Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 129 - Appalti riservati.

Marco Briccarello
Codice legge fallimentare

Artt. 112, 143


Appalti riservati.

1. Le stazioni appaltanti hanno facoltà, con bando predisposto a norma delle disposizioni che seguono, di riservare agli enti di cui al comma 2 il diritto di partecipare alle procedure per l'affidamento dei servizi sanitari, sociali e culturali individuati nell'allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014.

2. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 6, devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:

a) gli enti riservatari devono avere come obiettivo statutario il perseguimento di una missione di servizio pubblico legata alla prestazione dei servizi di cui al comma 1;

b) deve essere previsto un vincolo di reinvestimento dei profitti, per il conseguimento degli obiettivi statutari o, comunque, una distribuzione o redistribuzione fondata su considerazioni partecipative;

c) le strutture di gestione o proprietà degli enti devono essere basate su principi partecipativi o di azionariato dei dipendenti, ovvero richiedere la partecipazione attiva di dipendenti, utenti o soggetti interessati.

3. È esclusa la riserva a favore di enti che nei tre anni precedenti all'affidamento siano stati già aggiudicatari di un appalto o di una concessione per i servizi di cui al comma 1, disposti a norma del presente articolo.

4. La durata massima del contratto non può superare i tre anni.

Inquadramento

L'art. 129 del d.lgs. n. 36/2023 regola la facoltà delle stazioni appaltanti di riservare a determinati enti il diritto di partecipare alle procedure di affidamento di servizi sanitari, sociali e culturali individuati nell'allegato XIV alla Direttiva 2014/24/UE.

Per comprendere l'esatta portata della norma, e al fine di meglio contestualizzarla nel panorama dell'odierna contrattualistica pubblica, occorre innanzitutto fare un passo indietro e ripercorrerne le origini.

i ) A livello europeo la disciplina degli “appalti riservati” trae fondamento dagli artt. 19 e 24 della Direttiva 2014/23/UE, nonché (principalmente) dall'art. 77 della Direttiva 2014/24/UE e dall'art. 94 della Direttiva 2014/25/UE.

ii ) Nel “vecchio” codice del 2016 le previsioni di riferimento erano contenute negli artt. 112 e 143. In particolare:

– l'art. 112 del d.lgs. n. 50/2016, che ha preso il posto dell'art. 52 del d.lgs. n. 163/2006, aveva attuato i dettami dell'art. 24 della direttiva 2014/23/UE, dell'art. 20 della direttiva 2014/24/UE e dell'art. 38 della direttiva 2014/25/UE, ponendosi anche in linea con il criterio di cui all'art. 1, comma 1, lett. c) della legge n. 11/2016. Nel merito, il citato art. 112 prevedeva la possibilità per le stazioni appaltanti di riservare il diritto di partecipazione alle procedure di appalto o di concessione a favore di lavoratori protetti, operatori economici o cooperative sociali e loro consorzi aventi quale finalità principale l'integrazione sociale e professionale di soggetti disabili o svantaggiati oppure la riserva di esecuzione nel contesto di programmi di lavoro protetti, quando almeno il 30% dei lavoratori è composto da persone con disabilità o in condizione di svantaggio;

– e l'art. 143 del d.lgs. n. 50/2016, in sostituzione degli artt. 20 e 21 del d.lgs. n. 163/2006, aveva recepito l'art. 77 della Direttiva n. 2014/24/UE e l'art. 94 della Direttiva n. 2014/25/UE, riconoscendo alle stazioni appaltanti il potere di riservare ad alcune determinate organizzazioni, con precise caratteristiche, il diritto di partecipare agli appalti e di aggiudicarsi appalti pubblici esclusivamente per determinati servizi indicati dalla legge.

