Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 180 - Contratti misti di concessione.Codice legge fallimentare Artt. 28, 160, 169 Contratti misti di concessione. 1. Le concessioni aventi per oggetto sia lavori che servizi sono aggiudicate in conformità alle disposizioni applicabili alla prestazione che caratterizza l'oggetto principale delle concessioni stesse. 2. Nel caso di concessioni miste che consistono in parte in servizi sociali e altri servizi specifici elencati all'allegato IV alla direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014, l'oggetto principale è determinato in base al valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi servizi. 3. I contratti misti che contengono elementi della concessione ed elementi dell'appalto pubblico sono aggiudicati in conformità alla disciplina degli appalti. 4. Se le diverse parti di un determinato contratto sono oggettivamente non separabili, il regime giuridico applicabile è determinato in base all'oggetto principale del contratto in questione. Nel caso in cui tali contratti contengano elementi sia di una concessione di servizi sia di un contratto di forniture, l'oggetto principale è determinato in base al valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi servizi o forniture. 5. I contratti misti che contengono elementi delle concessioni di lavori e servizi, nonché elementi delle concessioni di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni, sono aggiudicati in conformità alla disciplina della presente Parte. InquadramentoLa disposizione in commento recepisce l'art. 20 della Direttiva 2014/23/UE, dettando una articolata disciplina dei c.d. contratti misti di concessione. Essa riprende solo in parte i contenuti della precedente norma del 2016 (art. 169 d.lgs. n. 50/2016), che recepiva invece anche gli artt. 21, 22 e 23 della Direttiva europea rispettivamente dedicati alla disciplina dei contratti misti di concessione concernenti aspetti di difesa e sicurezza (art. 21), dei contratti misti di concessione degli enti aggiudicatori ricomprendenti sia attività proprie dei settori speciali sia attività dei settori ordinari (art. 22) e, infine, dei contratti misti concernenti sia aspetti di difesa e sicurezza sia attività proprie dei settori speciali (art. 23). Per la regolamentazione di queste tre tipologie di contratti misti occorrerà dunque fare riferimento alle disposizioni, self executing, della Direttiva 2014/23/UE ovvero a quelle specifiche di riferimento confluite nel nuovo Codice in altri articoli (ad esempio l'art. 137, che recepisce l'art. 21 della direttiva in tema di contratti misti concernenti aspetti di difesa e sicurezza). Ad ogni modo, al pari dell'art. 14, commi da 18 a 27, del Codice che fa riferimento ai c.d. contratti misti di appalto e di cui, nella sostanza, riproduce, l'impostazione, l'art. 180 in rassegna assume una particolare rilevanza ai fini della corretta definizione dell'ambito di applicazione del Codice, fornendo i criteri per la individuazione della disciplina in concreto applicabile nel caso di concessioni caratterizzate dalla coesistenza di prestazioni di diversa natura ovvero a pluralità causale. Perché possa configurarsi un contratto misto ai fini della applicazione della disposizione in questione, assumono rilievo sia l'unicità che la pluralità dell'elemento causale. Così, ad esempio, se è qualificabile come misto un contratto di appalto avente per oggetto sia prestazione in lavori che in servizi, è qualificabile come tale anche un contratto in cui figurano sia gli elementi dell'appalto che della concessione (Corte giust. UE, 6 maggio 2010, C-145/08 e C-146/08). Così come, nella medesima prospettiva, assume rilevanza anche la finalizzazione di un contratto a più attività. La disciplina in tema di contratti misti trova, infatti, applicazione anche nell'ipotesi di contratti (appalti o concessioni) plurifunzionali, destinati cioè ad attività sia nei settori ordinari che nei settori speciali. Come detto, tuttavia, a differenza del previgente art. 169 del d.lgs. n. 50/2016, l'art. 180 del nuovo Codice non reca una espressa regolamentazione di tali tipologie di contratti misti. Per la loro disciplina dovrà dunque farsi riferimento all'art. 21 della Direttiva 2014/23/UE ovvero all'art. 14, commi da 22 a 27, del Codice in tema di contratti misti di appalto, trattandosi di norma che, per un verso, detta comunque principi e criteri di ordine generale e, per altro verso, è direttamente applicabile ai settori speciali anche in virtù dell'espresso rinvio ad essa contenuto nell'art. 141 del