Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 178 - Durata della concessione.Codice legge fallimentare Art. 168 Durata della concessione. 1. La durata delle concessioni è limitata ed è determinata dall'ente concedente in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario. 2. Per le concessioni ultraquinquennali, la durata massima della concessione non supera il periodo di tempo in cui si può ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti effettuati nell'esecuzione dei lavori o dei servizi, insieme con un ritorno sul capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici assunti dal concessionario per rispondere alle esigenze riguardanti, ad esempio, la qualità o il prezzo per gli utenti ovvero il perseguimento di elevati standard di sostenibilità ambientale. 3. Gli investimenti presi in considerazione ai fini del calcolo comprendono sia quelli iniziali sia quelli in corso di concessione. 4. La durata massima della concessione deve essere indicata nei documenti di gara, a meno che essa non sia utilizzata come criterio di aggiudicazione del contratto. 5. La durata dei contratti di concessione non è prorogabile, salvo per la revisione di cui all'articolo 192, comma 1. I contratti aggiudicati senza gara di cui all'articolo 186, comma 2, non sono in nessun caso prorogabili. Al termine della concessione, per il tempo strettamente necessario all'espletamento delle procedure di selezione del concessionario, la gestione delle tratte autostradali è affidata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che, in relazione alla specificità della tratta autostradale, per garantire adeguati standard di sicurezza e viabilità, valuta il modello più idoneo della gestione transitoria anche in relazione alle condizioni economiche. InquadramentoLa predeterminazione della durata massima di un rapporto contrattuale costituisce un principio di portata generale, che ha storicamente trovato affermazione nell'ambito del nostro ordinamento (v. art. 12 del legge sulla contabilità di Stato, 18 novembre 1923, n. 2240, che stabiliva la necessità che i contratti avessero termini e durata certa e non potessero essere stipulati con onere continuativo per lo Stato, se non per ragioni di assoluta convenienza o necessità da indicarsi nel decreto di approvazione del contratto. Per le spese ordinarie, la durata non poteva oltrepassare i nove anni). Se, tuttavia, nella disciplina nazionale, la predefinizione di una termine massimo della durata contrattuale rispondeva principalmente ad esigenze di tutela dell'amministrazione, l'obiettivo della disciplina europea era quello di evitare che contratti di durata indeterminata o eccessiva finissero con il costituire fattori di alterazione delle corrette dinamiche concorrenziali, limitando l'accesso al mercato di nuovi operatori ed ostacolando la libera circolazione dei servizi. Il tema, all'evidenza, assume particolare rilevanza proprio con riferimento ai contratti di concessione, la cui durata deve essere opportunamente calibrata in termini tali da poter garantire al concessionario il recupero del capitale investito senza che con ciò sia eliso il rischio operativo trasferito allo stesso. La Direttiva 2014/23/UE, da un lato, fa riferimento alla necessità che la durata della concessione sia limitata, al fine di evitare la preclusione dell'accesso al mercato (considerando n. 52), dall'altro, stabilisce il principio in base al quale la durata delle concessioni ultraquinquennali, definita dal committente in ragione delle attività oggetto di affidamento, non debba superare il periodo di tempo in cui si può ragionevolmente prevedere che il concessionario recuperi gli investimenti nell'esecuzione dei lavori o dei servizi, insieme con un ritorno sul capitale investito, tenuto conto degli investimenti necessari per conseguire gli obiettivi contrattuali specifici, senza tuttavia, predefinire la durata massima della concessione (art. 18 Direttiva 2014/23/UE). Si tratta di un approccio diverso da quanto previsto dallo stesso diritto europeo con riferimento a settori specifici, in cui la durata massima delle concessioni è predefinita normativamente (v. reg. UE n. 1370/07). In sede nazionale, l'art. 143 del d.lgs. n. 163/2006 (in linea con quanto stabilito dalla legge n. 109/94) stabiliva in 30 anni la durata massima del contratto di concessione, pur ammettendo la possibilità di una durata più lunga laddove necessaria per garantire l'equilibrio economico-finanziario degli investimenti del concessionario. Pur indicandosi un dato numerico (quello di trenta anni, poi eliminato nel codice del 2016 e in quello del 2023), era comunque già prevista, analogamente a quanto oggi disposto (cfr. infra par. 3), la ponderazione individuale delle circostanze di fatto, in maniera da consentire la remunerazione del capitale investito dal concessionario. L'art. 178 in commento, al pari del previgente art. 168 del d.lgs. n. 50/2016, non si discosta, in modo significativo, dall'impostazione della disciplina europea, ribadendo il principio secondo cui la durata delle concessioni è limitata e fissata dall'ente concedente