Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 142 - Joint venture e affidamenti a imprese collegate.

Domenico Galli
Adriano Cavina
Codice legge fallimentare

Artt. 6, 7


Joint venture e affidamenti a imprese collegate.

1. Le disposizioni del codice non si applicano, quando ricorrano le condizioni di cui al comma 3, ai contratti aggiudicati:

a) da una joint venture, composta esclusivamente da più stazioni appaltanti o enti concedenti per svolgere una o più delle attività di cui agli articoli da 146 a 152 e all'Allegato II alla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, a una di tali stazioni appaltanti o enti concedenti;

b) da una stazione appaltante o ente concedente alla joint venture di cui fa parte.

2. Le disposizioni del codice non si applicano, altresì, se ricorrono le condizioni di cui al comma 4, ai contratti aggiudicati:

a) da una stazione appaltante o ente concedente a un'impresa collegata;

b) da una joint venture, composta esclusivamente da più stazioni appaltanti o enti concedenti per svolgere le attività di cui agli articoli da 146 a 152, a un'impresa collegata a una di tali stazioni appaltanti o enti concedenti.

3. La non applicabilità di cui al comma 1 opera a condizione che la joint venture sia stata costituita per lo svolgimento delle attività oggetto di affidamento per un periodo di almeno tre anni e che l'atto costitutivo preveda che le stazioni appaltanti o gli enti concedenti che la compongano ne facciano parte per un periodo di pari durata.

4. La non applicabilità di cui al comma 2 opera per gli appalti e concessioni di servizi e di lavori e per gli appalti di forniture, purché almeno l'80 per cento del fatturato totale realizzato in media dall'impresa collegata nell'ultimo triennio, tenendo conto di tutti i lavori, i servizi e le forniture prestate, provenga dalle prestazioni rese alla stazione appaltante o all'ente concedente o alle altre imprese cui è collegata.

5. Se, a causa della data della costituzione o di inizio dell'attività dell'impresa collegata, il fatturato degli ultimi tre anni non è disponibile, è sufficiente che l'impresa dimostri, in base a proiezioni dell'attività, che probabilmente realizzerà il fatturato di cui al comma 4.

6. Se più imprese collegate alla stazione appaltante o all'ente concedente con il quale formano un gruppo economico forniscono gli stessi o simili servizi, forniture o lavori, le percentuali sono calcolate tenendo conto del fatturato totale derivante dalla prestazione dei servizi o dall'esecuzione dei lavori, per ciascuna di tali imprese collegate.

7. Su richiesta della Commissione europea, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti comunicano:

a) i nomi delle imprese o delle joint venture interessate;

b) la natura e il valore dei contratti considerati;

c) gli elementi che la Commissione europea richiede per provare che le relazioni tra la stazione appaltante o l'ente concedente e l'impresa o la joint venture cui i contratti sono aggiudicati soddisfano i requisiti di cui al presente articolo.

Inquadramento

La norma in commento vale a definire l'ambito oggettivo di applicazione della disciplina sui settori speciali, alla quale, in attuazione della disciplina europea (art. 29 e 31 della Direttiva 2014/25/UE) vengono – a determinate condizioni – sottratti gli affidamenti che in una definizione di sintesi (e come tale lacunosa) è possibile qualificare come infragruppo.

Nel riproporre questa deroga all'evidenza pubblica, il Codice n. 36/2023: a) in relazione all'obiettivo di autosufficienza della disciplina sui settori speciali, colloca la disposizione nell'ambito del Libro III dedicato ai settori speciali e non più nella parte generale come era nel d.lgs. n. 50/2016; b) accorpa in un'unica disposizione le ipotesi – che, nella sostanza, condividono la medesima ratio e, nella disciplina previgente, prese in considerazione da disposizioni distinte (artt. 6 e 7 d.lgs. n. 50/2016) – degli affidamenti ad imprese collegate e degli affidamenti da e a joint ventures costituite da enti aggiudicatori; c) riconfigura in termini corretti i confini della esenzione superando l'inadeguata formulazione della normativa precedente (art. 6, comma 1), che sembrava introdurre una irragionevole limitazione all'ambito di operatività della deroga.