Codice (dedicato appunto all'individuazione delle disposizioni applicabili ai settori speciali e riferito, peraltro, anche agli “enti concedenti” e non solo alle “stazioni appaltanti”). La presenza nell'ambito di un unico rapporto contrattuale di più prestazioni a contenuto diverso e sottoponibili – ove partitamente considerate – a discipline parzialmente differenziate ha posto il problema di stabilire i criteri omogenei per evitare il rischio di normative nazionali e di prassi difformi, con l'effetto di elusioni rispetto all'applicazione del diritto europeo o di fenomeni di indirizzamento del mercato sulla base di una disciplina piuttosto di un'altra. Ad esempio, l'accorpamento di prestazioni per l'affidamento di lavori, congiuntamente a forniture e servizi, si prestava, talora, allo scopo di mantenere questi ultimi – per i quali la soglia di applicazione della disciplina europea era 25 volte più bassa rispetto a quella dei lavori – nell'ambito di un confronto competitivo nazionale (v. sul punto, Corte giust. CE, II, 21 febbraio, 2008, C-412/04 e la procedura di infrazione contro la Repubblica Italiana n. 2110/2003). In questo contesto, la disciplina europea contenuta nelle direttive del 2014 non si discosta, sul piano sostanziale, dai criteri definiti nelle previgenti direttive del 2004 in tema di appalti misti, il cui contenuto è peraltro arricchito da più puntuali previsioni. Per quanto riguarda la disciplina sulle concessioni (art. 180), essa è definita sulla base di criteri tendenzialmente omogenei rispetto a quella sugli appalti (art. 14). I contenutiNella prospettiva di risolvere i potenziali dubbi applicativi derivanti anche dalla introduzione di una disciplina ad hoc in tema di concessioni, il nuovo Codice, in linea con gli obiettivi di uniformità della direttiva, ha quindi previsto una disciplina organica anche in materia di contratti misti di concessione. Si tratta di una regolamentazione complessa in quanto diretta a coprire un numero eterogeneo di fattispecie relative: a ) alle concessioni miste tradizionalmente intese, di lavori e al contempo di servizi (art. 180, comma 1); b ) a quelle afferenti ad oggetti contrattuali che, pur se tutti attratti dalla disciplina pubblicistica, sono soggetti a diversi regimi in quanto in parte configurabili quali concessioni ordinarie e in parte consistenti in servizi sociali o altri servizi specifici di cui all'allegato IV alla Direttiva 2014/23/UE e soggetti al c.d. regime alleggerito (art. 180, comma 2); c ) ai contratti misti aventi per oggetto sia elementi delle concessioni che di appalti (art. 180, comma 3); d ) ai rapporti negoziali misti che contengano sia elementi di concessione che elementi di contratti di forniture (art. 180, comma 4, seconda parte); e ) alle concessioni miste recanti in parte prestazioni soggette a regime pubblicistico e in parte elementi di concessioni di terreni, fabbricati esistenti o altri immobili o riguardanti diritti su tali immobili (art. 180, comma 5). Al di là del contenuto delle singole fattispecie contrattuali, una variabile anche dalla quale dipende l'individuazione, in concreto, della disciplina applicabile, è costituita – cosi come nella disciplina sugli appalti misti – dall'oggettiva separabilità o meno delle prestazioni (cfr. art. 180, comma 4, prima parte). Per principio generale, la scelta se aggiudicare un'unica ovvero due distinte concessioni non può in ogni caso avere finalità elusive dell'applicazione del Codice. Per quanto la norma nella sua costruzione possa, a prima lettura, apparire complessa e articolata, un approccio sistematico e organico consente di fornire una chiave di lettura semplificatrice della materia, fondata sui diversi criteri da seguire per l'individuazione del regime applicabile al contratto misto (in linea con l'intento di semplificazione sul punto perseguito dal nuovo Codice e rimarcato anche nella Relazione Illustrativa del Consiglio di Stato). Si tratta in sostanza dei criteri di prevalenza funzionale, di prevalenza economica e di assorbimento, ciascuno riferito a specifiche fattispecie contrattuali, ai quali il concedente deve fare riferimento ai fini della definizione della disciplina applicabile. A tali criteri, si aggiunge poi quello della combinazione, operante in relazione ai requisiti di partecipazione richiesti al concorrente, ai sensi dell'art. 14, comma 18, ultimo periodo del Codice che, pur in assenza di specifica previsione normativa, si ritiene debba operare anche con riguardo alle concessioni e non solo agli appalti (v. infra). Concessioni miste di lavori e