Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 215 - Collegio consultivo tecnico.Codice legge fallimentare Art. 207 Collegio consultivo tecnico. 1. Per prevenire le controversie o consentire la rapida risoluzione delle stesse o delle dispute tecniche di ogni natura che possano insorgere nell'esecuzione dei contratti, ciascuna parte può chiedere la costituzione di un collegio consultivo tecnico, formato secondo le modalità di cui all'allegato V.2 in modo da garantire l'indipendenza di giudizio e valutazione. Per i lavori diretti alla realizzazione delle opere pubbliche, incluse quelle realizzate tramite contratti di concessione o di partenariato pubblico-privato, di importo pari o superiore alle soglie di rilevanza europea la costituzione del collegio è obbligatoria. [In sede di prima applicazione del codice, l'allegato V.2 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice.]1 2. Il collegio consultivo tecnico esprime pareri o adotta determinazioni eventualmente aventi valore di lodo contrattuale ai sensi dell'articolo 808-ter del codice di procedura civile. Se la pronuncia assume valore di lodo contrattuale, l'attività di mediazione e conciliazione è comunque finalizzata alla scelta della migliore soluzione per la celere esecuzione dell'opera a regola d'arte2. 3. L'inosservanza dei pareri o delle determinazioni del collegio consultivo tecnico è valutata ai fini della responsabilità del soggetto agente per danno erariale e costituisce, salvo prova contraria, grave inadempimento degli obblighi contrattuali. L'osservanza delle determinazioni del collegio consultivo tecnico è causa di esclusione della responsabilità per danno erariale, salva l'ipotesi di condotta dolosa. [1] Comma modificato dagli articoli 62, comma 1, lettere a) e b), e 72, comma 2, lettera ll), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. [2] Comma modificato dall'articolo 62, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 31 dicembre 2024, n. 209. InquadramentoGli artt. 215, 216, 217, 218, 219 del Codice, in attuazione al criterio direttivo di cui all'art. 1, comma 1 lett. ll) della legge delega in materia di contratti pubblici n. 78/2022, concernente “estensione e rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto”, disciplinano il collegio consultivo tecnico. L'istituto costituisce, come affermato anche dalla legge delega, uno dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, ed è finalizzato a dirimere sul nascere i possibili contenziosi tra committente e appaltatore che rischierebbero di pregiudicare l'esecuzione tempestiva e a regola d'arte del contratto di appalto. Il collegio consultivo tecnico non è una novità nel nostro ordinamento, essendo stato introdotto dall'art. 207 del d.lgs. n. 50/2016, il quale prevedeva la facoltà per le parti di costituirlo (prima dell'avvio dell'esecuzione o entro i successivi novanta giorni) al fine assisterle per risolvere rapidamente le dispute di ogni natura che sarebbero potute insorgere nel corso dell'esecuzione del contratto. A seguito di specifica proposta del Consiglio di Stato, formulata con il Parere n. 855 del 1° aprile 2016, il collegio consultivo tecnico è stato successivamente abrogato dall'art. 121 comma 1 del d.lgs. n. 56/2017, e poi riproposto dall'art. 1 commi 11-14 del d.l. n. 32/2019 (cd. Decreto Sblocca cantieri), convertito dalla l. n. 55/2019, che ne confermò finalità, facoltatività del suo ricorso e natura non vincolante delle sue determinazioni. I predetti commi da 11 a 14 dell'art. 1 del d.l. n. 32/2019 sono stati poi abrogati dal d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020 che, insieme alle Linee guida predisposte dal Consiglio superiore dei lavori pubblici e approvate dal Ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibili con d.m. n. 12/2022, ne ha ridefinito la veste, i contenuti e ne ha imposto (in determinate circostanze) il suo utilizzo obbligatorio. L'attuale previsione normativa mette a regime, con qualche novità, quanto previsto in via temporanea (fino al 30.06.2023) dall'art. 6 del d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020, e dal Decreto del Ministero delle infrastrutture e mobilità sostenibili del n. 12/2022. Tra le innovazioni si segnala l'estensione dell'obbligo di costituzione del collegio