Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 133 - Requisiti di qualificazione.

Germana Lo Sapio
Codice legge fallimentare

Art. 147


Requisiti di qualificazione.

1. Per i lavori di cui al presente Titolo, i requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori e dei direttori tecnici, nonché i livelli e i contenuti della progettazione e le modalità del collaudo sono individuati nell'allegato II.18. [In sede di prima applicazione del codice, l'allegato II.18 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.]1

Inquadramento

L'art. 133 disciplina, sia pure demandando all'allegato tecnico, uno dei profili più rilevanti nell'ambito del regime speciale dei contratti concernenti beni culturali, poiché la qualificazione specifica degli operatori – e la sua non «delegabilità» a terzi – è assunta a garanzia di competenza professionale adeguata alla specializzazione del settore, vista la rilevanza degli interessi in gioco e l'esigenza di evitare il rischio di pregiudizi irreversibili ai reperti e valori culturali derivanti da una esecuzione non diligente dei lavori. Dagli artt. 9-bis e 29 del d.lgs. n. 42/2004 si ricava che gli interventi operativi di tutela, protezione e conservazione dei beni culturali devono essere affidati alla responsabilità ed all'attuazione secondo le rispettive competenze delle figure specializzate nei singoli settori, nonché che gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali devono essere affidati in via esclusiva a soggetti formalmente individuati come restauratori di beni culturali.

Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)

Il Decreto correttivo è intervenuto sulla norma in esame eliminando il secondo periodo del suddetto unico comma (vale a dire, il riferimento all'abrogazione dell'Allegato II.18 in sede di prima applicazione del Codice con sostituzione ad opera di un corrispondente regolamento adottato a norma dell'art. 17, comma 3, della legge n. 400/1988). Ciò in quanto:

  • come si legge nella relazione illustrativa al medesimo Decreto correttivo - le varie disposi- zioni di delegificazione sono ora compendiate nel nuovo art. 226bis del Codice, inserito “con il compito di «reductio ad unum” della disciplina di riferimento. Ne deriva che:
  • allo stato per l'art. 133 in esame rimane fermo il rimando al menzionato Allegato II.18 al Codice (che quindi fa sempre di più – e a tutti gli effetti – parte del Codice, quale elemento regolatorio integrante e fondamentale).
  • e lo stesso Allegato II.18 potrà eventualmente essere sostituito, in futuro, dall'apposito regolamento che sarà emanato a norma del citato l'art. 226bis del Codice, introdotto dal Decreto Correttivo.

Elementi distintivi rispetto all'art. 146 del codice previgente

Il presente articolo si compone di un unico comma poiché costituisce una norma-ponte. La disciplina sulla qualificazione è infatti interamente demandata all'allegato II.18 al cui commento si rinvia. Adoperando la tecnica di delegificazione che si rinviene in altre norme del codice, l'allegato tecnico potrà essere modificato o e integrato ai sensi dell'art. 17, comma 3, della l. n. 400/1988, con decreto del Ministro della cultura, adottato di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti.

Evoluzione storica del regime della qualificazione

La disciplina speciale per la qualificazione delle figure professionali e degli operatori coinvolti nei contratti pubblici concernenti i beni culturali era già stata contenuta anche nel comma 3 dell'art. 201 del d.lgs. n. 163/2006, seppure senza ricevere una specifica attuazione. Ma la peculiarità della articolazione delle fonti trovava espressione, ancora prima, nel d.P.R. n. 34/2000 e nel d.m. n. 294/2000 recante «Requisiti di qualificazione dei soggetti esecutori dei lavori di restauro e manutenzione dei beni mobili e delle superfici decorate di beni architettonici», emanato in attuazione dell'art. 8 comma 1-sexies, della l. n. 109/1994 (comma introdotto dalla l. n. 415/1998). Il citato «Regolamento recante istituzione del sistema di qualificazione per gli esecutori di lavori pubblici» prevedeva, con norma analoga a quella contenuta nell'attuale Allegato II.18 la suddivisione del settore dei lavori dei beni culturali in tre categorie: OG 2: Restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela ai sensi delle disposizioni in materia di beni culturali e ambientali; OS 2: Superfici decorate e beni mobili di interesse storico ed artistico – poi successivamente distinte, in forza del d.P.R. n. 207/2010 – in una categoria OS 2 A – Superfici decorate di beni immobili del patrimonio culturale e beni culturali mobili di interesse storico, artistico, archeologico ed etnoantropologico – e una categoria OS 2 B – Beni culturali mobili di interesse archivistico e librario) – OS 25: Scavi archeologici”.

