Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 194 - Società di scopo.

Mariano Protto
Codice legge fallimentare

Art. 184


Società di scopo.

1. Per gli affidamenti superiori alla soglia di cui all'articolo 14, comma 1, lettera a), il bando di gara per l'affidamento di una concessione nella forma della finanza di progetto prevede che l'aggiudicatario costituisca una società di scopo in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile. Il bando di gara indica l'ammontare minimo del capitale sociale della società. In caso di concorrente costituito da più soggetti, nell'offerta è indicata, a pena di esclusione, la quota di partecipazione al capitale sociale di ciascun soggetto.

2. I lavori da eseguire e i servizi da prestare da parte delle società di scopo si intendono realizzati e prestati in proprio anche nel caso in cui siano affidati direttamente dalle suddette società ai propri soci, originari o subentrati, sempre che essi siano in possesso dei requisiti stabiliti dalle vigenti norme legislative e regolamentari.

3. La società di scopo, senza che ciò costituisca cessione di contratto, subentra nel rapporto di concessione senza necessità di approvazione o autorizzazione amministrativa. Essa sostituisce l'aggiudicatario in tutti i rapporti con l'ente concedente. Nel caso di versamento di un prezzo in corso d'opera da parte dell'ente concedente, i soci della società restano solidalmente responsabili con la società di scopo nei confronti dell'amministrazione per l'eventuale rimborso del contributo percepito. In alternativa, la società di scopo può fornire alla pubblica amministrazione garanzie bancarie e assicurative per la restituzione delle somme versate a titolo di prezzo in corso d'opera, liberando in tal modo i soci. Le garanzie cessano alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera. Il contratto di concessione stabilisce le modalità per l'eventuale cessione delle quote della società di scopo, fermo restando che i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione sono tenuti a partecipare alla società e a garantire, nei limiti di cui sopra, il buon adempimento degli obblighi del concessionario sino alla data di emissione del certificato di collaudo dell'opera. L'ingresso nel capitale sociale della società di scopo e lo smobilizzo delle partecipazioni da parte di banche e altri investitori istituzionali, di cui all'articolo 193, comma 1, quarto periodo, che non abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione, possono tuttavia avvenire in qualsiasi momento.

4. Il contratto di concessione disciplina altresì le modalità di sostituzione dei soci della società di scopo che, nel corso dell'esecuzione del contratto, perdano i requisiti di qualificazione.

5. Il bando-tipo per l'affidamento di un contratto ai sensi del comma 1 reca anche lo schema della convenzione da allegare agli atti di gara.

Inquadramento

L'art. 194 riprende sostanzialmente l'art. 184 del previgente codice, con qualche rilevante novità.

La prima, di carattere apparentemente solo letterale, costituita dalla sostituzione della definizione “società di progetto” con quella di “società di scopo” maggiormente in linea con la denominazione utilizzata in ambito finanziario di “special purpose vehicle”, ma altresì esplicativa dell'utilizzabilità, espressamente prevista dal successivo art. 198, della società veicolo non solo nell'ambito della finanza di progetto, ma anche con riferimento altre forme di PPP.

La seconda invece circoscrive l'ambito di applicazione “agli affidamenti superiori alla soglia di cui all'art. 14, comma 1, lett. a)”, ossia agli affidamenti di lavori superiori alla soglia di rilevanza eurounitaria.

Peraltro, sembra doversi ritenere che tale riferimento concerna esclusivamente l'istituto della finanza di progetto e l'obbligo della stazione appaltante di prevedere la costituzione della società di scopo.

In altri termini, al di fuori delle ipotesi della finanza di progetto, la costituzione della società di scopo potrà sempre costituire una facoltà del concessionario in tutte le altre forme di PPP, indipendentemente dall'oggetto del contratto (lavori, servizi o forniture) e dall'importo del medesimo.

La terza novità è costituita, appunto, dalla previsione dell'obbligatorietà, e non solo più una facoltà del concessionario, della costituzione della società di scopo nelle ipotesi di finanza di progetto di importo superiore alla soglia di rilevanza eurounitaria, sull'assunto che attraverso la società di scopo si realizza l'isolamento giuridico dell'operazione rispetto alla situazione economica-finanziaria del concessionario, a garanzia sia dell'amministrazione concedente che dei terzi finanziatori.

La quarta novità, forse la più rilevante sotto il profilo pratico, è la possibilità di affidamento dei valori anche ai soci “subentranti”, con l'esclusione di qualsiasi riferimento alla possibilità che la società di scopo debba seguire la gara pubblica per l'affidamento dei lavori a terzi.