consultivo tecnico anche agli appalti di servizi e forniture di importo pari o superiore a 1 milione di euro. Per il resto viene confermata la facoltà delle parti di decidere se limitare il Collegio consultivo tecnico ad una funzione soltanto consultiva o attribuire alle sue decisioni valore di determinazione direttamente costitutiva di diritti e obblighi in capo alle parti, e viene ribadito che l'inosservanza delle sue pronunce (pareri o determinazioni) sarà valutata ai fini della responsabilità del soggetto agente per danno erariale e costituisce, salvo prova contraria, grave inadempimento degli obblighi contrattuali. Il rispetto delle determinazioni del Collegio, invece, sarà causa di esclusione della responsabilità erariale, salvo il dolo. L'art. 215 demanda, infine, ad un apposito Allegato V.2, la disciplina di dettaglio in merito alle modalità di costituzione e funzionamento del Collegio consultivo tecnico, il quale sostanzialmente riprende quanto disposto dalle predette Linee guida approvate dal MIMS con d.m. n. 12/2022. Il decreto correttivo (D. Lgs. 209/2024)Il Decreto correttivo apporta modifiche all'art. 215 del Codice. Segnatamente, l'intervento correttivo: (i) integra il comma 1, primo periodo, al fine di valorizzare l'esigenza di garantire l'indipendenza di giudizio e di valutazione del collegio consultivo tecnico; (ii) sostituisce il comma 1, secondo periodo, relativo alle ipotesi di obbligatorietà di costituzione del collegio consultivo tecnico (ora previsto per i contratti di lavori, inclusi i contratti di concessione e PPP, superiori alle soglie di rilevanza europea); (iii) sostituisce il comma 2, primo periodo, in materia di valore giuridico delle determinazioni del collegio consultivo tecnico: in particolare, è eliminato l'inciso per cui la determina del collegio consultivo tecnico avrebbe assunto valore di lodo contrattuale in caso di assenza di espressa volontà contraria delle parti. L'art. 72, comma 2 del Decreto correttivo, ha poi soppresso l'art. 215, comma 1, ultimo periodo, in relazione all'emanando decreto a decorrere dal quale l'Allegato V.2 sarebbe stato abrogato. Ambito di applicazioneIl Collegio consultivo tecnico, ai sensi del comma 1 dell'art. 215, è obbligatorio sia per gli appalti di lavori di importo pari o superiore alle soglie comunitarie, che per gli affidamenti delle forniture e dei servizi di importo pari o superiore a 1 milione di euro. La nuova previsione, quindi, da un lato ha confermato la necessaria costituzione dell'organo consultivo per i lavori di importo pari o superiore alle soglie di cui all'art. 14 del Codice, e la sua facoltatività al di sotto di tali valori (art. 218 del Codice). Rispetto a quanto stabilito dalle disposizioni emergenziali, ha invece esteso per la prima volta l'utilizzo (obbligatorio o facoltativo a seconda dei casi) di questo strumento agli appalti di servizi e forniture. L'art. 6 del d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020 (cosi come il previgente art. 207 del d.lgs. n. 50/2016) non consentiva questa opzione. Ed il punto 1.2.1 del d.m. n. 12/2022, lo vietava espressamente “Sono pertanto esclusi da tale ambito gli affidamenti relativi a forniture e servizi tenuto conto del richiamo espresso nel comma 1 del citato art. 6 alla «realizzazione delle opere pubbliche» e di «opere» di cui alle lettere nn ) e pp ) del comma 1 dell'art. 3 del codice, i lavori di manutenzione ordinaria”. A seguito della novella, pertanto, nell'ambito degli appalti di servizi e forniture le parti sono obbligate a costituire il Collegio consultivo tecnico se l'importo contrattuale dovesse essere pari o superiore a 1 milione di euro, ovvero istituirlo a propria discrezione (eventualmente anche nella fase antecedente alla esecuzione dell'appalto), ai sensi dell'art. 218 del Codice negli altri casi. Le funzioni e i compiti del Collegio consultivo tecnicoIl comma 1 dell'art. 215 prevede che, al fine di prevenire o dirimere rapidamente le controversie o le dispute tecniche che dovessero insorgere durante l'esecuzione di un appalto, le parti possano costituire un collegio consultivo tecnico. Quest'organo, secondo le intenzioni del legislatore, dovrebbe coadiuvare l'appaltatore e la stazione appaltante a “prevenire” (quindi impedire sul nascere) ovvero a