In questa prospettiva, la deroga è stata estesa anche agli affidamenti da un ente aggiudicatore a una joint-venture, costituita da più enti aggiudicatori per svolgere attività contemplate dalla direttiva (v. considerando 39 alla Direttiva 2014/25/UE; par. 2).

La possibilità di ricorrere all'affidamento infragruppo ha costituito, fin dai primi anni '90 (v. Direttiva 1993/38/CE, art. 13), uno degli istituti indice della maggiore flessibilità riconosciuta all'attività negoziale dei soggetti operanti nell'ambito dei settori speciali (al pari della possibilità di ricorrere alla procedura negoziata preceduta da pubblicità in alternativa alle procedure aperte o ristrette; della possibilità di ricorrere all'accordo quadro, ecc.).

Ammesso sino alla Direttiva 2004/17/UE solo con riferimento agli affidamenti di servizi, l'affidamento infragruppo ha costituito nella sostanza anche una anticipazione dell'istituto più generale dell'affidamento in house, normato, per la prima volta dalle Direttive del 2014, di cui, nella sostanza, condivide la ratio (ma dal quale si differenzia per l'assenza del requisito del c.d. controllo analogo).

La deroga prevista dalla disposizione in commento trova giustificazione nella consapevolezza che molti soggetti operanti nei settori speciali sono storicamente organizzati, per ragioni di diverso ordine (fiscale, organizzativo), in gruppo industriali, del quale fanno parte anche società che assolvono essenzialmente ad una funzione servente rispetto al Gruppo stesso e, come tali, operano, nella sostanza, come vere e proprie divisioni. Si tratta in altri termini, di imprese la cui attività principale consiste nel prestare tali servizi, forniture o lavori al gruppo del quale fanno parte e non già di renderli disponibili sul mercato. Imporre anche in questi casi l'obbligo di ricorrere a procedure ad evidenza pubblica anche per i cd affidamenti infragruppo equivarrebbe a mettere in discussione l'assetto organizzativo di interi gruppi industriali, sulla base del (solo) presupposto di carattere formale costituito dall'alterità soggettiva tra committente ed affidatario.

La disposizioni in commento si compone di 7 commi. I primi 6 definiscono ipotesi e presupposti per l'affidamento diretto; l'ultimo comma definisce gli obblighi informativi che, su richiesta della Commissione, gravano sui committenti.

Le ipotesi di deroga

Se da un lato, per le circostanze evidenziate, si giustifica l'esenzione dagli obblighi di evidenza pubblica nel caso di affidamenti tra imprese facenti parte del medesimo gruppo industriale; dall'altro, al fine di evitare il rischio di distorsioni rispetto alle corrette dinamiche concorrenziali ed elusioni rispetto alla corretta applicazione della disciplina europea, tale deroga – così come nel caso degli affidamenti in house – non può essere incondizionata, ma deve essere subordinata ad una serie di cautele.

Le ipotesi di deroga all'applicazione della disciplina pubblicistica, di seguito riportate, sono riconducibili essenzialmente al modulo del collegamento tra imprese e della “cooperazione” tra stazioni appaltanti che danno vita ad un soggetto per lo svolgimento in comune di date attività.

La norma prende in considerazione quattro distinte ipotesi:

a) l'affidamento da una joint venture costituita da più stazioni appaltanti (o ente concedente) ad una di queste (lett. a , comma 1, art. 142);

b) l'affidamento da parte di una stazione appaltante (o ente concedente) ad una joint venture di cui fa parte (lett. b , comma 1, art. 142);

c) l'affidamento da una stazione appaltante ad una impresa collegata (lett. a , comma 2 art. 142);

d) l'affidamento da una joint venture costituita da più stazioni appaltanti ad una società collegata ad uno di queste stazioni appaltanti (lett. b , comma 2, art. 142).