Le caratteristiche della società di scopo

La società di scopo (Special Purpouse Vehicle – SPV) era già prevista dalla c.d. legge Merloni – ter al fine di promuovere l'istituto del project financing nella realizzazione delle opere pubbliche.

Nella prassi degli operatori economici, soprattutto internazionale, la strutturazione di un'operazione di project financing contempla frequentemente l'utilizzo di una SPV costituita ad hoc, con lo scopo di mantenere distinti gli asset patrimoniali dei soggetti proponenti l'iniziativa d'investimento da quelli del progetto attraverso il meccanismo del c.d. ring fence, ovverosia l'isolamento dei flussi di cassa del progetto rispetto all'attività ordinaria dei promotori, a prescindere dalla natura operativa o meramente finanziatrice di questi ultimi.

Tale aspetto di indubbia convenienza è stato amplificato dalla previsione di poter ricorrere dopo l'aggiudicazione, alla costituzione di una SPV, in forma di società per azioni o a responsabilità limitata, anche consortile.

Lungi dal rappresentare una struttura connotata da atipicità, la SPV è un modello operativo che si fonda sugli istituti societari tradizionali, qualificati, pur tuttavia, da un evidente elemento teleologico: da un punto di vista più strettamente pragmatico – operativo, infatti, la società è preordinata allo sviluppo esclusivo di rapporti economici e giuridici teleologicamente funzionali alla realizzazione del progetto.

Come è stato chiarito “La società di progetto attua, altresì, la cd. canalizzazione dei flussi finanziari, perché imprime un vincolo di destinazione ai finanziamenti conseguiti e crea un patrimonio separato con riferimento alle risorse finanziarie coinvolte nella realizzazione del progetto” (Deliberazione AVCP AG 20/12, del 24 ottobre 2012).

Assumendo una struttura prettamente civilistica (così, F. De Luca, Disciplina e prospettive della società di progetto, in Una nuova pubblica amministrazione: aspetti problematici e prospettive di riforma dell'attività contrattuale, a cura di C. Franchini, F. Tedeschini, Torino, Giappichelli, 2009, 358 ss.), è previsto, altresì, che nel bando di gara sia indicato l'ammontare minimo del capitale sociale della società e che, nel caso di concorrente costituito da più soggetti, nell'offerta debba essere indicata la quota di partecipazione al capitale sociale di ciascuno dei partecipanti.

La previsione dell'obbligatorietà della costituzione della società di scopo, a valle dell'aggiudicazione della concessione nella forma della finanza di progetto, giustifica anche che l'omessa specificazione nell'offerta delle quote di partecipazione sia sanzionata con l'esclusione, trattandosi di un elemento indefettibile dell'offerta medesima.

Peraltro, l'art. 194 conferma due tratti di specialità della società di scopo nell'ambito delle operazioni di project financing pubblico.

In primo luogo, pur essendo una società di capitali, la società di scopo non gode di autonomia patrimoniale perfetta, in quanto, ai sensi del comma 3, i soci “qualificanti” (ovvero quelli che hanno reso possibile la qualificazione in sede di gara), sono responsabili, in solido con la società, fino alla emissione del certificato di collaudo, per la restituzione delle somme eventualmente erogate dall'amministrazione a titolo di prezzo in corso d'opera. Il vincolo di solidarietà può essere attenuato solo dalla prestazione di idonee garanzie. Ai nuovi soci, va comunque richiesta la dimostrazione del possesso dei requisiti prescritti.

Inoltre, il Codice introduce alcuni limiti alla cessione delle quote, in quanto la stessa deve essere regolata nelle sue modalità dal contratto di concessione e comunque è preclusa ai soci “qualificanti”, i quali sono tenuti a partecipare alla società fino alla emissione del certificato di collaudo e devono garantire il buon adempimento degli obblighi del concessionario, entro i limiti prefigurati dalla norma. L'art. 194, comma 3 del Codice al riguardo precisa che i soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione sono tenuti a partecipare alla società di scopo e a garantire il buon andamento degli obblighi del concessionario “nei limiti di cui sopra”, ossia nei limiti della restituzione delle somme eventualmente erogate in corso d'opera da parte dell'amministrazione.

Il divieto di cessione delle quote non opera, invece, per le banche e gli investitori istituzionali che non abbiano contribuito a formare i requisiti di qualificazione (cfr. T.A.R. Lazio I, 22 maggio 2008, n. 4820).