in funzione dei lavori e dei servizi richiesti al concessionario ed è commisurata al valore della concessione nonché alla complessità organizzativa dell'oggetto contrattuale (commi 1 e 2). Sempre in linea con la norma europea, è confermato che, per le concessioni ultra-quinquennali, la durata massima debba essere vincolata alla necessità di recupero degli investimenti, sia iniziali che in corso di concessione effettivamente sostenuti dal concessionario, individuata sulla base di criteri di ragionevolezza, insieme ad una remunerazione del capitale investito, tenuto conto di quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi contrattuali specifici come risultante dal piano economico-finanziario (commi 2 e 3). Nel previgente codice del 2016 la previsione sul criterio del “ragionevole ritorno degli investimenti” per determinare il limite alla durata della concessione era stata in verità introdotta solo con il d.lgs. n. 56/2017 (primo decreto correttivo). Tale disciplina sulla durata massima, confermata nel nuovo Codice del 2023 (art. 178, comma 2), era stata peraltro apportata anche per far fronte alla puntuale osservazione secondo cui l'omessa specificazione di limiti alla durata della concessione avesse disatteso la ratio della disciplina europea che esclude una durata eccessiva delle concessioni che “gioca un ruolo perverso soprattutto nelle concessioni concernenti situazioni sostanzialmente monopolistiche” di fatto e di diritto (Realfonzo, 405). Sin qui (commi 1, 2 e 3), l'art. 178 in commento riprende dunque in buona parte i contenuti della corrispondente disposizione del previgente codice, di cui all'art. 168 del d.lgs. n. 50/2016; mentre sono gli ultimi due commi della disposizione (commi 4 e 5) ad introdurre tre elementi di novità. I primi due hanno carattere più formale che sostanziale, mentre il terzo rileva anche sul piano dei contenuti. Più in particolare, il primo elemento di novità riguarda la chiara ed espressa previsione circa la possibilità di utilizzare il parametro della durata massima della concessione come criterio di valutazione delle offerte (art. 178, comma 4), dissipando così per via normativa alcuni dubbi (invero privi di ragion d'essere) che in passato si erano posti sul punto, soprattutto in dottrina (infra, par. 5.2). Il secondo è rappresentato dalla messa a sistema dei rapporti tra procedimento di riequilibrio contrattuale di cui all'art. 192 (c.d. revisione del PEF) e possibilità di proroga della durata della concessione. Dopo aver ribadito il principio generale secondo cui la durata dei contratti di concessione non è prorogabile, viene anche posta in via esplicita la relativa eccezione, stabilendo infatti che uno degli strumenti per contenere eventuali alterazioni dell'equilibrio economico finanziario è costituito proprio dalla proroga della concessione (art. 178, comma 5). Si tratta ad ogni modo di una possibilità che seppur non espressamente contemplata da una specifica disposizione del codice del 2016 doveva ritenersi comunque percorribile (v. infra). Oltre a queste due novità di carattere per lo più formale, in quanto recepiscono e positivizzano approdi sostanziali cui si era giunti anche sotto la vigenza del precedente codice del 2016, ne viene introdotta una terza a maggior impatto contenutistico e relativa alle sole concessioni autostradali. Si prevede infatti che, laddove non si riesca ad individuare il nuovo concessionario prima della scadenza del rapporto concessorio, per il periodo strettamente necessario alle procedure di selezione del concessionario, la gestione della tratta autostradale “è affidata al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti che ... valuta il modello più idoneo della gestione transitoria” (art. 178, comma 5). In sostanza viene stabilita per legge l'impraticabilità della proroga tecnica in favore del c.d. concessionario uscente, anche nelle ipotesi in cui la mancata individuazione per tempo del nuovo concessionario discenda da circostanze sopravvenute e imprevedibili, estranee al controllo delle parti contrattuali (ciò che, di regola, consente invece il ricorso all'istituto eccezionale della c.d. proroga tecnica). Ratio della durata massima delle concessioni.L'eccessiva durata del contratto di concessione sottrae in modo intollerabilmente lungo un bene economicamente contendibile alle dinamiche fisiologiche del mercato, ragione per la quale il legislatore nazionale adeguandosi a quanto stabilito da quello europeo ha previsto che le concessioni devono avere una durata limitata, secondo la stima fatta dagli enti concedenti, in funzione dei lavori o servizi richiesti al concessionario (T.A.R. Lazio (Roma) II, n. 1483/2020). Difatti, la durata di una concessione dovrebbe essere limitata al fine di evitare la preclusione dell'accesso al mercato e restrizioni della concorrenza. Anche perché, le concessioni di durata molto lunga possono dar luogo alla preclusione dell'accesso al mercato, ostacolando così la libera circolazione dei servizi e la libertà di stabilimento (considerando n. 52, Direttiva 2014/23/UE). Calcolo della durata massima delle