servizi: criterio della prevalenza funzionale (o qualitativa)Le concessioni aventi per oggetto sia lavori che servizi sono aggiudicate secondo le disposizioni applicabili al tipo di concessione che caratterizza l'oggetto principale del contratto (art. 180, comma 1). Il criterio da seguire per l'individuazione della disciplina applicabile (che invero è per molti versi la medesima) è dunque di natura qualitativa (o funzionale). Occorre cioè stabilire se l'oggetto principale del contratto di concessione riguardi la costruzione di un'opera per conto del concedente oppure se, al contrario, tali lavori siano meramente accessori rispetto all'oggetto principale del contratto relativo alla gestione del servizio e delle connesse strutture. Il criterio è importante poiché, in pratica, nella quasi totalità dei casi – vale a dire nelle ipotesi di concessioni calde o tiepide – il concessionario di lavori pubblici presta un servizio all'utente nell'ambito dell'opera realizzata (si pensi alla realizzazione di un parcheggio). Se il contratto riguarda principalmente la costruzione di un'opera per conto del concedente, si tratta di una concessione di lavori. Al contrario, un contratto di concessione che preveda la realizzazione di lavori solo a titolo accessorio o riguardi unicamente la gestione di un'opera esistente, va trattato come una concessione di servizi. Quest'ultima, naturalmente, si configura poi nell'ipotesi in cui vi sia unicamente la gestione di un servizio svincolato dall'infrastruttura (si pensi, ad esempio, alle concessioni dei servizi di distribuzione automatica di cibo e bevande). Occorre, dunque, assumere a riferimento lo scopo ultimo del contratto (e cioè le finalità cui esso sia principalmente destinato) e anche di quale sia, tra le diverse prestazioni, quella che caratterizza nel suo insieme l'oggetto del rapporto negoziale. In altri termini, qualora l'affidamento contempli l'esecuzione dei lavori congiuntamente alla gestione di un servizio, la linea di demarcazione tra i diversi istituti va individuata avendo di mira la direzione del nesso di strumentalità che lega gestione del servizio ed esecuzione dei lavori, nel senso che solo laddove la gestione del servizio sia servente rispetto alla costruzione delle opere è configurabile l'ipotesi della concessione di lavori pubblici; viceversa, l'inserimento dei lavori all'interno di un programma complesso rivolto alla gestione dei servizi volti a soddisfare esigenze primarie di rilievo sociale induce a ritenere che siano i lavori a porsi in termini obiettivamente accessori o secondari rispetto alla gestione delle strutture (Cons. St. V, n. 4186/2019). Il criterio in esame presenta ampi margini di discrezionalità e, quindi, di opinabilità, non essendo sempre agevole stabilire quale sia la prestazione funzionalmente principale nell'economia complessiva del contratto, a prescindere dal suo valore economico, posto che si potrebbe ritenere prevalente l'erogazione del servizio pur se i lavori siano di valore economico superiore (v. anche l'opinione di Realfonzo, 408, che, diversamente dall'impostazione della disciplina europea, sottolinea l'utilità, sul piano pratico, di disporre, di parametri oggettivi basati, ai fini della scelta del contraente, sulla prevalenza economica di una prestazione rispetto all'altra). Concessioni miste aventi di servizi sociali o altri servizi specifici ex all. IV Dir. 2014/23/UEDiversamente, nel caso di concessioni di servizi in cui in parte concorrano anche quelli c.d. “ specifici ”, soggetti a regime alleggerito di cui agli artt. da 127 a 131 del Codice, il criterio da seguire è quello della prevalenza economica, che determina ex se e per espressa previsione normativa l'oggetto principale del contratto (art. 180, comma 2). Tale criterio, apparentemente “grezzo” perché indipendente dalla rilevanza qualitativa e funzionale delle varie prestazioni dedotte in contratto, presenta comunque il vantaggio di una più agevole applicazione concreta, fondandosi su dati oggettivi. Si tratta di un criterio che riprende quanto stabilito dall'art. 14, per il caso di appalti misti aventi anche per oggetto servizi per i quali è previsto un regime semplificato, essendo soggetti solo ad alcune disposizioni del Codice (cfr. artt. da 127 a 131). In altri termini, se i servizi sociali hanno valore maggiore degli altri servizi, il regime alleggerito si applica a tutte le prestazioni; diversamente se hanno valore economico inferiore rispetto alle altre prestazioni, si applicherà la disciplina ordinaria (Carullo, Iudica, 372). Questo criterio, pur