La società di scopo, oltre ai vantaggi strettamente connessi a una più ottimale gestione del rischio e alla possibilità di isolare i flussi derivanti dalla realizzazione dell'opera, nonché a quelli fiscali (a titolo meramente esemplificativo, si possono menzionare: il regime di deducibilità degli interessi passivi, ex art. 96 d.P.R. n. 917/1996; le modalità di ammortamento dei beni che la società iscrive in bilancio tra le immobilizzazioni, ai sensi dell'art. 104 TUIR; il diritto al rimborso IVA su beni ammortizzabili, già durante la fase di costruzione, ex art. 30 d.P.R. n. 633/1972; il regime fiscale per i titoli obbligazionari emessi ai sensi dell'art. 185 del Codice, previsto dall'art. 1 d.l. n. 83/2012, conv., in l. n. 134/2012), supera i limiti insiti nell'archetipo tradizionale della concessione di costruzione e gestione, dal momento che presuppone la partecipazione di una pluralità di soggetti con ruoli e specializzazioni diverse (promotori, realizzatori, finanziatori, gestori) e, al contempo, è funzionale alla creazione di una virtuosa coincidenza, nello stesso soggetto, tra la posizione attiva di realizzatore del progetto e fruitore dei relativi flussi di cassa generati dall'operazione e quella passiva di debitore delle somme percepite per la realizzazione dell'opera nei confronti dei finanziatori.

Solo la società di scopo, infatti, riceve il capitale di rischio da parte degli investitori e solo essa assume la responsabilità imprenditoriale diretta del progetto, assorbendo i diritti e gli obblighi connessi (acquisizione del capitale di prestito proveniente dai finanziamenti privati o contributi pubblici, resa del servizio per cui è stato contratto il debito, svolgimento delle funzioni organizzative e manageriali dell'attività economica oggetto dell'iniziativa, alla raccolta dei flussi di cassa corrispondenti: così, F. De Luca, op. cit.).

Il Codice prevede, come detto, che l'amministrazione stabilisca fin dal bando l'importo minimo del capitale sociale: nell'esercizio di tale potere l'amministrazione dovrà conciliare l'interesse alla solidità finanziaria della futura società di scopo con il principio di ragionevolezza che esclude la possibilità di fissare un capitale sociale minimo sproporzionato rispetto al valore dell'investimento.

Il subentro all'aggiudicatario

La società così costituita diventa la concessionaria e subentra nel rapporto di concessione all'aggiudicatario a titolo originario, senza che vi sia necessità di approvazione o autorizzazione da parte dell'Ente pubblico.

La società di scopo, in altri termini, sostituisce l'aggiudicatario in tutti i rapporti con l'amministrazione concedente (Trib. Roma II, 26 gennaio 2017, n. 1444).

Sulla natura giuridica dell'istituto del subentro si confrontano due tesi.

Secondo la prima tesi, il subentro interviene in una fattispecie di collegamento negoziale e integra un negozio derivato, quale acquisto derivativo-costitutivo ex lege: la società di scopo acquista la posizione del concessionario, senza che venga meno il precedente rapporto tra aggiudicatario e pubblica amministrazione, in modo tale da configurare un rapporto contrattuale plurilaterale tra i tre soggetti coinvolti.

Il subentro si configura cioè come un negozio derivato, in ragione del quale dalla costituzione di una società di scopo, con oggetto sociale del tutto coincidente con quello della concessione, discende, ex lege, l'acquisto derivativo, in capo alla medesima società, della qualità del concessionario (T.A.R. Parma I, 11 ottobre 2016, n. 281), senza che si assista al venir meno del precedente rapporto tra quest'ultimo e l'Amministrazione aggiudicatrice.

La previsione normativa implica, di fatto, l'acquisto della qualità di concessionaria da parte della società di scopo, quale conseguenza diretta non del trasferimento dell'intera posizione ascrivibile al concessionario.

Pare opportuno evidenziare come il grado di rischio a carico della società di scopo possa essere inferiore rispetto a quello sopportato nella concessione di servizio pubblico, ma, in ogni caso, mai azzerato, con la traslazione della rischiosità dell'operazione totalmente in capo alla parte pubblica (In tal senso, T.A.R. Cagliari I, 18 settembre 2017, n. 586), quanto in virtù della costituzione, in suo favore, di una situazione derivata da quella propriamente del concessionario (Cons. St. III, n. 5294/2017). È in tale ottica che trova ragione giustificatrice la facoltà dell'amministrazione di esperire azione diretta nei confronti della società di scopo, senza che, tuttavia, si verifichi, contestualmente, alcun effetto liberatorio nei confronti del concessionario originario.

