inalterate”, sia mediante l'indicazione di ulteriori puntuali parametri (v. i commi 3 e 4). c .2) Quanto al secondo profilo, ossia in merito all'attuazione del sopra citato criterio dettato dalla legge delega volto ad ampliare la portata delle varianti in corso d'opera, pur nei limiti fissati dal diritto europeo, al fine di realizzare il delicato bilanciamento tra le regole comunitarie sulla concorrenza (che impongono la corrispondenza fra l'appalto eseguito e quello messo a gara) e le esigenze sopravvenute della stazione appaltante (che richiedono una modifica del contratto senza la quale l'interesse che sta alla base della stipula verrebbe ad essere in vario modo frustrato, soprattutto negli appalti di lavori in riferimento alla necessità di realizzare l'opera pubblica), il legislatore è intervenuto sui commi 1, 2, 5 e 7 dell'art. 120 del nuovo codice. Al riguardo si è tratto spunto dalle modifiche introdotte nel vecchio codice dei contratti pubblici del 2016 con la conversione in legge del d.l. n. 36/2022, mediante la l. n. 79/2022, recante ulteriori misure urgenti per l'attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR). A mente dell'art. 7, comma 2-quater, nel caso di incrementi del costo dei materiali previsti dal precedente comma 2-ter, sono consentite – “senza che sia alterata la natura generale del contratto e ferma restando la piena funzionalità dell'opera” – varianti in corso d'opera che assicurino “risparmi, rispetto alle previsioni iniziali, da utilizzare esclusivamente in compensazione per far fronte alle variazioni in aumento dei costi dei materiali”. L'emergere dell'obiettivo di risultato evidenziato nel PNRR anche come “risultato da conseguire in tempo utile”, insieme con la contestuale necessità di consentire elasticità al progetto per compensare gli aumenti dei costi delle costruzioni, ha portato ad introdurre con la citata conversione in legge del d.l. n. 36/2022 la regola appena enunciata. Ciò chiarito in linea generale, nel dettaglio le modifiche consentite sono state individuate: – al comma 1, per l'aspetto qualitativo. Più in particolare si è eliminata la lett. e) del comma 1 dell'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016, inserendo in un unico comma dell'art. 120 (il comma 5) la previsione della generale ammissibilità delle modifiche non sostanziali. Non è stata riprodotta la previsione della facoltà per le stazioni appaltanti di “stabilire nei documenti di gara soglie di importi per consentire le modifiche”. Ciò perché, da un lato, le “soglie” ammesse senza alcuna previsione nei documenti di gara sono quelle del comma 2 e, dall'altro lato, per eventuali specificazioni sulle soglie (nel senso di ammettere le modifiche per soglie superiori), è sufficiente la possibilità di prevedere le modifiche nei documenti di gara iniziali con apposite clausole, chiare precise e inequivocabili, così come dispone la lett. a) del comma 1. Si sono eliminate le previsioni meramente esemplificative o descrittive (compresa quella relativa al considerevole incremento dei costi delle materie prime, peraltro già considerato in sede di redazione dell'art. 60, sulla revisione dei prezzi). Fa eccezione la specificazione sulle norme o provvedimenti sopravvenuti, inserita nel comma 1, lett. c), perché, avendo natura peculiare e non essendo stata indicata nemmeno nella parte esplicativa dei Considerando della direttiva, è parso preferibile mantenerne l'esplicita qualificazione in termini di “circostanze imprevedibili” nella disposizione primaria. Infine – e questo costituisce un aspetto innovativo della norma – si è resa una precisazione terminologica di alcune fattispecie trasposte dalla direttiva (ad esempio, si vedano, al comma 1, le lett. c) e d), n. 1). Si segnala altresì la modifica apportata all'espressione della parte finale del comma 1, lett. b), n. 2, in quanto si è ritenuto di sostituire il riferimento alla “duplicazione” dei costi con il “sostanziale incremento dei costi”, dal momento che il termine “duplicazione” (che risale al testo italiano della direttiva) evoca necessariamente il concetto, più o meno, di raddoppio, ma non è certo che questo fosse il pensiero del legislatore europeo, tanto è vero che il termine figura nelle versioni italiana e inglese, mentre le altre lingue usano il diverso concetto di aumento/incremento considerevole; – al comma 2, in ragione del dato quantitativo (in entrambi i casi si tratta di modifiche ammesse perché non “snaturanti”, secondo la definizione contenuta all'interno della stessa disposizione); – e al comma 7, tenuto conto dei limiti imposti dalle direttive. Più specificamente, questo comma stabilisce che le varianti che trovano copertura nelle somme a disposizione del quadro economico e che non comportino aumenti di spesa, pur mantenendo la piena funzionalità dell'opera (e, quindi, a maggior ragione la natura del contratto), sono sempre ammesse se adeguatamente motivate da miglioramenti in termini di qualità dell'opera e/o di tempi di ultimazione. È difatti interesse della stazione appaltante e della comunità quello di entrare nella disponibilità dell'oggetto del contratto nel più breve tempo possibile, oltre al fatto che a tempi di realizzazione più brevi si associano minori rischi di sopravvenienza di eventi incidenti sull'andamento previsto, il primo dei quali è proprio l'aumento dei costi. Quanto al rischio di ribassi eccessivi in fase di gara, con eventuale conseguente ricorso “abusivo” all'istituto delle varianti in corso d'opera, la previsione della necessaria copertura e dal divieto di aumenti di spesa dovrebbe apprestare un argine al problema. V'è stato chi si è domandato se, al di là della stesura, non differente nei passaggi essenziali dal testo vigente, il principio del risultato e la riconduzione della concorrenza a strumento e non a fine in sé stesso, possa assecondare interpretazioni maggiormente flessibili del dato di legge, che fino ad oggi, almeno sulla carta, ha chiuso all'introduzione, nei contratti di appalto e di concessione, di revisioni che avrebbero avuto effetti positivi sulla qualità del risultato atteso (Valaguzza). d) Proseguendo nell'inquadramento della novella, si rileva che il comma 8 introduce una disposizione di coordinamento col principio di necessaria rinegoziazione (o meglio, con il “principio di conservazione dell'equilibrio contrattuale”) previsto nell'art. 9 del medesimo d.lgs. n. 36/2023. A tal proposito appare opportuno precisare che, ai fini di un inquadramento organico della materia, le previsioni in ordine alle clausole di rinegoziazione e di revisione dei prezzi devono essere oggetto di una lettura coordinata e sinergica, la quale peraltro non presuppone un condizionamento reciproco. e) Un'ulteriore novità si rinviene nel comma 9 (sostitutivo del comma 12 dell'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016), secondo cui v'è la necessità di stabilire il c.d. quinto d'obbligo sin dai documenti di gara iniziali. Questa modifica rispetto al regime previgente si è resa necessaria per rendere la previsione compatibile con le modifiche consentite dalla direttiva. Viene altresì meno la possibilità per la stazione appaltante d'imporre all'appaltatore l'esecuzione delle prestazioni in aumento o in diminuzione a condizioni identiche a quelle previste nel contratto originario, senza possibilità di risoluzione. Il che pare coerente con l'impostazione del nuovo Codice che, nell'ammettere la possibilità di far ricorso all'istituto del quinto d'obbligo, rimette alla discrezionalità della stazione appaltante l'inserimento di tale clausola, tenuto conto delle specificità di ciascun settore o tipologia di contratto. f ) Nel comma 10 si è mantenuta la disposizione relativa all'opzione di proroga, già prevista nel comma 11 