In ragione di ciò si era osservato che l'art. 112 del d.lgs. n. 50/2016 conteneva una riserva di tipo soggettivo e riguardava tutte le tipologie di servizi sociali, mentre l'art. 143 dello stesso decreto legislativo individuava una riserva operante sul piano oggettivo, con riguardo ai servizi sociali tassativamente ivi richiamati (Grassucci).

iii ) In questo contesto, la novella del 2023 ha mantenuto la suddetta “bipartizione” del vecchio codice e ha trattato:

– all'art. 61 (corrispondente all'art. 112 del d.lgs. n. 50/2016) i “contratti riservati”, al cui apposito commento si rinvia;

– e all'art. 129 (corrispondente all'art. 143 del d.lgs. n. 50/2016) la regolamentazione degli “appalti riservati”.

Tale ultima disposizione, qui rilevante, non ha apportato significative modifiche al pregresso impianto, limitandosi – come afferma anche la relazione illustrativa al nuovo codice – a “minimi interventi di drafting”. Segnatamente:

– il termine “organizzazioni” (contenuto nel corpo dell'art. 143, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016) è stato espunto, in quanto privo di riscontro nella disciplina di settore, e sostituito con l'espressione “enti”;

– per una migliore intellegibilità, i settori interessati sono ora individuati non più con i relativi codici CPV, bensì tramite rinvio all'allegato XIV alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014;

– è stato eliminato l'aggettivo “tutte”, che il comma 2 dell'art. 143 del vecchio codice riferiva alle condizioni normativamente richieste per l'affidamento riservato, in ragione della sua superfluità, essendo esso implicito nell'elenco delle suddette condizioni;

– ed è stata collocata in un apposito comma (il terzo) la prescrizione del divieto di riaffidamento infratriennale, prima inserita – meno congruamente – dal comma 2, lett. d), dell'art. 143 del d.lgs. n. 50/2016 tra le “condizioni” per la riserva.

Il regime derogatorio degli appalti riservati

Come si è accennato nel paragrafo precedente, il disposto dell'art. 129 del d.lgs. n. 36/2023 è rimasto sostanzialmente immutato rispetto a quello dell'art. 143 del d.lgs. n. 50/2016. Si ritiene pertanto che le opinioni espresse in dottrina e le statuizioni emesse dalla giurisprudenza nella vigenza del vecchio codice mantengano una certa attualità e possano essere confermate a seguito della piena operatività del d.lgs. n. 36/2023.

Entrando nel vivo della materia, tanto il vecchio, quanto il nuovo codice prevedono la possibilità per le stazioni appaltanti di riservare la partecipazione a procedure di gara e l'esecuzione di un contratto a favore di determinate tipologie di operatori economici, tra cui le organizzazioni no-profit. Si tratta quindi di disposizioni che si inseriscono nel novero delle norme che regolano le procedure di affidamento degli appalti di ben precisi servizi, quali i servizi sanitari, sociali e culturali.

Come già per l'art. 127 del medesimo d.lgs. n. 36/2023, il richiamo alla normativa del c.d. Terzo settore è comprensivamente operato mediante un apposito richiamo, contenuto nel comma 2 dell'art. 129 in esame, all'art. 6 del nuovo codice. Il che pone rimedio alle criticità sollevate dai primi interpreti circa il fatto che l'art. 143 del d.lgs. n. 50/2016 riproduceva “fin troppo fedelmente il testo della direttiva, rinunciando alle indispensabili specificazioni definitorie in relazione alle categorie di operatori economici del no pro-fit”. Nel senso cioè che il legislatore nazionale si era limitato a far riferimento al fatto che le “strutture di gestione o proprietà dell 'organizzazione che esegu[ono] l'appalto sono basate su principi di azionariato dei dipendenti o partecipativi, ovvero richiedono la partecipazione attiva di dipendenti, utenti o soggetti interessati” (comma 1, lett. c), senza richiamare i modelli organizzativi previsti dalla legislazione sul terzo settore (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1896).

Merita sin da subito rappresentare che la “riserva” in questione è tassativa sia per la tipologia dei servizi, sia circa i requisiti richiesti agli operatori economici, stante la deroga al principio di apertura del mercato a tutti i concorrenti potenziali (Grassucci).