Da un punto di vista concettuale, la costituzione di una società di scopo può essere assimilata, con i giusti adeguamenti, all'istituto civilistico dei patrimoni destinati a uno specifico affare, introdotto nel panorama ordinamentale con la riforma del diritto societario del 2003 e regolato dagli artt. 2447-bis ss. c.c. (Cons. St. III, n. 5294/2017).

Sotto un profilo più strettamente pragmatico – operativo, la facoltà, per l'investitore, di creare un soggetto ad hoc, funzionalizzato integralmente alla costruzione e gestione dell'opera oggetto della concessione, è attribuita, come visto, ex lege, mentre la specificazione puntuale dei requisiti, economico – patrimoniali e tecnico – organizzativi, da possedere fattivamente è rimessa all'opera definitoria del bando di gara.

Peraltro, esiste anche un'altra prospettiva ricostruttiva del subentro, volta a qualificare la vicenda come fattispecie complessa in cui interviene un negozio abdicativo – idoneo ad estinguere la situazione giuridica soggettiva dell'aggiudicatario – seguito da un acquisto ex lege a titolo originario della posizione del concessionario. Secondo questa teoria, evidentemente, non si verifica la contestuale vigenza di un rapporto plurilaterale, ma una successione diacronica di rapporti (parere ANAC AG 31/2011 del 26 ottobre 2011).

A fondamento di tale ricostruzione si osserva che il negozio derivato, di cui alla prima tesi, mal si concilia con l'espressa previsione legale ove si afferma che l'acquisto da parte della società di scopo avviene “a titolo originario”. Assume altresì, rilievo la notazione che la posizione di soggetto concessionario è esclusiva ed incompatibile con la permanenza di posizioni di obbligo in capo a diversi soggetti, che sussisterebbe invece in base alla prima tesi, stante la predetta configurazione di un rapporto contrattuale plurilaterale in cui il concessionario originario e la società di scopo assumono la contitolarità del rapporto contrattuale. Inoltre, occorre ricordare che nella finanza di progetto il subentro rappresenta il fisiologico svolgimento legale della situazione giuridica soggettiva dell'aggiudicatario, in base ad una facoltà prevista ab origine nel bando di gara. Il subentro di una società di capitali, pertanto, risponde all'esigenza di garantire la miglior funzionalità della concessione e la realizzazione dello scopo progettuale, in virtù di una previsione già nota all'amministrazione, secondo cui – in ragione della novazione solo soggettiva – restano comunque invariate le circostanze oggettive.

In tale prospettiva potrebbero sorgere dubbi circa il fatto che il subentro implichi l'automatico trasferimento dei rapporti che intercorrono tra l'aggiudicatario e soggetti terzi, con particolare riferimento ai rapporti di garanzia. Non soltanto perché la lettera della legge afferma che la società di scopo sostituisce l'aggiudicatario limitatamente a tutti i rapporti “con l'amministrazione concedente” (art. 194, comma 3), ma anche perché i prestatori di garanzia sono estranei alla costituzione della società di scopo. Si constata, infatti, un rapporto trilatero tra amministrazione-beneficiaria, operatore economico-contraente e prestatore di garanzia bancaria o assicurativa, nel quale si potrebbe ritenere che i rapporti che l'aggiudicatario aveva con terzi, non direttamente afferenti allo sviluppo del procedimento della finanza di progetto, debbano essere riprodotti, ratificati o nuovamente stipulati. Ove di aderisse a questa tesi, le garanzie sottoscritte dall'aggiudicatario non si trasferirebbero automaticamente in capo alla società di scopo, ma sarebbe necessario un formale atto di trasferimento delle suddette garanzie in capo alla seconda.

La cessione delle quote

Dalla disciplina dettata dal Codice è possibile prefigurare tre classi di soci: i soci qualificanti che debbono mantenere integra la propria quota di partecipazione fino alla emissione del certificato di collaudo, quanto meno nei limiti della porzione dei lavori da eseguire e quindi dell'ammontare dei corrispondenti requisiti di qualificazione; i soci non qualificanti, ovvero che non hanno concorso a formare i requisiti, che hanno la facoltà di cedere in tutto o in parte la propria quota, salvo che il contratto non lo escluda; le banche e gli investitori istituzionali che non abbiano concorso a formare i requisiti, i quali possono cedere la propria partecipazione societaria, ovvero fare ingresso nella società in qualunque momento senza limitazioni poste dalla legge o dal contratto di concessione.

