Rinvio pregiudiziale ex art. 24-bis c.p.p. e cognizione della Corte di cassazione

06 Novembre 2023

In tema di rinvio pregiudiziale per la decisione sulla competenza territoriale ex art. 24-bis c.p.p., quali sono i limiti di cognizione della Corte di cassazione?

Massima

In tema di rinvio pregiudiziale per la decisione sulla competenza territoriale ex art. 24-bis c.p.p., la Corte di cassazione, pur non operando in qualità di giudice dell'impugnazione e non dovendosi attenere, pertanto, all'osservanza dei limiti connaturali al principio della domanda, è vincolata, quanto all'ampiezza della sua cognizione, agli atti che il giudice remittente ha ritenuto necessario trasmetterle, atteso che l'esercizio di un eventuale potere di integrazione della provvista informativa disponibile si porrebbe in contrasto con l'esigenza di speditezza del procedimento incidentale.

Il caso

Nell'ambito del processo per il delitto di manipolazione del mercato, ostacolo all'esercizio delle funzioni di vigilanza e fale comunicazioni sociali delle società quotate contestati agli amministratori della società sportiva Juventus Football Club S.p.A., la difesa di alcuni imputati ha sollevato tempestivamente il difetto di competenza del Tribunale di Torino ex art. 21 c.p.p., chiedendo l'intervento della Corte di Cassazione ai sensi dell'art. 24-bis c.p.p.

In particolare, per la difesa la competenza doveva radicarsi in capo al Tribunale di Milano o in subordine presso il Tribunale di Roma, dal momento che gli asseriti dati mendaci relativi al bilancio chiuso al 30 giugno 2019, dal momento che la diffusione dei dati si verificherebbe a Milano, sede del mercato dei titoli, ovvero Roma, quale sede del data server utilizzato per il servizio di stoccaggio in vista della loro diffusione al pubblico.  

Il P.M. ha insistito per la sussistenza della competenza territoriale del Tribunale di Torino, sul rilievo che i dati mendaci relativi al bilancio chiuso al 30 giugno 2019 erano stati immessi da Torino, attivando dal dispositivo in uso alla società Juventus Football Club il tasto “invio”, senza possibilità di un intervento postumo da parte di altri soggetti.

Il gup del Tribunale di Torino, in ragione della complessità di individuazione del locus commissi delicti in relazione al reato di manipolazione del mercato commesso mediante operazioni informatiche, ai sensi dell'art. 24-bis c.p.p. ha investito della questione la Corte di cassazione.

I giudici di legittimità affermano, per l'aspetto rilevante in questa sede, che la decisione sulla questione di competenza territoriale rimessa ai sensi dell'art. 24-bis c.p.p. è condizionata dalla ampiezza delle conoscenze offerte dal giudice remittente, tenuto conto della mancanza, nell'ambito della disciplina dettata dalla norma in commento, di una disposizione analoga all'art. 32, comma 1, c.p.p., relativa alla soluzione dei conflitti di competenza e giurisdizione, che consente alla Corte di cassazione di “assumere le informazioni e acquisire gli atti e i documenti ritenuti necessari”.

Nel caso sottoposto, alla propria attenzione, i giudici di legittimità hanno riconosciuto competente il Tribunale di Roma ex art. 9, comma 1, c.p.p. (luogo ove è collocato il data server nel quale è stato emesso il comunicato della Juventus Football Club per essere stoccato e quindi accessibile al pubblico), giacché non è determinabile – sulla scorta degli atti trasmessi – il luogo in cui la notizia regolamentata è divenuta accessibile ai media, che segna il momento di prima diffusione, coincidente con il momento consumativo del reato di aggiotaggio.

La questione

La questione in esame è la seguente: in tema di rinvio pregiudiziale per la decisione sulla competenza territoriale ex art. 24-bis c.p.p., quali sono i limiti di cognizione della Corte di cassazione?

Le soluzioni giuridiche

Il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione ex art. 24-bis c.p.p. si presenta come meccanismo risolutivo preventivo che si aggiunge agli ordinari strumenti di impugnazione nel sistema della definizione della questione sulla competenza territoriale. A differenza del conflitto ex art. 30 c.p.p., la natura anticipatoria e preventiva dello strumento della rimessione affida la decisione sul rinvio pregiudiziale al giudice procedente, dotato di maggiore ambito di scelta rispetto a quello investito da una precedente decisione in conflitto; d'altra parte, la decisione del giudice procedente di non disporre il rinvio pregiudiziale non preclude alla parte la possibilità di riproporre la questione ex art. 21, comma 2, c.p.p. (Cass. pen., n. 20612/2023).