Questa tassatività è stata ancorata anche alla presenza di determinati requisiti di cui devono essere in possesso gli “enti riservatari”, ossia:

a ) alla previsione statutaria del perseguimento di una missione di servizio pubblico legata alla prestazione dei servizi sanitari, sociali e culturali indicati dal comma 1 dell'art. 129;

b ) all'obbligatorio reinvestimento dei profitti per conseguire l'obiettivo statutario tipico oppure, ove i profitti non vengano reinvestiti, al vincolo della distribuzione periodica in base a “considerazioni partecipative”;

c ) alla gestione o proprietà degli enti che dev'essere basata “su principi di azionariato dei dipendenti o partecipativi” o su modelli “che richiedono la partecipazione attiva di dipen denti, utenti o soggetti interessati”: è il c.d. carattere solidaristico o cooperativo (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1895).

Inoltre la stazione appaltante è soggetta al “vincolo del principio di rotazione”, poiché la norma stabilisce che il servizio non può essere affidato all'ente che negli ultimi tre anni abbia già beneficiato di altra commessa per i servizi in questione (T.A.R. Lombardia (Milano) IV, n. 2277/2019).

È opportuno precisare che tale divieto non è riferito a qualunque contratto pubblico sottoscritto con l'ente nell'ultimo triennio, bensì opera solo quando l'oggetto del servizio sia coincidente e quando anche il precedente affidamento sia scaturito da una procedura di gara “riservata” agli operatori del no profit ai sensi dell'art. 143 (oggi art. 129) del Codice o ai sensi di analoga legge statale o regionale (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1895).

Un ulteriore limite di natura oggettiva a cui si devono attenere gli enti si rinviene nella previsione secondo cui il contratto deve avere una durata massima di tre anni (comma 4) e il bando dev'essere predisposto nel rispetto di quanto previsto nell'articolo in esame (comma 1).

In proposito v'è stato chi ha osservato come tanto il principio di rotazione, quanto la durata massima di tre anni dei contratti “riservati” non paiono compatibili con il connotato sociale della prestazione che, per l'appunto, giustificherebbe un affievolimento dei principi concorrenziali di accesso alla gara: “come è noto, i servizi alla persona sono molto spesso, a torto o a ragione, gestiti dalle stesse cooperative che, operando sul territorio, hanno progettato i servizi che, di volta in volta, gestiscono in maniera quasi istituzionalizzata. L'utente del resto, di no rm a, non ama la “rotazione” (si pensi a delicati servizi rivolti ai disabili, all'infanzia), ma la continuità. Il rischio insomma è che, per le nostre realtà regionali, la riserva, se utilizzata in modo acritico, potrebbe addirittura creare effetti “indesiderati” (Caringella, Giustiniani, Mantini, 1896, che fanno un attento richiamo al contributo reso da ITACA – Istituto per l'innovazione e la trasparenza degli appalti e la compatibilità ambientale, Documento di analisi della Direttiva 2014/24/UE in materia di appalti pubblici, 19 febbraio 2015, 138 e seguenti).

Va conclusivamente dato atto che “la riserva degli appalti è comunque solo facoltativa e non obbligatoria. Si tratta di una riserva del diritto di partecipare alle procedure per l'aggiudicazione di appalti pubblici” (De Nictolis; Grassucci).

Bibliografia

Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma 2021; Caringella, Manuale dei contratti pubblici, Roma 2021; Caringella, Protto, Il Codice dei contratti pubblici dopo il correttivo, Roma, 2017; Corrado, Sub art. 112 d.lgs. n. 50/2016, in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di Caringella, Milano, 2022; De Nictolis, Il nuovo codice dei contratti pubblici, in Urb. e app., 2016; Giuffrè, Provenzano, Tranquilli (a cura di), Codice dei Contratti Pubblici, Napoli, 2019; Grassucci, Sub art. 143 d.lgs. n. 50/2016 in Codice dei contratti pubblici commentato, a cura di Caringella, Milano, 2022; Mastragostino (a cura di), Diritto dei contratti pubblici. Assetto e dinamiche evolutive alla luce del nuovo codice, del decreto correttivo 2017 e degli atti attuativi, Torino, 2017.

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