Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 220 - Pareri di precontenzioso e legittimazione ad agire dell'ANAC.

Adolfo Candia
Codice legge fallimentare

Art. 211


Pareri di precontenzioso e legittimazione ad agire dell'ANAC.

1. Su iniziativa della stazione appaltante, dell'ente concedente o di una o più delle altre parti, l'ANAC esprime parere, previo contraddittorio, su questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta. L'operatore economico che abbia richiesto il parere o vi abbia aderito lo può impugnare esclusivamente per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia. La stazione appaltante o l'ente concedente che non intenda conformarsi al parere comunica, con provvedimento da adottare entro quindici giorni, le relative motivazioni alle parti interessate e all'ANAC, che può proporre il ricorso di cui al comma 3.

2. L'ANAC è legittimata ad agire in giudizio per l'impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture.

3. Se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del codice l'ANAC emette, entro sessanta giorni dalla notizia della violazione, un parere motivato nel quale indica specificamente i vizi di legittimità riscontrati. Con il regolamento di cui al comma 4, l'Autorità individua un termine massimo, che decorre dall'adozione o dalla pubblicazione dell'atto contenente la violazione, entro il quale il parere può essere emesso. Il parere è trasmesso alla stazione appaltante. Se la stazione appaltante non vi si conforma entro il termine assegnato dall'ANAC, comunque non superiore a trenta giorni dalla trasmissione, l'Autorità può presentare ricorso, entro i successivi trenta giorni, innanzi al giudice amministrativo, ai sensi dell'articolo 120 del codice del processo amministrativo, di cui all'allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

4. L'ANAC, con proprio regolamento, può individuare i casi o le tipologie di provvedimenti, anche relativi alla fase esecutiva, con riferimento ai quali esercita i poteri di cui ai commi precedenti.

Inquadramento

L'art. 220 del nuovo Codice riscrive la disciplina dei pareri di precontenzioso e il potere di impugnazione dell'ANAC, con alcune significative innovazioni relative, in particolare, all'istituto del precontenzioso, che viene potenziato rispetto alle previsioni contenute nell'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016, e al potere di impugnativa in via indiretta.

Le modifiche introdotte si pongono l'obiettivo di rafforzare gli istituti in esame come rimedi alternativi al contenzioso giurisdizionale e con finalità deflattiva di quest'ultimo, anche in fase di esecuzione del contratto, in attuazione del criterio direttivo contenuto nell'art. 1, comma 2, lett. ll), della legge delega n. 78/2022 (che prevede testualmente l' “estensione e rafforzamento dei metodi di risoluzione delle controversie alternativi al rimedio giurisdizionale, anche in materia di esecuzione del contratto”).

L'art. 220 del Codice mantiene – da un punto di vista sistematico – l'impianto dell'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016, disciplinando, al comma 1, i pareri di precontenzioso, al comma 2, il potere di impugnazione diretta dell'ANAC, e, al comma 3, il potere di ricorso dell'Autorità c.d. indiretto, preceduto dall'adozione di un parere motivato. Viene, inoltre, attribuita all'Autorità la potestà di disciplinare, con proprio regolamento, le modalità di esercizio dei suddetti poteri, individuando “i casi o le tipologie di provvedimenti, anche relativi alla fase esecutiva” in relazione ai quali possono essere esercitati tali poteri.

I pareri di precontenzioso (comma 1) e il potere di impugnativa diretta (comma 2) e indiretta (comma 3) dell'ANAC vengono considerati espressione della funzione definita, in senso lato, «precontenziosa» dell'ANAC, accomunati dalla loro riconducibilità nell'ampia categoria degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie (Alternative Dispute Resolution, ADR) aventi la finalità di regolazione dei conflitti, anche solo potenziali.

In dottrina, sono stati sollevati dubbi sull'ammissibilità delle ADR nelle controversie pubblicistiche, in quanto coinvolgono l'esercizio del potere pubblico ed hanno ad oggetto situazioni di interesse legittimo, ritenute indisponibili (Lipari, 8; De Nictolis, 508; L. Grassucci, 874).

Il Consiglio di Stato (con riferimento al d.lgs. n. 50/2016, ma con considerazioni estendibili anche al nuovo Codice) ha suggerito di non considerare il precontenzioso quale rimedio alternativo alla giurisdizione in senso stretto, al fine di assicurarne la compatibilità con la Costituzione, ed in particolare con il principio di indisponibilità dell'interesse legittimo nonché con l'art. 12 c.p.a. (che limita alle posizioni di diritto soggettivo la compromettibilità in arbitri delle controversie devolute al giudice amministrativo). Si tratta, piuttosto, di uno strumento deflattivo del contenzioso, finalizzato a risolvere rapidamente le controversie nel settore dei contratti pubblici, con l'intento di perseguire un alto tasso di legittimità delle procedure di affidamento (Cons. St., parere n. 855/2016).

Con riferimento all'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016, la dottrina aveva osservato che i ruoli «giocati» dall'ANAC nell'esercizio del potere di precontenzioso e di quello a ricorrere sono, comunque, diversi, in quanto, nel primo caso, l'Autorità assume la veste di «arbitro» imparziale della controversia, svolgendo una funzione para-giurisdizionale, mentre nel caso di ricorso (diretto o indiretto), l'ANAC è il soggetto-attore che contesta alla stazione appaltante l'esistenza di violazioni nella procedura di gara (Lipari, 10).

Tuttavia, tale differenza è diventata meno netta in seguito ad alcune modifiche apportate nel 2022 ai regolamenti dell'Autorità ed oggi va, inoltre, rimeditata alla luce della nuova configurazione dei pareri di precontenzioso nell'art. 220 del nuovo Codice.

Sotto il primo profilo, va osservato che, con Delibera del Consiglio dell'Autorità n. 528 del 12 ottobre 2022, sono state apportate alcune modifiche sia al regolamento di precontenzioso del 9 gennaio 2019 (pubblicato nella G.U. serie Generale n. 22 del 26 gennaio 2019) che al regolamento sulla legittimazione attiva dell'ANAC del 13 giugno 2018 (pubblicato nella G. U. Serie Generale n. 164 del 17 luglio 2018), con l'obiettivo di coordinare i diversi poteri dell'Autorità e di garantire il rispetto e la corretta applicazione della normativa di settore, soprattutto in presenza di violazioni gravi in materia di contratti pubblici. È stato, in particolare, previsto che nei casi in cui l'istanza di precontenzioso (per l'adozione di un parere non vincolante) è riconducibile a fattispecie in cui sussistono i presupposti per esercitare il più efficace potere a ricorrere, l'Autorità (anche dopo avere avviato e concluso il procedimento di precontenzioso) possa “convertire” il procedimento di precontenzioso in procedimento per l'esercizio di potere di ricorso diretto ovvero per l'adozione del parere motivato propedeutico al successivo (ed eventuale) ricorso al Giudice Amministrativo. Attraverso le suddette previsioni regolamentari (sulle quali cfr. infra) è stato, pertanto, previsto che l'Autorità può decidere di svolgere il ruolo di ricorrente anche quando viene investita dell'esercizio di una funzione para-giurisdizionale, allo scopo di ottenere un provvedimento più efficace – quanto ad obbligo conformativo della Stazione appaltante – rispetto ad un parere di precontenzioso non vincolante.

Il coordinamento tra le due diverse funzioni attribuite all'Autorità (potere di precontenzioso e potere di ricorso) è stato effettuato dal legislatore nell'ultimo periodo del primo comma del nuovo art. 220, prevedendo espressamente la possibilità per l'Autorità, a valle di un procedimento di precontenzioso, di attivarsi proponendo ricorso dinanzi al Giudice Amministrativo a fronte della decisione della stazione appaltante (o dell'ente concedente) di non conformarsi al parere di precontenzioso ovvero di disattenderlo.

Le novità principali introdotte dalla nuova disposizione, rispetto alla disciplina precedente, possono riassumersi in quattro punti. Innanzitutto, viene eliminata la differenza (e il diverso regime) tra pareri vincolanti e non vincolanti, non essendo più contemplata la possibilità per le parti di acconsentire preventivamente ad attenersi a quanto stabilito dal parere. In secondo luogo, al fine di ridurre le impugnazioni “strumentali” dei pareri di precontenzioso (volte solo a dilazionare i termini di conclusione delle procedure di gara), viene prevista l'impugnabilità dei pareri da parte degli operatori che hanno deciso di rivolgersi all'Autorità “esclusivamente per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia”. La terza novità riguarda il rafforzamento dell'efficacia obbligatoria dei pareri nei confronti della stazione appaltante, sotto il profilo del loro effetto conformativo, mediante la previsione dell'obbligo di comunicare (entro quindici giorni dalla ricezione del parere) le motivazioni alla base della decisione di mancato adeguamento al parere alle parti interessate e all'Autorità, che può proporre ricorso contro tale determinazione negativa. Infine, la quarta novità riguarda la possibilità per l'Autorità di prevedere, con proprio regolamento, anche ipotesi relative alla fase esecutiva con riferimento alle quali sono esercitabili i poteri contemplati nell'art. 220, compreso il rilascio di pareri di precontenzioso.

In tema di legittimazione a ricorrere dell'ANAC la disciplina contenuta nel secondo e nel terzo comma dell'art. 220 del nuovo Codice ricalca quella dei commi 1-bis e 1-ter dell'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016.

Le sole novelle sono state apportate alla disciplina del potere di impugnativa c.d. indiretto dell'Autorità, di cui al terzo comma della nuova disposizione, che prevede il potere dell'ANAC di emettere un parere motivato e, in caso di esito negativo, di ricorrere al Giudice Amministrativo, qualora ritenga che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del codice. La prima novità è costituita dalla previsione del potere dell'Autorità di individuare, con proprio regolamento, un termine massimo entro cui il parere motivato può essere emesso, considerando la data di adozione o di pubblicazione dell'atto affetto da illegittimità. Tale previsione ricalca la novità già introdotta dall'Autorità, con Delibera n. 528/2022, nel regolamento sull'esercizio dei poteri di cui all'articolo 211, commi 1-bis e 1-ter, del d.lgs. n. 50/2016 e s.m.i., con la quale era stato espressamente previsto che “il parere motivato può essere emesso entro il termine massimo di 120 giorni dall'adozione o dalla pubblicazione dell'atto contenente la violazione” (art. 8, comma 2, reg. cit.). La seconda novità prevista nel terzo comma dell'art. 220 riguarda, invece, il termine assegnato dall'ANAC alla stazione appaltante per conformarsi al parere motivato, che è dimezzato rispetto a quello previsto dall'art. 211 del precedente Codice (non più di 60, ma di 30 giorni), secondo una logica di velocizzazione dei tempi del procedimento.