dell'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016. Questa fattispecie – che sostanzialmente rientra nella previsione del comma 1, lett. a) – è ora nettamente distinta dalla c.d. proroga tecnica, ossia da quel differimento del termine di conclusione della prestazione che si renda necessario a causa di eccezionali situazioni collegate alla successione degli affidamenti. Invero il d.lgs. n. 36/2023: – al citato comma 10 dell'art. 120 non ripropone il riferimento, contenuto nel comma 11 dell'art. 106 del vecchio codice, al “tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure necessarie per l'individuazione di un nuovo contraente”; – e introduce un apposito comma 11 che disciplina specificamente la suddetta proroga tecnica. Per essa è stata esclusa la possibilità per l'amministrazione di applicare prezzi più favorevoli, poiché il gestore uscente “subisce” una proroga che è indipendente dalla sua volontà. Tale circostanza distingue vieppiù la proroga tecnica dall'opzione di proroga, che invece può attenere alla variabilità dei prezzi (da inserire in corrispondenti clausole contrattuali). Circa la “proroga tecnica” di un contratto la giurisprudenza è costante nel ritenere che l'istituto abbia carattere eccezionale e di temporaneità, nel senso che sia ammissibile per un periodo di tempo strettamente necessario per consentire l'individuazione del nuovo contraente in ragione del principio costituzionale di continuità dell'azione amministrativa (T.A.R. Abruzzo (L'Aquila) I, n. 14/2023; T.A.R. Campania (Napoli) III, n. 4627/2020; T.A.R. Toscana I, n. 158/2020; T.A.R. Lombardia Milano, I, n. 2450/2020; Cons. St. V, n. 3588/2019). L'ANAC ha messo in luce come la proroga tecnica sia uno strumento volto esclusivamente ad assicurare una data prestazione in favore della pubblica amministrazione, nel passaggio da un regime contrattuale ad un altro (v. la delibera del 28 luglio 2021, n. 576). Restano invece regolate nell'art. 121 (sostitutivo dell'art. 107 del d.lgs. n. 50/2016) le ipotesi di proroga collegate alle sospensioni e la proroga richiesta dall'appaltatore per ritardi a sé non imputabili. g) Sono state soppresse le disposizioni dell'art. 106 (commi 9 e 10) del d.lgs. n. 50/2016 sul c.d. errore progettuale, ora “spostate” – come previsto dalla legge delega (laddove impone la stipulazione di polizze assicurative con oneri a carico della stazione appaltante) – nella parte del Codice destinata a regolamentare la progettazione (cioè negli art. da 41 a 47 del d.lgs. n. 36/2023, al cui commento si rinvia). La ratio di tale riorganizzazione si rinviene nel migliore coordinamento sistematico della materia e nella non opportunità di un'apposita, isolata previsione dell'errore progettuale laddove si parla di modifiche al contratto, poiché tale causa della variante/modifica non è determinante ai fini dell'inserimento nell'una o nell'altra ipotesi di modifica consentite in pendenza di esecuzione, che restano tutte e soltanto quelle del testo come proposto. h) La disposizione del Codice sulle modifiche in corso di esecuzione viene snellita dall'intervenuto spostamento nell'allegato II.14 di tutte le previsioni di dettaglio, quali i casi di comunicazione e trasmissione all'ANAC di modifiche e varianti in corso d'opera, così come della disciplina di cessione dei crediti (v., rispettivamente i commi 15, 12 e 13 dell'art. 120 del d.lgs. n. 36/2013). i) Infine, il comma 14 prevede l'obbligo di pubblicazione per le modifiche di rilevanza europea mediante avviso contenente le informazioni di cui all'apposito allegato II.16. In sede di prima applicazione del codice, questo allegato è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'art. 17, comma 3, della l. n. 400/1988, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro per gli affari europei, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice. Per i contratti di importo inferiore alla soglia di cui all'art. 14, la pubblicità avviene invece solo in ambito nazionale. Sulla legittimità delle modifiche al contratto di appalto, tra la fase di aggiudicazione e la stipula Cons. Stato, III, n. 6797/2'023 ha ribadito che l'articolo 106 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n.50 (oggi art. 120 D.Lgs 36/2023) consente, all'amministrazione aggiudicatrice, di modificare i contratti in corso di validità. Tali variazioni sono ammesse solo se sopraggiungano, per la medesima amministrazione aggiudicatrice, circostanze impreviste ed imprevedibili; inoltre non deve essere alterata la natura generale del contratto, nel rispetto, quindi, della normativa in materia di appalti. Infatti l'eccessivo “ingessamento” del contratto avente durata pluriennale può nuocere all'interesse delle parti, sia pubblica che privata; di conseguenza sono possibili “aggiustamenti” in corso di esecuzione, al fine che sia garantita la migliore soddisfazione dell'interesse pubblico. Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)Il Decreto correttivo apporta numerose modifiche all'art. 120 del Codice. Tali modifiche sono classificabili in due tipologie: (i) da un lato, vi è la rideterminazione della nozione di circostanze imprevedibili nonché della fattispecie di varianti in corso di esecuzione e di modifiche non sostanziali al contratto; (ii) dall'altro, viene introdotto un procedimento in contraddittorio in materia di errori od omissioni avvenuti nella fase di progettazione esecutiva dell'appalto. In particolare: (a) viene sostituito l'art. 120, comma 1, lett. c): la modifica riguarda essenzialmente l'aggiunta della clausola di salvaguardia inerente agli ulteriori casi previsti dalla legislazione di settore relativamente alle varianti in corso di esecuzione. Tali fattispecie sono elencate nella nuova disposizione e fra queste si richiamano, a titolo esemplificativo, gli eventi naturali straordinari e imprevedibili e i casi di forza maggiore che incidono sui beni oggetto dell'intervento; (b) viene sostituito interamente il comma 7, specificando quali sono le modifiche al progetto o al contratto non considerate sostanziali (fra queste, a titolo esemplificativo, soluzioni equivalenti o migliorative in termini economici, tecnici o di tempi di ultima- zione dell'opera, ivi compresa la sopravvenuta possibilità di utilizzo di materiali, componenti o tecnologie non esistenti al momento della progettazione); (c) viene inserito il comma 15bis, in materia di verifica di errori od omissioni afferenti alla progettazione esecutiva. Da ultimo, l'art. 72, comma 2 del Decreto correttivo, ha soppresso l'art. 120, comma 14, terzo periodo. Il generale principio del divieto di varianti e le sue eccezioniCome si è accennato nel paragrafo d'inquadramento introduttivo, nell'art. 120 del nuovo codice del 2023 è marcata la dicotomia tra modifiche contrattuali consentite e non consentite. Quest'alternanza di ipotesi si spiega alla luce dell'esistenza di un generale divieto di apportare modifiche (tanto soggettive, quanto oggettive) al contratto pubblico senza ricorrere a una nuova procedura di gara. Non si tratta però di un dogma insuperabile, bensì di un principio che può essere – e che infatti è – temperato da talune eccezioni. In altri termini, vi sono casi in cui – in presenza di determinati presupposti – all'amministrazione è consentito esercitare una sorta di ius variandi, modificando il contratto pubblico senza dover indire una nuova procedura ad evidenza pubblica e senza che l'appaltatore possa rifiutarsi di eseguire le modifiche disposte. L'obbligo per l'affidatario di eseguire le modifiche contrattuali disposte dalla stazione appaltante nei casi, nei modi e nei limiti previsti dalla legge deriva direttamente dal contratto; per tale ragione, una eventuale inottemperanza dell'appaltatore rispetto all'obbligo in parola costituirebbe inadempimento