avendo il pregio della oggettività, si presta a soluzioni potenzialmente elusive in ragione del rischio di una artificiosa costruzione dell'oggetto contrattuale. Concessioni miste in materia di difesa e sicurezza: criterio dell'assorbimentoUna logica completamente diversa opera invece nell'ipotesi in cui l'oggetto del contratto di concessione interessi parzialmente anche le materie di cui all'art. 346 TFUE ovvero al d.lgs. n. 208/2011 (“Disciplina dei contratti pubblici relativi ai lavori, servizi e forniture nei settori della difesa e sicurezza, in attuazione della Direttiva 2009/81/CE”). Tale circostanza, infatti, risulta assorbente rispetto alla disciplina delle parti diverse (che sarebbero soggette all'applicazione del Codice) a prescindere dalla relativa prevalenza, funzionale o economica. L'affidamento, per ovvie ragioni, viene pertanto escluso dalla sfera di operatività del Codice (cfr. art. 137). La ratio è, evidentemente, quella di garantire la massima tutela ad interessi statuali particolarmente sensibili, escludendo espressamente dall'ambito di applicabilità della disciplina pubblicistica le fattispecie contrattuali dirette a garantire la tutela degli interessi essenziali della sicurezza dei singoli Stati (ex art. 346 TFUE). Come visto (par. 1), mentre in passato la disciplina di tale tipologia contrattuale era regolamentata, per quanto riguardava le concessioni, dalla disposizione corrispondente all'art. 180 in rassegna in quanto dedicata ai contratti misti di concessione (art. 169, comma 3, del d.lgs. n. 50/2016), nell'attuale Codice la relativa disciplina è invece confluita nell'art. 137, che riguarda sia gli appalti che le concessioni e si inserisce nell'ambito delle specifiche disposizioni relative ai “contratti nel settore della difesa e sicurezza” (contenute nel Titolo V, della Parte VII sulle “disposizioni particolari per alcuni contratti nei settori ordinari”, del Libro II “dell'appalto”). I diversi criteri per le concessioni miste affidabili separatamente e non affidabili separatamentePremessa Come anticipato, particolare rilevo assume la circostanza della scorporabilità o meno delle diverse parti del medesimo e unico contratto oggetto di affidamento in quanto (anche) da tale variabile discende l'applicazione di criteri diversi ai fini della individuazione della disciplina in concreto operante (cfr. 20, par. 2, della Direttiva 2014/23/UE), con particolare riferimento alle seguenti fattispecie: i) contratti misti aventi per oggetto sia elementi delle concessioni che di appalti (infra par. 6.2 e 6.3); ii) concessioni miste di prestazioni in parte soggette a regime pubblicistico e in parte estranee alle regole dell'evidenza pubblica o comunque disciplinate da altri regimi diversi da quelli per l'affidamento di contratti pubblici (infra par. 6.4); iii) concessioni miste aventi per oggetto attività nei settori ordinari e nei settori speciali (infra par. 6.5). Contratti misti di concessioni e appalti Nell'ipotesi in cui, nonostante la possibile separabilità delle prestazioni oggetto di affidamento, la stazione appaltante decida di procedere con un contratto unico, laddove questo contenga elementi di concessioni nonché appalti nei settori ordinari o speciali, il contratto misto è aggiudicato in conformità con le disposizioni che disciplinano gli appalti nei settori ordinari o nei settori speciali (art. 180, comma 3; art. 20, par. 2 e 4, della Direttiva 2014/23/UE). Anche in tal caso il criterio da seguire è quindi quello dell'assorbimento, sempre a vantaggio, tra quelle astrattamente applicabili, della disciplina maggiormente vincolistica. Diversamente dal caso di contratto misto recante elementi di concessioni ed elementi di appalto oggettivamente non scorporabili, opera il criterio della prevalenza funzionale, dovendosi quindi individuare il regime applicabile sulla base dell'oggetto principale del contratto (art. 180, comma 4; art. 20, par. 2 e 5, della Direttiva 2014/23/UE). Laddove non sia possibile l'individuazione dell'oggetto principale, l'affidamento sarà comunque soggetto alla disciplina prevista per gli appalti, operando quindi in via sussidiaria il criterio dell'assorbimento (art. 180, comma 3). Contratti misti di concessioni e appalti di forniture Opera invece il criterio della prevalenza economica nell'ipotesi di contratto misto oggettivamente non separabile recante elementi sia di una concessione di servizi che di un contratto di forniture. Cosicché, nel caso in cui il contratto misto concerna elementi sia di una concessione di servizi che di un contratto di