Vi è poi da rilevare che, sotto il profilo soggettivo, sia il comma 2 che il comma 3 dell'art. 220, sembrano a prima lettura presentare un ambito di applicazione più ristretto sia rispetto al comma 1 della stessa disposizione che rispetto ai corrispondenti commi 1-bis e 1-ter del precedente art. 211. I nuovi commi fanno, infatti, riferimento solo all'impugnativa dei provvedimenti adottati da una “stazione appaltante” (definita nell'Allegato I.1 al d.lgs. n. 36/2023, art. 1, lett. a) come “qualsiasi soggetto, pubblico o privato, che affida contratti di appalto di lavori, servizi e forniture e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del codice”) ma non anche da un “ente concedente” (definito dall'art. 1, lett. b) del cit. Allegato come “qualsiasi amministrazione aggiudicatrice o ente aggiudicatore, ovvero altro soggetto, pubblico o privato, che affida contratti di concessione di lavori o di servizi e che è comunque tenuto, nella scelta del contraente, al rispetto del codice”). Ne consegue che, sulla base di una interpretazione meramente letterale, i contratti di concessione parrebbero esclusi dall'ambito di applicazione dei poteri di impugnativa diretta ed indiretta dell'Autorità, a differenza di quanto era desumibile dal previgente art. 211, il cui art. 3, comma 1, lett. o) contemplava una definizione ampia di “stazione appaltante”, idonea a ricomprendere le amministrazioni aggiudicatrici, gli enti aggiudicatori, i soggetti aggiudicatori, i soggetti pubblici o privati assegnatari di fondi, nonché i soggetti privati tenuti all'osservanza del codice.

La disciplina dei pareri di precontenzioso nel Codice del 2016

Prima di esaminare le novità apportate dal d.lgs. n. 36/2023, è opportuno ricostruire la disciplina previgente, onde comprendere le tappe che hanno portato alla configurazione attuale della funzione precontenziosa in capo ad ANAC.

La competenza precontenziosa, intesa come il potere di rilasciare a pareri ai fini della risoluzione di questioni sorte durante lo svolgimento di procedure di affidamento di contratti pubblici, è considerata come una funzione immanente dell'Autorità (quale autorità amministrativa indipendente preposta alla vigilanza del rispetto della normativa sia in materia di contratti pubblici che in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza dell'azione amministrativa) riconducibile in senso lato all'esercizio della funzione di vigilanza nel settore della contrattualistica pubblica. Per tale ragione, la competenza a rilasciare pareri veniva attribuita anche all'A.V.L.P. (Autorità di vigilanza lavori pubblici), sotto la vigenza dell'art. 4 della l. n. 109/1994, pur in assenza di una espressa previsione normativa. Con il d.lgs. n. 163/2006 è stata poi individuata una esplicita base normativa a tale potere, prevedendo che l'A.V.C.P. (Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture) “su iniziativa della stazione appaltante e di una o più delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando una ipotesi di soluzione” (art. 6, comma 7, lett. n) del d.lgs. n. 163/2006).

Tale competenza è stata rafforzata con il comma 1 dell'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016 prevedendo che, con l'accordo delle parti, il parere può assumere carattere vincolante, in quanto “obbliga le parti che vi hanno preventivamente acconsentito ad attenersi a quanto in esso stabilito”, ferma la possibilità di una sua impugnazione dinanzi al Giudice Amministrativo.

Rispetto alla disciplina delineata nel d.lgs. n. 163/2006, le principali novità apportate dall'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016 sono state: la possibilità di iniziativa singola a ciascuna parte del rapporto sostanziale (sebbene tale opzione fosse stata ammessa in via di prassi anche nel precedente sistema); la previsione di un termine finale (30 giorni) per la pronuncia del parere; l'eliminazione della possibilità di formulare una «ipotesi di soluzione» della controversia; la gratuità del rilascio dei pareri (mediante la soppressione del richiamo all'art. 1, comma 67, della l. n. 266/2005); la previsione dell'impugnabilità dei pareri vincolanti (resi su istanza di tutte le parti interessate) dinanzi al Giudice Amministrativo e l'applicabilità dell'art. 26 c.p.a. in caso di successivo rigetto del ricorso.

La disciplina di dettaglio del procedimento per l'adozione dei pareri di precontenzioso di cui all'art. 211, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 è stata definita nel regolamento dell'ANAC del 9 gennaio 2019, pubblicato nella G.U. serie Generale n. 22 del 26 gennaio 2019 (che ha sostituito il regolamento del 5 ottobre 2016, pubblicato nella G.U. 19 ottobre 2016), applicabile alle istanze pervenute dopo la sua entrata in vigore (10 febbraio 2019) ovvero il cui procedimento è stato avviato dopo tale data (art. 14 del reg.). Tale regolamento è stato, dapprima, modificato con Delibera consiliare n. 654/2021 (introducendo ulteriori previsioni in tema di pubblicità degli atti), più di recente, con Delibera n. 528/2022 (che, come anticipato nel precedente par., ha contestualmente modificato anche il regolamento sui poteri di impugnativa dell'Autorità, prevedendo un coordinamento tra la funzione precontenziosa e la legittimazione ad agire).

La competenza precontenziosa dell'ANAC, delineata nell'art. 211, comma 1, del precedente Codice riguarda le questioni insorte «durante lo svolgimento delle procedure di gara», dunque le sole questioni afferenti la fase dell'evidenza pubblica.

Il Consiglio di Stato (nel parere n. 1920/2016 reso sullo schema di regolamento ANAC in materia di pareri di precontenzioso) ha precisato che «la norma primaria non fissa la stipulazione contrattuale come limite, essendo ben possibile che la questione si ponga dopo tale momento, pur riguardando la fase di gara. (...) Ciò che è inammissibile, piuttosto, sono le istanze di parere su questioni concernenti la fase compresa tra l'aggiudicazione e la stipulazione (e, a maggior ragione, quelle relative alla fase di controllo ed a quella di esecuzione), che pur rientrando nel procedimento di evidenza pubblica, sono estranee alla «procedura di gara», che si conclude con l'aggiudicazione».

L'intervento dell'ANAC può essere chiesto in relazione a qualsiasi tipologia di procedura di gara o settore (ordinario e speciale), nel caso in cui sussista una «controversia» tra le parti. Tale nozione è intesa in senso ampio come questione su cui vi è contestazione tra le parti e può riguardare anche la legittimità di provvedimenti già adottati dalla stazione appaltante (ad es. l'esclusione di un concorrente oppure il provvedimento di aggiudicazione), al fine di prevenire l'impugnazione giurisdizionale dello stesso. Si deve, tuttavia, trattare di una disputa concreta e non di una questione meramente teorica, rispetto alla quale è attivabile la diversa funzione consultiva dell'Autorità (in presenza dei presupposti disciplinati dal Regolamento del 20 luglio 2016 «per l'esercizio della funzione consultiva svolta dall'Autorità nazionale anticorruzione ai sensi della l. n. 190/2012 e dei relativi decreti attuativi e ai sensi del d.lgs. n. 50/2016, al di fuori dei casi di cui all'art. 211 del decreto stesso»).

Il regolamento dell'ANAC del 9 gennaio 2019 disciplina i casi di ammissibilità e procedibilità dell'istanza (art. 7). In particolare, sono dichiarate inammissibili le istanze: a) in assenza di una questione controversa insorta tra le parti interessate; b) non presentate dai soggetti legittimati di cui all'art. 3 reg. (persone fisiche che esprimono all'esterno la volontà della persona giuridica; cfr. FAQ del 5 agosto 2019 pubblicate sul sito dell'Autorità ove viene precisato che la legittimazione è attribuita all'organo di vertice della stazione appaltante o del soggetto aggiudicatore e al soggetto dotato di legale rappresentanza, in caso di operatori economici o enti); c) dirette a fare valere l'illegittimità di un atto della procedura autonomamente impugnabile, rispetto al quale sono inutilmente decorsi i termini per l'impugnazione giurisdizionale (tale ipotesi è volta a scongiurare una elusione dei termini perentori a ricorrere, nell'ipotesi in cui una parte richieda, dopo il loro decorso, un parere di precontenzioso vincolante; cfr. Cons. St. V, n. 4529/2018); d) in caso di esistenza di un ricorso giurisdizionale avente lo stesso contenuto dell'istanza di precontenzioso (al fine di evitare sovrapposizioni e litispendenza); e) di contenuto generico o contenenti un mero rinvio alla documentazione o corrispondenza intercorsa tra le parti; f) volte ad un controllo generalizzato sulle procedure di gara; g) manifestamente mancanti dell'interesse concreto al conseguimento del parere. È comunque previsto, come norma di chiusura, che se le istanze dichiarate inammissibili riguardano questioni giuridiche ritenute rilevanti, esse sono trattate ai fini dell'adozione di una pronuncia dell'Autorità anche a carattere generale.

Sono, invece, dichiarate improcedibili le istanze in caso di: a) mancata comunicazione a tutti i soggetti controinteressati (in particolare, in caso di mancanza integrazione del contraddittorio nel termine assegnato, ai sensi dell'art. 4, comma 2 e dell'art. 5, comma 2, reg.); b) sopravvenienza di un ricorso giurisdizionale avente lo stesso contenuto dell'istanza; c) sopravvenuta carenza di interesse; d) rinuncia al parere.

Con Delibera del Consiglio n. 528/2022 cit., allo scopo di rafforzare l'intervento dell'Autorità, è stato previsto che anche se l'istanza di precontenzioso è inammissibile o improcedibile (ad eccezione delle ipotesi in cui essa sia dovuta all'esistenza di un ricorso giurisdizionale avente il medesimo contenuto), l'Autorità può valutare di attivarsi proponendo ricorso diretto o previo parere motivato, laddove sussistono i relativi presupposti (art. 7, comma 6, reg.).

Per quanto concerne la legittimazione alla richiesta di parere, il comma 1 dell'art. 211 si riferisce testualmente alla «stazione appaltante» e alle altre «parti», non meglio identificate. Il regolamento ANAC del 2016 (nonché quelli precedenti) ammetteva(no) la proposizione dell'istanza sia da parte dell'operatore economico che avesse partecipato alla procedura sia da parte dei soggetti portatori di interessi collettivi o diffusi, in ossequio all'elaborazione giurisprudenziale in tema di legittimazione collettiva.

In senso critico si era espresso il Consiglio di Stato (Cons. St., parere n. 1632/2018) osservando che la norma regolamentare «introdurrebbe, senza alcuna legittimazione di una norma primaria, una sorta di azione popolare esclusa, secondo i principi, nel nostro ordinamento salvo ove espressamente prevista dalla legge. Ne consegue che gli enti esponenziali di interessi collettivi o diffusi, o comunque altri soggetti non identificabili come «parti» del procedimento amministrativo di evidenza pubblica in senso stretto, in quanto non destinatari degli effetti giuridici del procedimento amministrativo di scelta del contraente e di stipulazione del contratto, né portatori in esso di un interesse qualificato in tale ambito, non possono essere considerati legittimati attivi alla richiesta di parere». In adeguamento a tale parere, il regolamento ANAC del 2019 (art. 3) non ha contemplato una previsione ad hoc sugli enti collettivi.