contrattuale (Corrado). È anche importante ribadire che – come si è ricordato nel punto precedente – ogni modifica che nel corso del rapporto contrattuale può incidere sull'interrelazione tra la fase di scelta del contraente e la fase di esecuzione del contratto, è astrattamente idonea a pregiudicare (ex post) la condizione di parità tra gli offerenti che hanno preso parte alla procedura e, pertanto, può alterare i presupposti in base ai quali è stata effettuata la scelta pubblica (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1459). Il che impone al legislatore una soglia di ponderazione assai elevata per trovare il giusto punto di bilanciamento del rapporto tra la regola (ossia il divieto di modifica del contratto senza ricorrere all'evidenza pubblica) e la sua eccezione (cioè il caso in cui è per contro possibile procedere in tal senso). Del resto, anche la giurisprudenza ha già avuto modo di riconoscere il carattere relativo del principio di immodificabilità del contratto (vedi Corte giust. UE, VIII, 7 settembre 2016, in C. 549-14; T.A.R. Toscana I, n. 228/2022, confermata da Cons. St. V, n. 10635/2022, e T.A.R. Piemonte I I, n. 180/ 2023. ContraT.A.R. Calabria(Catanzaro) I, n. 279/2023). Fatta tale (doverosa) premessa, l'aspetto di maggiore interesse è – ovviamente – quello relativo all'esatta individuazione dei casi in cui è consentito apportare modifiche ai contratti pubblici in corso di esecuzione (cioè l'eccezione alla regola generale a cui si è fatto riferimento in apertura del presente paragrafo). Le norme di riferimento si rinvengono nei primi otto commi dell'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023, che disciplinano plurime fattispecie di modifiche ammesse. Vediamole. a) La prima ipotesi – contemplata dall'art. 120, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 36/2023 (sostitutivo dell'art. 106, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 50/2016) – è quella delle modifiche che, a prescindere dal loro valore monetario, siano previste dai documenti di gara iniziali in clausole chiare, precise e inequivocabili. Si tratta di un'evenienza espressamente prevista nel contratto, come integrato dalle disposizioni dei documenti di gara già vagliati e accettati dal concorrente, recanti la disciplina dei diritti e delle obbligazioni che le parti si assumono con la sottoscrizione, nonché le situazioni nelle quali è ammessa la modifica (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1464 e 1469-1473). Tali clausole: – non devono alterare la struttura (cioè, in sostanza, la natura generale) del contratto e l'operazione economica; – possono consistere anche in “clausole di opzione”. A differenza delle clausole di revisione o di adattamento, le opzioni hanno un contenuto variabile, che non può essere delimitato a priori su base normativa e sono perciò caratterizzate (soprattutto per quanto riguarda l'esercizio dell'opzione medesima) da una condizione di sostanziale libertà (Caringella, Giustiniani, Mantini). Questa modifica è frutto del recepimento integrale dell'art. 72 della Direttiva n. 2014/24/UE, in parte qua non considerata dall'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016; – e, per i servizi e le forniture, invece, restano ferme le disposizioni di cui all'art. 1, comma 511, della l. n. 208/2015 (secondo cui – in sintesi – nei contratti pubblici relativi a servizi e forniture ad esecuzione continuata o periodica stipulati da un soggetto aggregatore, qualora si sia verificata una variazione nel valore dei predetti beni, che abbia determinato un aumento o una diminuzione del prezzo complessivo in misura non inferiore al 10% e tale da alterare significativamente l'originario equilibrio contrattuale, l'appaltatore o il soggetto aggregatore hanno facoltà di richiedere una riconduzione ad equità o una revisione del prezzo stesso. In caso di raggiungimento dell'accordo, i soggetti contraenti possono, nei trenta giorni successivi a tale accordo, esercitare il diritto di recesso. Nel caso di mancato raggiungimento dell'accordo le parti possono consensualmente risolvere il contratto senza che sia dovuto alcun indennizzo come conseguenza della risoluzione del contratto). b) La seconda ipotesi – disciplinata dall'art. 120, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 36/2023 (sostitutivo dell'art. 106, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 50/2016) – si riferisce ai lavori, forniture o servizi “ supplementari” non inclusi nell'appalto iniziale e divenuti necessari in corso di esecuzione. È il caso in cui il committente ha necessità di ampliare l'oggetto dell'appalto iniziale procedendo all'affidamento di attività che non erano incluse nel contratto originario. Tali prestazioni ulteriori sono ammesse qualora il cambiamento del contraente risulti impraticabile per motivi economici o tecnici e comporti per l'amministrazione “notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi”. Con la precisazione che devono ricorrere entrambe le situazioni descritte dalla norma (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1473 e 1474). La deroga alla regola generale dell'evidenza pubblica per la selezione di un eventuale nuovo operatore a cui affidare le suddette attività ulteriori si giustifica nell'esigenza di garantire alla stazione appaltante che le prestazioni ulteriori vengano rese dal contraente originario ai fini del migliore soddisfacimento dell'interesse pubblico (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1473 e 1474). Per queste modifiche è previsto un limite quantitativo massimo pari al 50% del valore dell'appalto iniziale. Nel caso di modifiche successive (che non possono in ogni caso mirare all'elusione della disciplina codicistica), la relativa limitazione si applica al valore di ciascuna modifica (v. il comma 2 dell'art. 120 in esame). c) La terza ipotesi – disciplinata dall'art. 120, comma 1, lett. c ), del d.lgs. n. 36/2023 (sostitutivo dell'art. 106, comma 1, lett. c), d.lgs. n. 50/2016) – attiene alle “varianti in corso d'opera”. Sebbene con tale espressione si sia soliti indicare tutte le modifiche ai contratti in corso di efficacia, a seguito dell'entrata in vigore del nuovo Codice la nozione di “varianti” ha definitivamente assunto un significato ben preciso e circoscritto, limitato a quelle modifiche derivanti da “circostanze imprevedibili” da parte della stazione appaltante tra cui – per espressa previsione legislativa, sia pure con valenza esemplificativa – rientrano le sopravvenienze legislative, regolamentari o provvedimentali (in quest'ultimo caso, però, provenienti da autorità o enti preposti alla tutela di interessi rilevanti). Al riguardo, per costante insegnamento pretorio le suddette varianti in corso d'opera si sostanziano “in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale” (v. tra le tante, Cons. St. VI, n. 1844/2023; Cons. St. V, n. 48/2022; Cons. St. III, n. 8180/2021; Cons. St. V, n. 7602/2021). In tale solco si è espresso di recente il Consiglio di Stato, chiarendo che “Le modifiche dell'oggetto del contratto sul versante del corrispettivo che l'appaltatore va a trarre dall'esecuzione del contratto vanno invece sussunte nell'ambito della fattispecie di cui alla lettera a) [dell'art. 106, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016, oggi art. 120 del d.lgs. n. 36/2023: n.d.r.], che disciplina gli aspetti economici del contratto con testuale riferimento alle “variazioni dei prezzi e dei costi standard” (Cons. St. IV, n. 9426/2022). Anche a fronte di queste pronunce va affermato che eventuali modifiche del corrispettivo non possono essere sussunte o comunque ritenute riconducibili alle varianti in corso d'opera. Il richiamo al carattere della “imprevedibilità” pone in rilievo il presupposto che legittima il ricorso