forniture, la disciplina applicabile è quella dell'oggetto principale, da determinare in base al valore stimato più elevato tra quelli dei rispettivi servizi o forniture (art. 180, comma 4, secondo periodo). Ai sensi dell'art. 180, comma 3, troverà invece, comunque, applicazione la disciplina per l'aggiudicazione degli appalti (criterio dell'assorbimento), nelle ipotesi in cui: a) il contratto misto di concessione di servizi e appalto di forniture sia oggettivamente separabile; b) in presenza di un contratto misto oggettivamente non separabile non sia possibile definire la prevalenza economica tra la parte di contratto recante elementi della concessione di servizi e quella integrante appalto di forniture. Concessioni miste settori ordinari e settori speciali Come si è anticipato, a differenza del corrispondente art. 169 del previgente d.lgs. n. 50/2016, l'art. 180 del nuovo Codice non reca una espressa regolamentazione dei contratti misti di concessione destinati all'esercizio di attività sia nei settori ordinari che in quelli speciali. Per la loro disciplina dovrà dunque farsi riferimento all'art. 21 della Direttiva 2014/23/UE ovvero all'art. 14, commi da 22 a 27, del Codice in tema di contratti misti di appalto, trattandosi di norma che, per un verso, detta comunque principi e criteri di ordine generale e, per altro verso, è direttamente applicabile ai settori speciali anche in virtù dell'espresso rinvio ad essa contenuto nell'art. 141 del Codice (dedicato appunto all'individuazione delle disposizioni applicabili ai settori speciali e riferito, peraltro, anche agli “enti concedenti” e non solo alle “stazioni appaltanti”). In questa prospettiva, nell'ipotesi di concessioni miste destinate all'esercizio di attività sia nei settori ordinari che in quelli speciali, a prescindere dalla separabilità o meno delle relative prestazioni, trova in via preferenziale applicazione il criterio della prevalenza funzionale, dovendosi dunque applicare la disciplina propria della principale attività cui la concessione è destinata. Sicché, se l'attività principale è propria dei settori speciali troverà applicazione quest'ultima e viceversa per il caso di attività principale attratta nell'ambito dei settori ordinari (art. 14, comma 25; art. 21, par. 2, della Direttiva 2014/23/UE). Tuttavia, laddove sia oggettivamente impossibile stabilire l'attività principale, troverà applicazione la disciplina dei settori ordinari alla luce del criterio dell'assorbimento di cui all'art. 14, comma 26, lett. a), del Codice (nonché art. 21, par. 3, lett. a), della Direttiva 2014/23/UE), a vantaggio, tra quelle astrattamente applicabili, della disciplina maggiormente vincolistica. Concessioni miste di prestazioni in parte soggette a regime pubblicistico e in parte estranee In caso di concessioni miste di prestazioni in parte soggette a regime pubblicistico e in parte estranee alle regole dell'evidenza pubblica o comunque disciplinate da altri regimi diversi da quelli per l'affidamento di contratti pubblici, laddove le diverse parti della concessione siano separabili, ma la stazione appaltante abbia prescelto l'affidamento congiunto, troverà comunque applicazione la disciplina prevista per l'aggiudicazione delle concessioni, a prescindere dal valore delle altre parti del contratto che sarebbero soggette a regimi giuridici diversi (art. 20, par. 2 e 3, della Direttiva 2014/23/UE). In tal caso, opera dunque in termini radicali il criterio dell'assorbimento, al fine di evitare pratiche di accorpamento dirette ad eludere l'applicabilità della disciplina pubblicistica. Diversamente, nel caso di contratto misto recante diverse prestazioni oggettivamente non scorporabili, trova applicazione il criterio della prevalenza funzionale (art. 180, comma 4; art. 20, par. 2 e 5, della Direttiva 2014/23/UE). Dunque, in caso di concessioni miste di prestazioni oggettivamente non scorporabili in parte soggette a regime pubblicistico e in parte estranee alle regole dell'evidenza pubblica o comunque disciplinate da altri regimi diversi da quelli per l'affidamento di contratti pubblici, il regime applicabile è individuato sulla base dell'oggetto principale del contratto. Ciò in quanto il ricorso all'affidamento unico, in tal caso, risulta necessitato e non rappresenta invece il frutto, potenzialmente elusivo, di un accorpamento scelto discrezionalmente dalla stazione appaltante. Per l'ipotesi in cui non sia possibile l'individuazione dell'oggetto principale, dovrebbe ritenersi operante in via sussidiaria il criterio dell'assorbimento, con la conseguenza che