Con Delibera n. 195/2019, l'Autorità ha, successivamente, chiarito che la legittimazione alla presentazione delle istanze di precontenzioso da parte delle associazioni di categoria «è ammessa nei limiti della legittimazione delle associazioni medesime a impugnare atti concernenti i singoli associati, ovvero solo ove gli stessi concretizzino anche una lesione dell'interesse collettivo tutelato da tali associazioni; condizione, quest'ultima, che è onere dei soggetti istanti comprovare puntualmente a pena di inammissibilità. Resta ferma, in ogni caso la possibilità, per tutte le associazioni di categoria, di attivare un intervento di vigilanza dell'Autorità, realizzabile anche attraverso l'esercizio dei poteri di cui all'art. 211, commi 1-bis e 1-ter, del Codice».

Nell'impianto del regolamento ANAC del 2019 (che continua ad applicarsi alle istanze di precontenzioso relative a procedure di gara disciplinate ratione temporis dal d.lgs. n. 50/2016) assume rilievo centrale l'atto di iniziativa del precontenzioso, singolo o congiunto, insieme alla circostanza che sia manifestato, o meno, l'intento della parte richiedente di assoggettarsi all'efficacia vincolante del parere. Tale aspetto era centrale nella disciplina del precedente Codice, in quanto da esso derivava il diverso regime di efficacia e di impugnativa del parere vincolante o non vincolante.

A tale riguardo, è stato chiarito che l'assenso all'efficacia vincolante del parere deve essere esplicito e non può desumersi dalla formulazione dell'istanza, che è un mero atto di impulso, di per sé privo di una manifestazione di volontà diretta ad assoggettarsi al parere (Cons. St., parere n. 1920/2016).

Sia in caso di istanza singola che congiunta, la sua presentazione va effettuata mediante il modulo scaricabile dal sito istituzionale dell'Autorità, che va firmato digitalmente dal soggetto legittimato e trasmesso tramite posta elettronica certificata, unitamente a una eventuale memoria e alla documentazione ritenuta utile. L'istanza deve contenere una rappresentazione sintetica degli elementi di fatto e di diritto ritenuti rilevanti, deve indicare i vizi del provvedimento contestato nonché illustrare il quesito di diritto rivolto all'ANAC.

Nel caso di istanza presentata singolarmente (dalla stazione appaltante o da un'altra parte interessata, che può anche essere un soggetto controinteressato), la regola generale è che il parere è da intendersi non vincolante (art. 4, comma 1, reg.). La parte istante è tenuta a darne comunicazione a tutti i soggetti interessati (allegando il modulo e l'eventuale memoria) e a fornire all'ANAC la prova di avvenuta consegnata della PEC, a pena di improcedibilità. L'istanza singola può divenire «congiunta» (con l'effetto di rendere vincolante il parere) nel caso in cui l'istante abbia manifestato la volontà di attenersi al parere e le altre parti aderiscono entro 10 giorni dalla ricezione della comunicazione di presentazione dell'istanza (anche il modulo di adesione è scaricabile dal sito istituzionale dell'Autorità).

Nel caso in cui l'istanza venga presentata congiuntamente dalla stazione appaltante e da una o più parti interessate, che esprimono la volontà di attenersi al contenuto del parere, questo sarà vincolante per le parti che vi hanno acconsentito (art. 5, comma 1, reg.). Anche in questa ipotesi, valgono le stesse norme procedurali descritte per l'istanza singola in ordine alla modalità di presentazione del modulo e all'onere di comunicazione a tutti i soggetti interessati.

In dottrina è stato precisato che l'efficacia vincolante del parere presuppone sempre la manifestazione di volontà di almeno due «parti» del rapporto sostanziale e che una di queste sia la stazione appaltante (Lipari, 19). Deve, tuttavia, trattarsi di due soggetti tra cui è sorta la «questione controversa», titolari cioè di posizioni giuridiche confliggenti e non convergenti (ad esempio, l'istanza presentata congiuntamente da due operatori titolari del medesimo interesse, perché esclusi dalla gara per analoghe ragioni, non viene considerata congiunta in assenza dell'adesione della stazione appaltante, il cui interesse sarà quello di difendere la legittimità di entrambe le esclusioni). La vincolatività del parere congiunto è stata definita «a geometria variabile» (De Nictolis, 517), in quanto l'effetto vincolante si produce nei confronti delle sole parti che vi abbiano preventivamente acconsentito. È, dunque, possibile che il parere non sia vincolante nei confronti di tutte le parti tra cui sorge contenzioso.

Secondo il Consiglio di Stato (parere n. 1920/2016) «tale variabilità soggettiva di effetti complica il meccanismo, ma estende l'ambito di applicazione dell'istituto, che altrimenti sarebbe stato limitato all'ipotesi – poco realistica – che stazione appaltante, interessato e controinteressati fossero concordi nel demandare la soluzione della questione all'ANAC o a quella di controversie tra stazione appaltante e destinatario dell'atto. L'ancoraggio, nei termini appena visti, della vincolatività del parere al consenso delle parti è giustificato se si vuole mantenere la distanza dai mezzi processuali ed è la caratteristica principale delle tecniche di risoluzione alternativa delle controversie».

Si è discusso sull'eventuale effetto sospensivo prodotto dalla proposizione dell'istanza di precontenzioso. In caso di richiesta di parere vincolante, l'istanza reca l'impegno a non porre in essere atti pregiudizievoli ai fini della risoluzione della questione fino al rilascio del parere (art. 5, comma 6, reg.). Tuttavia, né l'art. 211 del Codice né le disposizioni regolamentari indicano le conseguenze dell'eventuale inadempimento dell'impegno. L'istanza, inoltre, non produce alcun effetto interruttivo o sospensivo del termine per la proposizione del ricorso giurisdizionale, né sospende il termine di stand-still per la stipulazione del contratto. Qualora la stazione appaltante aderisca alla vincolatività del parere, è prevedibile una sua spontanea determinazione di sospensione del procedimento; in caso di mancata adesione, non sussiste un obbligo di sospensione, ma la valutazione è rimessa alle proprie valutazioni.

Secondo la giurisprudenza (T.A.R. Lazio (Roma) II-ter, n. 235/2017), anche in seguito all'attivazione di un procedimento di precontenzioso da parte della stazione appaltante, permane l'interesse di un operatore ad impugnare l'aggiudicazione, sebbene la sua efficacia sia stata sospesa in via autotutela dall'Amministrazione.

Il regolamento disciplina lo svolgimento del procedimento di precontenzioso, prevedendo quattro diversi epiloghi dell'iter procedimentale.

Il primo possibile epilogo è rappresentato dall'archiviazione dell'istanza. Infatti, l'Ufficio di precontenzioso svolge una funzione di filtro iniziale, valutando l'ammissibilità e la procedibilità delle istanze. In tali ipotesi, la decisione viene trasmessa al Consiglio dell'Autorità, nell'ambito di un elenco mensile, e successivamente viene comunicata alle parti interessate (art. 7, commi 5 e 6, reg.).

Il secondo possibile epilogo è rappresentato dall'adozione di un parere secondo la procedura ordinaria (artt. 9 e 10 reg.). Superato il vaglio preliminare di ammissibilità e procedibilità dell'istanza (sia singola che congiunta), l'Ufficio comunica alle parti l'avvio del procedimento, assegnando un termine non superiore a 5 giorni per la presentazione di memorie e/o documenti (a differenza del contraddittorio processuale, non è previsto un ulteriore termine per eventuali repliche). La disciplina regolamentare garantisce il rispetto delle garanzie partecipative di cui alla l. n. 241/1990, prevedendo un'istruttoria veloce al fine di rispettare il termine breve (30 giorni) previsto per l'adozione del parere. Rispetto ai precedenti regolamenti, il contraddittorio si svolge in forma scritta, mentre l'audizione è ammessa eccezionalmente, previa valutazione di una sua necessità. Conclusa la fase istruttoria, la bozza di parere viene trasmessa al Consiglio per il definitivo esame e l'approvazione, che dovrà essere disposta entro 30 giorni dalla ricezione dell'istanza (pur non trattandosi di un termine perentorio).

Il terzo epilogo del procedimento rappresentato dall'adozione di un parere in forma semplificata (la semplificazione riguarda sia la competenza, che il procedimento e la motivazione del parere), ammesso in presenza dei presupposti declinati dall'art. 11 reg. Le procedure semplificate previste da tale disposizione sono sostanzialmente due: a) la prima prevede l'adozione del parere direttamente da parte dal Dirigente dell'Ufficio, con motivazione semplificata, previo contraddittorio tra le parti (secondo lo stesso iter sopra descritto) ed è applicabile in due distinte ipotesi i) in caso di parere non vincolante relativo ad un appalto sotto soglia (in caso di lavori deve trattarsi di affidamento inferiore a un milione di Euro) concernente questioni di pacifica soluzione, alla luce dei precedenti sull'argomento; ii) in presenza di istanze aventi ad oggetto valutazioni discrezionali della stazione appaltante, anche se relative ad affidamenti sopra soglia; b) la seconda procedura semplificata si applica, invece, agli affidamenti sopra soglia e ai pareri vincolanti, purché di pacifica risoluzione; in questo caso, la differenza rispetto all'iter ordinario consiste nella previsione di una motivazione semplificata, anche mediante il solo richiamo ai precedenti dell'Autorità.

Il quarto possibile epilogo del procedimento rappresenta una novità introdotta con la Delibera n. 528/2022, nell'art. 8 del regolamento, con esclusivo riferimento alle istanze di parere non vincolante. È stato introdotto un meccanismo di “conversione” del procedimento prevedendo la possibilità che (sia prima dell'avvio del procedimento di precontenzioso, che nel corso dell'istruttoria o in fase conclusiva), in luogo dell'adozione di un parere non vincolante, l'Autorità si attivi proponendo un ricorso diretto al Giudice Amministrativo (in presenza dei presupposti di cui all'art. 211, comma 1-bis) ovvero adottando un parere motivato, propedeutico all'eventuale ricorso (in presenza dei presupposti di cui all'art. 211, comma 1-ter del codice). È fatta salva la possibilità che anche il Consiglio dell'Autorità (a prescindere dalla valutazione dell'Ufficio precontenzioso e pareri) valuti l'esercizio dei poteri di impugnativa, in presenza dei presupposti ex lege.

