Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 95 - Cause di esclusione non automatica.Codice legge fallimentare Art. 80 Cause di esclusione non automatica. 1. La stazione appaltante esclude dalla partecipazione alla procedura un operatore economico qualora accerti: a) sussistere gravi infrazioni, debitamente accertate con qualunque mezzo adeguato, alle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro nonché agli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali elencate nell'allegato X alla direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014; b) che la partecipazione dell'operatore economico determini una situazione di conflitto di interesse di cui all'articolo 16 non diversamente risolvibile; c) sussistere una distorsione della concorrenza derivante dal precedente coinvolgimento degli operatori economici nella preparazione della procedura d'appalto che non possa essere risolta con misure meno intrusive; d) sussistere rilevanti indizi tali da far ritenere che le offerte degli operatori economici siano imputabili ad un unico centro decisionale a cagione di accordi intercorsi con altri operatori economici partecipanti alla stessa gara; e) che l'offerente abbia commesso un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati. All'articolo 98 sono indicati, in modo tassativo, i gravi illeciti professionali, nonché i mezzi adeguati a dimostrare i medesimi. 2. La stazione appaltante esclude altresì un operatore economico qualora ritenga che lo stesso ha commesso gravi violazioni non definitivamente accertate agli obblighi relativi al pagamento di imposte e tasse o contributi previdenziali. Costituiscono gravi violazioni non definitivamente accertate in materia fiscale quelle indicate nell'allegato II.10. La gravità va in ogni caso valutata anche tenendo conto del valore dell'appalto. Il presente comma non si applica quando l'operatore economico ha ottemperato ai suoi obblighi pagando o impegnandosi in modo vincolante a pagare le imposte o i contributi previdenziali dovuti, compresi eventuali interessi o sanzioni, oppure quando il debito tributario o previdenziale sia comunque integralmente estinto, purché l'estinzione, il pagamento o l'impegno si siano perfezionati anteriormente alla scadenza del termine di presentazione dell'offerta, oppure nel caso in cui l'operatore economico abbia compensato il debito tributario con crediti certificati vantati nei confronti della pubblica amministrazione. 3. Con riferimento alle fattispecie di cui al comma 3, lettera h), dell'articolo 98, l'esclusione non è disposta e il divieto di aggiudicare non si applica quando: a) il reato è stato depenalizzato; b) è intervenuta la riabilitazione; c) nei casi di condanna a una pena accessoria perpetua, questa è stata dichiarata estinta ai sensi dell'articolo 179, settimo comma, del codice penale; d) il reato è stato dichiarato estinto dopo la condanna; e) la condanna è stata revocata. InquadramentoL'art. 95 del d.lgs. n. 36/2023 disciplina le cause di esclusione “non automatica”, vale a dire quelle che non operano in via vincolata, ma richiedono l'esercizio di un potere discrezionale da parte della stazione appaltante o dell'ente concedente. Come precisato nella relazione illustrativa del Consiglio di Stato allo schema di Codice, la scelta della denominazione di “cause di esclusione non automatica”, rispetto a “cause di esclusione facoltativa” (utilizzata nell'art. 57 della direttiva 2014/24/UE), risiede nella constatazione che quest'ultima espressione si prestava ad ingenerare l'equivoco per cui, pur in presenza di un motivo di esclusione, la stazione appaltante potesse stabilire di non disporre l'esclusione dell'operatore economico, senza nemmeno valutare la fattispecie. La formulazione scelta, invece, richiama l'esercizio di un potere discrezionale da parte della stazione appaltante, tracciando al contempo un confine chiaro rispetto alle cause di esclusione “automatica” di cui all'art. 94. La disposizione in commento ripropone in larga parte le cause di esclusione disciplinate al comma 5 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, senza apportare significative novità sul contenuto e sulla modalità di operare delle singole fattispecie escludenti (salvo quanto si preciserà infra in relazione alla tipizzazione del grave illecito professionale). In particolare, il comma 1, lett. a), relativo alle gravi violazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, corrisponde all'art. 80, comma 5, lett. a) del precedente Codice; il comma 1, lett. b), relativo al conflitto di interesse, corrisponde all'art. 80, comma 5, lett. d) del precedente Codice; il comma 1, lett. c), relativo alla distorsione della concorrenza, corrisponde all'art. 80, comma 5, lett. e) del precedente Codice; il comma 1, lett. d), afferente alle situazioni di controllo o collegamento sostanziale tra imprese, corrisponde all'art. 80, comma 5, lett. m) del precedente Codice; il comma 1, lett. e), corrisponde all'art. 80, comma 5, lett. c) del precedente Codice, prevedendo l'esclusione per l'offerente che ha commesso “un illecito professionale grave, tale da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità, dimostrato dalla stazione appaltante con mezzi adeguati”. In attuazione della previsione della legge delega n. 78/2022 (che all'art. 1, comma 1, lett. n) prevede tra i principi e criteri direttivi la “razionalizzazione e semplificazione delle cause di esclusione, al fine di rendere le regole di partecipazione chiare e certe, individuando le fattispecie che configurano l'illecito professionale di cui all'articolo 57, paragrafo 4, della direttiva 2014/24/UE”) il legislatore ha disciplinato la fattispecie del grave illecito professionale in una disposizione autonoma (l'art. 98, richiamato dalla lett. e) dell'art. 95) nel quale sono confluite, oltre alla lett. c) del comma 5 dell'art. 80, anche le lettere c-bis), c-ter), c-quater), h) ed l) del comma 5 dell'art. 80. Il comma 2 dell'art. 95 del nuovo Codice colloca, tra le cause di esclusione non automatiche, anche l'omesso pagamento di imposte, tasse e contributi previdenziali non definitivamente accertate, che il precedente Codice disciplinava all'art. 80, comma 4, insieme alle irregolarità fiscali e contributive definitivamente accertate. Infine, il comma 3 della disposizione in esame riproduce lo stesso contenuto del comma 8 dell'art. 94 (al cui commento si rinvia) prevedendo che, in caso di esclusione per avere commesso un grave illecito professionale derivante dall'avere commesso uno dei reati di cui all'art. 98, comma 3, lett. h) – tra cui abusivo esercizio di una professione, bancarotta semplice e fraudolenta, reati tributari, reati urbanistici, reati di cui al d.lgs. n. 231/2001 – l'esclusione non viene disposta e il divieto di aggiudicazione non si applica quando: a) il reato è depenalizzato; b) è intervenuta la riabilitazione; c) la condanna ad una pena accessoria perpetua è stata dichiarata estinta; d) il reato è stato dichiarato estinto; e) la condanna è stata revocata. Nella relazione illustrativa del Consiglio di Stato allo schema del nuovo Codice viene evidenziato che “tale “duplicazione” si è resa necessaria per dettare la disciplina relativa all'elencazione dei reati “diversi” e di minor gravità rispetto a quelli comportanti l'esclusione obbligatoria di cui al comma 1 dell'art. 94, contenuta nel comma 4, lett. h), dell'art. 98 che tipizza l'illecito professionale. Le gravi infrazioni in materia di salute e sicurezza sul lavoroLa lett. a) del primo comma dell'art. 95, riproduce la causa di esclusione di cui all'art. 80, comma 5, lett. a) del d.lgs. n. 50/2016, in caso di commissione di “gravi infrazioni, debitamente accertate con qualunque mezzo adeguato, alle norme in materia di salute e di sicurezza sul lavoro nonché agli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali”. La ratio sottostante a tale motivo di esclusione è quella di estromettere dalle commesse pubbliche soggetti che hanno violato la normativa a tutela del lavoro, della dignità dei lavoratori e della salvaguardia dell'ambiente, posta a presidio di valori costituzionali. Tale previsione – che recepisce integralmente il combinato disposto dell'art. 57, par. 4, lett. a) e dell'art. 18, par. 2, della direttiva 2014/24/UE – ricalca anche quella dell'art. 38, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 163/2006 che disponeva l'esclusione per i concorrenti incorsi in “gravi infrazioni debitamente accertate alle norme in materia di sicurezza e a ogni altro obbligo derivante dai rapporti di lavoro, risultante dai dati in possesso dell'Osservatorio”. Vi sono, tuttavia, due significative differenze rispetto al Codice del 2006 (già introdotte nell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016): i) viene ampliata la categoria delle infrazioni rilevanti, includendovi anche quelle ambientali e sociali; ii) viene eliminato ogni riferimento al fatto che l'infrazione sia stata annotata presso l'Osservatorio dell'ANAC, lasciando maggiore spazio alle valutazioni discrezionali delle stazioni appaltanti, che possono ora dimostrare la sussistenza delle violazioni de quibus “con qualunque mezzo adeguato”, purché diano congrua motivazione della gravità dell'infrazione e della sussistenza del debito accertamento. Il Consiglio di Stato ha di recente affermato che la violazione degli obblighi in materia di lavoro deve formare oggetto di valutazione in concreto ad opera della stazione appaltante: “la fattispecie ostativa di cui al citato art. 80, co. 5, lett. a), lungi dal consentire una automatica esclusione del concorrente, richiede il previo discrezionale apprezzamento da parte della stazione appaltante, volto a valutare in concreto e “adeguatamente dimostrare” non solo l'effettiva sussistenza di una pretesa infrazione, ma anche il suo necessario carattere di gravità che, ove mai ritenuto sussistente, dovrà altresì essere puntualmente e adeguatamente motivato” (Cons. St. V, n. 5345/2022). Già nella vigenza del d.lgs. n. 163/2006, la giurisprudenza prevalente aveva ritenuto che le stazioni appaltanti potessero utilizzare anche dati non provenienti dall'Osservatorio, considerata la finalità di interesse generale che la norma persegue e la natura non costitutiva dell'inclusione dei dati presso l'Osservatorio (Cons. St. VI, n. 4519/2012; T.A.R. Basilicata n. 742/2013; T.A.R. Emilia Romagna II, n. 90/2012; T.A.R. Sardegna, n. 1394/2009). Per quanto concerne l'ambito di applicazione della causa di esclusione in esame, l'ANAC (allora A.V.C.P., sia pure con riferimento al d.lgs. n. 163/2006, con Determinazione n. 1/2010) ha chiarito che per “infrazioni alle norme in materia di sicurezza” devono intendersi le infrazioni disciplinate da varie normative, tra cui vi rientra il d.lgs. n. 81/2008 (Testo Unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro). Viceversa, per le infrazioni ad ogni obbligo, anzitutto di natura pubblicistica, derivante dai rapporti di lavoro, la norma si presenta come residuale in quanto possono essere escluse quelle correlate a violazioni tributarie e previdenziali, di cui alle lett. g) e i) dell'art. 38 (ora art. 94, comma 2, del d.lgs. n. 36/2023). In tal senso, possono ipotizzarsi, a titolo esemplificativo, violazioni delle prescrizioni sull'igiene nei luoghi di lavoro non riconducibili all'ambito della sicurezza, nonché delle disposizioni in materia di cassa integrazione ovvero in materia di non discriminazione di genere e razza. La lett. a) del primo comma dell'art. 95 (così come la lett. a) del comma 5 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 e la lett. e) del comma 1 dell'art. 38) richiede due presupposti contestuali per integrare la causa di esclusione: i) la gravità e ii) il “debito” accertamento della violazione. Il requisito della gravità è rimesso alla valutazione discrezionale della stazione appaltante, la