La disposizione correttamente ripropone l'ipotesi sub a) prevista dalla Direttiva 2014/25/UE (art. 30), che erroneamente non era prevista né nell'art. 6 né nell'art. 7 del d.lgs. n. 50/2016; inoltre, in una logica di semplificazione, l'espressione joint venture – per definizione fluida e non indicativa di un modulo soggettivo predefinito – deve intendersi comprensiva delle figure, analiticamente prese in considerazione della disciplina europea e dal previgente codice, di associazioni, consorzi o impresa comune aventi personalità comune.

Gli affidamenti a imprese collegate

L'operatività di tale specifica ipotesi di deroga, costituita dall'affidamento ad impresa collegata, al pari della disciplina previgente, è, comunque, subordinata ad un duplice, contestuale, ordine di condizioni, di caratterestrutturale” (esistenza di un rapporto di collegamento) e “funzionale” (carattere servente dell'impresa rispetto al gruppo di cui fa parte).

In sostanza, in presenza di tali condizioni, un soggetto, altrimenti tenuto all'applicazione del Libro III, e come tale vincolato a seguire la disciplina pubblicistica, è legittimato a procedere all'affidamento diretto.

La prima condizione è dunque costituita dall'esistenza di un rapporto di collegamento tra il soggetto che affida il contratto e l'affidatario dello stesso (art. 142, comma 2, lett. a). A differenza del codice del 2016 (art. 2, coma 1, lett. z), manca una definizione di collegamento. Ai fini di perimetrare l'ambito della deroga non può essere assunta a riferimento la nozione civilistica (che presuppone l'influenza notevole di una società su un'altra, presunta nel caso in cui, nell'assemblea ordinaria, sia esercitato almeno un quinto dei voti ovvero un decimo se la società ha azioni quotate in borsa, art. 2359 c.c.); ma occorre prendere a riferimento la Dir. 34/2013 (recepita dal d.lgs. n. 127/1991), in base alla quale “per impresa collegata si intende qualsiasi impresa i cui conti annuali siano consolidati con quelli dell'ente aggiudicatore a norma della Dir. n. 34/2013 (art. 29, par. 1, della Direttiva 2014/25/UE). Sono tenute a redigere il bilancio consolidato le società per azioni, in accomandita per azioni, e a responsabilità limitata che controllano altra impresa. Medesimo obbligo incombe sugli enti pubblici economici di cui all'art. 2201 c.c., sulle società cooperative e sulle mutue assicuratrici che controllano una società per azioni, in accomandita per azioni o a responsabilità limitata. Per i soggetti cui non è applicabile la Direttiva n. 34/13, perché possa parlarsi di impresa collegata, è necessario che: a) l'ente aggiudicatore eserciti direttamente o indirettamente un'influenza dominante sull'impresa ovvero che questa possa esercitare un'influenza dominante sull'ente aggiudicatore; b) che, come l'ente aggiudicatore, l'impresa sia soggetta all'influenza dominante di un'altra impresa in virtù dei rapporti di proprietà, di partecipazione finanziaria ovvero di norme interne (art. 29, par. 2 Direttiva 2014/25/UE).

Per “influenza dominante”, va assunta a riferimento la definizione dettata ai fini della individuazione dell'impresa pubblica (art. 4, par. 2, secondo comma della Direttiva n. 34/2013; e all. I.1, art. 1, comma 1, lett. f), del d.lgs. n. 36/2023). Essa è presunta nel caso in cui una stazione appaltante direttamente o indirettamente, riguardo all'impresa, alternativamente o cumulativamente: a) detenga la maggioranza del capitale sottoscritto; b) controlli la maggioranza dei voti cui danno diritto le azioni emesse; c) possa designare più della metà dei membri del consiglio di amministrazione; di direzione o di vigilanza dell'impresa.

La seconda condizione, di natura funzionale, è costituita dalla necessità che la società alla quale è affidato il contratto svolga un'attività, per lo più, “servente” nei riguardi della casa madre. In particolare, è necessario che almeno l'80% del fatturato totale realizzato in media dall'impresa collegata nell'ultimo triennio, tenendo conto di tutti i lavori, i servizi e le forniture prestate, provenga dalle prestazioni rese alla stazione appaltante cui è collegata (comma 4, art. 142).