alle “varianti in corso d'opera”, dato dall'assenza di “colpa” da parte dell'amministrazione nella definizione delle prestazioni oggetto di affidamento al momento dell'espletamento della procedura di appalto (Corrado). Anche per le varianti in corso d'opera viene riproposto il limite del 50% del valore del contratto iniziale, da applicarsi – in caso di più modifiche successive – al valore del contratto iniziale aumentato del valore delle varianti in corso d'opera precedentemente disposte (v. sempre il comma 2 dell'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023). Come si era visto per l'ipotesi precedente, ai fini del calcolo del prezzo, il prezzo aggiornato è il valore di riferimento quando il contratto reca una clausola di indicizzazione. Sul punto, si veda altresì il Parere de l Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibile del 28 luglio 2021, n. 983, reso con riferimento all'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016, ma da ritenersi ancora attuale stante la convergenza sostanziale dell'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016 rispetto all'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023. Da ultimo è stato precisato in giurisprudenza che “in sede di gara d'appalto e allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall'Amministrazione, mentre le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva autorizzazione contenuta nel bando di gara e l'individuazione dei relativi requisiti minimi che segnano i limiti entro i quali l'opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prefigurata dalla Pubblica Amministrazione, pur tuttavia consentito (cfr. ex multis Cons. St. V, n. 5160/2013; Cons. St. V, n. 819/ 2014; Cons. St. n. 2969/2017; Cons. St. III, n. 5967/ 2017; Cons. St. V, n. 1097/2019; Cons. St. V, n. 374/ 2019; per una disamina tra varianti migliorative e varianti non conformi al progetto posto a base di gara si veda: Cons. St. V, n. 6121/2018; sulla non fattibilità tecnica della soluzione progettuale dell'offerente a causa della previsioni di varianti non consentite: Cons. St. V, n. 1749/2019)”, così che in definitiva “le proposte migliorative consistono pertanto in soluzioni tecniche che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara, investono singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell'opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste” (cfr. Cons. St. V, n. 282/2021); è stato aggiunto anche che “...la valutazione delle offerte tecniche come pure delle ragioni che giustificano la soluzione migliorativa proposta quanto alla sua efficienza e alla rispondenza alle esigenze della stazione appaltante costituisce espressione di un'ampia discrezionalità tecnica (Cons. St. V, n. 2853/2018), con conseguente insindacabilità nel merito delle valutazioni e dei punteggi attribuiti dalla commissione, ove non inficiate da macroscopici errori di fatto, da illogicità o da irragionevolezza manifesta (Cons. St. III, n. 1072/ 2014; Cons. St. n. 5258/2017)” (v., ancora di recente, Cons. St. V, n. 9323/2023. Il principio è costante nell'intera giurisprudenza, di primo e di secondo grado, resa nell'ultimo anno. Sicché – in assenza di modifiche normative in proposito da parte del nuovo codice – si ritiene che il consolidato orientamento di cui si è appena dato conto sia ancora valido e applicabile anche a seguito della novella del 2023). In ultimo, sempre con riferimento alle varianti in corso d'opera, si è posto il problema se sia ammissibile e legittima una rinegoziazione delle offerte nella fase precedente la stipula del contratto. Invero, secondo un primo e più tradizionale orientamento non può trovare accoglimento la domanda di modifica delle pattuizioni prima di procedere alla stipulazione del contratto. Per tale indirizzo il principio di parità di trattamento e l'obbligo di trasparenza che ne deriva ostano a che, dopo l'aggiudicazione di un appalto pubblico, l'amministrazione aggiudicatrice e l'aggiudicatario apportino alle disposizioni dell'appalto modifiche che lo rendano sostanzialmente diverso rispetto alla sua configurazione iniziale (v. Cons. St. IV, n. 9426/2022 che richiama la sentenza della CGCE, 19 giugno 2008, C-454/06, punti da 34 a 37). A tale orientamento se ne affianca un altro che parte dalla constatazione per cui la legislazione in materia di appalti pubblici è sì ispirata al rispetto del principio di tutela della concorrenza e parità di trattamento, ma è anche informata ai criteri di efficacia ed economicità che, in presenza di particolari circostanze, possono condurre alla rinegoziazione delle condizioni contrattuali sia in corso d'esecuzione che prima della stipula del contratto (Cons. St. V, n. 2709/2022). Nella scia di tale seconda impostazione, una giurisprudenza di merito ha già avuto modo di statuire che sussiste “un legittimo margine di valutazione ... in capo all'amministrazione tra l'alternativa di rifare appello al mercato (con le diseconomie e i rischi già evidenziati) ovvero tentare (nei limiti consentiti dall'art. 106) di ricondurre il contratto ad utilità ... la scelta dell'amministrazione di individuare i termini della necessaria rinegoziazione ancor prima di procedere alla stipulazione del contratto si configura in fondo come prudente, poiché, posto che la rinegoziazione implica ovviamente l'accordo della controparte, ove tale accordo non fosse stato raggiunto, si sarebbe rafforzata in capo all'amministrazione una possibilità di revoca fondata sulle sopravvenienze organizzative e su un ragionevole rispetto delle aspettative dell'aggiudicatario” (così T.A.R. Piemonte I, n. 667/2021). Più di recente è stata pure espressamente affermata la legittimità della rinegoziazione delle offerte nella fase precedente la stipula del contratto: “Il Collegio condivide altresì gli assunti dottrinali favorevoli a questa seconda impostazione ermeneutica, che richiamano, da un lato, la correttezza del ricorso all'analogia essendovene tutti presupposti, di cui all'art. 12 disp. prel. c.c., quali la lacuna dell'ordinamento, in quanto non vi è una disciplina specifica delle sopravvenienze applicabile alla fase tra l'aggiudicazione e la stipulazione del contratto e l'eadem ratio; dall'altro, la corretta applicazione del principio di economicità, dunque di buon andamento, dell'amministrazione (richiamato dall'art. 30, comma 1, del codice dei contratti pubblici), perché scongiura una riedizione della procedura, che diversamente s'imporrebbe in tutti i casi di modifica, ancorché non “essenziale”, delle condizioni” (v. T.A.R. Sardegna II, n. 770/2022). E ancora si è da poco ritenuto “che una richiesta di rinegoziazione deve essere presa in considerazione, al ricorrere di particolari circostanze di fatto che ne evidenzino la ragionevolezza e la plausibilità, risultando irragionevole accettare l'azzeramento degli esiti di una procedura di affidamento in assenza di specifiche e sostanziali illegittimità che la affliggano ... Le considerazioni cui giunge la giurisprudenza citata, pertanto, si attagliano al caso di specie, in cui risulta apprezzabile il tempo intercorso tra la formulazione/presentazione dell'offerta e l'avvio delle prestazioni contrattuali. È chiaro che la considerazione e le valutazioni in ordine alla incidenza del tempo trascorso debbano essere considerate caso per caso, in relazione al contesto economico in cui gli operatori si trovano ad operare e possono variare anche sensibilmente da un momento storico all'altro. Costituisce pertanto onere dell'amministrazione assicurarsi di giungere alla stipula di un contratto in condizioni di equilibrio, valutando ogni sopravvenienza segnalata dagli operatori economici partecipanti alla gara che, alla luce del quadro normativo vigente e del contesto socio-economico, appaia in grado di alterare tali condizioni, adottando le misure necessarie a ristabilire l'originario equilibrio contrattuale. Resta fermo che debba trattarsi di sopravvenienze imprevedibili, estranee anche al normale ciclo economico, in grado di generare condizioni di shock eccezionale [...]