concessioni.Come anticipato (par. 1), la disciplina vigente (al pari del codice del 2016 e a differenza invece del codice del 2006) non prevede più un tempo massimo predeterminato in via generale per la durata delle concessioni, che deve essere apprezzata, caso per caso, in ogni procedura, in considerazione dello specifico oggetto della stessa. I parametri previsti dalla disposizione sono innanzitutto di carattere contenutistico (art. 178, comma 2). La durata è infatti parametrata agli investimenti effettivamente sostenuti – rectius quelli indicati nella documentazione di gara, poiché fino all'esecuzione del contratto non si può dire vi siano investimenti sostenuti – lungo tutta la vita di gestione dell'opera o del servizio. La discrezionalità della stazione appaltante nella fissazione della durata della concessione incontra un limite esterno, valevole per le sole concessioni ultraquinquennali, per le quali il termine massimo non può comunque essere superiore a quello necessario al recupero degli investimenti e alla adeguata remunerazione del capitale (art. 178, comma 2). Rispetto tale limite si pongono tuttavia problemi applicativi legati all'esatta individuazione degli investimenti da considerare, che non può evidentemente essere certa al momento dell'indizione della gara, in virtù del fatto che sovente gli investimenti effettivi rientrano in quel margine di alea e di rischio imprenditoriale proprio del concessionario e ontologicamente non predeterminabile in termini preventivi e certi. Per questo, la disposizione in commento precisa, in maniera condivisibile, che il calcolo della durata e la relazione funzionale tra investimenti necessari e raggiungimento dell'equilibrio, venga effettuata secondo criteri di ragionevolezza (la durata massima non può infatti superare “il periodo di tempo in cui si può ragionevolmente prevedere” un ritorno degli investimenti). Il che implica la necessità di fornire un adeguato apparato motivazionale che dia specificatamente conto del percorso logico-economico seguito per la determinazione della durata della concessione. In questa prospettiva, la disposizione in commento conferma la centralità della progettazione dell'affidamento, essendo indirizzata a definire l'arco temporale entro il quale il modello concessorio può raggiungere il suo equilibrio (Perfetti, 1387). Sotto il profilo operativo e in relazione alle concessioni di lavori, è necessario stabilire con precisione, nell'ambito della durata complessiva, il tempo destinato alla progettazione, il numero di mesi o anni imputati alla costruzione dell'opera e il numero di mesi o anni dedicati alla gestione (relazione illustrativa allo schema di “Contratto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche”, approvato con Delibera dell'Autorità Nazionale Anticorruzione n. 1116 del 22 dicembre 2020 e con Determina del Ragioniere Generale dello Stato n. 1 del 5 gennaio 2021). Eventuali ritardi nella realizzazione dell'opera imputabili all'operatore economico comportano, in vista della corretta allocazione del rischio di costruzione, la conseguente e automatica riduzione del periodo di gestione (cfr. schema di “Contratto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche ”). Durata delle concessioni ed equilibrio economico finanziario.Stante la possibilità di incidere con risorse pubbliche sulla remunerazione delle concessioni (cioè tramite contributo pubblico ex art. 177), la durata complessiva delle stesse finisce per costituire elemento cruciale per determinare l'equilibrio economico finanziario dell'intera operazione. In base alla latenza temporale del contratto, infatti, si calcola la redditività effettiva degli investimenti. La predeterminazione della durata si atteggia peraltro differentemente in caso di c.d. opere fredde. In queste ultime, infatti, il servizio viene reso direttamente a favore della concedente la quale, pertanto, determina le tariffe concesse al privato e può avere una visione concreta della remunerazione degli investimenti nell'arco del tempo. Solo in questo caso, allora, la durata può essere effettivamente calcolata in seguito – o meglio congiuntamente – alla valutazione preventiva di equilibrio economico finanziario dell'operazione. Questioni applicative.1) Possibilità di proroga della durata contrattuale Come visto (par. 1), una delle novità apportate dal Codice del 2023 è costituito dalla esplicita regolamentazione dell'istituto della proroga delle concessioni, invece non disciplinato espressamente dal previgente codice del 2016. La disposizione in commento stabilisce infatti che “la durata dei contratti di concessione non è prorogabile”, ad eccezione delle ipotesi in cui la proroga rappresenti uno strumento di riequilibrio contrattuale ex art. 192 (art. 178, comma 5). Tale precisazione circa la tendenziale impossibilità di estendere la durata del termine contrattuale appare invero riferirsi alle proroghe che non siano prestabilite dalla lex specialis di gara. Depone in questo senso il riferimento, ai fini della definizione dell'importo della concessione, ad “eventuali clausole di opzione” (art. 