Il meccanismo previsto dall'art. 24-bis c.p.p. lascia impregiudicate le cadenze entro le quali dev'essere rilevata o eccepita l'incompetenza per territorio: la relativa disciplina è dettata dall'art. 21, comma 2, c.p.p., il quale prevede a tal fine due diversi momenti. Vale a dire, entro la conclusione dell'udienza preliminare oppure, qualora essa manchi, nel dibattimento subito dopo l'accertamento per la prima volta della costituzione delle parti; momento, quest'ultimo, che è, altresì, l'ultimo utile per riproporre l'eccezione d'incompetenza respinta in sede di udienza preliminare.

Il rinvio pregiudiziale reca il carattere originale della previsione di un inedito potere, in capo al giudice procedente, di deferire alla Corte di cassazione la questione riguardante la competenza per territorio, entro i medesimi termini previsti a pena di decadenza per la rilevazione e l'eccezione dell'incompetenza.

Si tratta di uno strumento diretto a porre il processo “in sicurezza”: deferendo immediatamente la relativa questione alla Corte di cassazione, il legislatore mira a evitare che l'errore del giudice dell'udienza preliminare o dibattimentale in tema di competenza territoriale possa venire riconosciuto in sede d'impugnazione e, soprattutto, nel corso dell'ultimo grado di giudizio, con conseguente necessità di dover iniziare da capo il processo.

Si è detto che l'obiettivo del legislatore, con l'introduzione dell'istituto in argomento, è stato quello di individuare un giudice “ufficiale” e un momento processualmente dedicato alla questione sulla competenza per territorio. Molti sono, infatti, i casi verificatisi nella prassi in cui l'eccezione di incompetenza, proposta nei termini, è stata riconosciuta fondata solo in sede di legittimità, con conseguente necessità di dover iniziare da capo il processo. Il che stride, evidentemente, con i principi costituzionali di efficienza e ragionevole durata.

Si è visto che la disciplina dell'istituto di nuova introduzione mira ad assicurare ragioni di efficienza processuale in rapporto a questioni d'incompetenza per territorio, limitandone la riproponibilità, “cristallizzando” precocemente la competenza ratione loci e scongiurando, così, effetti regressivi troppo tardivamente prodotti.

Viceversa, una volta identificato il giudice territorialmente competente da parte della Corte di cassazione a seguito del rinvio pregiudiziale, l'art. 25 c.p.p. assegna a quella decisione il carattere della stabilità, con il solo limite della sopravvenienza di fatti nuovi che ne impongano un riesame. In sintesi, l'operatività congiunta del nuovo meccanismo e dell'art. 25 c.p.p. dovrebbe essere sufficiente, nelle intenzioni del legislatore, a mettere al riparo il processo dal pericolo di una regressione causata dalla successiva rilevazione dell'incompetenza territoriale.

Un'analisi congiunta dei commi 1 e 6 dell'art. 24-bis c.p.p. rende palese che il rinvio pregiudiziale può essere sollecitato dalle parti ovvero deciso motu proprio dal giudice.

Sussiste, sotto entrambi i citati profili, una “simmetria di massima” tra la disposizione in esame e l'art. 21 comma 2 c.p.p.

Coloro che possono azionare il meccanismo del rinvio pregiudiziale sono, cioè, gli stessi soggetti abilitati a rilevare o eccepire l'incompetenza per territorio: il giudice, da un lato, e le parti processuali, dall'altro. Il giudice, quindi, può in autonomia stabilire che la questione di competenza territoriale sia meritevole di essere decisa, una volta per tutte, dalla Corte di cassazione. In alternativa, il giudicante ha la possibilità di determinarsi a ciò a seguito di una domanda di parte.

La domanda di parte non è, di per sé, sufficiente a trasferire la cognizione della quaestio alla Corte di cassazione. Difatti, dal dato letterale dell'art. 24-bis, comma 1, c.p.p. – “la questione concernente la competenza per territorio può essere rimessa” – si ricava che il giudice è tenuto a svolgere una fondamentale attività di selezione. Vale a dire, ponderare se deliberare egli stesso sull'eccezione ovvero deferire la questione alla Corte di cassazione.