l'affidamento seguirà le regole previste dal Codice per le concessioni (in analogia a quanto previsto in tema di appalti dall'art. 14, comma 26, del Codice). Per espressa previsione normativa, quest'ultima regola, che determina l'applicabilità della disciplina sulle concessioni, trova sempre e in ogni caso applicazione (a prescindere dunque dalla separabilità o meno delle prestazioni e dalla individuabilità o meno di quella principale) nelle ipotesi di contratti misti che contengono elementi delle concessioni di lavori e servizi, nonché elementi delle concessioni di terreni, fabbricati esistenti o altri beni immobili o riguardanti diritti su tali beni (art. 180, comma 5). Questioni applicativeLa qualificazione degli operatori economici nei contratti misti e il criterio della combinazione Con una disposizione che non trova diretta rispondenza nel diritto europeo, è espressamente stabilito che l'operatore economico che concorre alla procedura di affidamento di un contratto misto deve possedere i requisiti di qualificazione e capacità prescritti dal Codice per ciascuna delle diverse prestazioni dedotte nel contratto (art. 14, comma 18, ultimo periodo). Rispetto alla specifica materia della individuazione delle regole applicabili per qualificazione degli operatori economici concorrenti opera dunque il criterio della combinazione dei regimi giuridici (Cons. St. V, n. 1153/2012). Peraltro, la mancanza di alcun cenno esplicito, nella legge di gara, al possesso dei requisiti di qualificazione relativi (anche) alla componente lavori di un contratto misto è supplita dal meccanismo della inserzione automatica di clausole (etero integrazione), analogamente a quanto previsto in ambito civilistico dagli artt. 1339 e 1374 c.c.(T.A.R. Toscana (Firenze) I, n. 146/2018). In sostanza, è necessario che il concorrente sia qualificato per tutte le diverse prestazioni oggetto del contratto misto, anche a prescindere dall'espressa richiesta contenuta sul punto dalla lex specialis. La disciplina sui contratti misti e i vincoli alla suddivisione in lotti Di interesse è l'analisi – che riguarda come anticipato sia gli appalti (art. 14, commi da 18 a 27) sia le concessioni (art. 180) – dei rapporti tra la disciplina in tema di contratti misti e l'evoluzione normativa in tema di suddivisione in lotti, così come oggi disciplinata dall'art. 58 del Codice (e in passato dall'art. 51 del d.lgs. n. 50/2016). La iniziale concezione giuscontabilistica della disciplina in materia di contratti pubblici, (r.d. n. 827/1924), infatti, sembrava prediligere l'unitarietà degli affidamenti, circoscrivendo la possibilità di una suddivisione in lotti solo “quando ciò fosse riconosciuto più vantaggioso per l'amministrazione” (art. 37). Il che risultava coerente con la finalità della disciplina, incentrata sull'interesse dell'amministrazione ad individuare il miglior contraente alle condizioni più vantaggiose possibili. Nemmeno con l'ingresso del diritto europeo dei contratti pubblici e con la valorizzazione del principio di concorrenza, fu inizialmente dedicata al tema una particolare attenzione sul piano normativo. Al contrario, a ben vedere, aveva continuato a prevalere, sotto più aspetti, la logica della disciplina giuscontabilistica, tesa a prediligere gli affidamenti unitari rispetto alla suddivisione in lotti; eventualità, quest'ultima, valutata anzi con sfavore in considerazione dei possibili fenomeni distorsivi cui, nella prassi, si era prestata. L'obiettivo dell'efficace spendita del denaro pubblico, infatti, veniva, in concreto, spesso “mortificato” dalla scelta delle amministrazioni di ripartire in più lotti interventi di natura unitaria, scelta che costituiva un escamotage per fare fronte alla parziale carenza nei finanziamenti (il che ha dato luogo al fenomeno delle opere incompiute, emerso in tutta la sua evidenza in occasione degli scandali e delle conseguenti vicende giudiziarie dei primi anni novanta). Inoltre, la ripartizione in più lotti agevolava finalità elusive, consentendo di ricondurre l'importo di un dato affidamento al di sotto delle soglie di applicazione della disciplina comunitaria o comunque al di fuori della sfera di operatività della regolamentazione altrimenti applicabile. Ed è proprio su queste criticità che si erano concentrate le indicazioni della normativa in materia, attraverso la positivizzazione, dapprima con riguardo al comparto dei lavori pubblici, del concetto di “funzionalità” dei lotti (che dovevano coincidere con una parte dell'opera complessiva realizzabile e fruibile indipendentemente dalle