quale dovrà considerare, ad esempio, il tipo di sanzione comminata al datore di lavoro, l'eventuale reiterazione della condotta, il grado di colpevolezza e le conseguenze dannose discese dalla violazione. Sotto tale profilo, è pacifico che la morte di un dipendente durante lo svolgimento dell'attività lavorativa costituisce una “grave infrazione” alle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro se addebitabile alla responsabilità del datore di lavoro (Cons. St. V, n. 8294/2019; sul carattere discrezionale della valutazione cfr. Cons. St. V, n. 3876/2018). Per quanto riguarda il requisito in base al quale le violazioni devono essere “debitamente accertate”, si era posta (in vigenza del d.lgs. n. 163/2006) la questione sul significato da attribuire a tale espressione. L'Autorità (nella Determinazione n. 1/2010), in fase di prima interpretazione della norma, aveva equiparato tale concetto a quello delle violazioni “definitivamente accertate” (utilizzato dal legislatore per le violazioni fiscali e contributive), osservando che “la definitività dell'accertamento può discendere, a seconda dei casi, da una sentenza passata in giudicato (laddove la violazione configuri un reato) ovvero da un provvedimento amministrativo divenuto inoppugnabile (qualora si tratti di mero illecito amministrativo)”. La giurisprudenza prevalente ha, invece, sostenuto che non sia necessario un accertamento definitivo e che sia sufficiente che l'infrazione sia stata oggetto di un'autonoma verifica da parte dell'Amministrazione (Cons. St. V, n. 3846/2015; Cons. St. VI n. 4519/2012). La giurisprudenza ha in più occasioni affrontato la questione di quali siano i mezzi di prova dai quali la stazione appaltante può trarre convincimento nel senso della responsabilità dell'operatore economico della grave infrazione verificatasi, ritenendo valido mezzo di prova una sentenza penale non ancora passata in giudicato (cfr. Cons. St. V, n. 4519/2012; T.A.R. Campania (Napoli) I, n. 2598/2017; Cons. St. V, n. 7387/2019), come pure il verbale ispettivo dell'Ispettorato del lavoro (cfr. C.G.A.R.S., n. 546/2019; Id. n. 52/2018; Cons. St. V, n. 3876; Cons. St. III, n. 5564/2020; Cons. St. V, n. 8409/2020; Cons. St. V, n. 2963/2021 secondo cui “i verbali del Servizio prevenzione, igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro [costituiscono] esplicazione del potere di accertamento demandato agli organi competenti ed esercitato nelle forme previste dalla legge”). Si è pertanto affermato come pacifico il principio per cui può essere considerato “mezzo adeguato” all'accertamento della “grave infrazione”, ogni documento, anche se proveniente dall'autorità amministrativa (e non solo dall'autorità giudiziaria), che consenta un giudizio sulla responsabilità dell'impresa nella causazione dell'evento alla luce della qualificata ricostruzione dei fatti ivi contenuta (Cons. St. V, n. 7387/2019). Costituisce causa di esclusione anche la dichiarazione reticente resa da un concorrente in relazione alla sussistenza di una potenziale causa di esclusione ai sensi della disposizione in commento, in quanto impedisce alla stazione appaltante di valutare, nell'ambito del proprio potere discrezionale, la gravità dell'infrazione accertata; sicché sussiste per un'impresa l'obbligo di dichiarare l'esistenza di un'infrazione in materia di sicurezza sul lavoro (Cons. St. V, n. 8409/2020; T.A.R. Toscana I, n. 989/2018). Le situazioni di conflitto di interesseL'art. 95, comma 1 del nuovo Codice prevede alla lettera b), quale causa di esclusione non automatica dalla gara, il caso in cui la partecipazione dell'operatore economico determini una situazione di conflitto di interessi, ai sensi dell'art. 16, che non sia diversamente risolvibile. L'art. 16 del nuovo Codice individua l'ipotesi in cui un soggetto possa trovarsi in situazione di conflitto di interessi nell'ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico o di una concessione, oppure nella fase della sua esecuzione. Tale disposizione configura il conflitto di interessi nelle situazioni in cui un soggetto, che abbia compiti “funzionali” in una procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione dell'appalto o della concessione, e possa influenzarne gli esiti, abbia anche un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che possa essere percepito come una minaccia concreta ed effettiva alla sua imparzialità e indipendenza nello svolgimento di tali compiti. La presente causa di esclusione dalle gare è analoga a quella che era prevista nel precedente codice dei contrattid.lgs. 50/2016, all'art. 80, comma 5 lett. d). Nel codice ancora precedente d.lgs. n. 163/2006 erano previste, agli artt. 84 e 90, solo specifiche cause di incompatibilità per i commissari di gara e i progettisti. La direttiva 2014/24/UE, al Considerando (16), evidenzia che “Le amministrazioni aggiudicatrici dovrebbero avvalersi di tutti i possibili mezzi a loro disposizione ai sensi del diritto nazionale per prevenire le distorsioni derivanti da conflitti di interesse nelle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici”. L'art. 24 della direttiva 2014/24/UE (e, analogamente, l'art. 42 della direttiva 2014/25/UE e l'art. 35 della direttiva 2014/23/UE) richiede agli Stati membri di provvedere affinché le amministrazioni aggiudicatrici adottino misure adeguate per prevenire, individuare e porre rimedio in modo efficace ai conflitti di interesse sorti nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti, in modo da evitare distorsioni della concorrenza e garantire la par condicio fra gli operatori economici. Secondo la direttiva, il concetto di conflitto di interesse deve coprire, come soglia minima, “almeno i casi in cui il personale di un'amministrazione aggiudicatrice o di un prestatore di servizi che per conto dell'amministrazione aggiudicatrice interviene nello svolgimento della procedura di aggiudicazione degli appalti o può influenzare il risultato di tale procedura ha, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto”. Con riferimento al precedente codice d.lgs. n. 50/2016, l'Anac ha fornito, con le Linee Guida n. 15 recanti «Individuazione e gestione dei conflitti di interesse nelle procedure di affidamento di contratti pubblici», approvate dal Consiglio dell'Autorità con delibera n. 494 del 5 giugno 2019, indicazioni non vincolanti al fine di agevolare le stazioni appaltanti nell'individuare, prevenire e risolvere i conflitti di interesse, e quindi favorire la diffusione delle migliori pratiche e la standardizzazione dei comportamenti. Le Linee guida recano anche, in forma tabellare, le varie fasi della procedura di gara, i soggetti coinvolti e i potenziali rischi di conflitto di interessi. La ratio della disciplina codicistica va ricercata nella volontà di disciplinare il conflitto di interesse nel contesto della contrattualistica pubblica, particolarmente esposto al rischio di interferenze, a tutela del principio di concorrenza e del prestigio della pubblica amministrazione (Cons. St. Sez. Consultiva sugli Atti Normativi, Parere n. 667/2019). La “Relazione illustrativa agli articoli e agli allegati” del nuovo Codice dei contratti pubblici evidenzia che il comma 1 dell'art. 95 recepisce la nozione eurounitaria di conflitto di interessi. Il comma 2 si pone l'obiettivo di perimetrare e rendere tassativa la nozione comunitaria, recependo gli insegnamenti della giurisprudenza nazionale in materia. Le situazioni di conflitto di interessi assumono una notevole rilevanza nei confronti del soggetto pubblico per le gravi conseguenze giuridiche derivanti dalla omissione della loro dichiarazione. Dunque, non se ne può accettare una definizione generica e indeterminata che non renda possibile inquadrare precisamente l'oggetto della omissione, considerando le ricadute disciplinari ma soprattutto penali, ai sensi dell'art. 323 c.p., per violazione dell'obbligo di astensione (Cons. Stato, Relazione illustrativa agli articoli e agli allegati). Nozione di conflitto di interesse L'art. 16 identifica la situazione di conflitto di interessi nelle ipotesi in cui un soggetto abbia, direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che possa essere percepito come una minaccia concreta ed effettiva alla sua imparzialità e indipendenza nello svolgimento di compiti funzionali nell'ambito di una procedura di gara o nella fase esecutiva di un appalto o di una concessione. Nell'art. 42 del precedente codice dei contrattid.lgs. n. 50/2016, tale situazione si verificava quando il personale della stazione appaltante, o di un prestatore di servizi che intervenisse nella procedura d'appalto anche per conto della stazione appaltante, avesse “direttamente o indirettamente, un interesse finanziario, economico o altro interesse personale che può essere percepito come una minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione.” La nozione di conflitto di interesse, che si giustifica in una logica di prevenzione, si ritrova anche nell'ambito di fattispecie tipiche, quali quelle di cui all'art. 7 del d.P.R. n. 62/ 2013, nonché, sempre al citato art. 7 nella parte in cui si riferisce alle “gravi ragioni di convenienza”. A questa ultima fattispecie va assimilata quella di cui all'art. 6-bis della legge n. 241 del 1990, ovvero di “interesse anche potenziale”. La nozione di conflitto di interesse non si riferisce a comportamenti, ma a stati della persona. Un conflitto di interessi si determina quando a un soggetto giuridico sia affidata la funzione di cura di un interesse altrui (così detto interesse funzionalizzato) ed egli si trovi, al contempo, ad essere titolare (de iure vel de facto) di un diverso interesse la cui soddisfazione avviene aumentando i costi o diminuendo i benefici dell'interesse funzionalizzato. Tale nozione include non soltanto le ipotesi di conflitto attuale e concreto, ma anche quelle che potrebbero derivare da una condizione non tipizzata ma ugualmente idonea a determinare il rischio (Cons. St. Sez. Consultiva sugli Atti Normativi, Parere n. 667/2019; Cons. St. V, n. 2863/2020). Gli elementi indiziari da cui è possibile ricavare un conflitto d'interessi si focalizzano sulla posizione del funzionario della stazione appaltante, di cui deve essere provato l'interesse personale nella gara e il ruolo nella procedura che gli consentirebbe di influenzarla (TAR Sardegna, I, n. 190/2022). La nozione di conflitto di interessi ha carattere oggettivo e per definirla occorre prescindere dalle intenzioni degli interessati, e in particolare dalla loro buona fede (Trib. I grado UE, 20 marzo 2013, T-415/10). Dunque, fatte salve le situazioni tipizzate, perché possa configurarsi un conflitto di interesse è necessario che sussista un bisogno, materiale o immateriale, da soddisfare, indipendentemente dall'effettivo concretizzarsi di un vantaggio, ma per il solo pericolo di pregiudizio che la situazione conflittuale può ingenerare (Cons. St. III, n. 5151/2020). La giurisprudenza ha confermato l'orientamento (formatosi in vigenza del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163 e del d.P.R. 10 dicembre 2010, n. 207, che non recavano una specifica disciplina del conflitto di interesse, ma che non è contraddetto dalla disciplina attualmente vigente), secondo cui le situazioni di conflitto di interesse nell'ambito dell'ordinamento pubblicistico possono essere rinvenute volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall'art. 97 Cost., quando esistano contrasto ed incompatibilità anche solo potenziali fra il soggetto e le funzioni che gli vengono attribuite (Cons. St. V, n. 3415/2017). Si configurava un conflitto di interesse nel caso di un o.e. che, nel perseguire l'interesse “funzionalizzato” (alla cura dell'interesse altrui) proprio dell'Amministrazione che gli aveva conferito un incarico fiduciario di consulenza, aveva anche partecipato alla gara, nel perseguimento del proprio