risolvere rapidamente (qualora non si riuscisse a scongiurarla) qualsiasi questione giuridica o tecnica (“...di ogni natura...”) che possa rallentare o impedire la realizzazione dell'opera, lo svolgimento del servizio o la fornitura di beni. In coerenza con tali finalità, nelle Linee guida adottate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici in data 2 dicembre 2020 (Linee guida per l'omogenea applicazione da parte delle stazioni appaltanti delle funzioni del collegio consultivo tecnico di cui agli art t. 5 e 6 del d.l. n. 76/2020, convertito in l. n. 120/2020) è stato affermato che il CCT non svolgerebbe una funzione meramente consultiva di supporto (a differenza di quanto previsto dalla previgente normativa), potendo assumere anche determinazioni direttamente vincolanti per le parti, e che la costituzione dei CCT ai sensi del D.L. 76/2020 rappresenterebbe per le stazioni appaltanti e per gli operatori economici, “ l'opportunità per addivenire in tempi rapidi e certi alla risoluzione di qualsivoglia controversia e disputa tecnica che possa insorgere nella fase di esecuzione di un contratto pubblico. L'istituto, ..., consentirà, tra l'altro, di limitare il ricorso alle altre procedure di risoluzione delle controversie sicuramente più onerose per le parti, riducendo gli oneri per consulenze di natura tecnica e legale. Viene pertanto offerto alle amministrazioni – al di là del carattere di obbligatorietà del nuovo istituto normativo per lavori di importo superiore alla soglia comunitaria – un efficace strumento per la celere esecuzione dell'opera a regola d'arte e per contribuire al rilancio economico del sistema Paese ....». Lo scopo dell'istituto, dunque, è quello di fare in modo che il contratto di appalto venga portato a compimento, a regola d'arte, entro i termini previsti. Il Collegio consultivo tecnico, di conseguenza, dovrà adottare i pareri propedeutici o conseguenti all'adozione dei provvedimenti di sospensione dell'esecuzione richiesti dall'art. 216 del Codice, oltre che prendere tutte le decisioni necessarie ed opportune al fine di risolvere le contese, anche di natura tecnica, che dovessero insorgere durante l'esecuzione dell'appalto. La disposizione, soprattutto con riferimento a questi ultimi compiti, rimane molto generica, facendo intendere che all'organo consultivo possa essere sottoposta qualsiasi problematica connessa all'appalto. In questo senso si era espressa l'Autorità Nazionale Anticorruzione nella vigenza della normativa emergenziale, affermando che “il dato normativo escluda la possibilità, da parte della stazione appaltante, di sottrarre specifiche questioni all'esame del Collegio. Diversamente, si realizzerebbe una limitazione al suo funzionamento in possibile contrasto con l'obbligatorietà della relativa costituzione e con la predeterminazione ex lege delle relative attribuzioni” (Delibera ANAC n. 206 del 8 marzo 2021). Anche le Linee guida di cui al d.m. n. 12/2022 davano la stessa interpretazione, attribuendo al Collegio “una funzione preventiva di risoluzione di tutte le controversie e le dispute che possano rallentare o compromettere l'iter realizzativo dell'opera pubblica o comunque influire sulla regolare esecuzione dei lavori, ivi comprese quelle che possono generare o hanno generato riserve” (punto 3.2.1.) Un limite al perimetro di competenze del Collegio consultivo tecnico era stato però individuato con riferimento alle condotte dell'appaltatore costituenti un grave inadempimento ai propri obblighi contrattuali. Secondo la giurisprudenza amministrativa “il collegio consultivo tecnico previsto dagli artt. 5 e 6 del d.l. n. 76/2020, convertito dalla legge n. 120/2020, interviene con funzione consultiva nelle sole ipotesi previste dall'art. 5, comma 1, lett. a) - d), tra le quali non rientra quella del grave inadempimento dell'appaltatore ad obblighi contrattuali (quali quelli contestati nel caso di specie), nonché nell'ipotesi dello stesso art. 5, comma 4, quando “la prosecuzione dei lavori ... non possa procedere con il soggetto designato” (la cui interpretazione preferibile, malgrado l'inciso “per qualsiasi motivo”, induce ad escludere la fattispecie della risoluzione per grave inadempimento dell'appaltatore)” (Cons. St. V, n. 4650/2022). Ai sensi del comma 2 