La fase finale del procedimento riguarda la comunicazione, la pubblicità e l'adeguamento al parere. Il parere approvato dal Consiglio viene comunicato alle parti e, successivamente, pubblicato sul sito internet dell'Autorità. Unitamente alla comunicazione, viene trasmesso un modulo di cd. adeguamento al parere (art. 13 reg.), che dovrà essere restituito da tutte le parti interessate entro 35 giorni (in caso di parere vincolante) ovvero di 60 giorni (in caso di parere non vincolante), indicando le determinazioni adottate al fine di conformarsi al parere. In caso di omissione o non veridicità di tali comunicazioni, si applica l'art. 213, comma 13, del d.lgs. n. 50/2016, per cui gli atti vengono trasmessi all'Ufficio dell'Autorità competente per l'applicazione delle sanzioni. La conoscenza di tali dati ha rilevanza per l'Autorità anche a fini statistici, per conoscere il tasso di adeguamento ai pareri e la dimensione dell'effetto deflattivo del contenzioso.

L'impugnabilità dei pareri di precontenzioso nel d.lgs. n. 50/2016

Nel sistema delineato dal d.lgs. n. 50/2016 va dato atto del differente regime di impugnazione dei pareri di precontenzioso a seconda della loro portata vincolante o non vincolante (differenza che, come precisato nel successivo par., è venuta meno con il Codice del 2023).

I pareri non vincolanti non sono ritenuti autonomamente impugnabili, in quanto privi di natura provvedimentale e del carattere di definitività. In questo caso è necessario impugnare il provvedimento della stazione appaltante che si adegua spontaneamente al parere (Cons. St. V, n. 2586/2021; T.A.R. Lazio (Roma), n. 1888/2021; T.A.R. Lazio (Roma), III-quater, n. 465/2021; Cons. St. V, n. 6305/2020). In particolare, «il parere non vincolante [...] avendo carattere di manifestazione di giudizio, non presenta aspetti di autonoma lesività e non è, dunque, autonomamente impugnabile» (Cons. St. V, ord. n. 2436/2021), con la precisazione che «l'impugnabilità del parere non vincolante dell'ANAC non [è] da escludersi in assoluto [giacché esso] assume connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi ad una fattispecie concreta, sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale»; di qui la conclusione che «l'impugnazione del parere facoltativo è consentita unitamente al provvedimento conclusivo della Stazione appaltante che ne abbia fatto applicazione» (Cons. St. VI, n. 1622/2019). La concreta lesività del parere non vincolante «si manifesta solo nell'ipotesi in cui esso sia trasposto o richiamato nell'atto conclusivo del procedimento, potendo la sua incidenza sulla fattispecie essere valutata solo in relazione alla capacità di integrare la motivazione del provvedimento adottato dalla Stazione appaltante» (Cons. St. VI, n. 1622/2019). Sull'attenuazione del dovere di motivazione dell'atto di autotutela conseguente a un parere di precontenzioso (pur se non vincolante), si veda Cons. St. V, n. 1036/2022.

Diverso è il regime dei pareri vincolanti, per i quali l'art. 211, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 prevede espressamente l'impugnabilità, secondo le regole del rito super-abbreviato sui contratti pubblici dettate dall'art. 120 c.p.a., disponendo altresì che, in caso di rigetto del ricorso, il Giudice Amministrativo valuti il comportamento della parte ricorrente ai fini delle spese di lite e dei presupposti della lite temeraria (art. 26 c.p.a.).

È stato chiarito dal Consiglio di Stato che «il parere espresso dall'ANAC ai sensi dell'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016 può essere impugnato dalla parte che si sia previamente obbligata alla sua osservanza, per la quale il parere assume pertanto portata vincolante, pure se l'altra parte per contro non si sia impegnata (in tal senso Cons. St. V, n. 4529/2018). Il parere vincolante, infatti, obbligando le parti ad attenervisi, è atto immediatamente lesivo, condizione questa che ne consente – giusta anche quanto espressamente previsto dalla norma – l'autonoma impugnabilità”, invece “il parere non vincolante, (...), avendo carattere di manifestazione di giudizio, non presenta aspetti di autonoma lesività e non è, dunque, autonomamente impugnabile. Peraltro, come ritenuto dal Cons. St. VI, n. 1622 /2019 l'impugnabilità del parere non vincolante dell'ANAC non è da escludersi in assoluto “Esso, invero, assume connotazione lesiva tutte le volte in cui, riferendosi ad una fattispecie concreta, sia fatto proprio dalla stazione appaltante, la quale, sulla base di esso, abbia assunto la relativa determinazione provvedimentale. Ne consegue che l'impugnazione del parere facoltativo è consentita unitamente al provvedimento conclusivo della Stazione appaltante che ne abbia fatto applicazione» (Cons. St. V, 1621/2022).

La giurisprudenza ha considerato l'immediata impugnabilità del parere vincolante come «conseguenza naturale, sul piano costituzionale (art. 113, comma 1, Cost.), del carattere decisorio e autoritativo della determinazione dell'Autorità: è un atto che, per quanto a conseguenze sostanziali pre-accettate dagli interessati, incide comunque su posizioni di interesse legittimo perché essi hanno comunque interesse all'esercizio legittimo di quel particolare potere amministrativo: ed tali posizioni sono per loro natura indisponibili, come segnala il parere di questo Consiglio di Stato sullo schema del d.lgs. n. 50/2016 (che, all'art. 211, comma 1, non conteneva la previsione dell'impugnabilità), reso dalla Commissione speciale del Cons. St. n. 855/2016. L'inciso finale dello stesso art. 211 (In caso di rigetto del ricorso contro il parere vincolante, il giudice valuta il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell'art. 26 del c.p.a.) conferma che legittimata ad impugnare il parere è la parte che si è impegnata al rispetto» (Cons. St. V, n. 4529/2018). È stato, inoltre, precisato che è inammissibile il ricorso proposto contro un parere – ancorché vincolante – quando non sia impugnato anche l'atto conclusivo del procedimento (Cons. St. VI, n. 4315/2017; Cons. St. VI,n. 4369/2017).

In dottrina, sono stati avanzati dubbi interpretativi circa l'effettiva efficacia vincolante del parere nei confronti dei soggetti che hanno manifestato la volontà di aderirvi, qualora manchi l'assenso di tutte le parti interessate al suo rilascio. Va escluso che il parere, per essere efficace, richieda l'accordo di tutte le parti (non solo singolo operatore e stazione appaltante, ma anche tutti i controinteressati), in quanto – considerando il numero dei potenziali controinteressati in una procedura di gara – è difficile che tutte le parti interessate e controinteressate addivengano ad una spontanea adesione preventiva alla richiesta di parere (De Nictolis, 519). Il parere è, in ogni caso, immediatamente impugnabile solo da parte dei soggetti che vi abbiano preventivamente acconsentito e che risultino «soccombenti» nell'ambito del procedimento dinanzi all'ANAC (Lipari, 34). Nel caso in cui il parere sia lesivo per l'operatore (ad esso vincolato), l'eventuale sopravvenienza del provvedimento della stazione appaltante di recepimento del parere non comporta una riapertura dei termini di impugnazione e, in caso di ricorso, non sono considerate ammissibili le censure dirette a far valere motivi non indicati nell'istanza di precontenzioso (a meno che, in sede di adeguamento al parere, la stazione appaltante adotti un provvedimento viziato anche in via autonoma).

Altra questione è quella relativa alla legittimazione ad impugnare il parere vincolante da parte dei terzi controinteressati che non vi abbiano preventivamente aderito. In questo caso, non sussiste un onere di immediata impugnativa; tuttavia, nel caso in cui, in sede di adeguamento al parere, la stazione appaltante adotti un provvedimento lesivo della loro sfera giuridica, i terzi hanno la facoltà (non l'obbligo) di contestare il parere quale atto presupposto del provvedimento amministrativo immediatamente lesivo nei propri confronti.

I pareri di precontenzioso nel d.lgs. n. 36/2023

L'art. 220 del d.lgs. n. 36/2023 riscrive la disciplina dei pareri di precontenzioso dell'ANAC con diverse significative innovazioni volte a rafforzare l'istituto, ad ampliare il suo ambito di applicazione e a potenziarne l'efficacia conformativa.

Rispetto all'art. 211 del precedente Codice, gli elementi di continuità (che si colgono dall'analisi del primo periodo del comma 1 dell'art. 220) sono rappresentati: dalla legittimazione alla richiesta del parere, che può provenire sia dalla “stazione appaltante” che dalle altri “parti” non meglio identificate (con tale espressione deve farsi riferimento sia all'operatore economico che ha partecipato o che aspira a partecipare alla procedura, sia agli enti portatori di interessi collettivi o diffusi, nei limiti in cui tutelano un interesse della categoria), nonché dall' “ente concedente” (definizione che identifica, ai sensi dell'art. 1, lett. b) dell'Allegato I.1 del Codice, i soggetti affidatari di contratti di concessione); dall'iniziativa, che può essere sia singola che congiunta; dall'ambito di applicazione oggettivo, che può riguardare qualsiasi questione controversa sorta tra le parti nell'ambito della procedura di affidamento di un contratto pubblico (intesa in senso ampio, comprensiva cioè anche delle ipotesi in cui la P.A. avrebbe dovuto indire una procedura di selezione pubblica) e che le parti hanno un interesse attuale, diretto ed attuale a definire in luogo di addivenire ad un contenzioso giurisdizionale; dallo svolgimento di un procedimento amministrativo, che si svolge nel contraddittorio tra le parti, assistito dalle garanzie partecipative di cui alla l. n. 241/1990; dalla previsione di un termine (ordinatorio) di trenta giorni per l'adozione del parere.

Sono state, tuttavia, introdotte significative novità rispetto alla disciplina precedente.

La prima importante novità è relativa all'eliminazione della distinzione tra pareri vincolanti e non vincolanti. Non è più contemplata la possibilità per le parti (stazione appaltante e operatore economico) di acconsentire preventivamente ad attenersi a quanto stabilito dal parere ed è eliminato il regime differenziato di efficacia soggettiva nonché di impugnativa delle due tipologie di pareri (cfr. par. 2 e 2.1). Il riferimento al meccanismo dell'adesione è rimasto nel secondo periodo del primo comma, laddove si prefigura che l'operatore economico possa aderire ad una richiesta di parere. L'adesione, però, non determina più l'obbligatorietà del parere nei confronti delle parti interessate, ma produce effetti solo sul regime di impugnativa del parere.

La seconda novità è, infatti, relativa proprio a quest'ultimo aspetto: gli operatori economici che hanno deciso di rivolgersi all'Autorità, come parti istanti oppure come “convenuti” (cioè come soggetti destinatari della richiesta di parere di una stazione appaltante, di un ente concedente o di altro operatore e che hanno aderito al procedimento, entro un termine che dovrà essere stabilito nel regolamento che l'ANAC dovrà adottare) possono impugnare il parere di precontenzioso “esclusivamente per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia”. Analoga limitazione dei motivi di impugnativa non è prevista per i soggetti che non assumono la qualifica di parte istante in via originaria o per successiva adesione; se ne potrebbe desumere che questi ultimi, nel rispetto delle ordinarie regole processuali, sono legittimati ad impugnare il parere, ai sensi dell'art. 120 c.p.a., anche per altri motivi, quali le violazioni procedurali.