In pratica la società di scopo si configura come modello potenzialmente a geometria variabile, con un nucleo centrale, composto dai soggetti che hanno concorso a formarne i requisiti per la partecipazione, comunque immodificabile fino al collaudo.

Secondo un orientamento che sembra ancora attuale, il divieto di cessione delle quote da parte dei soci qualificanti non deve essere inteso in modo assoluto, di talché l'obbligo di permanere nella compagine societaria fino alla emissione del certificato di collaudo risulta violato solo quando i soci che hanno concorso a formare i requisiti di qualificazione cedano integralmente la propria partecipazione, mentre non si esclude la legittimità di una mera riduzione della stessa (deliberazione AVCP n. 4 del 17 gennaio 2007).

Tale orientamento intende valorizzare la ratio del divieto di cessione delle quote della società di scopo, che incombe sui soci qualificanti, ma in modo non assoluto, ammettendo la riduzione della quota di partecipazione purché per la parte eccedente la porzione dei lavori da eseguire, conciliando così la necessaria flessibilità nella circolazione delle quote con l'interesse dell'amministrazione alla conservazione dei requisiti di qualificazione, che costituiscono la principale garanzia per la buona esecuzione della commessa pubblica.

Si ritiene, cioè, che il legislatore abbia inteso contemperare, da un lato, il principio della libera circolazione dei beni e, dall'altro, il superiore interesse della stazione appaltante alla corretta esecuzione, prevedendo a tal fine un divieto di cessione della partecipazione societaria, circoscritto sotto il profilo soggettivo, perché limitato ad alcune categorie di soci e sotto il profilo temporale, perché cessa con l'emissione del certificato di collaudo, che attesta, come la stessa etimologia del termine evoca, la buona esecuzione del contratto, che toglie rilievo alla immodificabilità dei soci qualificanti.

Tale prospettiva ermeneutica ha trovato applicazione anche per il caso in cui il subentro avvenga mediante la cessione di ramo d'azienda, in ragione del quale il cessionario subentra nei contratti stipulati dal cedente per l'esercizio dell'impresa che non abbiano carattere personale, con esclusione dei contratti associativi e dunque anche del contratto sociale, caratterizzato – come è noto – dal fatto che le parti conferiscono beni o servizi per l'esercizio in comune di un'attività economica con il fine di dividerne gli utili (art. 2247 c.c.). Da ciò consegue che qualora uno dei soci della società di scopo dovesse cedere il ramo della propria azienda che ricomprende anche la commessa pubblica di cui al progetto, la cessione non determinerebbe l'automatico ingresso del cessionario nella compagine societaria, ma il subentro richiederebbe uno specifico atto di cessione delle quote, nel rispetto delle forme stabilite per la circolazione di questa tipologia di beni.

In ragione di ciò si è ritenuto che qualora la cessione del ramo di azienda riguardi soci non qualificanti e i soci finanziatori e investitori che non abbiano concorso a formare i requisiti di qualificazione, non sussistono limiti alla cedibilità anche della partecipazione azionaria.

Il problema si pone invece quando il cedente è un socio qualificante con riferimento al quale l'art. 194, comma 3 prevede il divieto di cessione delle quote.

Se il divieto non è inteso in senso assoluto, si può ritenere che il socio qualificante possa cedere le quote sociali della società di scopo se con la cessione del ramo d'azienda trasferisce al cessionario il complesso dei requisiti di qualificazione utilizzati per conseguire l'aggiudicazione (deliberazione AVCP del 19 novembre 2009, AG – 32/09).

Infatti, il cessionario, come noto, può utilizzare ai fini della qualificazione i requisiti del cedente inerenti il ramo di azienda oggetto di cessione, come conferma anche l'analisi della cessione delle quote da un punto di vista strettamente civilistico, in quanto, come rileva la prevalente giurisprudenza, l'acquisizione dell'azienda – definita quest'ultima come un complesso di fattori materiali ed immateriali organizzati in una entità oggettiva strumentale all'esercizio della funzione imprenditoriale – comporta il subingresso del cessionario nella generalità dei rapporti, attivi e passivi, facenti capo al cedente, ivi compresi i titoli e le referenze che derivano dallo svolgimento dell'attività propria del ramo ceduto, essendo tale operazione normalmente finalizzata a consentire, senza soluzione di continuità, il travaso nella nuova organizzazione imprenditoriale dei requisiti riconducibili al precedente titolare (Cons. St., Ad. Plen., n. 5/2012; Cass., n. 13765/2007; Cass. n. 13676/2006; Cass. n. 9460 /2000).