interesse economico. La norma è lato sensu una “norma di pericolo”, nel senso che essa e le misure che contempla (astensione dei dipendenti) o comporta (esclusione dell'impresa concorrente ai sensi dell'art. 95 comma 1 lett. b) d.lgs. n. 50/2016) operano per il solo pericolo di pregiudizio che la situazione conflittuale possa determinare (Cons. St. V, n. 355/2019). Riprendendo alcuni spunti contenuti nel parere del Consiglio di Stato n. 667 del 5 marzo 2019 (reso sulle Linee guida ANAC in materia di conflitto di interessi), il comma 2 dell'art. 16 precisa che un conflitto di interessi si determina le volte in cui a un soggetto sia affidata la funzione di cura di un interesse altrui (così detto interesse funzionalizzato) ed egli si trovi, al contempo, ad essere titolare (de iure vel de facto) di un diverso interesse la cui soddisfazione avviene aumentando i costi o diminuendo i benefici dell'interesse funzionalizzato. Il conflitto di interessi non consiste quindi in comportamenti dannosi per l'interesse funzionalizzato, ma in una condizione giuridica o di fatto dalla quale scaturisce un rischio di siffatti comportamenti, un rischio di danno. L'essere in conflitto e abusare effettivamente della propria posizione sono due aspetti distinti (Cons. Stato, Relazione agli articoli e agli allegati). L'interesse personale dell'agente, che potrebbe porsi in contrasto con l'interesse pubblico alla scelta del miglior offerente, può essere di natura finanziaria, economica o dettato da particolari legami di parentela, affinità, convivenza o frequentazione abituale con i soggetti destinatari dell'azione amministrativa. L'Anac ha osservato (delibera n. 63/2023) che la formulazione letterale adottata dall'art. 7 d.P.R. n. 62/2013 non lascia dubbi in ordine alla volontà di distinguere concettualmente la nozione di parentela da quella di affinità. Alla luce delle corrispondenti nozioni civilistiche (artt. 77-78 c.c.) l'Anac ha ritenuto che la nozione di parentela rilevante includa i parenti fino al sesto grado, conseguendone un obbligo dichiarativo, ove il legame sussista. Non ogni legame parentale impone un obbligo assoluto e automatico di astensione o sostituzione (Anac, delibera n. 273/2022) oppure di esclusione del concorrente (TAR Sicilia Palermo, n. 364/2022), quanto piuttosto una valutazione concreta, caso per caso, di incidenza del legame rispetto al regolare svolgimento dell'affidamento. L'interesse deve essere tale da comportare la sussistenza di gravi ragioni di convenienza all'astensione, tra le quali va considerato il potenziale danno all'immagine di imparzialità dell'amministrazione nell'esercizio delle proprie funzioni. L'interesse economico finanziario non deve derivare da una posizione giuridica indifferenziata o casuale, quale quella di utente o di cittadino, ma da un collegamento personale, diretto, qualificato e specifico dell'agente con le conseguenze e con i risultati economici finanziari degli atti posti in essere.(Anac, Linee guida n. 15; delibere n. 881/2020; n. 762/2019 e n. 864/2018). L'attività professionale pregressa non era di per sé sufficiente a configurare, in capo a un commissario di gara, un interesse concreto e specifico che potesse trovare soddisfacimento nell'aggiudicazione della gara a un determinato concorrente, anche in considerazione dell'assenza della dimostrazione di perduranti legami professionali, o anche amicali, con l'attuale compagine societaria. Il fatto che la società avesse nel frattempo subito una serie di trasformazioni (oggetto sociale e controllo societario), unita alla considerazione del decorso di un lasso temporale significativo rispetto al ruolo ricoperto, portavano ragionevolmente a escludere che la pregressa posizione professionale potesse evolvere in un potenziale conflitto di interesse (Anac, delibera n. 881/2020). Ambito oggettivo e soggettivo di applicazione L'articolo 16 del nuovo codice, così come il precedente art. 42 del d.lgs. n. 50/2016, si applica a tutte le procedure di aggiudicazione di appalti e concessioni nei settori ordinari, sopra e sotto soglia, agli appalti nei settori speciali e agli appalti assoggettati al regime particolare di cui alla parte II, titolo VI del codice dei contratti pubblici, nonché ai contratti esclusi. Si applica anche alle società pubbliche e ai soggetti privati che operano in qualità di stazioni appaltanti. Si applica inoltre espressamente alla fase di esecuzione dei contratti pubblici, che peraltro era già stata ritenuta compresa nell'ambito oggettivo di applicazione del codice precedente (Anac, Linee guida n. 15). L'Anac ha richiamato l'attenzione sugli affidamenti diretti e sulla necessità di una scrupolosa applicazione, da parte della stazione appaltante, delle regole poste a presidio e prevenzione del conflitto di interesse, in quanto trattasi di procedure peculiari caratterizzate da un ridotto o assente confronto competitivo e nelle quali l'operatore economico è scelto discrezionalmente e direttamente dal personale della stazione appaltante (Anac, delibera n. 376/2022). La disciplina trova pacifica applicazione anche in riferimento agli affidamenti gestiti mediante albo fornitori, caratterizzati dalla preventiva iscrizione del concorrente nell'albo fornitori, in quanto tale iscrizione e il successivo affidamento postulano la verifica del possesso, in capo all'aggiudicatario, dei requisiti generali, fra i quali l'insussistenza di situazioni di conflitto di interesse tra l'operatore economico e il personale della stazione appaltante (Anac, delibera n. 377/2022). Rispetto all'art. 42 del precedente Codice dei contrattid.lgs. n. 50/2016, che si riferiva al “personale” della stazione appaltante o di un prestatore di servizi, la nuova norma utilizza un'espressione più ampia, riferendosi a qualsiasi “soggetto”. L'art. 16 si riferisce a «un soggetto che, a qualsiasi titolo, interviene con compiti funzionali nella procedura di aggiudicazione o nella fase di esecuzione degli appalti o delle concessioni e ne può influenzare, in qualsiasi modo, il risultato, gli esiti e la gestione», mentre la norma precedente si riferiva al “personale di una stazione appaltante o di un prestatore di servizi”. La norma non riduce il presidio anticorruzione, che anzi resta invariato e viene anche esteso con più chiarezza alla fase della esecuzione e ai soggetti non dipendenti della p.a.. L'art. 16 in esame specifica infatti che il conflitto di interessi può riguardare qualsiasi soggetto, anche non formalmente lavoratore dipendente della stazione appaltante o dell'ente concedente, che interviene nella procedura di aggiudicazione e di esecuzione con compiti funzionali (che implichino esercizio della funzione amministrativa, con esclusione di mansioni meramente materiale o d'ordine) e che, pertanto, sia in grado di influenzarne il risultato (Cons. Stato, Relazione illustrativa agli articoli e agli allegati). Era stato comunque osservato che già lo stesso art. 2 del “Codice di comportamento dei dipendenti pubblici” – d.P.R. n. 62/2013 definisce in modo quanto mai ampio e onnicomprensivo la nozione di “dipendenti delle pubbliche amministrazioni”, sino a ricomprendervi “i collaboratori o consulenti, con qualsiasi tipologia di contratto o incarico”, nonché i “collaboratori a qualsiasi titolo di imprese fornitrici di beni o servizi e che realizzano opere in favore dell'amministrazione” (CONTESSA). Questione particolarmente rilevante attiene alla possibilità che il conflitto di interesse si manifesti direttamente in capo alla stazione appaltante, nel caso in cui tra la stazione appaltante ed un concorrente intercorra un rapporto di controllo o collegamentoex art. 2359 c.c.. La questione non può farsi rientrare nella categoria giuridica del conflitto di interesse, bensì nella problematica attinente alla tutela della concorrenza e della par condicio dei partecipanti. Il concetto stesso di conflitto di interesse dell'agente e la relativa normativa non si attagliano alla fattispecie (Cons. St. Sez. Consultiva sugli Atti Normativi, Parere n. 667/2019). Deve escludersi che la mera partecipazione dell'ente pubblico ad una società concorrente rappresenti un elemento tale da pregiudicare la regolarità della gara (Cons. St. V, n. 3401/2018). L'ipotesi della partecipazione ad una procedura di evidenza pubblica di una società partecipata dalla stazione appaltante, sebbene possa avere un «impatto potenzialmente maggiore sul piano dell'imparzialità e della trasparenza», è estranea all'ambito di applicazione della norma sul conflitto di interessi (Cons. St. V, n. 5370/2020; Cons. St. V, n. 2511/2019). Non è sufficiente evocare il mero rapporto di “colleganza” ovvero di “conoscenza”, in quanto espressione di un approccio congetturale (Cons. St. V, n. 7462/2020). Il previo rapporto di “colleganza” fra il commissario e il progettista dell'aggiudicataria o comunque l'esistenza di un pregresso rapporto professionale tra costoro non è sufficiente, di per sé, a comprovare, in capo al commissario, la sussistenza – in via diretta o indiretta – di “un interesse finanziario, economico o altro interesse personale” (TAR Campania Salerno, n. 1885/2020). Il nuovo Codice dei contratti pubblici dispone che «In coerenza con il principio della fiducia e per preservare la funzionalità dell'azione amministrativa, la percepita minaccia all'imparzialità e indipendenza deve essere provata da chi invoca il conflitto sulla base di presupposti specifici e documentati e deve riferirsi a interessi effettivi, la cui soddisfazione sia conseguibile solo subordinando un interesse all'altro». Il principio della fiducia è dunque un principio ispiratore della nuova disposizione sul conflitto di interessi. Tale previsione ha destato perplessità per il timore che essa, nel porre l'onere della prova a carico di chi invoca il conflitto, renda difficile l'emersione delle situazioni effettive di conflitto d'interessi (Audizione del Presidente Anac in Commissione Ambiente, Camera dei Deputati). La prevenzione del rischio nelle procedure di gara: obblighi Anche il nuovo Codice prevede (art. 16, co. 3) che «Il personale che versa nelle ipotesi di cui al comma 1 ne dà comunicazione alla stazione appaltante o all'ente concedente e si astiene dal partecipare alla procedura di aggiudicazione e all'esecuzione». Dopo il passaggio del testo alle Camere per il parere di competenza, all'articolo è stato aggiunto il quarto comma, mutuato dall'art. 42 del d.lgs. n. 50/2016, prevedendo che “Le stazioni appaltanti adottano misure adeguate per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione ed esecuzione degli appalti e delle concessioni e vigilano affinché gli adempimenti di cui al comma 3 siano rispettati”. Tra le misure atte a prevenire il rischio di interferenza dovuto a conflitti di interesse meritano particolare attenzione quelle relative agli obblighi di dichiarazione, di comunicazione e di astensione. Il rischio viene valutato ex ante rispetto all'azione amministrativa. Le dichiarazioni costituiscono il principale strumento attraverso il quale le stazioni appaltanti possono prevenire possibili situazioni di rischio, facendole emergere anticipatamente (Anac, Atto del Presidente 13 luglio 2022). All'atto dell'assegnazione all'ufficio i dipendenti pubblici rendono la dichiarazione di cui all'articolo 6, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica n. 62/2013, avente ad oggetto la sussistenza di potenziali conflitti di interesse. In relazione al conferimento di incarichi nell'ambito di una specifica procedura di gara, la nomina è subordinata all'acquisizione della dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà e di certificazione, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica n. 445/2000 sull'assenza di conflitti di interesse, che va resa al responsabile del procedimento. Il RUP rilascia la dichiarazione sui conflitti di interesse al soggetto che lo