dell'art. 215, il Collegio consultivo tecnico “esprime pareri o, in assenza di una espressa volontà contraria, adotta determinazioni aventi natura di lodo contrattuale ai sensi dell'articolo 808-terdel codice di procedura civile”. Gli strumenti di cui dispone il citato organo consultivo sono dunque due: il parere e la determinazione. La natura di questi atti è stata oggetto di dibattito nella vigenza della normativa emergenziale. Secondo un primo indirizzo, le “determinazioni” di cui all'art. 5 del d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020 (inerenti la sospensione dell'esecuzione dei lavori), avrebbero assunto il valore di pareri obbligatori, ma non vincolanti, restando ferma la competenza decisionale del RUP e/o della stazione appaltante in materia. Di contro, le decisioni prese al fine di risolvere le controversie o dispute tecniche insorte nel corso dell'esecuzione del contratto avrebbero avuto, invece, natura di “determinazioni a carattere dispositivo” (come sostenuto dal Consiglio Superiore dei lavori Pubblici con le “Linee Guida per l'omogenea applicazione da parte delle stazioni appaltanti delle funzioni del collegio consultivo tecnico di cui agli artt. 5 e 6 del d.l. 16 luglio 2020 n. 76 convertito in l. 11 settembre 2020 n. 120” del 21 dicembre 2020). Le determinazioni, inoltre, avrebbero prodotto gli effetti di un lodo contrattuale ex art. 808- ter c.c., salvo una diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti stesse. Sul tema si era occupato anche la giurisprudenza amministrativa, specificando che le “determinazioni” sarebbero state gli atti del Collegio volti a risolvere le dispute e le controversie suscettibili di insorgere nel corso dell'esecuzione del contratto (ai sensi dell'art. 6, comma 1 del d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020), ed aventi efficacia di lodo contrattualeex art. 808- terdel codice di procedura civile (salva diversa volontà delle parti). I “pareri”, diversamente, sarebbero stati quelli richiesti in caso di sospensione dei lavori ai sensi dell'art. 5, comma 1, lett. a)-d) del d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020 (Cons. St. V, n. 2228/2022). L'art. 3.2.2. del d.m. n. 12/2022 (“Linee guida per l'omogenea applicazione da parte delle stazioni appaltanti delle funzioni del collegio consultivo tecnico”) aveva cercato di fare un po' di chiarezza sul punto, affermando che soltanto i pareri facoltativi, oltre a quelli obbligatori resi in caso di sospensione dei lavori per “gravi ragioni di ordine tecnico, idonee a incidere sulla realizzazione a regola d'arte dell'opera, in relazione alle modalità di superamento delle quali non vi è accordo tra le parti” (art. 5, comma 1, lett. c) del d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020), avrebbero potuto avere efficacia di lodo contrattualeex art. 808- terdel codice di procedura civile (salvo naturalmente disaccordo delle parti). Viceversa, i pareri obbligatori resi in caso di sospensione dei lavori per “cause previste da disposizioni di legge penale, dal codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, o da vincoli inderogabili derivanti dall'appartenenza all'Unione europea” (art. 5, comma 1, lett. a) del d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020), o per gravi ragioni di ordine pubblico, salute pubblica o dei soggetti coinvolti nella realizzazione delle opere, ivi incluse le misure adottate per contrastare l'emergenza sanitaria globale da COVID-19 (art. 5, comma 1, lett. b) del d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020), o ancora per gravi ragioni di pubblico interesse (art. 5, comma 1, lett. d) del d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020), non avrebbero mai potuto avere efficacia di lodo negoziale ex art. 808-ter c.p.c. L'attuale Codice, come meglio dettagliato “infra”, ripercorre le prescrizioni delle predette Linee guida di cui al d.m. n. 12/2022, distinguendo tra: – I pareri obbligatori di cui all'art. 216, i quali non possono assumere efficacia di lodo contrattuale ex art. 808-ter del codice di procedura civile, con l'unica eccezione in cui la sospensione del contratto dovesse essere imposta da gravi ragioni di ordine tecnico, idonee a incidere sulla realizzazione a regola d'arte dell'opera, ed in