Considerato, dunque, che la ratio dell'incedibilità delle quote nelle società di scopo è di mantenere integro l'assetto societario con riferimento ai soci che hanno concorso a formare i requisiti per la qualificazione, qualora il cessionario si avvalga dei requisiti del cedente socio di una società di scopo, il complesso dei requisiti di qualificazione sui quali l'amministrazione ha fatto affidamento per la regolare esecuzione del contratto, resterebbe sostanzialmente inalterato e la ratio dell'art. 194 del Codice dei contratti pubblici risulterebbe preservata.

Allo stesso modo, se non contrasta con il divieto la riduzione della quota societaria, a condizione che permanga inalterato l'assetto dei requisiti di qualificazione e che il socio mantenga comunque una quota nella società di scopo, a fortiori il socio, che ha ceduto a terzi il ramo di azienda nel quale è ricompresa la commessa pubblica per cui è stata costituita la società di scopo e con esso i requisiti di partecipazione, potrà alienare la quota sociale in misura strettamente corrispondente alla parte dei lavori o dei servizi affidati ad esso socio e ricompresi nel ramo di azienda ceduto, a condizione che mantenga comunque nella società di scopo la quota di partecipazione per la parte eccedente.

In definitiva, poiché non opera per i soci della società di scopo un divieto di cessione del ramo d'azienda, per riportare a unità il sistema, che da un lato consente tale negozio e dall'altro vieta la cessione delle quote societarie fino al collaudo, si deve concludere nel senso che il divieto di cessione posto dall'art. 194, comma 3 subisca un temperamento qualora il socio della società di scopo ceda a terzi un ramo della propria azienda, se nella cessione sia ricompresa la commessa pubblica e i requisiti di qualificazione afferenti il ramo d'azienda ceduto e purché detto socio mantenga comunque nella società di scopo una quota di partecipazione per la parte che eccede la percentuale dei lavori o servizi affidati al socio e compresi nel ramo di azienda ceduto.

Una diversa lettura delle norme richiamate rischierebbe, del resto, di vanificare da un lato il principio della libera circolazione dei beni che permea di sé tutto il nostro sistema giuridico e dall'altro la stessa ratio del divieto contemplato nell'art. 194 del Codice. Qualora, infatti, il socio esecutore cedesse la propria azienda senza cedere anche le quote societarie, la società di scopo, pur formalmente invariata nell'assetto societario, potrebbe risultare priva del complesso di beni preordinati alla esecuzione del contratto ed al tempo stesso uno dei soci, pur mantenendo integra la propria posizione nell'ambito della società, avrebbe, per effetto della cessione del ramo di azienda, diminuito la consistenza del suo patrimonio e dunque la garanzia patrimoniale generica ad esso correlata.

Facendo riferimento al collaudo come momento limite per l'intrasferibilità delle quote dei soci qualificanti, il legislatore non ha previsto l'ipotesi assai frequente che, dopo la realizzazione e collaudo dell'opera, la concessione prosegua con la gestione. Ferma la liberazione al momento del collaudo dei soci che hanno concorso alla qualificazione in merito alla realizzazione dei lavori, rimane il dubbio circa la trasferibilità delle quote da parte dei soci qualificanti in merito alla gestione.

In mancanza di un'espressa previsione normativa, si è valorizzata la necessità che la lex specialis preveda la previa autorizzazione dell'amministrazione alla cessione delle quote dei soci qualificanti la gestione; autorizzazione che deve quindi essere subordinata alla verifica della persistenza dei requisiti per l'esecuzione della concessione in capo al soggetto subentrante (parere AVCP AG 20/12 del 24 ottobre 2012).

In definitiva, il lungo ciclo di vita della società di scopo impone quasi fisiologicamente la possibilità che i componenti della stessa possano succedersi nel tempo: diversamente opinando si creerebbe un soggetto giuridico che avrebbe solo il simulacro della società di capitali e che non potrebbe efficacemente gestire nel tempo l'attività oggetto del contratto.

Peraltro, si ritiene che la previsione dell'impossibilità, per i soci qualificanti, di cedere le quote sociali prima del collaudo garantisca sufficientemente l'amministrazione mentre, sotto diverso profilo, la necessità che le diverse possibilità di alienazione/e ingresso nel capitale sociale vengano disciplinate della lex specialis appare efficace garanzia del principio di tutela della concorrenza.

Gli appalti della società di scopo

Ai sensi del comma 2 dell'art. 194 “I lavori da eseguire e i servizi da prestare da parte delle società di scopo si intendono realizzati e prestati in proprio anche nel caso in cui siano affidati direttamente dalle suddette società ai propri soci, originari o subentrati, sempre che essi siano in possesso dei requisiti stabiliti dalle vigenti norme legislative e regolamentari”.