. È invece preclusa la negoziazione di modifiche che non mirino al recupero dell'equilibrio iniziale del contratto cha la gara stessa perseguiva ma che si presentino in grado di estendere in modo considerevole l'oggetto dell'appalto ad elementi non previsti, alterare l'equilibrio economico contrattuale originario in favore dell'aggiudicatario, rimettere in discussione l'aggiudicazione dell'appalto (nel senso che, se esse fossero state previste nei documenti disciplinanti la procedura di aggiudicazione originaria, avrebbe potuto verosimilmente risultare aggiudicatario un altro offerente oppure avrebbero potuto essere ammessi offerenti diversi)” (così T.A.R. Piemonte II, n. 180/2023). d ) La quarta ipotesi riguarda una modifica di natura soggettiva. Si tratta del caso in cui le prestazioni restano quelle originariamente pattuite e la modifica attiene al soggetto tenuto ad eseguirle (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1476-1478, che analizzano anche la possibilità di applicare la norma per analogia anche nella fase di scelta del contraente, dando conto del contrasto che si era venuto a creare tra la posizione assunta dalla giurisprudenza e quella tenuta dall'ANAC). In tema è opportuna una precisazione preliminare. L'appalto (sia pubblico, sia privato) è un contratto stipulato intuitu personae. Ciò nonostante il legislatore ha aperto all'eventualità che possano esservi alcune modificazioni di carattere soggettivo che non richiedano automaticamente l'espletamento di nuove procedure competitive. Segnatamente, per l'art. 120, comma 1, lett. d), d.lgs. n. 36/2023 (in sostituzione dell'art. 106, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 50/2016) ciò è ammissibile quando vi sono: 1) clausole di revisione inequivocabili nei documenti di gara originari. È null'altro, nella sostanza, che la ripetizione della prima ipotesi (art. 120, comma 1, lett. a), del d.lgs. n. 36/2023, estesa peraltro non già all'ambito oggettivo, ma a quello soggettivo). Si rimanda dunque a quanto si è osservato sopra; 2) successione all'aggiudicatario iniziale, a causa di morte o a seguito di ristrutturazioni societarie, di un altro operatore economico che soddisfi i criteri di selezione qualitativa stabiliti inizialmente, purché ciò non implichi altre modifiche sostanziali al contratto e non sia finalizzato ad eludere la disciplina codicistica. Con riferimento a tale ipotesi, la giurisprudenza ha stabilito che la stazione appaltante non ha un obbligo di scorrimento della graduatoria, ma conserva un potere discrezionale al riguardo. Più precisamente si è rilevato che, ex art. 106, comma 1, lett. d), n. 2 (invariato in parte qua nell'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023, con conseguente attualità dell'orientamento giurisprudenziale in esame), “non sussiste alcun obbligo per l'amministrazione di procedere con lo scorrimento della graduatoria, stabilendo, l'articolo in esame, una possibilità di procedere con lo scorrimento. In sostanza, viene demandata alla discrezionalità dell'Amministrazione la scelta di procedere o meno con lo scorrimento. La giurisprudenza amministrativa ha sempre affermato che l'amministrazione, una volta indetta una procedura di gara, non è tenuta a concluderla con l'aggiudicazione del contratto, ove si oppongono gravi motivi di pubblico interesse di cui ovviamente la stazione appaltante deve dare formale giustificazione. Pertanto, se, come si è visto, l'affidamento del contratto oggetto di pubblica gara non costituisce un obbligo incondizionato per l'amministrazione appaltante neppure nei confronti del concorrente primo graduato, a maggior ragione deve essere riconosciuto agli organismi amministrativi un ambito di discrezionalità per quanto attiene l'opportunità di procedere allo scorrimento della graduatoria degli aspiranti contraenti” (così T.A.R. Lazio (Roma) III-quater, n. 344/2023); 3) assunzione, da parte dell'amministrazione, degli obblighi del contraente principale nei confronti dei suoi subappaltatori. In tale ipotesi, tuttavia, non vi è nemmeno una vera e propria sostituzione del contraente, quanto piuttosto una modifica contrattuale che porta alla ribalta i subappaltatori, sostituendo il rapporto mediato (che essi hanno con l'amministrazione) con un rapporto diretto. Nella fattispecie qui rilevante, infatti, l'amministrazione assume – nei confronti dei subappaltatori – direttamente su di sé le obbligazioni del contraente principale, così incidendo in modo stabile e diretto sul contratto di subappalto. e ) La quinta ipotesi è prevista dal comma 3 dell'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023 (sostitutivo del comma 2 dell'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016), laddove si stabilisce che un contratto pubblico può essere modificato senza necessità di una nuova procedura di gara ove il valore della modifica sia al di sotto: – della soglia di rilevanza comunitaria prevista per quella tipologia di contratto; – e del tetto del 10% del valore iniziale del contratto per i contratti di servizi e fornitura (sia nei settori ordinari, sia in quelli speciali) o del 15% del valore iniziale del contratto per i contratti di lavori (sempre tanto per i settori ordinari, quanto per quelli speciali). Ciò, tuttavia, sempre a patto che la modifica non alteri né la natura complessiva (rectius, “la struttura”) del contratto o dell'accordo quadro, né “ l'operazione economica sottesa”. In caso di più modifiche successive, il valore è accertato sulla base del valore complessivo netto delle successive modifiche. In merito a questa disposizione – che riprende integralmente il contenuto del precedente art. 106, comma 2, del d.lgs. n. 50/2016 – si potrebbe porre un problema di ordine interpretativo in merito al limite fissato con riferimento alle soglie di rilevanza comunitaria. Ciò in quanto la norma in commento fa riferimento testualmente al “valore della modifica” e non al “valore del contratto”. Peraltro la dottrina ha evidenziato che un'interpretazione sistematica della norma sembra condurre a ritenere che il riferimento alle soglie comunitarie riguardi anche il “valore del contratto”. Con la conseguenza che il doppio limite individuato dalla disposizione attiene sì al valore della modifica, ma preclude anche che a seguito di tale modifica il valore del contratto superi le soglie di rilevanza comunitaria (Caringella, Giustiniani, Mantini). f ) La sesta ipotesi attiene all'ammissibilità delle c.d. “modifiche non sostanziali ” di cui ai commi 5, 6 e 7 dell'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023 (che vanno a sostituire il comma 1, lett. e), e il comma 4 dell'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016). Le modifiche (“non sostanziali”) in questione sono definite “a contrario” dal legislatore della novella (come per il vero avveniva già nel vecchio codice), mediante l'indicazione dei casi in cui la modifica è sostanziale. Per il nuovo comma 6 (analogamente al comma 4 dell'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016), infatti, una modifica dev'essere considerata sostanziale qualora alteri “considerevolmente la struttura del contratto o dell'accordo quadro e l'operazione economica sottesa” e, in ogni caso, se si verifica almeno una delle condizioni normative. La formulazione, sia pure con qualche differenza testuale, ripropone il testo previgente. Sicché si ritiene che valgano ancora oggi le riflessioni svolte dalla dottrina e dalla giurisprudenza sotto il vecchio codice. Per intanto