Sia la definizione di una soglia massima di fatturato che la fissazione di un arco temporale di riferimento mirano ad assicurare effettività alle “cautele” che debbono presidiare la deroga rispetto ai principi di concorrenza.

La nozione di fatturato si riferisce ai ricavi e proventi risultanti dalle fatture emesse nell'ambito dell'esercizio rilevante (occorre, cioè, utilizzare il “fatturato netto, ossia l'importo totale realizzato nell'ambito di un esercizio, a netto dell'IVA, di altre imposte, nonché degli sconti sulle prestazioni rese”).

Concorrono alla definizione della soglia dell'80% non solo le prestazioni che siano state direttamente rese nei confronti delle società del gruppo (corrispettivo versus attività svolte) ma anche tutte le entrate – anche derivanti da terzi – che abbiano la loro fonte in un rapporto negoziale con società del medesimo gruppo. In sostanza, “si deve tener conto di tutte le attività realizzate da tale impresa sulla base di un affidamento effettuato dall'amministrazione aggiudicatrice, indipendentemente da chi remunera tale attività, potendo trattarsi della stessa amministrazione aggiudicatrice o dell'utente delle prestazioni erogate”. È il caso, ad esempio, in cui con la società facente parte del medesimo gruppo industriale sia stata affidataria di un contratto di concessione, in cui, come noto, il servizio non è né reso né remunerato – come nel caso dell'appalto – dal committente, ma dall'utenza.

La percentuale dell'80% indicata dalla normativa costituisce, nel triennio di riferimento, un valore medio: è ben possibile che, con riferimento a singoli esercizi, se ne registri uno scostamento, essendo, tuttavia, necessario che esso venga rispettato nel suo complesso.

Ai fini della verifica della soglia minima di fatturato, è espressamente previsto che qualora più imprese collegate all'ente aggiudicatore forniscano gli stessi o simili servizi, forniture o lavori, la percentuale dell'80% del fatturato medio realizzato nell'ultimo triennio debba essere calcolata tenendo conto del fatturato totale dovuto rispettivamente alla fornitura di servizi, forniture o lavori da parte di tali imprese collegate (art. 142, comma 6, ultimo periodo). In altri termini, si ponga il caso di 2 società che all'interno del medesimo gruppo svolgano attività di servizi amministrativi. Si considerino: la società A, con 100 milioni di euro di fatturato nel triennio, 90 dei quali resi nei confronti delle società del gruppo di cui fa parte; la società B, con 30 milioni di fatturato tutti acquisiti sul mercato. Ebbene, in questo caso, non sussistono le condizioni perché l'impresa A possa acquisire commesse da parte di altre società del gruppo. Infatti, a fronte del valore totale di quanto fatturato (130 milioni di euro), la percentuale riconducibile a contratti infragruppo è inferiore all'80%, con ciò venendo meno una delle condizioni previste dalla disciplina

Tale previsione risponde all'obiettivo di evitare agevoli elusioni alla disciplina attraverso la costituzione di più veicoli societari destinati a svolgere le medesime attività seppure in ambiti diversi.

Al fine di verificare il raggiungimento della percentuale dell'80 per cento, il fatturato in lavori, forniture o servizi è quello realizzato dalla società affidataria senza alcuna limitazione territoriale. Già dalla Direttiva 2004/17/CE, infatti, era stata espunta – quale elemento di significativa differenziazione rispetto alla disciplina previgente (Direttiva 93/38/CE e d.lgs. n. 158/1995) – la limitazione del fatturato da prendere a riferimento ai fini della verifica del requisito dell'80% soltanto a quello realizzato nell'Unione Europea. Il che se, da un lato, rende maggiormente difficoltoso verificare il requisito in questione, in specie nel caso di soggetti operanti, ad esempio, sul mercato dei Paesi in via di sviluppo al di fuori degli ambiti dell'Unione Europea; dall'altro, sembra maggiormente in linea con la ratio della disciplina e dell'esenzione che mira a valorizzare il rapporto servente di una società rispetto al gruppo di cui fa parte.