Al riguardo deve essere ricordato che la relazione finale della "Commissione Lattanzi" ha suggerito, in ossequio ai principi costituzionali dell'efficienza e della ragionevole durata del processo, di "responsabilizzare il giudice di merito" nella valutazione del rinvio incidentale alla Corte regolatrice per la definizione della questione sulla competenza territoriale, orientando la scelta "solo al cospetto di questioni di una certa serietà", in modo da evitare potenziali usi strumentali dell'istituto derivanti da un automatismo defaticante connesso alla formulazione della eccezione.

È, cioè, necessario che la decisione del giudice sia affidata ad un canone di ragionevole presunzione di fondatezza della questione.

Rientra, in tal modo, nei poteri del giudice investito della questione sulla competenza per territorio sollevata dalla parte con istanza di rimessione, il rigetto dell'eccezione, ove ne delibi l'infondatezza, senza essere tenuto al rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione.

La norma non fornisce espressamente indicazioni sul vaglio che deve compiere il giudice che "pronuncia ordinanza"; si tratta di un provvedimento che, alla luce dell'art. 125 c.p.p., deve essere motivato a pena di nullità e che si inserisce nel quadro delle disposizioni che regolano le decisioni sulla competenza.

Atteso che il giudice procedente "può" - non deve - rimettere la questione alla Corte di cassazione, se sceglie di utilizzare il rinvio pregiudiziale, deve motivare e spiegare le ragioni di questa sua scelta e, quindi, prendere esplicita posizione sull'eccezione sollevata dalla parte.

Il giudice ha titolo a utilizzare il rinvio pregiudiziale, spiegando le ragioni della propria decisione, illustrando specificamente le questioni sollevate dalle parti, sempre che non ritenga infondate le eccezioni difensive.

Tale attività esplicativa è, del resto, insita nella rimessione degli "atti necessari" e nell'indicazione "delle parti e dei difensori".

Diversamente opinando, si finirebbe per interpretare il rinvio pregiudiziale come una sorta di delega del giudice di merito al giudice di legittimità per la soluzione della questione di competenza: si tratterebbe di uno strumento indeterminato e dispersivo che rischia di risultare inidoneo a raggiungere l'obiettivo che la norma ha inteso perseguire, poiché si costringerebbe la Corte di cassazione a valutare "al buio" la questione di competenza, senza la mediazione provvedimentale del motivato atto di rimessione.

Il nuovo art. 24-bis c.p.p. riproduce i termini decadenziali previsti dall'art. 21 c.p.p. per la formulazione della eccezione dell'incompetenza per territorio, alla quale deve essere associata la richiesta di rimessione della decisione alla Corte di cassazione.

La formulazione dell'eccezione di incompetenza per territorio del giudice procedente deve, dunque, essere associata alla contestuale richiesta di rimessione della questione alla decisione della Corte di cassazione, realizzandosi, in assenza, una preclusione per la riproposizione della questione nel corso del procedimento.

L'indicazione della legge delega sul rigido meccanismo preclusivo è stata espressamente riprodotta nel testo dell'art. 24-bis c.p.p., comma 6, laddove dispone che la parte che ha eccepito l'incompetenza per territorio, senza chiedere contestualmente la rimessione della decisione alla Corte di cassazione, non può più riproporre l'eccezione nel corso del procedimento.

Osservazioni

La pronuncia in commento si è occupata di definire l'actio finium regundorum dei poteri cognitivi esercitati in sede di rinvio pregiudiziale ex art. 24-bis c.p.p.

L'art. 24-bis, comma 3, c.p.p., nel tratteggiare la disciplina del giudizio dinanzi alla Corte di cassazione successivo alla rimessione, si limita a disporre che la decisione avviene in camera di consiglio secondo il modello di cui all'art. 127 c.p.p. e che, se dichiara l'incompetenza del giudice che procede, la Suprema Corte “ordina la trasmissione degli atti al pubblico ministero presso il giudice competente”.

Il provvedimento che chiude il giudizio dinanzi ai giudici di legittimità, come si evince dal successivo comma 4, riveste la forma della sentenza.

La disposizione in esame, per come evidenziato nella pronuncia in epigrafe, non prevede espressamente – a differenza dell'art. 32 c.p.p., il quale disciplina la risoluzione dei conflitti di competenza e di giurisdizione – che i giudici della Corte di cassazione possano assumere le informazioni e acquisire gli atti e i documenti ritenuti necessari.