resta non definito cosa si debba intendere né per “struttura” del contratto o dell'accordo quadro, né per modifiche che la mutano “considerevolmente”. Peraltro qualche indicazione in proposito può essere desunta dalla Direttiva 2014/24/UE. Infatti: – per un verso, il considerando n. 109 reca un'indicazione delle ipotesi in cui viene alterata la “natura generale del contratto” richiamando il caso della sostituzione dei lavori, servizi o forniture “con qualcosa di diverso” oppure il “cambiamento sostanziale del tipo di appalto”; – e, per altro verso, il considerando n. 107 considera le “modifiche sostanziali” richiamando l'ipotesi di modifiche “dell'ambito di applicazione e del contenuto dei diritti e obblighi reciproci” (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1462). Tanto chiarito, le situazioni “nominate” che concretano la sostanzialità della modifica si verificano quando: – si ha l'introduzione di condizioni che, se presenti sin dall'origine, avrebbero consentito l'ammissione di candidati diversi (quindi di condizioni che incidono sui requisiti di qualificazione), o l'accettazione di un'offerta diversa (ossia di condizioni che incidono sull'offerta economica o tecnica), o ancora che avrebbero attirato ulteriori concorrenti (queste condizioni, dunque, riguardano in alternativa la remuneratività del contratto, le condizioni di esecuzione o la natura delle prestazioni). Cosicché, per aversi un'alterazione “considerevole” degli elementi essenziali del contratto, la modifica dev'essere tale da sostituire le prestazioni iniziali o la tipologia dell'appalto con qualcosa di diverso; – la sostituzione dell'oggetto o del tipo dell'appalto cambia l'equilibrio economico del contratto a favore dell'aggiudicatario; – v'è un'estensione notevole dell'ambito di applicazione del contratto; – e la sostituzione del contraente incida, oltre che sul profilo soggettivo, venga cambiata la materialità oggettiva del contratto. Da ultimo, l'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023, al comma 7, chiarisce – questa volta in via espressa (cioè non “a contrariis”) che non sono considerate sostanziali le modifiche al progetto volte: – a garantire “risparmi” di spesa che possano essere utilizzate in compensazione per far fronte a variazioni in aumento dei costi delle lavorazioni; – a realizzare “soluzioni equivalenti o migliorative in termini economici, tecnici o di tempi” di completamento dell'opera. g ) Infine si segnala che il comma 8 dell'art. 120 del nuovo codice si occupa delle modifiche contrattuali previste dalle clausole di rinegoziazione del contratto. In linea di principio gli obblighi tipici di rinegoziazione di rapporti convenzionali inter partes rispondono a principi di equità e al generale divieto di attribuzioni patrimoniali sine causa, di guisa che le vicende intertemporali maturate fra la conclusione di un accordo e la sua esecuzione, potrebbero comportare, a tutela di una delle parti, l'obbligo per l'altra di accogliere l'istanza di revisionarne il contenuto. In generale però, sia il legislatore, con istituti quali l'impossibilità e la eccessiva onerosità sopravvenuta, sia la dottrina, con l'elaborazione di figure quali la presupposizione, ammettono la rilevanza delle sopravvenienze, ma se non ricorrono le ipotesi tipiche di legge (come dianzi specificato relativamente all'art. 1664 c.c.) e le parti non hanno previsto clausole di rinegoziazione al sopravvenire di fatti imprevisti, l'assetto di interessi non può essere rimesso in discussione, se non per loro concorde volontà (v. T.A.R. Puglia (Bari) III, n. 952/2014). Il nuovo codice è partito da questi presupposti e li ha combinati in una previsione dal carattere (parzialmente) innovativo. Invero, laddove tali clausole siano presenti, non v'è molto da aggiungere rispetto a quanto si è detto nel punto d'inquadramento. Il d.lgs. n. 36/2023si è limitato a rendere un migliore coordinamento con il principio di rinegoziazione previsto dall'art. 9 (al cui commento si rinvia). Quando invece le suddette clausole non sono indicate nel contratto, la richiesta di rinegoziazione non ha portata sospensiva dell'esecuzione delle prestazioni e fa sorgere in capo al RUP un marcato ruolo operativo, che si esplica attraverso la formulazione di una proposta di nuovo accordo tra le parti. Entrambe le parti nelle trattative devono conformarsi al generale principio di buona fede, che significa che devono adottare comportamenti adeguati alle concrete circostanze, allo specifico contenuto contrattuale e alla qualificazione dei soggetti interessati, con proposte serie e sostenibili, che potranno investire tutti i contenuti del contratto: modalità della prestazione, tollerandone variazioni, durata, prezzo, ecc. L'utilizzo della clausola generale della buona fede non è casuale ma corrisponde ad una precisa tecnica legislativa (“per clausole generali”, contrapposta a quella per “fattispecie determinate”), di cui fa largo uso il Codice, per imporre alle parti la individuazione della concreta regola di condotta corrispondente alla buona fede con riferimento al caso specifico, in linea con la nuova fiducia riposta nei contraenti e la valorizzazione dell'autonomia decisionale dei funzionari pubblici di cui all'art. 2, recante il “principio di fiducia” (Pradella). Per il caso in cui non si addivenga a un accordo, la parte che da ciò si ritenga lesa potrà agire in sede giurisdizionale per cercare così di ottenere l'adeguamento del contratto all'equilibrio originario. Il c.d. “quinto d'obbligo”Nel precedente paragrafo sono stati analizzato i presupposti che consentono alla stazione appaltante (e all'esecutore) di mutare il contenuto della prestazione dedotta in obbligazione nel contratto pubblico senza dover ricorrere ad una nuova procedura di gara. Essi devono essere letti in combinato disposto con la disciplina del c.d. “quinto d'obbligo” di cui al comma 9 dell'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023 (sostituivo del comma 12 dell'art. 106 del d.lgs. n. 50/2016). In buona sostanza, quando in corso di esecuzione si rende necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni fino a concorrenza del quinto dell'importo del contratto, la stazione appaltante può imporre all'appaltatore l'esecuzione alle stesse condizioni del contratto originario, senza che l'appaltatore possa far valere il diritto alla risoluzione del contratto. Il ‘quinto d'obbligo' rappresenta un limite entro il quale il diritto potestativo dell'amministrazione di disporre variazioni contrattuali può essere esercitato senza che l'appaltatore possa far valere il diritto alla risoluzione del contratto (Corrado). Si tratta di un limite meramente quantitativo: le variazioni non devono essere tali da determinare un aumento o una diminuzione di lavori superiore al quinto dell'importo complessivo dell'opera quale risulta dal contratto. Ciò sul presupposto che l'appaltatore, avendo accettato di eseguire lavori per una certa somma, presumibilmente non subirà alcun pregiudizio a seguito di una variazione «quantitativa» delle prestazioni contenuta entro il limite del quinto di quella somma. Dal punto di vista sistematico, si rileva che anche il nuovo codice – così come il d.lgs. n. 50/2016 – ha individuato quale sedes materiae della disciplina del «quinto d'obbligo» l'articolo relativo alle modifiche di contratti in corso di esecuzione. Il che peraltro non pare una scelta pienamente condivisibile, dal momento che l'effetto della disposizione – più che di “modificare” il contenuto del contratto rispetto all'assetto negoziale originariamente convenuto – è quello di “eterointegrare” il contenuto del contratto così come inizialmente pattuito (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1480 e 1481). In altre parole, la funzione del “quinto