ha nominato e/o al superiore gerarchico. Le situazioni di conflitto di interesse sopravvenute vanno comunicate immediatamente al responsabile dell'ufficio di appartenenza e al RUP. La sussistenza di un conflitto di interesse comporta il dovere di astensione dalla partecipazione alla procedura. La partecipazione del soggetto che versi in una situazione di conflitto di interessi comporta l'insorgere di responsabilità penali, amministrative e disciplinari (Anac, Linee guida n. 15). L'amministrazione di appartenenza è chiamata a provvedere alla raccolta, alla protocollazione e alla conservazione delle dichiarazioni sui conflitti d'interesse, nonché al loro tempestivo aggiornamento in occasione di qualsivoglia variazione sopravvenuta dei fatti dichiarati all'interno del fascicolo relativo alla singola procedura. L'omessa conservazione e protocollazione delle dichiarazioni assume un'importanza strumentale alla tempestiva verifica dell'effettiva sussistenza di situazioni di conflitto e non consente di dare certezza in ordine alla data nella quale le dichiarazioni sono state rese, in ultimo incidendo sull'adeguatezza dell'attività di vigilanza cui è chiamata la stazione appaltante (Anac, delibera n. 376/2022). Il soggetto che, prima di prendere servizio presso la stazione appaltante, abbia svolto, senza soluzione di continuità, un'attività lavorativa per conto di un appaltatore, che successivamente partecipi ad una gara indetta dalla stazione appaltante o stipuli con quest'ultima un contratto di appalto pubblico o abbia in corso un contratto di appalto, nell'ambito dei quali il medesimo soggetto venga nominato RUP o DEC, ha l'obbligo di dichiarare la sussistenza del conflitto di interesse all'Amministrazione di appartenenza, al fine di consentire a quest'ultima di compiere le opportune valutazioni o adottare ogni utile iniziativa. Nelle more della decisione dell'Amministrazione, il dipendente ha l'obbligo di astenersi dal compiere ogni atto relativo al procedimento o al contratto in relazione ai quali si trovi in potenziale conflitto di interesse. La notorietà del rapporto lavorativo pregresso, per un verso, non esclude la responsabilità del dipendente per omessa dichiarazione della sussistenza di un potenziale conflitto di interesse, che avrebbe dovuto comportare la sua astensione fino alla decisione assunta dalla stazione appaltante e, per altro verso, amplia quella dell'Amministrazione che, seppur consapevole della situazione di conflitto, non ha intrapreso alcuna iniziativa (Anac, delibera n. 273/2022). All'esito di un'indagine condotta sulle modalità di gestione dei conflitti d'interesse da parte dei Comuni, in particolare negli affidamenti diretti, l'Anac, nel rammentare che la gestione di tali situazioni costituisce una ordinaria misura di prevenzione della corruzione, ha rilevato alcune criticità, quali l'omesso rilascio delle dichiarazioni, il rilascio di dichiarazioni tardive, o da parte di soggetti diversi da quelli obbligati (Anac, Comunicato del Presidente 11 gennaio 2023). Spetta alle stazioni appaltanti prevedere misure adeguate per individuare, prevenire e risolvere in modo efficace ogni ipotesi di conflitto di interesse nello svolgimento delle procedure di aggiudicazione degli appalti e delle concessioni (Cons. St., Sez. Consultiva per gli Atti Normativi, Parere n. 667/2019; Corte giustizia UE, 12 marzo 2015, C- 538/131). Le dichiarazioni devono avere data certa e, quindi, vanno datate e sottoscritte (dal soggetto interessato) e protocollate (dalla stazione appaltante) (Cons. St. Sez. Consultiva sugli Atti Normativi, Parere n. 667/2019). L'obbligo di astensione, ove prescritto, è inteso per giurisprudenza costante dalla Suprema Corte come un dovere di astensione introdotto nell'ordinamento in via generale e diretta dall'art. 323 c.p. (ex multis Cass. Pen. VI, n. 14457/2013; Cass. Pen. VI, n. 7992/2004) quale norma penale in bianco, completata dal richiamo alle varie ipotesi di astensione contemplate dalle leggi speciali, indipendentemente dall'avverarsi del fatto dannoso. È necessario assicurare che i dipendenti abbiano piena contezza delle sanzioni applicabili per il caso di omessa/falsa dichiarazione sulla sussistenza delle situazioni di rischio, e indicare ai dipendenti anche gli effetti della violazione delle disposizioni sul conflitto di interessi, con particolare riferimento alla possibile configurazione dell'eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento della funzione tipica dell'azione amministrativa, che può condurre all'annullamento d'ufficio del provvedimento adottato quando i relativi effetti contrastino con l'interesse pubblico specifico del procedimento, rinvenibile nella scelta del contraente più idoneo (De Nictolis, 544). Esclusione dalla gara L'art, 95, co. 1 lett. b) del d.lgs. n. 36/2023 prevede che un provvedimento di esclusione può essere adottato solamente quando la stazione appaltante abbia verificato che non sussistono altri rimedi per assicurare la tutela della par condicio fra i concorrenti e la trasparenza. Anche il Codice precedente prevedeva l'esclusione quale extrema ratio (art. 80, comma 5 lett. d) d.lgs. n. 50/2016). Quando la situazione di conflitto non è altrimenti risolvibile, dunque, è l'operatore economico a sopportarne le conseguenze con l'esclusione dalla partecipazione alla procedura d'appalto. Se il conflitto di interesse è evidenziato in una fase più avanzata del procedimento di gara, o addirittura successivamente all'aggiudicazione, non può che trovare applicazione la misura demolitoria, che, secondo la regola generale, colpisce il provvedimento conclusivo della procedura, viziato in via derivata dal conflitto di interesse (Cons. St. III, n. 5151/2020; Cons. St. V, n. 7389/2019). Nel settore dei contratti pubblici l'ipotesi di conflitto di interesse nell'affidamento di una determinata attività a un funzionario, che contestualmente sia titolare di interessi personali o di terzi, non può essere predicata in via astratta, ma deve essere accertata in concreto sulla base di prove specifiche (Cons. St. V, n. 2863/2020; Cons. St. n. 5370/2020; n. 2511/2019; TAR Lazio IV, n. 5786/2022). Le situazioni di incompatibilità nelle gare pubbliche devono risultare oggetto di specifica ed inequivoca prova, anche sulla base di elementi di fatto indizianti, gravi, precisi e concordanti, non potendo farsi riferimento ad elementi presuntivi e generici (Cons. St. III, n. 330/2020). Per pacifica giurisprudenza, il conflitto di interessi – proprio per la sua latitudine con rischio di effetti escludenti in danno per la concorrenza a causa della limitazione dei potenziali aspiranti – deve essere sempre verificato in concreto, tramite riscontro dell'obiettivo vantaggio competitivo conseguito direttamente o indirettamente garantitosi (TAR Piemonte I, n. 58/2022). Si deve considerare che il conflitto di interesse è una situazione bilaterale. Essa dipende allo stesso tempo dalla ineliminabile situazione personale, per una parte, del concorrente, per l'altra del funzionario o consulente incardinato nell'organizzazione della Stazione appaltante. Si consideri che il concorrente, con la sua partecipazione, non ha fatto altro che fruire di un suo interesse legittimo costituzionalmente protetto, e che non necessariamente deve essere a conoscenza della situazione personale che genera al conflitto. Conseguentemente non può essere addossato al concorrente alcun obbligo di eliminare il conflitto di interessi, poiché, dal canto suo, l'unico mezzo sarebbe per lui quello di non partecipare alla gara, il che inciderebbe sui suoi diritti costituzionali. L'obbligo di risolvere il conflitto incombe sempre sul funzionario pubblico e sulla stazione appaltante, la quale è titolare del potere di garantire e soddisfare l'interesse legittimo, ed è quindi tenuta ad adeguare la propria organizzazione per permetterne la soddisfazione e il conseguimento del bene della vita sottostante, per altro tutelato dall'art. 41 della Costituzione. Per dare un'applicazione costituzionalmente orientata alla previsione, la irrisolvibilità del conflitto va valutata in termini di impossibilità oggettiva, che non faccia riferimento a ragioni di correntezza amministrativa o alle sia pure gravi difficoltà organizzative, che possono sempre, e comunque devono, essere superate. La concomitanza della omissione della dichiarazione di conflitto da parte di entrambe le parti, che faccia sospettare un accordo collusivo, potrà essere valutata dalla stazione appaltante, oltre che disciplinarmente a carico del funzionario pubblico che abbia omesso un atto dovuto, anche a carico del concorrente per omissione delle “informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione”. In ogni caso l'esclusione non è automatica, ma deve essere pronunciata all'esito di una valutazione della stazione appaltante, e motivata non attraverso il semplice riferimento alla duplice omissione ma attraverso la valutazione della gravità dell'incidenza sullo svolgimento della procedura di gara nonché delle circostanze della situazione concreta, come ad esempio la oggettiva impossibilità per il concorrente di conoscere la sussistenza del conflitto (Cons. St. Sez. Consultiva sugli Atti Normativi, Parere n. 667/2019). L'esclusione non è giustificata nei casi in cui si possa dimostrare che tale situazione non ha avuto alcuna incidenza sul comportamento nella procedura di gara, e non determina alcun rischio reale di falsare la concorrenza tra gli offerenti. Infatti, secondo una costante giurisprudenza, l'amministrazione aggiudicatrice è tenuta a vegliare sul rispetto, in ogni fase della procedura di gara d'appalto, del principio di parità di trattamento e, di conseguenza, delle pari opportunità di tutti gli offerenti. Il principio di trasparenza, che ne rappresenta un corollario, implica che tutte le condizioni e modalità della procedura di aggiudicazione siano formulate in maniera chiara, precisa e univoca, nel bando di gara o nel capitolato d'oneri e che tutte le informazioni tecniche pertinenti siano messe, appena possibile, a disposizione di tutte le imprese che partecipano ad un appalto pubblico. Il ragionamento in termini di rischio di conflitto di interessi impone da un lato una valutazione concreta dell'offerta, dall'altro della situazione dell'offerente, e l'esclusione è un rimedio volto a garantire il rispetto dei principi di trasparenza e di parità di trattamento tra gli offerenti (Trib. I grado UE II, n. 403/12 del 13 ottobre 2015; TAR Emilia Romagna (Bologna) II, n. 256/2020). L'impossibilità di sostituire il dipendente, di disporre l'avocazione dell'attività al responsabile del servizio o di ricorrere a formule organizzative alternative deve essere assoluta, oggettiva, puntualmente ed esaustivamente motivata e dimostrata. Se tali condizioni si verificano successivamente all'aggiudicazione, la stazione appaltante, previa idonea ponderazione degli interessi coinvolti, effettua le valutazioni di competenza in ordine all'annullamento dell'aggiudicazione o alla risoluzione del contratto (Anac, Linee guida n. 15). A fronte di una presunta illegittima aggiudicazione, a motivo di pregressi rapporti professionali intercorsi fra il progettista/direttore dei lavori dell'opera oggetto di affidamento e la mandante dell'aggiudicataria nel triennio antecedente, l'operato della stazione appaltante era ritenuto conforme alla normativa di settore in quanto essa acquisiva la necessaria dichiarazione da parte della concorrente aggiudicataria relativamente alla sussistenza o meno di eventuali condizioni di controllo e collegamento con il progettista e i suoi collaboratori nello svolgimento dell'incarico, da cui emergeva che la concorrente non aveva svolto attività di supporto alla progettazione in merito ai lavori oggetto dell'odierno affidamento (Anac, delibera n. 762/2019). La sussistenza di un potenziale conflitto di interessi in capo a un concorrente non poteva derivare dalla semplice circostanza che esso fosse l'affidatario del servizio di manutenzione del sistema informativo sul quale dovevano essere caricate le offerte per la procedura di gara, in quanto esso non risultava aver assunto il ruolo di prestatore di servizi rispetto alla gara in esame e il suo personale non aveva contribuito alla materiale predisposizione degli atti di gara né rivestito alcun ruolo attivo o determinante nello svolgimento della procedura idoneo ad influenzare il processo decisionale della Stazione appaltante. La eterogeneità tra le prestazioni affidate nell'ambito del contratto di manutenzione del sistema informativo e quelle oggetto della gara consentiva di escludere una possibile asimmetria informativa o una posizione di vantaggio. Inoltre, sia la tempistica di produzione delle offerte sia la misura cautelativa della disabilitazione delle utenze di accesso ai server del sistema informativo e la contestuale consegna delle password a un solo funzionario apparivano sufficienti a escludere che, all'atto della presentazione dell'offerta per la gara in esame, l'operatore economico versasse in una situazione di conflitto d'interesse (Anac, delibera n. 80/2020). Distorsione della concorrenzaL'art. 95, comma 5 del nuovo Codice dei contratti pubblicid.