relazione alle modalità di superamento delle quali non vi sia accordo tra le parti. In quest'ultimo caso, e sempre che tale opzione non sia stata esclusa dalle parti in sede di insediamento del Collegio consultivo tecnico, il parere obbligatorio viene sostituito con una determinazione avente valore di lodo contrattuale; – I pareri facoltativi di cui all'art. 217, non avente natura di lodo contrattuale per espressa manifestazione di volontà di una o entrambe le parti; – Le determinazioni di cui all'art. 217, ossia i pareri facoltativi ai quali le parti hanno attribuito l'efficacia di lodo contrattuale ex art. 808-ter c.p.c. Pur nel silenzio della norma, si ritiene che il Collegio consultivo tecnico non possa emettere pareri e/o determinazioni in assenza di un quesito di parte (questo divieto era stata espressamente previsto dal d.m. n. 12/2022). Il comma 2 dell'art. 215 aggiunge che “l'attività di mediazione e conciliazione è comunque finalizzata alla scelta della migliore soluzione per la celere esecuzione dell'opera a regola d'arte”, ed al fine di garantire il rispetto delle decisioni prese dal collegio consultivo tecnico, il comma 3 dell'art. 215 evidenzia che l'inosservanza dei pareri o delle determinazioni verrà valutata ai fini della responsabilità del soggetto agente per danno erariale e costituisce, salvo prova contraria, grave inadempimento degli obblighi contrattuali. Viceversa, l'adempimento alle determinazioni del collegio consultivo tecnico, viene configurato come causa di esclusione della responsabilità del soggetto agente per danno erariale, salvo il dolo. La disposizione, infine, rinvia ad un apposito Allegato V.2 al Codice per la disciplina di dettaglio sulle modalità di costituzione e funzionamento del collegio, nonché in merito ai requisiti che devono possedere i suoi componenti ed ai criteri di determinazione dei compensi loro spettanti. La natura di arbitrato irritualeIl rinvio operato dall'art. 215, comma 2, all'art. 808-ter c.p.c., comporta la configurazione di un arbitrato irrituale, ovvero di uno strumento negoziale volto a risolvere le contestazioni insorte o che possano insorgere tra le parti in ordine a determinati rapporti giuridici (ex multis Cass. II, n. 14986 /2021). E poiché l'arbitrato irrituale è imperniato sull'affidamento a terzi del compito di ricercare una composizione amichevole, conciliante o transattiva, il relativo lodo contrattuale è impugnabile esclusivamente per vizi della volontà (dolo, violenza o errore) o per incapacità delle parti o degli arbitri e, quindi, senza poter dedurre gli errores in iudicando (Cass. I, n. 9142/2020). L'errore rilevante ai fini dell'annullamento del lodo arbitrale irrituale, infatti, è solo quello “riguardante la formazione della volontà degli arbitri, che si configura quando questi abbiano avuto una falsa rappresentazione della realtà per non aver preso visione degli elementi della controversia o per averne supposti altri inesistenti, ovvero per aver dato come contestati fatti pacifici o viceversa. Al contrario, risulta preclusa ogni impugnazione per errori attinenti alla determinazione da essi adottata sulla base del convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti” (Trib. Milano n. 2006/2022). L'arbitrato irrituale, si badi bene, non è però assimilabile al contratto di transazione, atteso che la risoluzione della controversia da parte degli arbitri non implica reciproche concessioni tra le parti. E si differenza anche dall'arbitrato rituale, poiché la possibilità di attuare i diritti discendenti dall'arbitrato irrituale è rimessa esclusivamente al comportamento delle parti, dovendosi escludere che il relativo lodo possa essere reso esecutivo (ex multis Cass. II, n. 12058/2022). Cosa cambiaObbligo di costituzione del Collegio consultivo tecnico per gli appalti di servizi e forniture di importo pari o superiore a 1 milione di euro: Il comma 1 dell'art. 215 prevede che il Collegio consultivo debba essere istituito obbligatoriamente, non solo per gli appalti di lavori di importo pari o superiore alle soglie comunitarie, ma anche per gli appalti di forniture e servizi di importo pari o superiore a 1 milione di euro. Il previgente art. 6 del d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020, imponeva la costituzione del