179, comma 3), che si intendono riferite proprio alla predeterminazione negli atti di gara della facoltà per il committente di estendere la durata e il relativo valore contrattuale. Quindi, non appare ragionevole escludere, in presenza di condizioni predeterminate e chiaramente indicate ab origine nella lex specialis , la possibilità che la durata della concessione possa essere oggetto di estensione (contra Carullo, Iudica, 1276, secondo cui, nel rispetto dei principi di parità di trattamento, non può essere prevista la proroga della durata della concessione a differenza dell'appalto, in cui la proroga è ammessa, oltre che per il tempo strettamente necessario per l'individuazione di un nuovo contraente, anche ove espressamente contemplata nella lex specialis). Altro è se tale estensione possa ipotizzarsi indipendentemente da una previsione in tal senso negli atti di gara. Come detto, una siffatta possibilità oggi è espressamente contemplata dal Codice del 2023 nella sola ipotesi in cui la proroga temporale rappresenti uno strumento funzionale alla revisione del contratto di concessione in ragione di eventi sopravvenuti e imprevedibili che abbiano inciso in maniera significativa sull'equilibrio economico finanziario del rapporto negoziale (art. 192). Anche nell'ambito del previgente codice del 2016 (e la circostanza mantiene comunque attualità in relazione ai contratti di concessione in corso di esecuzione), pur in assenza di una espressa previsione normativa analoga a quella di cui all'attuale art. 178, comma 5, si era osservato che la possibilità di revisione in corso di esecuzione, subordinata a situazioni non riconducibili al concessionario tali da alterare le condizioni di equlibrio economico-finanziario ha sostanzialmente fatto venir meno il divieto generalizzato di proroga. Ciò in quanto, anche alla luce di quanto detto al par. 4 circa l'incidenza del tempo nella disciplina di equilibrio economico delle operazioni, la durata può essere sicuramente modificata in esercizio dello ius variandi (Pellizzer, 2580). 2) Possibilità di considerare la durata contrattuale quale criterio di valutazione delle offerte Sotto la vigenza del previgente codice del 2016, una parte della dottrina aveva ritenuto che la durata della concessione non potesse essere “oggetto di confronto competitivo”, dovendo per espressa previsione di legge essere limitata e predeterminata dalla stazione appaltante in sede di progettazione (Perfetti, 1387). Di contro, altra parte della dottrina aveva invece evidenziato che è la stessa disciplina europea a prevedere che la durata della concessione possa essere “utilizzata come criterio di aggiudicazione del contratto” (considerando n. 52 Direttiva 2014/23/UE) e che i criteri oggettivi di valutazione delle offerte devono essere idonei ad assicurare una valutazione delle offerte in condizioni di concorrenza effettiva, in modo da individuare un vantaggio economico complessivo per il commettente (art. 41 Direttiva 2014/23/UE). Si era quindi ritenuto che tra questi potesse rientrare evidentemente anche la minore durata della concessione rispetto a quanto previsto a base di gara: il che è anche coerente con la ratio della disciplina diretta a contenere la durata del contratto a quanto necessario per una adeguata remunerazione del concessionario e con la logica pro-concorrenziale di consentire una anticipata contendibilità sul mercato dell'affidamento. D'altro canto, e a tacere d'ogni altra pure possibile considerazione, si era pure rilevato sul piano logico che, se la durata è strettamente legata e funzionale al raggiungimento dell'equilibrio economico finanziario che dipende dalle scelte organizzative e gestionali del concessionario, non vi è ragione per la quale il committente debba privarsi dell'opportunità di ottenere condizioni migliorative a tutto vantaggio della collettività (Galli, Cavina, 1289). Recependo in maniera più puntuale il diritto europeo e in linea con questo secondo orientamento, il nuovo Codice del 2023 ha espressamente chiarito che ben può costituire oggetto di valutazione delle offerte anche la durata massima della concessione (art. 178, comma 4). In tale ipotesi, un accorgimento per evitare offerte eccessivamente aggressive e potenzialmente inverosimili, tese ad alterare la dinamica concorrenziale sul criterio con l'obiettivo di “rimediare” poi in fase esecutiva, potrebbe essere quello di indicare nella lex specialis un limite oltre il quale l'offerta migliorativa consegua comunque il medesimo massimo punteggio previsto per il criterio di valutazione in questione. BibliografiaGalli, Cavina, Commento all'art. 168 del d.lgs. n. 50/2016, in Caringella, Codice dei contratti pubblici commentato, Milano, 2022; Pellizzer, L'affidamento delle concessioni di lavori pubblici e gli appalti dei concessionari, in M.A. Sandulli, De Nictolis, Garofoli (diretto da), Trattato dei contratti pubblici, Milano, 2008; Perfetti, Codice dei contratti pubblici commentato, Vicenza, 2017; Realfonzo, I contratti di concessione, in Caringella, Mantini, Giustiniani, Il nuovo diritto dei contratti pubblici, Roma, 2016. |