Per quanto riguarda l'espressione “violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia”, si può osservare che è stato introdotto un meccanismo per analogo a quello dei lodi arbitrali in materia di contratti pubblici, considerando che anche i collegi arbitrali sono attivati su base volontaria con il compito di dirimere un contenzioso e che anche i lodi sono impugnabili, oltre che per motivi di nullità, “per violazione delle regole di diritto relative al merito della controversia” (art. 213, comma 14, del d.lgs. n. 36/2023, che ricalca l'art. 209, comma 14, del d.lgs. n. 50/2016). Tale formulazione è stata intesa dal Consiglio di Stato (nella relazione illustrativa allo schema del nuovo Codice) come espressione della generale regola di non annullabilità dei provvedimenti affetti da violazioni formali o procedurali, dettata dall'art. 21-octies, comma 2, della l. n. 241/1990, per cui l'impugnazione del parere da parte dell'operatore economico istante o che ha aderito all'istanza in via successiva sarà ammissibile solo per dedurre violazioni sostanziali e non anche per vizi formali o procedimentali che non incidono sul contenuto dispositivo del parere. La ratio di tale previsione è quella di rafforzare l'istituto, evitando le impugnative di natura strumentale, volte solo a dilazionare i termini di conclusione delle procedure di gara, mediante la previsione secondo la quale l'operatore economico può ottenere l'annullamento in sede giudiziale del parere solo quando esso sia “sbagliato” nella sostanza.

Ulteriore novità apportata dalla disposizione in commento riguarda l'efficacia del parere di precontenzioso nei confronti della stazione appaltante o dell'ente concedente. L'ultimo periodo del primo comma prevede, infatti, l'obbligo, per la stazione appaltante o l'ente concedente che non intendano conformarsi al parere, di comunicare entro quindici giorni le relative motivazioni alle parti interessate e all'Autorità, che può proporre ricorso contro tale determinazione negativa. Attraverso tale previsione viene rafforzata l'obbligatorietà dei pareri, sotto il profilo della loro efficacia conformativa, in quanto nelle ipotesi in cui la stazione appaltante intenda sottrarsi a dare attuazione al contenuto del parere ha l'obbligo di motivare questa sua decisione entro un termine breve (15 giorni dalla ricezione del parere) e l'Autorità, qualora ritenga non valide le ragioni di dissenso addotte, può proporre ricorso al Giudice Amministrativo entro i successivi 30 giorni (ai sensi del comma 3 dell'art. 220, che disciplina il ricorso successivo all'emissione di un parere motivato dell'Autorità per violazioni gravi del Codice). Viene, dunque, previsto che il procedimento di precontenzioso possa sfociare in un giudizio dinanzi al Giudice amministrativo, laddove l'Autorità (a fronte dell'inerzia o dell'inottemperanza della stazione appaltante rispetto ai contenuti del parere) ritenga che le motivazioni addotte dalla stazione appaltante per discostarsi dal parere non siano valide e che nelle procedura siano state commesse “gravi violazioni del codice”, alle quali è necessario porre rimedio con il più efficace (quanto ad esecutività) ricorso giurisdizionale.

Altra novità rispetto all'art. 211 del precedente Codice riguarda la possibilità per l'Autorità di prevedere, con proprio regolamento, anche ipotesi relative alla fase esecutiva con riferimento alle quali è esercitabile la funzione precontenziosa. Il comma 1-quater dell'art. 211 anche se attribuiva all'Autorità potestà regolamentare, per un verso richiamava solo i poteri di impugnativa (di cui ai commi 1-bis e 1-ter), per altro verso non si riferiva espressamente alla fase esecutiva.

Viene, inoltre, eliminata la previsione che imponeva al Giudice, in caso di rigetto del ricorso avverso il parere, di valutare il comportamento della parte ricorrente ai sensi e per gli effetti dell'art. 26 c.p.a. Al riguardo, il Consiglio di Stato, nella relazione illustrativa allo schema di Codice, ha osservato che “si trattava, infatti, di una disposizione da un lato inutile, se intesa nel senso di imporre al giudice di valutare la sussistenza della lite temeraria”, dall'altro lato “era di dubbia costituzionalità, se intesa nel senso che essa ricollegasse una presunzione di temerarietà alla pura e semplice proposizione di un ricorso contro il parere, che fosse stato respinto dal giudice adito”.

Le significative novità apportate dal nuovo codice all'istituto del precontenzioso imporranno l'adozione di un nuovo regolamento, nell'ambito del quale dovrà essere disciplinato sia il procedimento di rilascio dei pareri di precontenzioso, sia la fase di adeguamento al parere, che quella relativa alla proposizione del ricorso giurisdizionale da parte dell'Autorità.

Legittimazione processuale speciale dell'ANAC

Come premesso, i commi 2 e 3 dell'art. 220 del nuovo codice riproducono la disciplina dei commi 1-bis e 1-ter dell'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016, con le sole due citate novità introdotte nel comma 3, confermando il potere di agire in giudizio dell'ANAC quale potere eccezionale in quanto autorizzato espressamente dalla legge in ragione della funzione di vigilanza e controllo sugli appalti pubblici attribuita all'Autorità dal Codice (Cfr. Parere Commissione speciale).

Tale potere è stato, per la prima volta, attribuito all'ANAC dai commi 1-bis, 1-ter e 1-quater dell'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016, introdotti in sede di conversione del d.l. n. 50/2017, in via di emendamento (l. n. 96/2017, art. 52-ter), dopo l'abrogazione, da parte del correttivo, del comma 2 dell'art. 211, recante la disciplina della raccomandazione vincolante. La novella ha accolto il suggerimento formulato dal Consiglio di Stato in sede di parere sullo schema di Codice laddove, a fronte delle criticità connesse al nuovo istituto, ha ritenuto preferibile una riformulazione del comma 2 in chiave di controllo collaborativo ispirata alla disciplina dettata dall'art. 21-bis l. n. 287/1990. Il legislatore si è mosso nella direzione indicata e ha conferito all'ANAC il potere di agire in giudizio per l'impugnazione di atti e provvedimenti viziati da violazioni della normativa in materia di contratti pubblici.

È il riconoscimento di una legittimazione processuale speciale, affine a quella attribuita all'AGCM in materia di provvedimenti amministrativi lesivi delle norme a tutela della concorrenza dal richiamato art. 21-bis l. n. 287/1990.

Sulla conformità al paradigma costituzionale di tale modello si è già pronunciata la C. c ost. n. 20/2013), che ha giudicato inesatto parlare di un nuovo e generalizzato controllo di legittimità, trattandosi piuttosto di un potere di iniziativa che integra quelli già propri dell'AGCM, finalizzato a contribuire ad una più completa tutela del corretto funzionamento del mercato. Specularmente, il potere di agire in giudizio attribuito all'ANAC è stato qualificato dal Consiglio di Stato come un peculiare strumento di vigilanza collaborativa che si coniuga con i più generali poteri di vigilanza e controllo attribuiti all'Autorità dall'art. 213 del d.lgs. n. 50/2016 (attualmente disciplinati dall'art. 222 del nuovo Codice), per assicurare il pieno ed effettivo rispetto dei principi su cui sono imperniati gli appalti pubblici (parere Commissione speciale, n. 445/2018, su schema di regolamento di cui al comma 4-quaterd.lgs. n. 50/2016).

L'istituto opera, rispetto allo schema della raccomandazione vincolante, un ribaltamento della posizione dell'ANAC, che da (eventuale) convenuta in giudizio a difesa del proprio atto, si ritrova a vestire i panni del ricorrente contro atti, emessi da qualsiasi stazione appaltante, che violano le norme in materia di contratti pubblici.

In attuazione del comma 1-quater, dell'art. 211 del precedente Codice l'ANAC ha adottato un regolamento, pubblicato nella G. U. Serie Generale n. 164 del 17 luglio 2018, con il quale ha individuato, preventivamente e in via generale, i casi e le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercitare i poteri di cui ai commi 1-bis e 1-ter, operando una delimitazione dell'ampia discrezionalità riconosciutale dal legislatore. L'elenco delle fattispecie legittimanti il potere di ricorso diretto e quello di emissione di parere motivato è stato successivamente ampliato tramite la modifica apportata al richiamato regolamento dalla Delibera n. 528 del 12 ottobre 2022, con la finalità di ampliare l'ambito di intervento dell'ANAC.

La collocazione della disciplina della legittimazione attiva nell'articolo dedicato anche all'istituto del precontenzioso – circostanza che ha contribuito a farle riconoscere anche finalità latu sensu deflattive del contenzioso, soprattutto con riguardo al potere di adozione di pareri motivati (cfr. Cons. St.,, parere Commissione speciale, cit.) ‒ ha imposto di valutare il rapporto tra legittimazione straordinaria e parere di precontenzioso.

Nel silenzio del legislatore, nel regolamento del 2018, l'ANAC ha previsto che l'esercizio del potere d'impugnazione determina la sospensione, oltre che dei procedimenti di vigilanza, dei procedimenti di precontenzioso, a meno che non siano preordinati all'emissione di pareri vincolanti, riconoscendo solo in questa ultima ipotesi prevalenza al precontenzioso rispetto al più efficace strumento della legittimazione processuale (art. 12, commi 1 e 3). A seguito dell'integrazione del Regolamento disposta con la richiamata Delibera n. 528/2022, è stata inserita l'ulteriore previsione secondo cui, in caso di procedimento di precontenzioso preordinato all'emissione di un parere non vincolante, in presenza dei presupposti per l'esercizio dei poteri di cui all'art. 211, commi 1-bis o 1-ter (attualmente art. 220, commi 2 e 3) del codice, l'ANAC può esercitare i poteri di cui agli artt. 3 e 6 del Regolamento in luogo dell'adozione di un parere di precontenzioso. La modifica regolamentare rispecchia il meccanismo di “conversione” del procedimento di precontenzioso, disciplinato dal relativo regolamento come novellato dalla Deliberazione n. 528/2022, che prevede la possibilità che, in luogo dell'adozione di un parere non vincolante, l'Autorità, in presenza dei rispettivi presupposti, si attivi proponendo un ricorso diretto ovvero adottando un parere motivato.

Va rilevato che la contrapposizione tra i due istituti pare essersi attenuata a seguito del rafforzamento, nel nuovo codice, dell'obbligatorietà dei pareri di precontenzioso, sotto il profilo della loro efficacia conformativa, con la previsione della possibilità per l'Autorità di proporre ricorso qualora non ritenga valide le ragioni addotte dalla stazione appaltante che non intende adeguarsi al parere di precontenzioso (art. 220, comma 1).