Nel codificare l'ammissibilità dell'affidamento in house agli appalti stipulati da un ente aggiudicatore con un'impresa collegata, viene introdotta una deroga eccezionale al principio generale della necessità della procedura ad evidenza pubblica, limitandolo al caso in cui si realizza il rapporto di immedesimazione tra ente affidante ed ente affidatario. La legittimazione della deroga si fonda sulla valenza riconosciuta dal legislatore al rapporto di collegamento, in forza del quale l'impresa collegata si qualifica come una promanazione del soggetto aggiudicatore (parere ANAC sulla normativa del 26 settembre 2013).

Un'ipotesi di deroga rispetto al requisito del fatturato è espressamente prevista per il caso di società neocostituite (si tratta di una previsione che risale alla Direttiva n. 17/2004 e riproposta da quella del 2014). In sostanza, è stabilito che qualora, a causa della data di costituzione o di inizio dell'attività dell'impresa collegata, l'impresa non sia in condizione di poter integrare il requisito del fatturato riferito agli ultimi tre anni, è sufficiente che l'impresa sia in condizione di dimostrare, in base a proiezioni delle attività, che probabilmente sarà in condizione di realizzare il fatturato richiesto nel primo triennio di attività. L'operatività della deroga è espressamente ammessa sia nel caso in cui la società sia di nuova costituzione (operando già come divisione interna), sia nel caso in cui essa “inizi” la propria attività ex novo (art. 142, comma 5). In sostanza, viene presa in considerazione non solo l'ipotesi di trasformazione in società di una “divisione”, ma anche quella in cui si opti per la costituzione ex novo di società da destinare all'assolvimento, in via pressoché esclusiva, di funzioni di servizio nei riguardi della casa madre. In tale caso, la newco potrà essere affidataria “diretta” dei lavori, delle forniture e dei servizi, basandosi sulle proiezioni del fatturato relative al primo triennio di attività. A tale ipotesi sembra anche equiparabile quella in cui la società, pur preesistente, rientri nel novero delle imprese collegate soltanto in un momento successivo. A partire da tale momento, la società potrà beneficiare della deroga sempre sulla base delle proiezioni relative al proprio fatturato nel triennio successivo a quello dell'acquisizione.

Nella sostanza analoga è l'ipotesi, prevista alla lett. b) del comma 2, in cui l'affidamento sia effettuato da una joint venture, composta esclusivamente da più stazioni appaltanti per lo svolgimento di una delle attività di cui ai settori speciali, ad una impresa collegata ad una di tali stazioni appaltanti o enti concedenti. In questo caso, correttamente ed in linea con quanto stabilito all'art. 30 della Direttiva n. 25/14, l'affidamento è ammesso a condizione che l'impresa affidataria possa dimostrare il requisito del fatturato (80 per cento medio nel corso degli ultimi tre anni reso nei confronti di una delle stazioni appaltanti ed enti concedenti o imprese collegate a questi soggetti).

Si tratta di una previsione, contenuta anche nel codice del 2016 (art. 6), ma, per un non corretto recepimento della direttiva europea, condizionata alla circostanza che la joint venture fosse costituita da almeno tre anni e alla previsione statutaria che stazioni appaltanti ed enti aggiudicatori ne avrebbero fatto parte per almeno tre anni, prevista invece, dalla normativa europea per il solo caso di affidamento stazione appaltante-joint venture e viceversa (ipotesi questa, sempre per un erroneo recepimento, “omessa” dalla normativa nazionale).

Gli affidamenti da e a una joint venture

La deroga in questione è applicabile anche agli appalti e concessioni aggiudicati:

a) da una joint venture, composta esclusivamente da più enti aggiudicatori, per svolgere attività prese in esame dalla direttiva a favore di uno di tali enti aggiudicatori (art. 142, comma 1, lett. a); oppure

b) da un ente aggiudicatore a una joint venture di cui fa parte (art. 142, comma 1, lett. b).

Di joint venture è fornita una definizione piuttosto ampia, tale essendo l'associazione tra stazioni appaltanti o enti concedenti, finalizzata all'attuazione di un progetto o di una serie di progetti o di determinate intese di natura commerciale o finanziaria.