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, adottato in attuazione dell'art. 1 della legge 21 giugno 2022, n. 78, prevede alla lettera c), quale causa di esclusione non automatica dalla gara, l'ipotesi in cui la stazione appaltante accerti “una distorsione della concorrenza derivante dal precedente coinvolgimento degli operatori economici nella preparazione della procedura d'appalto che non possa essere risolta con misure meno intrusive”. Il motivo di esclusione, già presente all'art. 80, comma 5 lett. e) del precedente Codice d.lgs. n. 50/2016, lì si ricollegava espressamente alla previsione dell'art. 67, intitolata “Partecipazione precedente di candidati o offerenti”, che ricomprendeva anche il caso in cui la stazione appaltante avesse scelto di svolgere le consultazioni preliminari di mercato di cui all'art. 66. I citati articoli 66 e 67 del d.lgs. n. 50/2016, nel ricalcare gli articoli 40 e 41 della direttiva 2014/24/UE (e i corrispondenti articoli 58 e 59 della direttiva 2014/25/UE per i settori speciali, mentre disposizioni analoghe non si rinvengono nella direttiva 2014/23 sulle concessioni), disciplinavano il caso in cui un soggetto offerente, avendo partecipato ad una delle fasi preliminari all'effettuazione della gara, potesse trovarsi in una situazione di vantaggio competitivo nei confronti degli altri concorrenti. Essi rappresentavano una novità recata dall'art. 80, comma 5 lettera e) del Codice dei contrattid.lgs. n. 50/2016, in quanto disposizioni analoghe non erano presenti nel precedente d.lgs. n. 163/2006. Nel nuovo Codiced.lgs. n. 36/2023 le consultazioni preliminari di mercato sono disciplinate all'art. 77, inserito nella parte V dedicata allo “Svolgimento delle procedure”, in particolare nel Titolo I sugli “Atti preparatori”. Il successivo art. 78 disciplina il caso della “Partecipazione alle consultazioni preliminari di candidati o offerenti”. Tale disposizione, nel ricalcare i contenuti dell'art. 67 del d.lgs. n. 50/2016, individua ex ante le ipotesi in cui il rischio di commistioni vengono maggiormente in essere: (i) nel caso in cui l'operatore economico – o un'impresa a questo collegata – abbia fornito la documentazione di cui all'articolo 77, comma 2, del Codice; (ii) oppure, nel caso in cui lo stesso abbia altrimenti partecipato alla preparazione della procedura di aggiudicazione dell'appalto. L'art. 41 della direttiva 2014/24/UE (al pari dell'art. 59 della direttiva 2014/25/UE) rappresenta una novità in ambito europeo e positivizza alcune delle interpretazioni giurisprudenziali raggiunte medio tempore dalla Corte di Giustizia. Tra le soluzioni di maggiore rilevanza rientra senza dubbio l'ammissibilità della doppia partecipazione. Ossia, la possibilità – oggi pacifica e positivizzata – di partecipare sia alla procedura preliminare che alla successiva fase di gara. La Corte ha infatti chiarito che la partecipazione alla consultazione preliminare o, ancor di più, alla preparazione di una procedura di gara non comprometterebbe, di per sé, la partecipazione alla successiva fase di gara, purché, in virtù di tale partecipazione anticipata, l'operatore non abbia beneficiato di un vantaggio concorrenziale rispetto agli altri concorrenti. L'istituto, indubbiamente rivolto alle commesse di maggiore complessità sul piano tecnico, si presta a possibili alterazioni per la contestuale presenza degli ampi profili di discrezionalità tecnica che caratterizzano il settore della contrattualistica pubblica, e l'esigenza di garantire i principi di libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità, di cui all'art. 30 del Codice dei contratti pubblici. Le stazioni appaltanti dovranno garantire la più ampia partecipazione possibile alle consultazioni preliminari, attraverso avvisi pubblici o anche inviti indirizzati a soggetti con comprovata expertise tecnica (quali esperti o autorità indipendenti), con regole precise volte a stabilire, in maniera trasparente i contributi ammessi e il loro oggetto, nonché misure adeguate affinché la concorrenza non sia falsata (Massari). Il diritto comunitario vuole assicurare un margine di manovra alla stazione appaltante, consentendole di dialogare con il mercato, evitando però al contempo che gli operatori che abbiano coadiuvato la stazione appaltante nella preparazione della procedura possano poi conseguire un indebito vantaggio nella procedura a valle. Tale disciplina assolve anche a obiettivi nazionali di trasparenza e prevenzione della corruzione, mirando a rendere “tracciabili” i contatti preliminari tra stazione appaltante e operatori economici (De Nictolis, 1073). La Relazione illustrativa agli articoli e agli allegati del nuovo Codice dei contratti pubblicid.lgs. n. 36/2023 specifica che l'art. 78, commi 1 e 2, ricalca la disciplina delle Linee Guida ANAC n. 14/2019 («Indicazioni sulle consultazioni preliminari di mercato», approvate dal Consiglio dell'Autorità con delibera n. 161 del 6 marzo 2019), con particolare riferimento alla possibile asimmetria informativa che la partecipazione alle consultazioni preliminari di mercato può comportare in favore di un operatore economico. Pertanto le Linee Guida ANAC n. 14/2019 sono da ritenere, nel complesso, o superate o assorbite dalle nuove diposizioni. Seguendo il criterio di stretta aderenza all'art. 41, par. 3 della direttiva n. 2014/24/UE, è stato specificato che, nei casi critici, spetta al candidato o all'offerente provare che la sua partecipazione alla preparazione o scelta della procedura non gli ha garantito un particolare vantaggio competitivo, soluzione che risulta coerente con il principio di prossimità della prova (Cons. Stato, Relazione agli articoli e agli allegati). Ai sensi dell'art. 78 del nuovo Codice, costituiscono misure adeguate minime: la comunicazione da parte del RUP agli altri candidati o offerenti delle informazioni pertinenti scambiate nel corso delle consultazioni preliminari, e la fissazione di termini adeguati per la presentazione delle offerte. La normativa spicca per lasciare ampi spazi di manovra e di determinazione alle pubbliche amministrazioni nell'applicazione dello strumento delle consultazioni preliminari. Così, per parte della dottrina, si tratta di uno strumento istruttorio, nel caso in cui siano coinvolti esperti e autorità di garanzia, mentre potrà atteggiarsi come strumento lato sensu prenegoziale, qualora venga impiegato nel senso di sollecitare consulenze di operatori del mercato che in futuro potrebbero essere concorrenti in una competizione (Cons. Stato, Sez. Consultiva sugli Atti Normativi, Parere n. 445/2019). Per rimediare alla situazione di asimmetria informativa, lesiva del principio della par condicio dei soggetti concorrenti, il legislatore comunitario attribuisce all'amministrazione committente la facoltà di adottare misure “adeguate” alla necessità di ripristino di condizioni di gara eque (art. 41, comma 1 della direttiva). Come rimedio di carattere generale, il secondo comma dell'art. 41 della direttiva attribuisce alla stazione appaltante la facoltà di comunicare agli altri candidati le informazioni particolari ottenute dal concorrente “avvantaggiato”. Soltanto quando non vi siano “altri mezzi per garantire il rispetto dell'obbligo di osservare il principio della parità di trattamento” è consentito disporre l'esclusione dell'offerente dalla procedura di gara (comma 2, secondo periodo). Strettamente collegato al carattere residuale della sanzione escludente è l'obbligo sancito dal comma terzo di garantire agli offerenti “la possibilità di provare che la loro partecipazione alla preparazione della procedura di aggiudicazione all'appalto non è un elemento in grado di falsare la concorrenza”. Il quadro regolatorio è connotato dal carattere scalare delle misure previste, avendo il legislatore statale espressamente rimarcato che la condivisione delle informazioni “riservate”, ottenute a seguito del coinvolgimento nella fase preparatoria della gara, costituisce la “minima misura adeguata” per riequilibrare la situazione (TRGA Trentino-Alto Adige (Bolzano), n. 98/2020). Di norma il soggetto che partecipa alle consultazioni non è titolare di una posizione differenziata in relazione alla successiva eventuale fase di gara, in ragione dell'autonomia delle due fasi, e la partecipazione ad essa non costituisce condizione di accesso alla successiva gara, anzi, in alcuni casi, può risolversi nella successiva incapacità a contrarre con l'amministrazione aggiudicatrice (TAR Calabria (Reggio Calabria) I, n. 340/2018). È stata ritenuta legittima l'aggiudicazione nel caso in cui siano state adottate tutte le misure idonee a garantire la concorrenza. Nello specifico, erano state illustrate in dettaglio, nel capitolato, le operazioni svolte durante la consultazione preliminare, con indicazione sia degli operatori economici contattati sia delle attività svolte nel corso delle consultazioni, e ai candidati era stato concesso un termine di 35 giorni per formulare le offerte, pur trattandosi di gara sotto soglia (TAR Puglia (Bari) I, n. 340/2021). Esclusione dalla gara La giurisprudenza è concorde nell'attribuire carattere di “extrema ratio” alla sanzione escludente (Cons. St., n. 1650/2019; Cons. St. n. 2853/2018; TAR Toscana I, n. 402/2018), dovendo l'amministrazione aggiudicatrice valutare l'adozione di misure adeguate prima di provvedere alla esclusione. Essa non può avere natura vincolata, dovendo tale misura radicale costituire sempre il risultato della verifica dell'effettiva lesione dei principi concorrenziali (TRGA Trentino-Alto Adige (Bolzano), n. 98/2020). La nozione di partecipazione alla preparazione della procedura di aggiudicazione deve intendersi riferita al fatto che il concorrente abbia in qualsiasi modo e forma contribuito – anche se non necessariamente collaborato – alla predisposizione degli atti preparatori della procedura di gara. D'altronde la causa di esclusione è soltanto la situazione che discende da una “distorsione della concorrenza derivante dal precedente coinvolgimento degli operatori economici nella preparazione della procedura d'appalto che non possa essere risolta con misure meno intrusive”. Ove così non fosse, finirebbe per essere violato il principio di proporzionalità. Conseguentemente, la previsione di esclusione dalla partecipazione deve essere interpretata in maniera rigida e così anche il correlato obbligo dichiarativo. In questo quadro è perfettamente plausibile che la domanda nel DGUE “L'operatore economico o un'impresa a lui collegata ha fornito consulenza all'amministrazione