altri parti), poi esteso, in via interpretativa e pur in assenza di specifica indicazione normativa, anche a forniture e servizi; e con il divieto di artificiosa suddivisione in lotti, previsto dalle direttive in tema di contratti pubblici. Nessuna limitazione espressa era invece prevista per l'ipotesi opposta in cui la stazione appaltante procedesse ad un sovradimensionamento dell'oggetto contrattuale di prestazioni a contenuto omogeneo ovvero anche tipologicamente differenziate o causalmente differenziabili. Anzi, le norme in tema di contratti misti di lavori forniture e servizi, che ammettevano l'affidamento combinato di servizi prioritari e residuali, così come le disposizioni in materia di appalti destinati in parte alle attività nei settori speciali e in parte alle attività nei settori ordinari (peraltro prevista anche nell'attuale quadro normativo), orientavano le stazioni appaltanti, più che alla suddivisione in lotti, comunque soggetta ad oneri motivazionali, ad affidamenti unitari anche tramite l'accorpamento di prestazioni di natura diversa (si pensi al ricorso frequente al global service): operazione, questa, che, in linea di principio e in assenza di divieti normativi, era considerata legittima, salvi i casi in cui non risultasse preordinata ad una eccessiva rarefazione dei livelli di concorrenza. A fronte del divieto di artificiosa suddivisione in lotti, non esistevano rigidi “divieti volti ad impedire che più opere possano formare oggetto di un unitario affidamento alla stessa impresa, sulla base di un'unica gara”, salvo che l'accorpamento non fosse irragionevole o ingiustificato o diretto a ridurre i livelli di concorrenzialità (Cons. St. V, n. 7620/2003). Sempre in questa logica era stato considerato coerente e logico con i principi di economicità e celerità dell'azione amministrativa che la stazione appaltante concentrasse in un unico procedimento di gara l'aggiudicazione di vari servizi caratterizzati da reciproca connessione (v. anche Cons. St. II, n. 2803/2007; Cons. St. VI, n. 6908/2006). Nel corso degli ultimi anni, il tema del dimensionamento dell'oggetto dell'affidamento è stato affrontato con un approccio sensibilmente diverso rispetto a quanto già fatto in precedenza in ragione a) della sensibilizzazione operata da parte delle autorità di regolazione e vigilanza (v., ad esempio, ART, delibera n. 48 del 30 marzo 2017, che ha avuto modo di precisare come “l'affidamento a pochi grandi operatori per periodi lunghi” di affidamenti di grandi dimensioni “può definitivamente far uscire dal mercato operatori di dimensioni più contenute, ma ugualmente efficienti e con potenzialità di crescita in grado di competere alla tornata successiva”); b) delle politiche europee e nazionali volte a favorire le piccole e medie imprese nell'accesso al mercato dei contratti pubblici. Sul piano del diritto positivo, infatti, queste politiche si sono tradotte in specifiche indicazioni normative sia a livello europeo (Direttive del 2014) che a livello nazionale (v. il c.d. statuto delle imprese di cui alla l. n. 180/2011). In linea con il previgente codice del 2016, anche il Codice del 2023 contiene una serie di disposizioni che, essendo dirette alla promozione della partecipazione alle gare pubbliche di piccole e medie imprese, indirizzano la stazione appaltante nella definizione del taglio degli affidamenti, secondo criteri diretti ad agevolare la partecipazione delle imprese di ridotte dimensioni. In sostanza, la valorizzazione del principio di concorrenza, sotto forma di una accentuazione delle forme di tutela della posizione delle piccole e medie imprese, ha fatto sì che, anche sul piano normativo, si realizzasse, rispetto al tema in questione, un vero e proprio cambio di prospettiva, funzionalizzando l'adeguatezza dei lotti, non solo e non tanto all'obiettivo di garantire in generale una più ampia partecipazione, quanto, più nello specifico, ad agevolare la presenza delle piccole e medie imprese. In quest'ottica, l'attuale assetto normativo opera su un duplice livello: da un lato, inserendo, tra le norme di principio, l'esigenza di favorire l'accesso al mercato dei contratti pubblici degli operatori economici (art. 3) e quella, ad essa intimamente connessa, di definire requisiti di accesso alla gara in termini maggiormente inclusivi per imprese di più ridotte dimensioni (art. 10, comma 3); dall'altro, dettando una regolamentazione di dettaglio, con l'obbligo per le stazioni appaltanti di suddividere gli appalti in lotti funzionali ovvero prestazionali (art. 58). Fermo il divieto di