L'istituto delle joint venture inteso come accordo ha, in linea generale, un duplice significato: a) accordo di cooperazione tra imprese che però non assume i caratteri di un'impresa a sé, b) accordo di cooperazione tra imprese da cui scaturisce una distinta organizzazione (Zito, 83). La disciplina del codice, tuttavia, si riferisce solo all''accordo di joint venture da cui scaturisca una nuova ed autonoma organizzazione. Da un punto di vista funzionale, la joint venture deve essere costituita per svolgere le attività oggetto dell'appalto o della concessione per un periodo di almeno tre anni e deve risultare dall'atto costitutivo che gli enti aggiudicatori che la compongono siano vincolati a farne parte almeno per un periodo di tempo di uguale misura. Si tratta di disposizioni da qualificare necessariamente come norme imperative e dunque non derogabili dall'autonomia negoziale delle parti.

A differenza di quanto previsto nel d.lgs. n. 163/2006, è pacifico che la joint venture comprenda solo enti aggiudicatori e che essa debba svolgere esclusivamente attività nei settori speciali (Zito, 83).

A livello generale, la joint venture è un accordo di collaborazione tra due o più imprese, che – di norma – è volto a definire e costituire un nuovo soggetto giuridicamente indipendente dalle imprese di origine.

Obiettivo fondamentale di tale accordo è quello di realizzare un progetto comune di natura industriale o commerciale, che vede l'utilizzo sinergico di risorse apportate da ciascuna singola impresa partecipante, ma anche un'equa suddivisione dei rischi legati all'investimento stesso, ovvero un'equa ripartizione delle possibili perdite o utili.

Le due ipotesi prese in considerazione (affidamento da joint venture a stazioni appaltanti o enti concedenti che ne fanno parte e da questi alla joint venture) sono solo condizionate alla circostanza che la joint venture sia stata costituita per gestire attività nell'ambito dei settori speciali e che l'atto costitutivo preveda che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti che la compongono ne facciano parte per almeno tre anni.

Per tale ipotesi, in sostanza, la possibilità dell'affidamento diretto non è condizionata alla ricorrenza delle condizioni previste per le imprese collegate, ma la semplice sussistenza del requisito della durata minima dell'associazione tra soggetto aggiudicatore ed affidatario legittimerebbe il conferimento del contratto.

Formulata in questi termini, a differenza di quanto stabilito nell'art. 6 del d.lgs. n. 50/2016, la normativa è perfettamente coerente con l'art. 30 della Direttiva 2014/25/UE.

Gli obblighi informativi

La disciplina è completata anche dalla definizione di alcuni obblighi informativi a carico di stazioni appaltanti ed enti concedenti che, su richiesta della Commissione europea, sono tenuti a comunicare: a) i nomi delle imprese e delle joint venture interessate; b) la natura e il valore dei contratti considerati; c) gli elementi richiesti dalla Commissione europea utili a dimostrare che i rapporti tra stazione appaltante e ente concedente e l'impresa o la joint venture cui sono aggiudicati i contratti soddisfano le condizioni stabilite dalla disciplina vigente.

Questioni applicative

1) È possibile per la società collegata subaffidare a terzi, al di fuori di ogni forma di vincolo concorrenziale, prestazioni ottenute fiduciariamente da altre società del gruppo rientranti nell'ambito degli enti aggiudicatori?

Non vale a sostenere la tesi tesa ad escludere un obbligo in tale senso la considerazione che si tratterebbe di subcontratti, rispetto alle cui modalità di affidamento vi sarebbe “indifferenza dell'ordinamento comunitario”. È certo, invece, che su tale società debba incombere l'obbligo di applicare la medesima disciplina cui sarebbe sottoposto il soggetto aggiudicatore (c.d. principio del ribaltamento).

Si determina, infatti, in capo a tale società una “traslazione dell'obbligo-dovere di indire la gara” che altrimenti incomberebbe sul soggetto aggiudicatore. Tale impostazione risponde ad intuibili logiche antielusive rispetto ai principi comunitari. Qualora, in ipotesi, si negasse l'obbligo per l'impresa collegata, che abbia usufruito della deroga sugli affidamenti infragruppo, di applicare a sua volta la disciplina pubblicistica per l'affidamento di subcontratti a terzi, si finirebbe per consentire un'agevole disapplicazione dei principi comunitari mediante la mera “interposizione”, tra il soggetto aggiudicatore ed il mercato, di un'impresa collegata al primo.