aggiudicatrice o all'ente aggiudicatore o ha altrimenti partecipato alla preparazione della procedura d'aggiudicazione” fosse interpretata nel senso di riferirsi allo svolgimento di un'attività di vera e propria collaborazione nella fase di preparazione della procedura di affidamento, piuttosto che di progettazione definitiva dell'opera all'esito di una precedente gara pubblica di appalto, svolta nel confronto concorrenziale tra operatori del settore. Ciò basta per escludere che la dichiarazione resa possa ritenersi mendace (Cons. St. III, n. 2079/2019). L'omissione, da parte della stazione appaltante, dell'adozione delle misure minime atte ad evitare la distorsione della concorrenza non può determinare l'automatica esclusione della società che ha partecipato alla fase preliminare. L'esclusione può essere disposta solo nel caso in cui vi sia stato da parte di questi un comportamento volutamente scorretto, nel senso che costui abbia dolosamente influenzato l'esito dell'indagine di mercato, non potendosi imputare all'operatore economico a titolo di responsabilità oggettiva l'eventuale effetto distorsivo della concorrenza derivante da scelte errate della stazione appaltante (Cons. Stato, Sez. Consultiva per gli Atti Normativi, n. 455/2019). La violazione di principi generali è invocabile a sanzione di circostanze concrete di riscontrata disparità o asimmetria e non può invece giustificare esclusioni “per presunzione” (TAR Piemonte I, n. 58/2022). Le garanzie partecipative vanno applicate – in linea con l'art. 6 CEDU e l'art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'UE – in misura ancora più stringente nei procedimenti latamente sanzionatori (Cons. St. VI, n. 1368/2020). Come affermato dalla Sezioni Unite, in virtù del principio di riferibilità o di vicinanza della prova, l'onere della prova deve essere ripartito tenuto conto, in concreto, della possibilità per l'uno o per l'altro soggetto di provare fatti e circostanze che ricadono nelle rispettive sfere di azione (Cons. Stato, Sez. Consultiva per gli Atti Normativi, n. 455/2019, che richiama Cass. S.U., n. 13533/2001). Una volta che sia affermata in concreto la lesione del principio della par condicio, la tutela che rimane in capo all'impresa concorrente è l'impugnazione del bando che non abbia previsto sufficienti e proporzionate misure di compensazione dell'eventuale distorsione causata dalla partecipazione di un concorrente alla fase preliminare, ma non può essere – in assenza di indizi che dimostrino che l'operatore abbia intenzionalmente influenzato l'esito dell'indagine di mercato – la pretesa dell'esclusione della concorrente che ha partecipato alla fase preliminare (TAR Molise (Campobasso) I, n. 31/2021). Situazioni di controllo e collegamento tra imprese concorrentiIl d.lgs. n. 36/2023 include, tra le cause di esclusione non automatica dalle gare d'appalto, elencate nell'art. 95, comma 1, la sussistenza (lett. d) di «rilevanti indizi tali da far ritenere che le offerte degli operatori economici siano imputabili ad un unico centro decisionale a cagione di accordi intercorsi con gli operatori economici partecipanti alla stessa gara». Tale causa di esclusione rileva, ai sensi dell'art. 96, comma 10, lett. b) del Codice, «per la sola gara cui la condotta si riferisce [...]». La norma ripropone, con alcune modifiche, la causa di esclusione già contemplata nell'art. 80, comma 5, lett. m), del d.lgs. n. 50/2016, in relazione all'«operatore economico [che] si trovi rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale». Nel nuovo Codice, a differenza della precedente norma sopra richiamata, non si fa più riferimento alla situazione di controllo tra le imprese ai sensi dell'art. 2359 c.c., ma la norma dà rilievo in via generica agli accordi tra operatori economici partecipanti alla gara, quale presupposto della ricorrenza dell'unico centro decisionale che ha influenzato il contenuto delle offerte. La formulazione dell'art. 95, comma 1, lett. d) del d.lgs. n. 36/2023, rispetto all'art. 80, comma 5, lett. m) del d.lgs. n. 50/2016, appare maggiormente coerente con la previsione dell'art. 57, par. 4) lett. d) della direttiva 2014/24/UE, in ragione dell'espressione utilizzata nella stessa, comprensiva anche di eventuali situazioni di controllo e collegamento societario (rilevanti in senso escludente solo se connotate nel senso delineato norma). Ai sensi dell'art. 57, par. 4, lett. d) direttiva, infatti, l'amministrazione aggiudicatrice può procedere all'esclusione del concorrente dalla gara «se dispone di indicazioni sufficientemente plausibili per concludere che l'operatore economico ha sottoscritto accordi con altri operatori economici intesi a falsare la concorrenza». Come sottolineato nella Relazione illustrativa del nuovo Codice «la formulazione proposta [dell'art. 95, comma 1, lett. d] tiene conto dell'art. 57 par. 4 lett. d) della direttiva e della giurisprudenza della Corte di giustizia. Invero, in forza dell'art. 57, par. 4, lett. d) della direttiva, l'amministrazione deve disporre di “indicazioni sufficientemente plausibili per concludere che l'operatore economico ha sottoscritto accordi con altri operatori economici al fine di falsare la concorrenza”. La Corte di giustizia ha sottolineato che l'amministrazione deve valutare il concreto impatto, in termini di influenza, del comportamento dei soggetti che hanno presentato le offerte sulla procedura di gara (“il compito di accertare se il rapporto di controllo in questione abbia esercitato un'influenza sul contenuto delle rispettive offerte depositate dalle imprese interessate nell'ambito di una stessa procedura di aggiudicazione pubblica richiede un esame e una valutazione dei fatti che spetta alle amministrazioni aggiudicatrici effettuare. La constatazione di un'influenza siffatta, in qualunque forma, è sufficiente per escludere tali imprese dalla procedura di cui trattasi. Per contro, la semplice constatazione dell'esistenza di un rapporto di controllo tra le imprese considerate, risultante dall'assetto proprietario o dal numero dei diritti di voto che possono esercitarsi nelle assemblee ordinarie, non è sufficiente affinché l'amministrazione aggiudicatrice possa escludere automaticamente tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell'appalto, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell'ambito di questa procedura” (Corte di giustizia 19 maggio 2009, in causa C-538/07). Sicché si è ritenuto di qualificare gli elementi probatori di cui l'amministrazione deve essere in possesso al fine di valutare la ricorrenza della circostanza escludente in esame nel senso di richiedere che siano rilevanti e non solo plausibili, considerato che la giurisprudenza della Corte di giustizia richiede l'accertamento in concreto dell'impatto dell'offerta concordata sulla specifica gara. Si è mantenuto il richiamo al presupposto, già previsto nella precedente formulazione, dell'imputabilità delle offerte ad un unico centro decisionale in quanto compatibile con la giurisprudenza della Corte di giustizia e con la giurisprudenza amministrativa (Corte di giustizia, 19 maggio 2009, in causa C-538/07). Si è fatto riferimento agli accordi quale presupposto della ricorrenza dell'unico centro decisionale che ha influenzato il contenuto delle offerte presentate in ragione dell'espressione utilizzata nella stessa direttiva, già ritenuta comprensiva di eventuali situazioni di controllo e collegamento societario (rilevanti in senso escludente solo se connotate nel senso delineato dalla lett. d) nella formulazione proposta)». Dunque l'art. 95, comma 1, lett. d), del d.lgs. n. 36/2023, rispetto alla analoga norma del d.lgs. n. 50/2016, detta una disciplina maggiormente coerente con l'art. 57, par. 4, lett. d) della direttiva 24/2014/UE, dando rilievo a qualsiasi accordo tra operatori economici partecipanti alla gara, che possa comportare una concertazione delle offerte, in quanto imputabili ad un unico centro decisionale, determinando così una possibile lesione della concorrenza. Come osservato nella “Comunicazione sugli strumenti per combattere la collusione negli appalti pubblici e sugli orientamenti riguardanti le modalità di applicazione del relativo motivo di esclusione (2021/C 91/01)” della Commissione Europea (del 18.3.2021), l'articolo 57, par. 4, lett. d) della direttiva, attribuisce all'amministrazione aggiudicatrice un ampio margine di discrezionalità nel decidere se escludere o meno un concorrente dalla procedura di gara, qualora sussistano delle indicazioni sufficientemente plausibili di accordi con altro concorrente. La norma, tuttavia, non chiarisce espressamente in quali casi e condizioni, possa ritenersi integrata la causa di esclusione, lasciando quindi alla stessa amministrazione la valutazione, caso per caso, della singola fattispecie escludente. Tale discrezionalità, a norma dell'articolo 57, par. 6, della direttiva, deve essere esercitata consentendo all'offerente di dimostrare la propria affidabilità. L'operatore economico, pertanto, può dimostrare all'amministrazione aggiudicatrice di aver adottato misure correttive sufficienti a porre rimedio alle conseguenze negative dei propri illeciti. Inoltre, la discrezionalità dell'amministrazione aggiudicatrice nell'escludere un operatore economico dalla procedura di aggiudicazione, richiede che la decisione sia accuratamente documentata e adeguatamente motivata. In coerenza con tali principi, l'art. 95, comma 1, lett. d) del nuovo Codice include tra le cause non automatiche di esclusione dalle gare, la sussistenza di «rilevanti indizi tali da far ritenere che le offerte degli operatori economici siano imputabili ad un unico centro decisionale a cagione di accordi intercorsi con gli operatori economici partecipanti alla stessa gara».La norma attribuisce quindi all'amministrazione aggiudicatrice un margine di discrezionalità nel decidere se escludere o meno un concorrente dalla procedura di gara, qualora sussistano dei “rilevanti indizi” di accordi con altro concorrente, al fine di concertare le offerte, in quanto imputabili ad un unico centro decisionale, determinando così una possibile lesione della concorrenza. In relazione alla finalità della norma, comune alla analoga disposizione dell'art. 80, comma 5, lett. m) del d.lgs. n. 50/2016, può richiamarsi l'avviso giurisprudenziale espresso in relazione a tale ultima previsione, a tenore del quale il riferimento all'unicità del “centro decisionale” ivi contenuto, rende evidente che la ratio della stessa è quella di evitare il previo accordo tra gli offerenti che comprometterebbe la segretezza reciproca delle offerte e la serietà del confronto concorrenziale. Il riferimento, poi, alla “medesima procedura di affidamento” conferma che la finalità pro-concorrenziale è, per così dire, “interna” alla singola gara, cioè ad ogni gara che sia finalizzata all'aggiudicazione di un determinato affidamento e quindi di un determinato contratto di appalto (Cons. St. V, n. 2350/2021). Sulla base di tale assunto è stato precisato che la norma de qua non trova quindi applicazione nell'ipotesi in cui le offerte presentate dalle imprese si riferiscano a lotti diversi; ciò in quanto un bando di gara pubblica, suddiviso in lotti, costituisce un atto ad oggetto plurimo e determina l'indizione non di un'unica gara, ma di tante gare, per ognuna delle quali vi è un'autonoma procedura che si conclude con un'aggiudicazione (Cons. St. V, n. 1070 e n. 1071/2020). Pertanto, l'art. 95, comma 1, lett. d) del d.lgs. n. 36/2023, prevedendo la possibilità di escludere i concorrenti per i quali sussistano indizi rilevanti in ordine alla conclusione di un accordo che possa comportare una concertazione delle offerte, assolve alla funzione di garantire il rispetto, nello svolgimento delle procedure di affidamento di contratti pubblici, dei principi di segretezza e serietà delle offerte e di leale ed