Per la seconda categoria, la disciplina regolamentare prevedeva anche un collegamento necessario tra qualificazione e l'assetto organizzativo dell'impresa, per la quale si richiedeva la presenza di figure professionali specializzate (restauratori di beni culturali e collaboratori restauratori), in relazione al quale era anche sorto un contrasto tra il giudice di primo grado (T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 1844/2004 che aveva accolto il ricorso dell'associazione di categoria dei restauratori edili, annullando l'art. 5, comma 1 (unitamente agli artt. 7, comma 2, e 8, comma 2) del d.m. n. 294/2000) e il giudice di appello (Cons. St. VI, n. 5114/2009 che ha invece riformato la sentenza) in relazione alla censura di illogicità di tale misura prescrittiva rispetto ai principi della tutela della concorrenza e del mercato.

In forza della disposizione transitoria dell'art. 253, comma 30, primo periodo, del codice dei contratti pubblici del 2006, la disciplina dettata dal d.m. n. 294/2000 e dalle disposizioni (da esso non derogate) del d.P.R. n. 34/2000 continuava ad applicarsi fino all'entrata in vigore della disciplina regolamentare prevista dai commi 1 e 3 dell'art. 201.

L'impianto originario era poi rimasto tale anche nel previgente art. 146 del d.lgs. n. 50/2016 che, riaffermando il principio fondamentale della materia della necessaria qualificazione specifica e adeguata per i lavori sui beni culturali, in conformità a quanto disposto dagli artt. 9-bis e 29 del d.lgs. n. 42/2004 aveva sancito quello anche il principio dell'utilizzabilità curriculare dei lavori unicamente dall'operatore che li ha effettivamente eseguiti, senza limiti di validità temporale, accentuando in tal modo il rilievo qualitativo della competenza acquisita e rinviato (comma 4) a un apposito decreto, avente natura regolamentare, la definizione dei requisiti di qualificazione dei direttori tecnici e degli esecutori dei lavori e delle modalità di verifica ai fini dell'attestazione.

Questioni applicative. Requisiti professionali e cumulo alla rinfusa

1) Il divieto del «c.d. cumulo alla rinfusa» per i consorzi stabili nei contratti relativi ai beni culturali

Secondo un indirizzo elaborato nell'alveo applicativo del codice previgente (Cons. St. V, n. 6114/2018), il principio del “cumulo alla rinfusa” per i consorzi stabili di cui all'art. 45, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 (i quali, ferma restando la possibilità di qualificarsi con i requisiti posseduti in proprio e direttamente, possono ricorrere anche alla sommatoria dei requisiti posseduti dalle singole imprese partecipanti), trovava un'eccezione per le qualificazioni nelle gare per lavori relativi ai beni culturali, in ragione della espressa indicazione del comma 2 dell'art. 146 che imponeva (come oggi è previsto dall'articolo in commento e come ribadito anche dalla Corte Costituzionale con sentenza 91/2022) la qualificazione «unicamente» in capo all'operatore che esegue i lavori. In particolare, era stato sottolineato che «l'interpretazione ormai prevalente del comma 2 dell'art. 146 del codice dei contratti pubblici muove dall'esame congiunto dei commi 1 e 3 dello stesso articolo, poiché il comma 1 dichiara espressamente che tali disposizioni sono dettate in conformità agli artt. 9-bis e 29 del codice dei beni culturalid.lgs. n. 42/2004 – per i quali coloro che seguono lavori attinenti detti beni necessitano del possesso dei requisiti qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela dei beni oggetto di intervento (con il corollario rafforzativo – comma 3 – dell'eccezionale esclusione dell'istituto dell'avvalimento). Tanto induce ad escludere che nei contratti in materia di beni culturali i consorzi stabili possano qualificarsi con il cumulo alla rinfusa, essendo richiesto dalla norma il possesso di requisiti di qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento» (Cons. giust. amm. Sicilia, n. 49/2021; in tal senso, anche Cons. St. V, n. 403/2019). D'altra parte, un operatore che esegue un tipo di lavori potrebbe “spenderli” come requisito esclusivamente proprio, precludendosi la possibilità di prestare tale qualificazione ad altri operatori del medesimo consorzio (T.A.R. Campania (Salerno) I, n. 508/2020).

Bibliografia

Albissini, Il nuovo codice dei contratti pubblici – i contratti pubblici concernenti i beni culturali, in Giornale dir. amm., 2016, 4, 436; Carpentieri, Appalti nel settore dei beni culturali (e archeologia preventiva), in Urbanistica e appalti, 2016, 8-9, 1014.

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