L'introduzione del potere di azione dell'Autorità ha alimentato il dibattito, già sorto con riferimento al potere di impugnazione riconosciuto ad AGCM, circa la natura di tale legittimazione, ovvero se la possibilità di agire in giudizio finalizzata alla tutela di interessi generali e disancorata dalla titolarità di una situazione giuridica soggettiva, di fatto, dia luogo a una giurisdizione di diritto oggettivo.

Le prime pronunce che hanno affrontato il tema hanno sostenuto la natura soggettiva della giurisdizione, stante la sussistenza di un collegamento soggettivo tra l'ANAC e gli interessi che la legge affida alla sua cura, orientati a prevenire illegittimità nel settore dei contratti pubblici anche indipendentemente da iniziative o interessi dei singoli operatori economici o dei partecipanti alle procedure di gara. È stato ritenuto che non possa neppure essere considerata straordinaria, o eccezionale, rispetto al criterio con cui si identifica la condizione dell'azione (Cons. St. V, 6787/2020), ma piuttosto un ordinario potere di azione, riconducibile alla giurisdizione a tutela di situazioni giuridiche soggettive individuali qualificate e differenziate benché soggettivamente riferite ad un'autorità pubblica, in linea con il considerando n. 122Dir. 2014/24/UE (T.A.R. Campania (Napoli) I, n. 3982/2020). È stato anche evidenziato come il legislatore abbia riconosciuto ad ANAC una «particolare configurazione» dell'interesse ad agire, consistente nella legittimazione alla tutela degli interessi particolari e differenziati, eppure pubblici, di cui la stessa è portatrice, legati alla corretta applicazione della disciplina in materia di contratti pubblici e, di conseguenza, alla piena ed effettiva realizzazione degli obiettivi posti con tale disciplina (T.A.R. Campania (Salerno) I, n. 1/2021).

Con il regolamento, l'ANAC ha individuato i presupposti oggettivi legittimanti l'esercizio di tale potere, in conformità alla previsione di legge.

Il dubbio sorto tra i commentatori circa il rapporto intercorrente fra i commi 2-bis e 2-ter dell'art. 211 del precedente codice, determinato dalla non coincidenza degli ambiti delle due fattispecie, oltre che dal riferimento, contenuto nel comma 1-quater, ai «poteri» di cui ai commi precedenti, è stato risolto dall'ANAC nel senso di una lettura autonoma delle due previsioni.

Secondo la ricostruzione operata dall'Autorità con riferimento al precedente codice, i commi 2-bis e 2- ter dell'art. 211 individuano due diversi poteri: un'ipotesi generale di legittimazione al ricorso non subordinata a particolari regole procedurali (comma 1-bis) e una distinta seconda ipotesi (comma 1-ter) contraddistinta – essa sola – dalla previsione del passaggio prodromico dell'emissione del parere motivato. L'impostazione, avvallata dal Consiglio di Stato (cfr. Parere Commissione Speciale), si basa sulla constatazione dei diversi presupposti legittimanti l'esercizio dell'azione – atti che violano le norme in materia di contratti pubblici relativi a contratti di rilevante impatto (comma 1-bis) e provvedimenti viziati da gravi violazioni (comma 1-ter) – e, più in generale, sulla discrasia formale delle due fattispecie. La possibilità di esercitare l'azione senza previa emissione del parere motivato in caso violazione di norme in materia di contratti pubblici riguardanti contratti di rilevante impatto sarebbe giustificata da una situazione di maggiore pericolo per l'interesse pubblico che non consentirebbe il rispetto della tempistica più dilazionata imposta dalla previa interlocuzione con l'amministrazione (cfr. Parere Commissione speciale).

Perplessità sono state espresse in dottrina (De Nictolis, 2041), dove è stato anche osservato come l'assenza del dialogo collaborativo preventivo con la stazione appaltante appaia scarsamente giustificabile proprio in relazione ai contratti di rilevante impatto, rispetto ai quali sarebbe quanto mai auspicabile la ricerca di una soluzione non giurisdizionale della ipotizzata illegittimità, in un'ottica di assunzione di soluzioni condivise tra amministrazioni (Lipari, 64).

La nozione di contratto di «rilevante impatto» è stata declinata dall'ANAC sia sotto il profilo qualitativo, con l'elencazione di una casistica caratterizzata dalla particolare rilevanza economica e sociale del contratto (art. 3, comma 2, lett. a), b), c) e d), reg.), che sotto il profilo quantitativo (importo per lavori pari o superiore a 15 milioni di Euro e pari o superiore a 10 milioni di Euro per servizi e/o forniture). Le violazioni ritenute «gravi», legittimanti l'esercizio dell'azione di cui al comma 1-ter, sono state indicate tassativamente nell'art. 6, comma 2, tenendo presente l'esigenza di circoscrivere le fattispecie a tipologie di violazioni sindacabili dal giudice amministrativo o rientranti nella giurisdizione esclusiva di cui all'art. 133, comma 1 lett. e), c.p.a.

In una delle prime pronunce sul tema, è stato ritenuto integrato il presupposto della grave violazione, sub specie di violazione grave delle regole della concorrenza nell'ambito del mercato dei servizi di committenza ausiliari, a fronte dell'impugnazione di un bando di gara per difetto della qualità di centrale di committenza in capo alla stazione appaltante, sulla base della considerazione che l'individuazione dei soggetti ammessi a svolgere le attività di committenza ausiliarie attiene al più ampio assetto del mercato relativo a tali attività, nell'ambito del quale le modalità di affidamento sono determinate in considerazione anche della qualità rivestita dall'affidatario (T.A.R. Campania (Salerno) I, n. 1/2021).

Il paradigma normativo rispetto al quale valutare il vizio di violazione di legge è diverso nelle due ipotesi, poiché il comma 2 dell'art. 220 d.lgs. n. 36/2023 utilizza una formulazione – «norma in materia di contratti pubblici» – più ampia di quella presente nel comma 3 dell'art. 220 d.lgs. n. 36/2023 che, riferendosi alle sole violazioni del «presente codice», esclude le violazioni delle fonti in materia di contratti pubblici, anche legislative, estranee al Codice, ancorché da esso richiamate, o concernenti il diritto UE o norme costituzionali.

In dottrina, con riferimento alla medesima formulazione recata dal precedente codice, è stato ritenuto che, nel contrasto fra le dizioni dei due commi, sia preferibile seguire un'interpretazione omogenea, che consideri complessivamente tutta la disciplina in materia di contratti pubblici, indipendentemente dalla sua collocazione formale all'interno del d.lgs. n. 50/2016 (Lipari, 59).

Una discrasia è presente anche nell'indicazione degli atti impugnabili (bandi, altri atti generali e provvedimenti nel comma 2 e solo provvedimenti nel comma 3 dell'art. 220 del d.lgs. n. 36/2023), tra i quali non sono comunque ricompresi i regolamenti, invece espressamente contemplati dall'art. 21-bis l. n. 287/1990.

La discrepanza già presente nel precedente codice e rimasta immutata nell'attuale codificazione è stata risolta in sede di regolamento dell'ANAC nel senso di considerare la formulazione utilizzata per indicare l'oggetto dell'azione impugnatoria nel comma 1-ter dell'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016 come un'espressione di sintesi volta a ricomprendere tutte le categorie di atti elencati nel comma precedente. Gli atti impugnabili (artt. 4 e 7 del Regolamento) sono limitati agli atti autoritativi che scandiscono la fase pubblicistica delle procedure di affidamento. La sindacabilità dell'atto avanti al giudice amministrativo ha portato ad escludere che l'ANAC possa intervenire per denunciare violazioni che incidono sulla fase di esecuzione del contratto e che appartengono alla cognizione del giudice ordinario o degli arbitri. L'azione dell'Autorità è pertanto considerata esclusa in presenza di comportamenti o atti non provvedimentali della stazione appaltante, in fase esecutiva. Fanno eccezione gli atti adottati nella fase esecutiva che si traducono in una violazione della normativa sugli appalti sostanziandosi, di fatto, nell'affidamento di «nuovi» contratti pubblici in assenza delle garanzie procedurali dell'evidenza pubblica (ad es., varianti o affidamento di lavori/servizi supplementari in assenza dei presupposti di legge o rinnovi taciti) qualora sindacabili avanti al giudice amministrativo. Quanto ai regolamenti, la categoria degli atti generali è stata interpretata nel suo significato più ampio, come comprensiva non solo degli atti generali amministrativi, ma anche degli atti generali normativi sindacabili avanti al giudice amministrativo. Come esplicitato nella relazione illustrativa, tale approdo ermeneutico è stato fondato, oltre che su un argomento di tipo letterale, sul piano finalistico-sistematico, sulla ratio della norma che, in ragione della specialità della legittimazione attribuita ad ANAC in funzione di una più efficace tutela del settore dei contratti pubblici, dovrebbe consentire l'immediata impugnazione di atti, quali i regolamenti, che, in quanto generali e astratti, sono suscettibili di reiterata applicazione e dunque idonei, qualora illegittimi, a perpetrare, tramite i singoli atti applicativi, una serie indefinita di atti concretamente lesivi.

L'azione è tesa a rimuovere un atto affetto da vizi di legittimità.

La dottrina ha sollevato il dubbio se il potere di azione dell'ANAC sia limitato alla «violazione di legge» in senso stretto, come il riferimento alle «violazioni del Codice» potrebbe fare presumere, in conformità alla soluzione largamente accreditata nella ricostruzione interpretativa dell'art. 21-bis l. n. 287/1990, o possa considerarsi esteso alle censure di eccesso di potere e di incompetenza (Lipari, 60).

Per ciò che concerne l'ambito soggettivo di applicazione dell'istituto, entrambi i commi 2 e 3 del nuovo codice fanno riferimento esclusivamente agli atti emessi dalla stazione appaltante e non anche dall'ente concedente, circostanza che potrebbe lasciare presumere che, attualmente, a differenza di quanto previsto nel precedente codice, il potere di azione non sia esercitabile in caso di concessioni.

In un ricorso incentrato sull'illegittimità degli atti di una procedura di gara per difetto della qualifica di centrale di committenza della stazione appaltante, il giudice amministrativo si è pronunciato sull'eccezione di inammissibilità per difetto di legittimazione processuale dell'ANAC fondata sulla delimitazione del potere di azione dell'Autorità a impugnare atti emanati da una stazione appaltante. Nell'occasione, ha respinto l'eccezione in ragione della finalità di prevenzione delle illegittimità nel settore dei contratti pubblici del potere di azione attribuito all'ANAC, da cui discenderebbe l'irragionevolezza di un'interpretazione limitativa di tale potere nel caso in cui il vizio di legittimità investa proprio il presupposto che legittima l'indizione della gara (Cons. St. V, n. 6787/2020).