effettiva competizione tra i concorrenti. Quanto alle modalità di accertamento della causa di esclusione prevista dall'art. 95, comma 1, lett. d) del d.lgs. n. 36/2023, la norma come sottolineato, non contempla l'esclusione automatica dei concorrenti per i quali siano emersi indizi relativi ad accordi finalizzati a concertare le offerte, ma la stazione appaltante è tenuta a verificare caso per caso se in concreto le offerte degli operatori economici interessati siano imputabili ad un unico centro decisionale a cagione di accordi intercorsi con gli operatori economici partecipanti alla stessa gara. Come sottolineato nella Relazione Illustrativa del nuovo Codice in ordine alle previsioni dell'art. 95 «...il “potere” demandato alla Stazione appaltante non riposa in una volizione, ma in un margine di apprezzamento della situazione concreta riconducibile al concetto di discrezionalità tecnica: apprezzata la sussistenza del presupposto enucleato nella disposizione di legge, la scelta espulsiva diviene necessitata. È stato pertanto considerato che l'aggettivo “non automatiche” (peraltro a più riprese utilizzato dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale: cfr. Consiglio di Stato ad. plen., 27 maggio 2021, n. 9) meglio rendesse detto concetto, al contempo tracciando un confine chiaro rispetto alle cause di esclusione “automatica” annoverate nell'art. 94 (laddove nessun margine di apprezzamento è rimesso alla stazione appaltante, che deve limitarsi a riscontrarne la sussistenza)». Ai fini sopra indicati, quindi, l'art. 96, comma 6, del d.lgs. n. 36/2023 specifica che «Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui all'articolo 94, a eccezione del comma 6, e all'articolo 95, a eccezione del comma 2, può fornire prova del fatto che le misure da lui adottate sono sufficienti a dimostrare la sua affidabilità. Se tali misure sono ritenute sufficienti e tempestivamente adottate, esso non è escluso dalla procedura d'appalto. (...)». La disposizione dell'art. 96, comma 6, del nuovo Codice, in coerenza con le previsioni dell'articolo 57, par. 6, della direttiva 2014/24/UE, stabilisce quindi che (anche) nelle situazioni previste dall'art. 95 (ad eccezione del comma 2) deve essere concessa all'operatore economico di dimostrare la propria affidabilità. La Relazione illustrativa del nuovo Codice evidenzia al riguardo che «I commi da 2 a 6 [dell'art. 96] prevedono la “nuova” versione allargata del self cleaning aderente alla direttiva 24/2014 UE: conformemente all'incipit del paragrafo 6 dell'art. 57 della direttiva (“Un operatore economico che si trovi in una delle situazioni di cui ai paragrafi 1 e 4”) nella parte in cui non richiama il paragrafo 2, restano fuori dal perimetro applicativo dell'istituto le violazioni fiscali e previdenziali di cui al comma 6 dell'art. 94 e al comma 2 dell'art. 95 (in passato entrambe contenute nel comma 4 dell'art. 80 del d.lgs. n. 50/2016). Alla luce della modifica introdotta, il self cleaning può riguardare anche eventi verificatisi nel corso della procedura e dopo la presentazione dell'offerta (si rammenta in proposito che le Linee Guida ANAC n. 6, capo 6.2., finora applicate, così recitano: “L'adozione delle misure di self-cleaning deve essere intervenuta entro il termine fissato per la presentazione delle offerte o, nel caso di attestazione, entro la data di sottoscrizione del contratto con la SOA. Nel DGUE o nel contratto di attestazione l'operatore economico deve indicare le specifiche misure adottate.”); È stato ivi previsto l'onere dell'operatore economico di comunicare tempestivamente il verificarsi della causa di esclusione e delle misure adottate (con riferimento a queste ultime: salvo che ciò sia impossibile, ad esempio perché ha avuto notizia della causa di esclusione stessa in epoca assai prossima alla scadenza del termine di presentazione dell'offerta). È stata inoltre inserita una disposizione di chiusura che mira ad evitare che la conclusione della procedura possa essere ritardata a cagione dell'adozione delle misure da parte dell'operatore economico (“in nessun caso l'aggiudicazione può subire dilazioni a cagione dell'adozione delle misure”). Il contraddittorio è garantito dall'obbligo incombente in capo alla stazione appaltante di comunicare, ai sensi del comma 6, all'operatore economico se le misure proposte siano state ritenute insufficienti od intempestive». Ai sensi dell'art. 96, comma 6 del d.lgs. n. 36/2023, pertanto, è consentito all'operatore economico che versi (anche) nella situazione prevista come causa escludente dall'art. 95, comma 1, lett. d), di dimostrare la propria affidabilità alla stazione appaltante, secondo il procedimento disciplinato nel comma 6 dell'art. 96. La disciplina così delineata si pone al termine di un processo evolutivo della causa di esclusione in esame, pure sottolineato dalla giurisprudenza amministrativa, secondo la quale «nel sistema normativo anteriore alle modifiche di cui al d.l. 25 settembre 2009, n. 135, conv., con modif., in l. 20 novembre 2009, n. 166, la sussistenza di situazioni di controllo rappresentava in modo pressoché automatico ragione di esclusione dalla gara, a prescindere dalla prova in concreto circa il reciproco condizionamento delle offerte (cfr. l'abrogato comma 2 dell'art. 34, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163: “Non possono partecipare alla medesima gara concorrenti che si trovino fra di loro in una delle situazioni di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile [...]”). Tale assetto è però mutato per effetto della sentenza della Corte di Giustizia CE, sez. IV, 19 maggio 2009, in C-538/07 dalla quale è scaturita la riformulazione degli artt. 34 e 38, comma 2, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, nonché l'inserimento, nell'ambito del comma 1 del citato art. 38, di una nuova lettera m-quater) che prevedeva l'esclusione dalla partecipazione alle procedure di affidamento dei soggetti “che si trovino, rispetto ad un altro partecipante alla medesima procedura di affidamento, in una situazione di controllo di cui all'articolo 2359 del codice civile o in una qualsiasi relazione, anche di fatto, se la situazione di controllo o la relazione comporti che le offerte sono imputabili ad un unico centro decisionale”). Il complessivo disegno normativo che ne è derivato ha comportato il superamento del pregresso sostanziale automatismo (Cons. Stato, sez. VI, 2 febbraio 2015, n. 462)» (Tar Sicilia, Catania, n. 950/2020). La Corte di Giustizia CE nella sentenza citata (decisione del 19 maggio 2009, in C-538/07), infatti, ha affermato che i rapporti tra imprese di un medesimo gruppo possono essere disciplinati da disposizioni particolari, ad esempio di tipo contrattuale, atte a garantire tanto l'indipendenza quanto la segretezza in sede di elaborazione di offerte che vengano poi presentate contemporaneamente dalle imprese in questione nell'ambito di una medesima gara d'appalto. In tale contesto, il compito di accertare se il rapporto di controllo in questione abbia esercitato un'influenza sul contenuto delle rispettive offerte depositate dalle imprese interessate nell'ambito di una stessa procedura di aggiudicazione pubblica richiede un esame e una valutazione dei fatti che spetta alle amministrazioni aggiudicatrici effettuare. La constatazione di un'influenza siffatta, in qualunque forma, è sufficiente per escludere tali imprese dalla procedura di cui trattasi. Per contro, la semplice constatazione dell'esistenza di un rapporto di controllo tra le imprese considerate, risultante dall'assetto proprietario o dal numero dei diritti di voto che possono esercitarsi nelle assemblee ordinarie, non è sufficiente affinché l'amministrazione aggiudicatrice possa escludere automaticamente tali imprese dalla procedura di aggiudicazione dell'appalto, senza verificare se un tale rapporto abbia avuto un impatto concreto sul loro rispettivo comportamento nell'ambito di questa procedura. In coerenza con tali indicazioni giurisprudenziali, l'art. 95, comma 1, lett. d) e l'art. 96, comma 6, del d.lgs. n. 36/2023 (in continuità con l'art. 80, comma 5, lett. m) del d.lgs. n. 50/2016), non prevedono quindi l'esclusione automatica dei concorrenti per i quali siano emersi indizi relativi ad accordi finalizzati a concertare le offerte, ma richiede una valutazione in concreto dell'effettiva imputabilità delle offerte stesse ad un unico centro decisionale, dando agli stessi la possibilità di dimostrare che tale situazione non ha influito sulla corretta formulazione delle offerte. Anche l'Anac, ancorché in relazione all'art. 80, comma 5, lett. d) del d.lgs. n. 50/2016, ha osservato che la causa di esclusione in esame, presuppone l'accertamento dell'esistenza di un collegamento sostanziale tra le imprese partecipanti suscettibile di arrecare un pregiudizio al corretto svolgimento della procedura di gara. Ai fini di tale accertamento, la stazione appaltante può attivare un apposito subprocedimento di verifica in contraddittorio con le concorrenti interessate (Delibera n. 1080/2017-parere prec 171/17/L). La giurisprudenza formatasi sulla analoga disposizione del d.lgs. n. 50/2016, aggiunge che il motivo escludente in esame deve essere applicato con rigore ed equilibrio, così da scongiurare il rischio di incidere ingiustificatamente – oltre che sulla libertà d'impresa delle concorrenti – sul canone di massima partecipazione alle gare pubbliche (TAR Sicilia, Catania, n. 950/2020). L'onere della prova del collegamento tra imprese ricade pertanto sulla stazione appaltante o, comunque, sulla parte che ne affermi l'esistenza, al fine dell'esclusione dalla gara; dimostrazione che deve necessariamente fondarsi su elementi di fatto univoci – non suscettibili cioè di letture alternative o dubbie – desumibili sia dalla struttura imprenditoriale dei soggetti coinvolti, sia dal contenuto delle offerte dalle stesse presentate (in tal senso TAR Lazio I, n. 1467/2020). La stazione appaltante ha dunque il compito di individuare gli indici dell'esistenza di un unico centro decisionale e non anche la concreta idoneità ad alterare il libero gioco concorrenziale, in quanto la riconducibilità di due o più offerte ad un unico centro decisionale costituisce ex se elemento idoneo a violare i generali principi in tema di par condicio, segretezza e trasparenza delle offerte (ex multis, Cons. St. V, n. 496/2017; Cons. St. V n. 1753/2018). La fattispecie del collegamento sostanziale fra concorrenti è infatti qualificabile «come “di ‘pericolo presunto' (con una terminologia di derivazione penalistica), in coerenza con la sua ‘funzione di garanzia di ordine preventivo rispetto al superiore interesse alla genuinità della competizione che si attua mediante le procedure ad evidenza pubblica (...)» (Cons. St. V, n. 2426/2020). Sia la giurisprudenza amministrativa, sia l'Anac, sono intervenute per individuare gli indici che possono essere valutati dalla stazione appaltante ai fini della configurabilità della causa di esclusione disciplinata dall'art. 80, comma 5, lett. m) del d.lgs. 50/2016. Tali indici, per continuità della previsione contenuta nell'art. 95, comma 1, lett. d) del nuovo Codice, riferita espressamente “indizi relativi” ad accordi tra concorrenti finalizzati a concertare le offerte, possono ritenersi ancora attuali ed utili ai fini delle verifiche rimesse al riguardo in capo alla stazione appaltante. A tal riguardo può quindi affermarsi che la giurisprudenza, con numerose pronunce, ha individuato gli indici sintomatici dell'esistenza di un unico centro decisionale tra imprese concorrenti ai sensi dell'art. 80, comma 5, lett. m) del d.lgs. 50/2016 (ex multis, TAR Sicilia,Catania, n. 950/2020, Cons. St. V, n. 1753/2018, Cons. St. V, n. 58/2018; Cons. St. n. 3914/2017; Cons. St. V, n. 169/2017; Cons. St. V, n. 496/2017; decisioni riferite anche al previgente art. 38, comma 