La circostanza che nell'art. 24-bis, comma 2, c.p.p., sia stabilito che il giudice che adotta l'ordinanza di rimessione della questione alla Cassazione debba disporre la trasmissione degli "atti necessari ai fini della decisione", così impegnando quella autorità rimettente a compiere una ragionata selezione del materiale conoscitivo occorrente per consentire una corretta definizione di quella questione; nonché il tenore dei lavori preparatori, nei quali era stata evidenziata l'opportunità che le scelte dei giudici di merito, lungi dal tradursi in pericolose forme di automatica delega decisionale in favore della Cassazione, devono essere ispirate al senso di responsabilità, con l'applicazione dell'art. 24-bis c.p.p. solamente nei casi seri, sono elementi che fanno fondatamente ritenere che l'ordinanza di rimessione ex art. 24-bis c.p.p. debba essere adeguatamente motivata con una congrua esposizione delle ragioni in fatto e in diritto che giustificano la questione o le questioni sulla competenza per territorio e la loro rilevanza nel caso di specie. Ciò al pari di quanto accade nel caso di conflitto di competenza, dato che gli artt. 28 e segg. c.p.p. sono stati interpretati nel senso che il giudice che intende sollecitare la risoluzione di un conflitto, ha il compito di motivare l'esistenza della corrispondenza tra la situazione "denunciata" e la previsione normativa (Cass. pen., n. 31660/2021).

L'adempimento di tale onere motivazionale è condizione di ammissibilità della richiesta di decisione in via pregiudiziale, ed esso appare tanto più pregnante nei processi - come quello posto all'attenzione della pronuncia in commento - c.d. "cumulativi" sotto il profilo oggettivo e/o soggettivo, nei quali, cioè, l'azione penale sia stata esercitata in relazione ad una molteplicità di imputazioni e/o ad una pluralità di imputati.

In siffatte situazioni la Cassazione, lungi dall'essere vincolata nell'esercizio del suo potere cognitivo da un criterio riconducibile al "principio della domanda", in presenza di una corretta "investitura" diventa il giudice chiamato a definire la competenza per territorio in relazione all'intero processo, con riferimento, cioè, a tutte le imputazioni oggetto della regiudicanda e a tutti gli imputati.

Da tanto consegue che è indispensabile che il materiale conoscitivo messo a disposizione dal giudice rimettente e l'illustrazione delle questioni in diritto siano quanto più possibile completi: tanto è necessario per consentire al giudice di legittimità di riconoscere - al di là del "perimetro" tracciato dalle eccezioni difensive delle parti o dal provvedimento di rimessione del giudice di merito eventuali ulteriori ipotesi di incompetenza per territorio determinate dalla connessione, in relazione ad altre imputazioni ovvero ad altri imputati, diversi da quelli indicati nell'ordinanza (Cass. pen., n. 40715/2023).

Escluso, dunque, che possa esaurirsi nella indeterminata prospettazione di una esigenza "esplorativa", l'ordinanza di rimessione ex art. 24-bis c.p.p. deve contenere una argomentata esposizione delle possibili soluzioni esegetiche alternative, nonchè una completa descrizione di tutti i dati fattuali che possa permettere alla Cassazione di formulare un giudizio con piena cognitio, evitando il rischio di compiere verifiche "al buio" che potrebbe condizionare la correttezza delle determinazioni finali.

Ad ogni modo, deve evidenziarsi che la mancata previsione del potere dei giudici della Corte di cassazione di assumere le informazioni e acquisire gli atti e i documenti ritenuti necessari, deve essere bilanciata dalla necessità che la selezione degli atti necessari a risolvere la questione non possa essere rimessa alla sola iniziativa del giudice, dovendo essere il risultato del confronto tra le parti, tenuto conto però del fatto che gli atti dai quali può emergere il presupposto per la rimessione della questione alla Corte di cassazione devono essere stati depositati e ammessi, non bastando il mero inserimento materiale nel fascicolo.

Se il rinvio pregiudiziale alla Corte di cassazione per la decisione sulla competenza per territorio deve iscriversi, dunque, a pieno titolo tra le previsioni codicistiche dettate da finalità deflative, idonee anche ad incidere sui tempi della giustizia penale, ne discende che l'eventuale esercizio di un potere di integrazione degli atti trasmessi, si porrebbe in contrasto con l'esigenza di speditezza del procedimento incidentale.

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