Esercizio dell'azione

La motivazione della decisione dell'ANAC di agire in giudizio deve rendere conto della sussistenza dei presupposti legittimanti, ricavabili dai commi 2 e 3 dell'art. 220. Sotto il vigore del precedente codice, tali presupposti sono stati puntualmente dettagliati dal regolamento del 2018 come modificato dalla delibera n. Delibera n. 528/2022. Accertata la sussistenza dei presupposti di cui alla legge e al regolamento, l'azione è esercitata nel rispetto delle ordinarie regole del processo amministrativo.

Benché chiunque possa sollecitare l'esercizio dell'azione da parte di ANAC, l'art. 11, comma 2, del regolamento del 2018, delinea un procedimento ad iniziativa d'ufficio. Eventuali segnalazioni di terzi non determinano alcun vincolo di esame o di istruttoria per l'Autorità, che si riserva di valutarle in relazione alle risorse disponibili e in considerazione della gravità dei vizi segnalati e della rilevanza degli interessi coinvolti nell'appalto. Il regolamento specifica, tuttavia, che nella valutazione delle segnalazioni pervenute, un canale preferenziale è previsto per particolari soggetti qualificati (autorità giudiziaria amministrativa, ordinaria e contabile, pubblico ministero, avvocatura di Stato). Nell'intenzione di ANAC, la previsione sarebbe preordinata a scongiurare che la legittimazione ad agire dell'Autorità sia strumentalizzata da parte di operatori economici anche eventualmente decaduti dalla possibilità di agire autonomamente, e comunque sarebbe giustificata dall'essere il potere esercitato, non un potere amministrativo in senso stretto, ma piuttosto un diritto di azione il cui esercizio è rimesso esclusivamente al rispettivo titolare (cfr. Relazione illustrativa regolamento).

Il termine per la proposizione diretta del ricorso rientra nell'alveo applicativo del rito appalti (artt. 119-120 c.p.a.), come previsto dall'art. 3, comma 1, del regolamento come novellato dalla Delibera n. 528/2022. Pertanto, anche per l'Autorità, il termine per proporre impugnativa decorre dalla data della pubblicazione, ove si tratti di atti soggetti a pubblicazione obbligatoria, o dalla piena conoscenza della violazione/lesività, per tutti gli altri. Quest'ultima può aver luogo al momento del ricevimento della segnalazione (qualora la stessa risulti esaustiva) oppure, se necessario, a seguito dell'esame della documentazione acquisita in seguito ad uno specifico approfondimento istruttorio (ricezione atti dalla s.a.; esame atti su internet ecc.).

Il termine di 30 giorni non è sospeso dalla eventuale interlocuzione con l'amministrazione che ha emanato l'atto finalizzata alla verifica degli elementi di conoscenza contenuti nella notizia (art. 5, comma 2, Reg.).

Con riferimento all'ipotesi di ricorso previa emissione di parere motivato di cui al comma 3 dell'art. 220, molto discussa in dottrina, anche per i riflessi sull'ambito della cognizione dell'eventuale successivo giudizio, è la questione se la fase antecedente l'emissione del parere sia inquadrabile nell'esercizio del potere di annullamento in autotutela e sia quindi soggetta alla disciplina dettata dall'art. 21-nonies l. n. 241/1990. Nonostante gli auspici espressi nel senso dell'assoggettabilità ai principi partecipativi della l. n. 241/1990 (Lipari, 75; De Nictolis, 2045), la soluzione adottata dal regolamento, con l'avallo della Commissione speciale, prevede la possibilità di una interlocuzione con l'autore della segnalazione, con la stazione appaltante o con qualsiasi terzo ritenuto in possesso di informazioni o documenti utili ai fini dell'emissione del parere, meramente eventuale e connotata da celerità, in assenza di un formale contraddittorio (art. 8, comma 3).

I dubbi sollevati dai commentatori circa l'applicabilità dei parametri dell'autotutela investono tutta la fase prodromica alla proposizione del ricorso, per la quale vi è il dubbio se debba essere rispettato il termine massimo di esercizio dell'autotutela previsto dall'art. 21-nonies l. n. 241/1990, e anche il contenuto del parere motivato. La Commissione speciale lo qualifica come un atto di sollecitazione all'eventuale autonomo esercizio del potere di autotutela da parte della stazione appaltante, privo di natura provvedimentale, e pertanto inidoneo a produrre in modo diretto e immediato effetti pregiudizievoli nella sfera giuridica degli operatori economici.

Con particolare riferimento al perimetro di indagine del parere motivato, in dottrina è stato auspicato che sia comprensivo di tutti i profili dell'autotutela (Lipari, 76) ma è stato anche riconosciuto come la valutazione della sussistenza dell'interesse pubblico concreto e attuale alla rimozione dell'atto illegittimo sia riservata alla stazione appaltante, la quale, in sede di valutazione se conformarsi o meno al parere, alla stregua dei parametri propri dell'autotutela, dovrebbe fondare l'annullamento dell'atto non solo sulla sussistenza delle gravi violazioni ma esigere anche che vi sia un interesse concreto e attuale in tal senso (De Nictolis, 2044). Dubbi sono stati espressi anche circa l'ambito del contenzioso insorto a seguito del ricorso azionato avverso la mancata conformazione al parere, ovvero se sia circoscritto alla sola illegittimità dell'atto impugnato dall'ANAC o se vi possa trovare ingresso l'ulteriore questione della legittimità/opportunità del rifiuto di autotutela della stazione appaltante, motivata dall'assenza di un interesse pubblico concreto e attuale all'annullamento, ancorché l'atto sia illegittimo (De Nictolis, 2048).

La posizione espressa fino ad ora dalla giurisprudenza è stata nel senso di negare rilevanza ai profili propri dell'autotutela. Il giudice amministrativo, a fronte dell'eccezione di inammissibilità dell'azione per mancanza di un interesse pubblico al ritiro della procedura di gara, ha affermato che il parere reso dall'ANAC sollecita l'eliminazione delle violazioni riscontrate ma non costituisce strumento di autotutela e né vincola la stazione appaltante all'esercizio di poteri di autotutela. In particolare, è stato osservato che il potere di ritiro da parte della stazione appaltante sembra prescindere, nel caso previsto dal comma 1-ter, da una specifica valutazione circa la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 21-nonies della l. n. 241/1990, configurandosi come un potere di autotutela sui generis strettamente collegato al potere dell'ANAC di rilevare la violazione della disciplina ad esso relativa e di ricorrere contro gli atti di gara (T.A.R. Campania (Salerno) I, n. 1/2021).

La giurisprudenza ha anche negato la necessità che l'impugnazione debba estendersi agli atti adottati dalla stazione appaltante in riscontro al parere dell'ANAC e al conseguente invito a conformarsi, evidenziando che tali provvedimenti si incasellano all'interno di un'interlocuzione tra l'ANAC e l'autorità amministrativa e non vanno autonomamente impugnati, anche perché l'art. 211 delimita l'ambito della legittimazione processuale dell'Autorità ai bandi di gara o gli atti lesivi della concorrenza (T.A.R. Campania (Napoli) I, n. 3982/2020).

Il comma 3 dell'art. 220, innovando rispetto a quanto previsto dal comma 1 -ter dell'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016, dispone che, con il regolamento di cui al comma 4, l'Autorità individua un termine massimo, che decorre dall'adozione o dalla pubblicazione dell'atto contenente la violazione, entro il quale il parere può essere emesso. La previsione recepisce a livello di fonte normativa primaria quanto già disciplinato dal regolamento dell'Autorità, come modificato dalla Delibera n. 528/2022, laddove, nel comma 2 dell'art. 8, prevede che il parere motivato può essere emesso entro il termine massimo di 120 giorni dall'adozione o dalla pubblicazione dell'atto contenente la violazione. La fissazione di un termine massimo per l'emissione del parere motivato risponde all'esigenza di garantire la certezza dei rapporti giuridici, sorti sulla base di atti che l'Autorità potrebbe contestare, anche in via giudiziale, anche molto tempo dopo l'adozione dell'atto ritenuto viziato.

Il termine di 30 giorni per la proposizione del ricorso decorre dalla ricezione del riscontro negativo della stazione appaltante ovvero, in caso di mancata risposta, dalla scadenza del termine di 30 giorni, o del diverso termine concesso dall'ANAC per conformarsi al parere.

Questioni applicative

1) Quali sono i presupposti della legittimazione processuale attiva dell'ANAC ex art. 211, comma 1-bis?

Secondo T.A.R. Salerno, I, n. 1/2021,» ai sensi dell'art. 211, comma 1-ter, d.lgs. n. 50/2016, sussistono i presupposti fondativi della legittimazione ex lege all'impugnazione degli atti di gara da parte dell'ANAC che ha emesso un parere motivato segnalando all'Amministrazione le gravi violazioni riscontrate negli atti di gara e, a fronte del rifiuto della stessa Amministrazione di conformare la propria attività al citato parere, impugna gli atti ritenuti illegittimi».

Ha ricordato il T.A.R. che i commi 1-bis e 1-ter dell'art. 211, d.lgs. n. 50/2016 legittimano l'ANAC ad agire in giudizio «per l'impugnazione dei bandi, degli altri atti generali e dei provvedimenti relativi a contratti di rilevante impatto, emessi da qualsiasi stazione appaltante, qualora ritenga che essi violino le norme in materia di contratti pubblici relativi a lavori, servizi e forniture» ovvero «se ritiene che una stazione appaltante abbia adottato un provvedimento viziato da gravi violazioni del presente codice»; la medesima Autorità, poi, «con proprio regolamento, può individuare i casi o le tipologie di provvedimenti in relazione ai quali esercita i poteri di cui ai commi 1-bis e 1-ter». Con il «Regolamento sull'esercizio dei poteri di cui all'art. 211, commi1-bis e 1-ter, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50 e s.m.i.», approvato il 13 giugno 2018, l'Autorità ha dato attuazione alla citata disposizione, prevedendo, in relazione all'art. 211, comma 1-bis: all'art. 3 la contestazione dei contratti di rilevante impatto, in particolare di quelli che riguardano, ancorché potenzialmente, un ampio numero di operatori; all'art. 4 l'impugnazione degli atti amministrativi di carattere generale, quali le determina a contrarre, i bandi e i capitolati speciali di appalto; in relazione all'art. 211, comma 1-ter; all'art. 6 la contestazione delle gravi violazioni delle norme in materia di contratti pubblici, tassativamente indicate al comma 2 del medesimo articolo, che include il caso del «bando o altro atto indittivo di procedure ad evidenza pubblica che contenga clausole o misure ingiustificatamente restrittive della partecipazione e, più in generale, della concorrenza»; all'art. 7 l'impugnazione degli atti amministrativi di carattere generale, quali le determina a contrarre, i bandi e i capitolati speciali di appalto. Come affermato dal Cons. St. V. 6787/2020, «In entrambe le ipotesi, la motivazione della decisione dell'Autorità di agire in giudizio deve rendere conto della sussistenza dei presupposti ricavabili dall'art. 211 del Codice dei contratti pubblici e, nei termini in cui siano conformi, dalle disposizioni regolamentari citate, dalle quali, peraltro, non si evincono ulteriori elementi cui sia condizionato l'esercizio del potere di azione attribuito all'ANAC».