d'obbligo” non è tanto quella di circoscrivere il diritto potestativo della P.A. di introdurre variazioni e addizioni, quanto quella di delimitare il contenuto della prestazione a cui l'appaltatore deve intendersi obbligato sin dall'inizio, nel senso che tale contenuto va rapportato ad una somma che può oscillare – una volta che lo ius variandi della stazione appaltante sia stato esercitato – tra i quattro quinti e i sei quinti dell'importo originariamente dedotto in obbligazione (Corrado). Il limite del quinto riguarda direttamente “l'importo del contratto” e quindi il valore effettivo dell'appalto, come risulta a seguito dell'offerta formulata sulla base del valore stimato posto a base di gara e selezionata dall'amministrazione (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1480 e 1481). Merita segnalare che la giurisprudenza ha stabilito che il “quinto d'obbligo” è una prestazione aggiuntiva rispetto al contratto originario, e costituisce dunque una sopravvenienza, la quale non concorre alla determinazione della soglia di rilevanza comunitaria e alla determinazione del valore stimato dell'appalto, per la quale si fa riferimento a clausole presenti al momento della predisposizione degli atti di gara ed in questa sede inserite per effetto di scelta discrezionale della stazione appaltante (T.A.R. Lombardia (Milano) II, n. 284/2020). Si richiama inoltre l'attenzione sul Comunicato del Presidente dell'ANAC reso il 23 marzo 2021 in risposta ad alcune segnalazioni in merito a problematiche applicative dell'art. 106, comma 12, del d.lgs. n. 50/2016, ritenute meritevoli di chiarimenti al fine di favorire la corretta interpretazione e l'uniforme applicazione della disposizione in esame. Segnatamente, il dubbio prospettato atteneva alla possibilità di considerare il “quinto d'obbligo” come ipotesi autonoma e ulteriore di modifica contrattuale rispetto alle casistiche enucleate ai commi 1 e 2 della disposizione in esame e, in caso positivo, alla possibilità di accedere a tale istituto anche a prescindere dalla ricorrenza dei presupposti individuati dalla legge. L'Autorità, previo confronto con il Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, ritiene di aderire a un'interpretazione restrittiva e euro-unitariamente orientata della fattispecie nonostante la presenza di un orientamento contrario della giurisprudenza amministrativa. La scelta è stata dettata dalla considerazione che l'art. 106 (oggi art. 120, invariato per quanto qui interessa) del Codice introduce una deroga al principio generale dell'evidenza pubblica con conseguente divieto di applicazione al di fuori delle ipotesi specificamente e tassativamente indicate. Per tali motivi, si è ritenuto che la disposizione in argomento sia volta a specificare che, al ricorrere di una delle ipotesi di cui ai commi 1, lett. c) e 2 dell'art. 106 (oggi coincidente con l'art. 120, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 36/2023, in tema di varianti in corso d'opera), qualora la modifica del contratto resti contenuta entro il quinto dell'importo originario, la stazione appaltante potrà imporre all'appaltatore la relativa esecuzione alle condizioni del contratto originario senza che lo stesso possa far valere il diritto alla risoluzione del contratto medesimo. Nel caso in cui, invece, si ecceda il quinto d'obbligo e, sempre purché ricorrano le altre condizioni di cui all'art. 106, commi 1 e 2, del Codice (anch'esse previste negli omologhi commi dell'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023), l'appaltatore potrà esigere una rinegoziazione delle condizioni contrattuali e, in caso di esito negativo, il diritto alla risoluzione del contratto. L'articolo in esame non può, quindi, essere inteso come ipotesi autonoma di modifica contrattuale, ulteriore rispetto a quelle individuate dalla norma. Stante la sostanziale coincidenza del testo novellato con quello previgente, si ritiene che tali indicazioni siano tuttora attuali e che potranno spiegare effetti anche nell'operatività del nuovo codice. Quanto al profilo processuale, si è recentemente stabilito che il contenzioso sul quinto d'obbligo sfugge alla cognizione del giudice amministrativo, in quanto assoggettato alla giurisdizione del giudice ordinario. Il ragionamento posto alla base di tale decisione si articola nei seguenti passaggi: – per intanto, secondo un più che consolidato orientamento, la potestà cognitiva delle condotte e dei provvedimenti assunti prima della definizione della procedura di affidamento dei contratti di appalto (di lavori, sevizi e forniture) o nella fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipula del contratto deve essere ascritta entro il perimetro della giurisdizione del giudice amministrativo, mentre la cognizione dei quelli afferenti all'esecuzione dell'accordo negoziale appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario (v., ex multis, T.A.R. Sicilia (Catania), n. 1684/2019; Cons. St. V, n. 3780/2015; Cass. S.U., n. 17858/2013); – a fronte di ciò è dirimente andare a verificare se gli atti impugnati afferiscano o meno alla fase esecutiva del rapporto contrattuale in essere, ciò dipendendo dalle disposizioni che prevedono la possibilità di applicare il quinto d' obbligo; – da un punto di vista di tipo formale – sistematico, usualmente, la clausola che consente di richiedere il quinto d'obbligo, relativamente alla sua collocazione, è prevista nel contratto stipulato all'esito della procedura di scelta del contraente e quindi “a valle” del procedimento ad evidenza pubblica; – e seguendo il criterio del petitum sostanziale, sempre di solito, si lamenta l'impossibilità sopravvenuta della prestazione e l'eccessiva onerosità. Tali ragioni attengono proprio alla fisiologia ed eventuale patologia alle previsioni pattizie e, anche tenuto conto della parità delle posizioni in rilievo, si configura una situazione giuridica soggettiva avente le connotazioni di diritto soggettivo, tutelabile, conseguentemente davanti al giudice deputato a conoscere della denunciata lesione di tali posizioni, e cioè – appunto – il giudice ordinario (v. T.A.R. Emilia Romagna (Bologna) I, n. 820/2021). Per completezza, si segnala che altra giurisprudenza aveva in passato affidato al giudice amministrativo la cognizione in ordine alla esatta applicabilità o meno dell'istituto del quinto d'obbligo (v. T.A.R. Umbria, I, n. 677/2016, resa però in un caso in cui veniva in rilievo l'approvazione di una variante che involgeva l'affidamento dei lavori pubblici e quindi una scelta di tipo autoritativo con conseguente attrazione nella giurisdizione amministrativa). Per provare a sintetizzare, si ritiene che la linea di demarcazione tra i due plessi giurisdizionali sia rinvenibile nella sussistenza o no di contestazioni in ordine allo ius variandi riferibili ad una clausola contrattuale, nonché di posizioni paritarie, operanti sul piano civilistico. In una controversia riservata al giudice amministrativo (perché: – per un verso, il petitum sostanziale atteneva alla dedotta violazione del procedimento di evidenza pubblica per l'affidamento di prestazioni, con conseguente attrazione della controversia alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo prevista dall'art. 133 lett. e), n. 1, c.p.a.; – e, per altro verso, la situazione giuridica soggettiva fatta valere in giudizio si connotava come interesse legittimo correlato alla potestà discrezionale dell'Amministrazione di optare per la formula reputata più adeguata per soddisfare il manifestato interesse pubblico all'estensione quantitativa delle prestazioni oggetto del servizio, con conseguente attrazione del contenzioso, comunque, anche nella generale giurisdizione di legittimità riservata al G.A.) si è affermato un principio interessante: La natura