L'art. 184, comma 2 del previgente codice prevedeva invece che “I lavori da eseguire e i servizi da prestare da parte delle società disciplinate dal comma 1 si intendono realizzati e prestati in proprio anche nel caso siano affidati direttamente dalle suddette società ai propri soci, sempre che essi siano in possesso dei requisiti stabiliti dalle vigenti norme legislative e regolamentari. Restano ferme le disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali che prevedano obblighi di affidamento dei lavori o dei servizi a soggetti terzi”.

Il semplice confronto tra le due norme rende subito evidente la differenza tra i due regimi.

Entrambe le norme consentono infatti alla società di scopo di eseguire direttamente i lavori o servizi oggetto della concessione ovvero di affidarli a terzi, con la precisazione che non si considerano terzi i soci; tale precisazione consente quindi l'affidamento diretto dei lavori e servizi ai propri soci, purché in possesso dei requisiti di qualificazione ed esecuzione.

Peraltro, nel regime previgente, si era ritenuto che tale ultima possibilità non potrebbe essere utilizzata a fini elusivi dei principi eurocomunitari di concorrenza e trasparenza mediante l'affidamento diretto a soggetti terzi che, nel corso della concessione, subentrano ai soci originari.

Con la cessione e l'acquisto delle quote della società di scopo da parte di terzi, non dovrebbero infatti aggirarsi i presidi posti a tutela della concorrenza e della qualità dei servizi pubblici.

In tale direzione, si era ritenuto che l'art. 184, comma 3 del previgente codice, non avesse affatto introdotto una norma speciale per cui, dopo il collaudo, sarebbe arbitrariamente consentita la modificabilità dei soci selezionati con gara, e quindi autorizzata l'indiscriminata sostituzione degli operatori individuati inizialmente all'esito della procedura di gara per la gestione dei servizi con nuovi soggetti.

In tale prospettiva, si riteneva che una volta che i soci abbiano costituito la società di scopo, e questa sia subentrata nel rapporto di concessione all'aggiudicatario, diventando concessionaria a legittimo titolo derivato, qualsiasi altro soggetto terzo è estraneo al rapporto di concessione.

In altre parole, non si tratta di un generico rinvio ad altre disposizioni ma, al contrario, di una norma di chiusura ordinamentale. Se non fosse così, il precetto non avrebbe né portata pratica e neppure alcun senso logico-giuridico. Alla luce del primato del diritto europeo, i principi fondamentali, che presiedono la materia della tutela della concorrenza, sono espressione di canoni di rango comunitario tali da imporsi ex se a quelli che presiedono le scelte basilari operate dal legislatore nazionale.

Ciò ha portato a ritenere che il venir meno di un socio qualificante alteri il profilo soggettivo del concessionario, in quanto, fin dall'art. 43 Dir. 2014/23/UE, il venir meno dei soci qualificanti e designati a titolo proprio come esecutori delle prestazioni, integra una fattispecie di “modifica soggettiva della concessione” che comporta l'indizione o meno di una nuova gara per il ri-affidamento della stessa nell'ambito della disciplina prevista per le modifiche delle concessioni.

Tutto ciò comporta, secondo la giurisprudenza amministrativa, che il socio subentrante ad un socio qualificante non rientra pienamente nell'autonomia gestionale del concessionario poiché incontra il limite procedimentale del potere-dovere dell'amministrazione concedente di verificare la sussistenza o meno dei predetti presupposti previsti dalla legge sulla base di valutazioni che non sono solo ancorate alla discrezionale considerazione dei profili soggettivi connessi con la situazione, dell'interesse pubblico alla salvaguardia dello standard dei servizi ed al rispetto dei presupposti previsti dalla predetta disciplina europea (Cons. St. III, n. 5294/2017).

Il nuovo art. 194, comma 2, invece prevede espressamente la possibilità di affidare senza gara le prestazioni oggetto della concessione anche ai “soci subentranti” ed elimina l'inciso che faceva salve “le disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali che prevedano obblighi di affidamento dei lavori o dei servizi a soggetti terzi”.

Come si legge nella Relazione illustrativa “si specifica – rispetto all'attuale formulazione del secondo comma dell'art. 184, secondo cui i lavori o i servizi da eseguire si intendono realizzati in proprio dalla società anche se affidati direttamente ai soci – che tale affidamento diretto può avvenire non solo rispetto ai soci che hanno partecipato alla procedura di gara, ma anche di quelli subentrati (purché ovviamente in possesso dei requisiti di qualificazione, generali e speciali). D'altro canto, essendo già prevista la circolazione delle quote, si tratta di una possibilità implicitamente già ammessa dall'attuale disposizione”.