Nel caso sottoposto al T.A.R. Salerno, l'Autorità fa valere l'illegittimità della procedura e di singole clausole in relazione alla qualificazione della Asmel Consortile e al ruolo svolto dalla stessa nell'ambito della gara, alla luce delle disposizioni che disciplinano l'affidamento dei servizi di committenza ausiliari, prestati dall'Asmel in relazione alla procedura in questione sulla base di un corrispettivo che si assume illegittimamente posto a carico dell'aggiudicatario con una alterazione della concorrenza. L'Autorità fa valere quindi violazioni gravi delle regole della concorrenza nell'ambito del mercato dei servizi di committenza ausiliari e dello specifico mercato a cui attiene l'oggetto della procedura. Infatti, l'individuazione dei soggetti ammessi a svolgere le attività di committenza ausiliarie attiene al più ampio assetto del mercato relativo a tali attività, nell'ambito del quale le modalità di affidamento sono determinate in considerazione anche della qualità rivestita dall'affidatario; allo stesso modo l'imposizione di specifici oneri a carico dei concorrenti e dell'aggiudicatario incide sulla partecipazione alla specifica procedura. Ricorrono pertanto i presupposti previsti dall'art. 211, comma 1-ter, del d.lgs. n. 50/216 e dal relativo Regolamento, che legittimano l'Autorità alla contestazione degli atti della procedura. In ogni caso occorre rilevare che l'art. 211 del già citato decreto conferisce all'ANAC un'ampia legittimazione ad agire contro le violazioni delle disposizioni in materia di contratti pubblici che, disciplinando procedure competitive volte all'affidamento di tali contratti e all'attribuzione dei benefici da questi derivanti, sono peraltro di per sé in grado di incidere in maniera diretta o indiretta e comunque rilevante su profili relativi alla partecipazione e alla concorrenza.

Tale legittimazione, attribuita direttamente dalla legge, è volta infatti ad assicurare tutela agli interessi particolari e differenziati, eppure pubblici, di cui l'Autorità è portatrice, legati alla corretta applicazione della disciplina in materia di contratti pubblici e, di conseguenza, alla piena ed effettiva realizzazione degli obiettivi posti dal legislatore con la citata disciplina, consentendo alla stessa di agire al fine di ristabilire la legalità violata (con una particolare configurazione, quindi dell'interesse ad agire) a prescindere dall'iniziativa di singoli concorrenti che lamentino una lesione diretta e immediata della loro sfera giuridica. Come affermato infatti dalla già citata pronuncia del Consiglio di Stato, «La legittimazione a ricorrere attribuita per legge all'ANAC si inserisce nel solco di altre fattispecie di fonte legislativa che in passato hanno riconosciuto alle autorità indipendenti il potere di agire in giudizio (si possono richiamare l'art. 21-bis della l. n. 287/1990 per l'AGCM; e, più recentemente, l'art. 36, comma 2, lett. m) e n), del d.l. n. 1/2012, convertito dalla l. n. 27/2012, per l'Autorità di regolazione dei trasporti; per altre ipotesi si rinvia a Cons. St., Ad. plen., n. 4/2018, al punto 19.3.4.) e non può essere qualificata nemmeno come legittimazione straordinaria o eccezionale rispetto al criterio con cui si identifica la condizione dell'azione rappresentata dall'interesse ad agire o a ricorrere, ossia il collegamento dell'interesse a ricorrere con la titolarità (o l'affermazione della titolarità) di un interesse tutelato dall'ordinamento sul piano sostanziale. Collegamento soggettivo che, nel caso di specie, si instaura senz'altro tra l'Autorità e gli interessi e funzioni pubbliche che la legge affida alla sua cura; questi non hanno ad oggetto la mera tutela della concorrenza nel settore [concorrenza per il mercato], ma sono più in generale orientati – per scelta legislativa e configurazione generale di questa Autorità, come ricavabile dalle sue molte funzioni – a prevenire illegittimità nel settore dei contratti pubblici (tanto che la norma primaria dice solo che la ragione dell'azione sta nella violazione de «le norme in materia di contratti pubblici»), anche indipendentemente da iniziative o interessi dei singoli operatori economici o dei partecipanti alle procedure di gara (il cui interesse è piuttosto individuale, non generale come quello curato dall'ANAC, ed è diretto al bene della vita connesso all'aggiudicazione, sicché esso – soprattutto nella fase della indizione della gara – non sempre coincide con gli interessi curati dall'ANAC, come sopra ricordato: cfr. Cons. St., Ad. plen.,n. 4/2018 cit., al punto 19.3.5.). L'ANAC, pertanto, è titolata a curare anche in giustizia, seppure nei termini generali e nelle forme proprie del processo amministrativo, gli interessi e le funzioni cui è preposta dalla legge e sintetizzate dai precetti di questa: perciò le è consentito (anche) di agire in giudizio seppur nei limiti segnati dall'art. 211 e dal suo regolamento (così anche la citata pronuncia della Ad. Plen ., n. 4/2018, che – pur qualificando il potere di agire ex art. 211 cit. come un caso di «legittimazione processuale straordinaria» – precisa che «la disposizione di cui all'art. 211 del d.lgs. n. 50/2016 [non] si muove nella logica di un mutamento in senso oggettivo dell'interesse [...] a che i bandi vengano emendati immediatamente da eventuali disposizioni (in tesi) illegittime, seppure non escludenti: essa ha subiettivizzato in capo all'Autorità detto interesse, attribuendole il potere diretto di agire in giudizio nell'interesse della legge»)».

Il parere reso dall'Autorità, poi, sollecita l'eliminazione delle violazioni riscontrate ma non costituisce strumento di autotutela né vincola la Stazione appaltante all'esercizio di poteri di autotutela; afferma infatti la già citata pronuncia del Consiglio di Stato che il parere di cui all'art. 211, comma 1-ter, d.lgs. n. 50/2016 «non è riconducibile all'ambito degli strumenti di autotutela, posto che non ha natura vincolante per l'amministrazione destinataria e nemmeno crea un obbligo di agire in autotutela e in conformità al suo contenuto (come, invece, prevedeva l'art. 211, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, per la «raccomandazione vincolante» dell'ANAC, al cui mancato adeguamento seguiva l'applicazione di una sanzione pecuniaria: disposizione abrogata dall'art. 123, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 56/2017). Non si può assumere, quindi, che quel parere costituisca l'atto di avvio di un procedimento di riesame in autotutela da parte della stazione appaltante, con le conseguenze che – quanto a disciplina della fattispecie e, in specie, necessaria valutazione degli interessi coinvolti – deriverebbero da tale premessa (si osservi che il parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, n. 1119 del 26 aprile 2018, reso sullo schema di regolamento per l'esercizio dei poteri di cui all'art. 211 cit., qualifica il parere di cui al comma 1-ter come atto «privo di natura provvedimentale, trattandosi di un atto di sollecitazione all'eventuale autonomo esercizio del potere di autotutela da parte della stazione appaltante [...]»: punto III.3.2.)».

Inoltre, l'esercizio del potere di ritiro da parte della Stazione appaltante sembra prescindere, nel caso previsto dall'art. 211, comma 1 -ter , da una specifica valutazione circa la sussistenza dei presupposti di cui all'art. 21-nonies, l. n. 241/1990, configurandosi come un potere di autotutela sui generis strettamente collegato al potere dell'Autorità di settore di rilevare la violazione della disciplina ad esso relativa e di ricorrere avverso gli atti di gara. In ogni caso l'impugnazione proposta dall'Autorità è rivolta nei confronti degli atti della procedura e non della decisione della Stazione appaltante di non procedere al ritiro degli stessi nell'esercizio del potere di autotutela, che funge semplicemente da presupposto ulteriore della legittimazione dell'Autorità alla impugnazione dei provvedimenti. Infatti, qualora l'Amministrazione decidesse, attenendosi al parere formulato dall'Autorità, di eliminare i vizi da questa riscontrati, la citata Autorità non avrebbe ragione di impugnare gli atti della procedura.

2) Il ricorso dell'ANAC necessita di una particolare motivazione?

Negativa la risposta di Cons. St. V, 6787/2020: «L'ANAC può agire in giudizio, seppur nei limiti segnati dall'art. 211, d.lgs. n. 50/2016, e dal suo regolamento senza che sia necessaria una particolare motivazione di tale decisione.

Infatti, la norma primaria non subordina il potere di agire dell'ANAC a ulteriori valutazioni (i cui esiti dovrebbero riflettersi nella motivazione) che investano le ragioni di interesse pubblico, specifico e concreto, all'annullamento giurisdizionale del provvedimento impugnato ad immagine di quanto previsto per l'esercizio del potere di annullamento d'ufficio di cui all'art. 21-nonies, l. n. 241/1990.

La conclusione è evidente per l'ipotesi di ricorso diretto nei confronti degli atti di gara relativi a contratti di rilevante impatto, in cui l'interesse a ricorrere dell'Autorità sorge in coincidenza con il rilievo delle violazioni delle norme in materia di contratti pubblici (fermi restando gli altri presupposti relativi alla rilevanza del contratto e alle tipologie di atti impugnabili); ma ciò vale anche per il caso del ricorso preceduto da parere rimasto senza seguito da parte della stazione appaltante. Parere che non è riconducibile all'ambito degli strumenti di autotutela, posto che non ha natura vincolante per l'amministrazione destinataria e nemmeno crea un obbligo di agire in autotutela e in conformità al suo contenuto (come, invece, prevedeva l'art. 211, comma 2, del Codice dei contratti pubblici, per la «raccomandazione vincolante» dell'ANAC, al cui mancato adeguamento seguiva l'applicazione di una sanzione pecuniaria: disposizione abrogata dall'art. 123, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 56/2017).

Non si può assumere, quindi, che quel parere costituisca l'atto di avvio di un procedimento di riesame in autotutela da parte della stazione appaltante, con le conseguenze che – quanto a disciplina della fattispecie e, in specie, necessaria valutazione degli interessi coinvolti – deriverebbero da tale premessa (si osservi che il parere della Commissione speciale del Cons. St. n. 1119/2018, reso sullo schema di regolamento per l'esercizio dei poteri di cui all'art. 211 cit., qualifica il parere di cui al comma 1-ter come atto «privo di natura provvedimentale, trattandosi di un atto di sollecitazione all'eventuale autonomo esercizio del potere di autotutela da parte della stazione appaltante. Pertanto, anche sotto questo profilo non si giustifica la necessità di una particolare motivazione della decisione di agire in giudizio da parte dell'ANAC».

Bibliografia

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