derogatoria della normativa in discussione comporta che la stessa possa trovare applicazione solo nei casi espressamente previsti, che sono pertanto di stretta interpretazione. In tale prospettiva ermeneutica deve reputarsi che il potere dell'Amministrazione di imporre all'appaltante una modifica delle prestazioni affidate entro il limite del quinto dell'importo del contratto, stante l'utilizzo dell'inciso “qualora in corso di es ecuzione si renda necessario un aumento o una diminuzione delle prestazioni”, riguarda le sole circostanze imprevedibili e sopravvenute nel corso dell'esecuzione del rapporto, e non può essere utilizzato per rimediare ad errori originari compiuti dalla stazione appaltante in sede di valutazione del fabbisogno, ovvero per eludere gli obblighi discendenti dal rispetto delle procedure ad evidenza pubblica attraverso un artificioso frazionamento del contenuto delle prestazioni (v. T.A.R. Campania (Napoli) VIII, n. 5595/2020). Le modifiche alla durata del contrattoOltre a quanto si è indicato nel punto dedicato all'inquadramento della novella (a cui, per brevità, si rimanda), in ordine alla tematica della modificabilità della durata del contratto si osserva che il legislatore sin dal comma 1, lett. a), dell'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023 fa espressa menzione delle c.d. “clausole di opzione”, in cui va ricompresa l'“opzione di proroga” prevista dal comma 10 del medesimo art. 120. Esso precisa che la prorogabilità del termine di conclusione della prestazione dev'essere prevista ab origine , dalla lex specialis di gara. V'è poi una disposizione di chiusura che ha l'effetto di contemperare gli interessi dell'appaltatore e della stazione appaltante, e in generale l'interesse pubblico alla continuità dell'esecuzione delle prestazioni: qualora la proroga sia disposta conforme alla legge (essendo cioè prevista dal bando o dalla legge di gara, al solo fine di assicurare la conclusione della commessa), “il contraente originario è tenuto a eseguire le prestazioni contrattuali ai prezzi, patti e condizioni stabiliti nel contratto o, se previsto nei documenti di gara, alle condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante”. La previsione che ci occupa non precisa il momento in cui la proroga va disposta. La rubrica dell'art. 120 del d.lgs. n. 36/2023, peraltro, non lascia molti dubbi. Poiché la modifica riguarda i “contratti in corso di esecuzione” e mira a consentire la conclusione delle procedure, la proroga – gioco forza – non può essere accordata dopo la scadenza del contratto (perché esso, tecnicamente, in tal caso non sarebbe più in corso di esecuzione) o prima che sia stata formalmente indetta la nuova procedura (perché in questa evenienza non potrebbe essere motivata in ragione della conclusione della prestazione) (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1479 e 1480). Conclusivamente si deve dare conto della distinzione tra proroga contrattuale e rinnovo (da ultimo, Cons. St. V, n. 1635/2023). Essa dev'essere fatta guardando agli effetti dell'atto: mentre la proroga del contratto ha la mera funzione di spostare in avanti la scadenza conclusiva del rapporto, mantenendo inalterato il regolamento negoziale, il rinnovo, al contrario, realizza una nuova negoziazione tra le parti, con un rinnovato esercizio dell'autonomia negoziale (v., ex multis, Cons. St. V, n. 4867 /2018). In altre parole, come chiarito dalla costante giurisprudenza che si è occupata del tema, si verte in ipotesi di proroga contrattuale allorquando vi sia un'integrale conferma delle precedenti condizioni (fatta salva la modifica di quelle non più attuali), con il solo effetto del differimento del termine finale del rapporto, per il resto regolato dall'atto originario; mentre ricorre l'ipotesi di rinnovo, quando interviene una nuova negoziazione tra gli stessi soggetti che si conclude con una modifica delle precedenti condizioni (tra le tante, Cons. St. III, n. 5059/2018; Cons. St. VI, n. 3478/2019; Cons. St. n. 8219/2019; Cons. St. V, n. 3874/2020). Il rinnovo, dunque, in disparte il dato non determinante del nomen iuris formalmente attribuito dalle parti, si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario. In assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l'accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall'atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l'intervenuta mera proroga del previgente contratto (Cons. St. III, n. 2157/2022). Le cessioni dei creditiNella tematica delle modifiche ai contratti in corso di efficacia si inserisce anche la questione relativa alla cedibilità dei crediti derivanti dall'esecuzione di contratti pubblici, in quanto pur sempre attinente ad una modificazione dal lato soggettivo di un rapporto obbligatorio derivante dall'esecuzione del contratto pubblico. Sul punto, l'art. 120, comma 12, del d.lgs. n. 36/2023 (come già l'art. 106, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016), dispone che per le cessioni dei crediti derivanti dall'esecuzione di contratti pubblici si applicano le disposizioni della l. n. 52/1991, recante la “disciplina della cessione dei crediti di impresa”. Quanto alle condizioni per l'opponibilità alle stazioni appaltanti delle cessioni creditorie e per le relative modalità operative si rimanda invece al commento all'allegato II.14. Le modifiche al contratto e gli obblighi di comunicazionePer quanto concerne le modificazioni di cui all'art. 120 (già art. 106 del d.lgs. n. 50/2016), comma 1, lett. b) e c), d.lgs. n. 36/2023, ossia circa le prestazioni supplementari e le varianti in corso d'opera, è previsto un sistema di adempimenti pubblicitari e informativi. In tali casi, a mente del il comma 14, le amministrazioni aggiudicatrici o gli enti aggiudicatori devono pubblicare un avviso nella Gazzetta ufficiale dell'Unione Europea. Le informazioni e i contenuti dell'avviso sono individuati dall'allegato II.16, al cui commento si rimanda. Il comma 15 reca un ulteriore adempimento informativo a carico delle stazioni appaltanti, limitatamente ai casi di modifiche del contratto, nonché in relazione alle varianti in corso d'opera, prevedendo che in tali ipotesi la stazione appaltante sia tenuta a comunicare le variazioni all'ANAC. Nel caso di mancata o tardiva comunicazione, l'ANAC può irrogare alla stazione appaltante una sanzione amministrativa di importo compreso tra 500 e 5.000 Euro per ogni giorno di ritardo. Ai sensi del medesimo comma, l'A.N.AC. provvede a pubblicare sul proprio sito web l'elenco delle modificazioni comunicate, indicando l'opera, l'amministrazione o l'ente aggiudicatore, l'aggiudicatario, il progettista e il valore della modifica. Anche in questo caso, per le previsioni di dettaglio e per le modalità operative delle comunicazioni si rimanda agli allegati al nuovo codice (nella specie, all'allegato II.14). Esecuzione e rinegoziazione: il fragile equilibrio tra equità e competizioneLa norma in esame va letta in coordinamento con l'art. 9 d.lgs. n. 36/2023, che prevede un diritto alla rinegoziazione in caso di alterazione dell'equilibrio contrattuale dovuto a fattori imprevedibili esogeni al contratto ed estranei al ciclo di vita dell'operazione economica. Entrambe le previsioni introducono temperamenti al principio di “sanctity” del contratto pubblico nel rispetto dello “scope of competition test”: – l'articolo in commento sceglie la strada comunitariamente autorizzata delle modifiche quantitative specifiche e tassative; – l'art. 9 quella, più impervia e affascinante, della manutenzione veicolata della negoziazione in buona fede – presumibilmente coercibile ex art. 2932 c.c. – secondo una logica coerente con la centralità del principio di fiducia ex art. 2. 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