artificiosa suddivisione, la mancata ripartizione dell'appalto in lotti deve essere oggetto di adeguata motivazione (art. 58, commi 1 e 2); in ogni caso, è vietato – al pari dell'artificiosa suddivisione – anche l'artificioso accorpamento in unico lotto. La norma conferma, dunque, al pari del previgente art. 51 del d.lgs. n. 50/2016, un rafforzamento dell'obbligo di ripartizione in lotti, ulteriore rispetto a quanto stabilito dall'art. 1 comma 2-bis del d.lgs. n. 163/2006, come modificato dalla l. n. 214/2011 (c.d. Salva Italia), che aveva imposto alle stazioni appaltanti, ove possibile ed economicamente conveniente, l'obbligo di frazionamento degli appalti in lotti funzionali, già modificando, così, la tradizionale impostazione che non poneva particolari limitazioni alla definizione del contenuto dell'oggetto contrattuale. In questo quadro, la norma sui contratti misti di concessione (così come l'art. 14 in tema di appalti) se, da un lato, risponde all'obiettivo di fornire il criterio discretivo utile a definire, tra le diverse discipline in astratto applicabili, quella in effetti riferibile al caso concreto; dall'altro, a differenza di quanto stabilito in particolare dall'art. 58, sembra demandare alla stazione appaltante la scelta se procedere a uno ovvero all'accorpamento di più contratti senza porre alcuna limitazione né particolari oneri motivazionali. La distonia è, però, solo apparente. Le indicazioni contenute nell'art. 58 sul divieto di artificiosa aggregazione dei lotti e sull'obbligo di fornire adeguata motivazione rispetto alla mancata suddivisione dell'oggetto contrattuale, quale strumento per conseguire l'obiettivo di una partecipazione alle gare di micro, piccole e medie imprese, assumono una valenza di portata generale ed in quanto tali non possono non essere riferite anche alle ipotesi prese in considerazione dall'art. 180 (oltreché 14), stante l'identità dell'interesse tutelato, che rischierebbe di essere compromesso dall'affidamento congiunto di lavori e servizi e/o forniture ovvero di prestazioni finalizzate allo svolgimento di attività sia nei settori ordinari che speciali. Il che vale a maggior ragione anche in considerazione dei principi dettati dagli artt. 3 e 10, comma 3, del Codice in ordine alle esigenze di favorire l'accesso al mercato dei contratti pubblici anche agli operatori economici di ridotte dimensioni. In questa prospettiva, anche in tali casi, la scelta della stazione appaltante nell'articolare l'oggetto dell'affidamento in termini compositi deve necessariamente poter trovare una motivazione nella misura in cui tra le due prestazioni sussista un nesso di inscindibilità strutturale e non derivata, necessariamente da giustificare sia sotto il profilo tecnico-organizzativo che economico anche negli atti di gara. Ogni diversa interpretazione avrebbe una portata elusiva rispetto al sistema di cautele previsto, in una prospettiva pro-concorrenziale, nel Codice dei contratti pubblici. Problemi attuali.Il metodo di calcolo della prevalenza economica in caso di concessioni miste di più servizi tra cui quelli sociali a regime c.d. alleggerito. Si è visto (par. 4) che per la peculiare ipotesi di concessioni di servizi in cui in parte concorrano anche quelli c.d. specifici indicati nell'allegato IV della Direttiva 2014/23/UE, soggetti a regime alleggerito di cui agli artt. da 127 a 131 del Codice, il criterio da seguire è quello della prevalenza economica, che determina ex se e per espressa previsione normativa l'oggetto principale del contratto (art. 180, comma 2). Si pone tuttavia un dubbio interpretativo nell'individuare la prestazione economicamente prevalente nel caso in cui il contratto contempli da un lato servizi sociali e dall'altro più tipologie di altri servizi “ordinari”. Occorre infatti stabilire se l'incidenza economica di questi ultimi vada prima sommata e poi rapportata a quella dei servizi sociali o altri servizi specifici, ovvero se considerare singolarmente le varie tipologie di servizi. Un'impostazione logica suggerirebbe di seguire la prima soluzione, sia per evitare approcci elusivi dell'applicazione della disciplina più rigida dettata per i servizi “ordinari”, sia perché un contratto che contempli duo o più tipologie di diversi servizi “ordinari” non risulta configurabile alla stregua di contratto misto. BibliografiaCarullo, Iudica, Commentario breve alla legislazione sugli appalti pubblici e privati, Milano, 2018; Realfonzo, I contratti di conc essione, in Caringella, Mantini, Giustiniani, Il nuovo diritto dei lavori pubblici, Roma, 2016, 407 ss. |