C.C.T. esclusivamente per gli affidamenti di lavori di importo pari o superiore alle soglie comunitarie. Questioni applicative1) In cosa si sostanzia il rinvio della norma all'art. 808 ter del codice di procedura civile ? Con il richiamo all'art. 808-ter c.p.c., le parti danno vita ad un arbitrato irrituale, che consiste in uno strumento di risoluzione contrattuale delle contestazioni insorte o che possono insorgere tra le parti in ordine a determinati rapporti giuridici, imperniato sull'affidamento a terzi del compito di ricercare una composizione amichevole, conciliante o transattiva. Il Consiglio di Stato, riferendosi all'identica formulazione utilizzata dall'art. 6. Del d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020, è arrivato alle stesse conclusioni, affermando che “Alle “determinazioni” del collegio consultivo tecnico il comma 3 dell'art. 6 attribuisce, infatti, la natura di “lodo contrattuale previsto dall'articolo 808-ter del codice di procedura civile, salva la diversa e motivata volontà espressamente manifestata in forma scritta dalle parti stesse”. Si tratta, cioè, di un arbitrato irrituale che, salvo tale diversa volontà delle parti (e salvo ricorra una delle cause di annullabilità dell'art. 808 ter, comma 2, c.p.c.), sottrae la controversia alla giurisdizione ordinaria” (Cons. St. V, 4650/2022). 2) L'arbitrato irrituale è equiparabile al contratto di transazione? No, l'arbitrato irrituale non è assimilabile al contratto di transazione, atteso che la risoluzione della controversia da parte degli arbitri non implica reciproche concessioni tra le parti. Si differenza anche dall'arbitrato rituale, poiché “la possibilità di attuare i diritti discendenti dall'arbitrato irrituale è rimessa esclusivamente al comportamento delle parti, dovendosi escludere che il relativo lodo possa essere reso esecutivo” (Cass. II, n. 12058/2022). 3) Gli avvocati possono assumere la carica di Presidente del Collegio consultivo tecnico? Nelle more dell'adozione delle nuove Linee guida concernenti i requisiti professionali, i casi di incompatibilità dei membri e del Presidente del Collegio consultivo tecnico, ed i criteri preferenziali per la loro scelta, l'Allegato V.2 al Codice dispone che si continui ad applicare il d.m. n. 12/2022. Quest'ultimo, tuttavia, è stato temporaneamente sospeso nella parte in cui esclude gli avvocati del libero Foro dal novero dei giuristi che possano ricoprire la carica di presidente del Collegio consultivo tecnico di cui all'art. 6 del d.l. n. 76/2020 convertito dalla l. n. 120/2020 (T.A.R. Lazio (Roma) III, n. 2585/2022). 4) Il lodo contrattuale è impugnabile per quali vizi? Il lodo contrattuale è impugnabile solo per i vizi incidenti sulla manifestazione di volontà negoziale, come l'errore, la violenza, il dolo o la incapacità delle parti che hanno conferito l'incarico e dell'arbitro stesso. Non può invece essere impugnato per errore di diritto. La giurisprudenza, al riguardo, precisa che “Il lodo può essere impugnato per errore essenziale esclusivamente quando la formazione della volontà degli arbitri sia stata deviata da un'alterata percezione o da una falsa rappresentazione della realtà e degli elementi di fatto sottoposti al loro esame (c.d. errore di fatto), e non anche quando la deviazione attenga alla valutazione di una realtà i cui elementi siano stati esattamente percepiti (c.d. errore di giudizio). Con la conseguenza che il lodo irrituale non è impugnabile per errores in iudicando (come è invece consentito, dall'ultimo comma dell'articolo 829 del c.p.c., quanto al lodo rituale), neppure ove questi consistano in una erronea interpretazione dello stesso contratto stipulato dalle parti, che ha dato origine al mandato agli arbitri. Il lodo irrituale, inoltre, non è annullabile per erronea applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale o, a maggior ragione, per un apprezzamento delle risultanze negoziali diverso da quello ritenuto dagli arbitri e non conforme alle aspettative della parte impugnante” (Cass. I, n. 13522/2021; Trib., Milano, sez. lav., n. 2006/2022). BibliografiaCaringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Clarich (a cura di), Commentario al Codice dei Contratti Pubblici, II ed., Torino, 2019; Rovelli, Manuale del r.u.p., Roma, 2021. |