Tali concetti sono stati inequivocabilmente affermati dalla giurisprudenza nazionale secondo cui “la sussistenza di tale rapporto di collegamento comporta che l'impresa collegata sia una “promanazione organizzativa infragruppo” del soggetto aggiudicatario e rende non necessaria l'indizione della gara per definire i loro rapporti: è, dunque, ravvisabile un mero assetto organizzativo ‘interno' dell'amministrazione aggiudicatrice, di cui l'impresa collegata va considerata un suo sostanziale alter ego” (Cons. St. VI, n. 5007/2011).

Considerata la natura derogatoria della norma, che non richiede la gara per la stipula del contratto tra l'ente aggiudicatore e la sua impresa collegata, torna ad applicarsi la regola generale della indefettibilità della gara quando l'impresa collegata, a sua volta, intenda concludere ulteriori contratti, perché non presta direttamente (con le proprie strutture ed il proprio personale) i servizi presi in considerazione dal contratto concluso con i soggetti aggiudicatori.

In altri termini, la società collegata è tenuta ad applicare la normativa pubblicistica applicabile dall'ente affidatario, quando a sua volta intenda concludere contratti a prestazioni corrispettive con soggetti che effettivamente prestino i servizi nell'interesse della sua dante causa.

Sul piano del rispetto dei principi comunitari, il deficit di un confronto concorrenziale “a monte”, all'atto, cioè, dell'affidamento all'impresa collegata, viene surrogato da un confronto concorrenziale a valle, “traslando gli obblighi di gara” sui subcontratti che l'impresa collegata è chiamata a concludere. Tale orientamento è stato condiviso anche dall'ANAC (allora AVCP) nella delibera n. 12/2011 che “conferma” la “traslazione” sull'impresa collegata dell'obbligo di indire la gara, in ossequio a quanto già rilevato nella citata pronuncia n. 5007/2001 del Consiglio di Stato. Le stesse considerazioni devono valere per la scelta dell'eventuale ausiliario ove la società affidataria abbia necessità di integrare i propri requisiti ai fini dell'esecuzione della prestazione.

Problemi attuali

Sopravvenuta carenza delle condizioni per l'affidamento a impresa collegata

La questione non è stata definita dalla normativa europea, il che potrebbe indurre a ritenere che tale circostanza possa essere priva di conseguenze, nell'immediato salvo integrare una circostanza ostativa al riaffidamento. Diversa è la posizione della disciplina nazionale: l'art. 16 del d.lgs. n. 175/2016 (Testo unico delle società in materia di società pubbliche), nel regolamentare l'ipotesi parzialmente distinta degli affidamenti in house stabilisce che in caso di mancato rispetto del requisito quantitativo, la “società può sanare l'irregolarità se, entro tre mesi dalla data in cui la stessa si è manifestata, rinunci a una parte dei rapporti con soggetti terzi, sciogliendo i relativi rapporti contrattuali, ovvero rinunci agli affidamenti diretti da parte dell'ente o degli enti pubblici soci, sciogliendo i relativi rapporti. In quest'ultimo caso le attività precedentemente affidate alla società controllata devono essere riaffidate, dall'ente o dagli enti pubblici soci, mediante procedure competitive regolate dalla disciplina in materia di contratti pubblici, entro i sei mesi successivi allo scioglimento del rapporto contrattuale. Nelle more dello svolgimento delle procedure di gara i beni o servizi continueranno ad essere forniti dalla stessa società controllata” (comma 5, art. 16, d.lgs. n. 175/2016).

Bibliografia

Zito, Commenti agli artt. 6 e 7 del Codice dei contratti pubblici, in Esposito (a cura di) Codice dei Contratti Pubblici. Commentario di dottrina e giurisprudenza, Torino, 2017, 85.

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