Il legislatore sembra quindi essersi adeguato all'orientamento della giurisprudenza civile (Cass. S.U., n. 7005/2020, che annulla la citata sentenza del Consiglio di Stato), secondo cui la disciplina assoggetta la cessione delle quote della società di scopo (possibile, dopo il collaudo dell'opera, anche per i soci che abbiano concorso a formare i requisiti per la qualificazione) non alle modalità dell'evidenza pubblica ma alle regole fissate nella concessione.

In tale prospettiva si deve ritenere che la società di scopo non rientri nell'elenco delle “amministrazioni aggiudicatrici” né nel novero degli ”enti aggiudicatori”, ma piuttosto nella categoria dei “concessionari di lavori pubblici che non sono amministrazioni aggiudicatrici”.

Un ulteriore argomento, di carattere sistematico, a conferma dell'assunto che la società di scopo, ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 133, comma 1, lett. e), n. 1, c.p.a., non è soggetto tenuto, nella scelta del contraente, all'applicazione della normativa comunitaria ovvero al rispetto dei procedimenti di evidenza pubblica previsti dalla normativa statale o regionale può trarsi dall'espressa esclusione dei titolari di concessioni affidate con la formula della finanza di progetto dal novero dei concessionari che sono tenuti ad affidare una quota (pari all'ottanta per cento) dei contratti di lavori, servizi e forniture mediante procedure di evidenza pubblica.

La sostituzione dei soci

Il comma 5 prevede che “il contratto di concessione disciplina altresì le modalità di sostituzione dei soci della società di scopo che, nel corso dell'esecuzione del contratto, perdano i requisiti di qualificazione”.

Il nuovo codice contempla espressamente per la prima volta il fenomeno della sostituzione dei soci in caso perdita di requisiti di qualificazione, così ammettendo in astratto tale possibilità e rinviando alla convenzione di concessione i tempi e le modalità.

Lo schema di “Contratto di concessione per la progettazione, costruzione e gestione di opere pubbliche a diretto utilizzo della Pubblica amministrazione, da realizzare in partenariato pubblico privato” approvato tra il MEF e ANAC ha previsto una disciplina convenzionale per la sostituzione del socio.

Secondo tale disciplina il concessionario è tenuto a comunicare al concedente ogni notizia o fatto che possa determinare la perdita da parte di uno o più soci dei requisiti di ordine generale e/o la perdita totale o parziale dei requisiti speciali di carattere tecnico, economico e finanziario posti a fondamento dell'aggiudicazione della Concessione ovvero necessari in relazione alla fase di avanzamento del Contratto.

Con la stessa comunicazione il concessionario è tenuto a indicare i provvedimenti che intende adottare per porre rimedio alla perdita parziale dei requisiti speciali ovvero la sostituzione del socio.

Il soggetto subentrante deve essere in possesso di requisiti di qualificazione almeno pari a quelli previsti dal bando di gara e la sostituzione diviene efficace previa autorizzazione del concedente finalizzata alla verifica dei requisiti del socio subentrante. È̀ facoltà del Concedente, entro tale termine, negare l'autorizzazione indicando le ragioni di fatto e di diritto preclusive all'ingresso del nuovo socio.

Decorso il termine previsto per il rilascio dell'autorizzazione, senza che sia pervenuto il diniego dell'autorizzazione del concedente, la sostituzione si intende accettata e diviene pertanto efficace.

Si prevede altresì che, ogni eventuale operazione societaria straordinaria che abbia l'effetto di mutare la compagine sociale della società di scopo è subordinata all'autorizzazione preventiva del concedente, che potrà essere rilasciata nel caso in cui l'operazione non determini una violazione degli obblighi della convenzione e delle previsioni di legge applicabili nonché la diminuzione della solidità finanziaria e patrimoniale prevista nel bando di gara e della qualificazione del concessionario, in relazione allo stato di esecuzione della concessione alla data dell'operazione.

Bibliografia

Caringella, Protto, (a cura di), L'appalto pubblico e gli altri contratti della p.a., Torino 2014; De Luca, Disciplina e prospettive della società di progetto, in Una nuova pubblica amministrazione: aspetti problematici e prospettive di riforma dell'attività contrattuale, a cura di Franchini, Tedeschini, Torino, 2009, 358 ss.

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