1, lett. g) del d.lgs. n. 163/2006). In particolare, tra gli indici utili per sostenere l'esistenza di un centro decisionale unitario tra le imprese concorrenti, (a titolo esemplificativo) il giudice amministrativo ha individuato: (i) l'intreccio parentale tra organi rappresentativi o tra soci o direttori tecnici delle imprese concorrenti; la contiguità di sede, le utenze in comune (indici soggettivi), le significative vicinanze cronologiche tra gli attestati SOA o tra le polizze assicurative a garanzia delle offerte (indici oggettivi) (ex multis TAR Sicilia, n. 950/2020); (ii) il contestuale versamento del contributo di partecipazione alla gara, documentato dalle rispettive ricevute di versamento e dal contestuale invio delle offerte alla stazione appaltante, comprovato dai timbri di ricezione di quest'ultima e dai numeri immediatamente progressivi ivi apposti da quest'ultima; l'effettuazione del sopralluogo nello stesso giorno da parte dei legali rappresentanti delle imprese (ex multis Cons. St. V, n. 5324/2016); (iii) nella predisposizione di buste contenenti offerte identiche; documenti redatti in modo identico; utilizzo degli stessi caratteri formali per la formulazione delle offerte; scarto minimo di prezzo offerto; utilizzo di certificazioni di qualità rilasciate dalla medesima società e ottenute il medesimo giorno; fideiussioni rilasciate dalla medesima banca e autenticate con numero progressivo dello stesso notaio; consegna contemporanea delle offerte ovvero spedizione con lo stesso corriere o dal medesimo ufficio postale (ex multis Cons. St. V, n. 169/2017). La ricorrenza di questi indici, non uno solo di essi, bensì un numero sufficiente legato da nesso oggettivo di gravità precisione e concordanza tale da giustificare la correttezza dello strumento presuntivo, è ritenuta utile a giustificare l'esclusione dalla gara dei concorrenti che si trovino in tale situazione (Tar Sicilia, n. 950/2020 cit.). L'indagine della stazione appaltante pertanto deve essere condotta sulla base non soltanto dell'assetto societario delle società concorrenti alla gara, ma anche del contenuto sostanziale delle offerte, al fine di evidenziarne indebiti profili di identità e affinità. Anche l'Anac ha espresso avviso sulla causa esclusione disciplinata dall'art. 80, comma 5, lett. m) del Codice, in coerenza con quello del giudice amministrativo (ex multis delibera n. 893/2019 –prec 139/19/pb/s; delibera n. 69/2018 – prec 228/17/S, delibera n. 508/2018 – prec 110/18/S, delibera n. 540/2018), affermando (tra l'altro) che deve essere provata in concreto l'esistenza di elementi oggettivi e concordanti tali da ingenerare il pericolo per il rispetto dei principi di segretezza, serietà delle offerte e par condicio tra i concorrenti. In questi casi, la stazione appaltante deve valutare se le offerte presentino elementi plurimi, precisi e concordanti rivelatori, ex art. 2729 c.c., della sussistenza di un medesimo centro di interessi. A tali fini l'Anac ha ritenuto utili e condivisibili gli indici rivelatori elaborati dalla giurisprudenza sopra richiamata, quali elementi, legati da nesso oggettivo di gravità, precisione e concordanza, tali da giustificare la correttezza dello strumento presuntivo e l'esclusione dalla gara dei concorrenti coinvolti. Può quindi osservarsi come l'avviso giurisprudenziale sul tema e il conforme avviso dell'Autorità, si fondi su un criterio sostanzialistico nell'interpretazione della norma, volto ad espellere dalle procedure di gara le imprese che abbiano presentato offerte ritenute “concertate”, sulla base delle circostanze del caso concreto. L'irregolarità fiscale e contributiva non definitivamente accertataIl secondo comma dell'art. 95 disciplina, come causa di esclusione non automatica, l'omesso pagamento di imposte, tasse e contributi previdenziali non definitivamente accertati, che – nell'ambito dell'art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016 – era stata introdotta dal Decreto Semplificazioni (d.l. n. 76/2020, convertito con modificazioni dalla l. n. 120/2020) ed in seguito disciplinata dalla l. n. 238/2021. Con il citato d.l. n. 76/2020, per risolvere una delle contestazioni sollevate dalla Commissione europea nella procedura di infrazione n. 2018/2273, ha introdotto, nel comma 4 dell'art. 80 del precedente Codice (unitamente alla causa “obbligatoria” di esclusione avente la medesima causale), la previsione di esclusione non automatica in oggetto, relativa alla possibilità di esclusione dalle procedure d'appalto dell'operatore economico che abbia commesso gravi violazioni in materia fiscale o contributiva “non definitivamente accertate”. Il legislatore (recependo l'art. 57, paragrafo 2, primo e secondo comma, della direttiva 2014/24/UE nonché l'art. 38, paragrafo 5, primo e secondo comma, della direttiva 2014/23/UE) ha consentito alla stazione appaltante di procedere all'esclusione di un operatore economico quando essa sia a conoscenza, e possa adeguatamente dimostrare, che questo non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione ai sensi del medesimo comma 4. Il comma 4 dell'art. 80 è stato, successivamente, modificato con l. n. 238/2021 (recante “Disposizioni per l'adempimento degli obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia all'Unione europea – Legge europea 2019- 2020”) aggiungendo che “Costituiscono gravi violazioni non definitivamente accertate in materia fiscale quelle stabilite da un apposito decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e della mobilità sostenibili e previo parere del Dipartimento per le politiche europee della Presidenza del Consiglio dei ministri, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore delle disposizioni di cui al presente periodo, recante limiti e condizioni per l'operatività della causa di esclusione relativa a violazioni non definitivamente accertate che, in ogni caso, devono essere correlate al valore dell'appalto e comunque di importo non inferiore a 35.000 euro”. La previsione normativa, così come formulata, aveva, infatti, destato perplessità fin dalle prime applicazioni, in quanto l'assenza di un chiaro riferimento a ciò che avrebbe dovuto considerarsi in termini di “gravi violazioni non definitivamente accertate” aveva lasciato agli operatori economici e alle amministrazioni aggiudicatrice un ampio margine valutativo, rendendo incerto il contenuto della previsione; pertanto, il legislatore ha demandato ad un atto normativo secondario l'individuazione dei suoi limiti e delle condizioni di operatività. In attuazione di tale previsione, il Ministero dell'economia e delle finanze ha adottato il decreto del 28 settembre 2022 (pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 239 del 12.10.2022), le cui disposizioni sono state recepite nell'allegato II.10 del d.lgs. n. 36/2023 (che ha contestualmente disposto l'abrogazione del suddetto d.m., cfr. art. 226, comma 3, lett. g) del nuovo Codice). Gli articoli 2 e 3 del suddetto allegato individuano i limiti e le condizioni per l'operatività della causa di esclusione dalla partecipazione a una procedura d'appalto degli operatori economici che hanno commesso gravi violazioni non definitivamente accertate in materia fiscale. Con riferimento all'omesso pagamento di imposte e tasse, l'art. 2 stabilisce che l'“inottemperanza agli obblighi ... relativi al pagamento di imposte e tasse” idonea e sufficiente ad integrare gli estremi di una violazione è quella derivante dalla notifica di atti impositivi, conseguenti ad attività di controllo o di liquidazione degli uffici, nonché dalla notifica di cartelle di pagamento oggetto di comunicazioni di irregolarità emesse a seguito di controllo della dichiarazione. Viene introdotta una soglia di gravità della violazione tributaria, stabilendo un duplice regime affinché la violazione si consideri grave, in particolare se essa “comporta l'inottemperanza ad un obbligo di pagamento di imposte o tasse per un importo che, con esclusione di sanzioni e interessi, è pari o superiore al 10% del valore dell'appalto” e in ogni caso “l'importo della violazione non deve essere inferiore a 35.000 euro” (art. 3). Regole specifiche vengono, inoltre, stabilite in caso di suddivisione in lotti (dovendo essere rapportata la soglia di gravità al valore del lotto) e in caso di partecipazione alla gara in forma associata (dovendo essere rapportata la soglia di gravità al valore della prestazione assunta dal singolo operatore economico). In relazione al presupposto dell'accertamento non definitivo, l'art. 4 dell'allegato stabilisce che la violazione è valutabile dalla stazione appaltante quando sono inutilmente decorsi i termini per adempiere all'obbligo di pagamento e l'atto impositivo o la cartella di pagamento siano stati tempestivamente impugnati (a meno che l'operatore abbia nel frattempo ottenuto una sentenza favorevole anche se non definitiva o un provvedimento cautelare). Con riferimento all'omesso pagamento dei contributi, l'ultimo periodo dell'art. 3 dell'allegato II.10 stabilisce che “costituiscono gravi violazioni in materia contributiva e previdenziale quelle ostative al rilascio del DURC” ovvero “delle certificazioni rilasciate dagli enti previdenziali di riferimento non aderenti al sistema dello sportello unico previdenziale”. L'ANAC (con Delibera n. 215/2021), con riferimento all'art. 80, comma 4, del precedente Codice, ha evidenziato che “con la modifica all'art. 80, comma 4, del Codice apportata dall'art. 8, comma 5, lett. b), della l. 11 settembre 2020 (...) è stato superato il pregresso principio secondo cui, in mancanza di un accertamento di carattere definitivo, non era possibile, per la stazione appaltante, escludere il concorrente dalla gara. Tale causa di esclusione si applica alle procedure di gara i cui bandi sono stati pubblicati o i cui inviti sono stati trasmessi dopo l'entrata in vigore del Decreto-legge, a prescindere da un esplicito richiamo della nuova disposizione nella lex specialis di gara, trattandosi di una normativa di carattere cogente ed imperativo”. La giurisprudenza (anche con riferimento all'art. 80 del precedente Codice) ha chiarito che la causa di esclusione in esame non opera in via automatica, ma la sua applicazione è rimessa all'apprezzamento discrezionale della stazione appaltante, da motivare in modo congruo (T.A.R. Lazio (Roma), III, n. 10712/2022; T.A.R. Molise, I, n. 316/2022; T.A.R. Campania, (Napoli), I, n. 7026/2022). Sotto il profilo oggettivo, è stato evidenziato che il concetto di gravi violazioni non definitivamente accertate di cui all'art. 80, comma 4, del d.lgs. n. 50/2016va coordinato con quanto stabilito dall'art. 67-bisdel d.lgs. n. 546/1992, per cui vanno considerate tali le violazioni sub iudice che non hanno ancora formato oggetto di alcuna decisione, o che siano state confermate dalle prime pronunce giudiziarie già intervenute; invece, nel caso di sentenza favorevole al contribuente, con conseguente annullamento dell'atto impositivo, non si può ritenere esistente alcun accertamento, almeno fino al momento in cui la sentenza non venga riformata, altrimenti, la provvisoria esecuzione della sentenza favorevole non avrebbe alcun effetto favorevole per il contribuente vittorioso in giudizio (T.A.R. Lazio (Latina), n. 427/2022; T.A.R. Lazio (Roma), III, n. 10712/2022). 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Assetto e dinamiche evolutive alla luce del nuovo Codice, del decreto correttivo 2017 e degli atti attuativi, Torino, 2019; Perrelli, Requisiti: Violazione delle norme a tutela della sicurezza, in L'Amministrativista.it; Presti, Esclusione per “grave infrazione” delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro: mezzo di prova adeguato e addebito al datore di lavoro, in L'Amministrativista.it, 7 novembre 2019; Vinti, I “garbugli” della nuova disciplina delle esclusioni nel nuovo codice appalti, in Giustamm.it, 2021. |