Impugnazione in favore di un imputato detenuto e omessa elezione di domicilio

09 Novembre 2023

La Suprema Corte ritorna sulla inammissibilità, per omessa elezione di domicilio, dell'atto di appello presentato in favore di un imputato detenuto con una decisione in apparente contrasto con una serie di precedenti difformi.

Massima

L'inammissibilità dell'impugnazione prevista dall'art. 581 comma 1-ter c.p.p., introdotto dall'art. 33 comma 1, lett. d) d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, in ipotesi di omesso deposito della dichiarazione o dell'elezione di domicilio da parte dell'imputato appellante - ai fini della notificazione dell'atto introduttivo del giudizio di impugnazione - opera anche nei confronti dell'imputato detenuto agli arresti domiciliari, al quale la notifica deve essere eseguita ai sensi dell'art. 157 c.p.p.

Il caso

Il Tribunale di primo grado aveva ritenuto l'imputato, detenuto agli arresti domiciliari per il delitto per cui si era proceduto, penalmente responsabile del delitto previsto dall'art. 73, commi 1 e 4, d.P.R. 309/1990, e lo aveva condannato alla pena di anni due e mesi due di reclusione ed Euro 4.400,00 di multa. La Corte d'appello – con ordinanza pronunziata nel contraddittorio tra le parti - dichiarava inammissibile l'appello per violazione di quanto disposto dall'art. 581 comma 1-ter c.p.p., così come riformulato dall'art. 33 comma 1 lett. d) d.lgs. n. 150/2022; segnatamente per la mancanza, nel ricorso in appello, di una dichiarazione o di una elezione di domicilio ad opera dell'appellante.

Impugnando per cassazione l'ordinanza definitoria del giudizio di secondo grado, l'imputato denunziava violazione di legge in relazione all'art. 156 comma 1 c.p.p., in relazione agli artt. 581 comma 1-ter e 591 comma 1 lett. c) c.p.p., assumendo di essere stato, alla data della proposizione del ricorso in appello, detenuto agli arresti domiciliari, e di essere stato presente alla lettura del dispositivo della sentenza di primo grado, da cui sarebbe conseguita la irrilevanza della dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notifica del decreto di citazione in appello, atteso che la notifica nei suoi confronti avrebbe comunque dovuto essere eseguita mediante consegna di copia analogica alla persona ai sensi dell'art. 156 commi 1 e 3 c.p.p. e art. 157 c.p.p., e che pertanto un'eventuale dichiarazione di domicilio non avrebbe comunque potuto svolgere alcuna reale utilità ai fini notificatori.

La questione

La questione involge il tema della prevalenza o meno, dello status detentionis sulla regola prevista dal novellato art. 581 comma 1-ter c.p.p., introdotto dall'art. 33 comma 1, lett. d) d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. Riforma Cartabia), secondo cui «con l'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o la

elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio».

L'art. 581 comma 1-ter c.p.p. deve trovare comunque applicazione anche qualora la parte privata, all'epoca della proposta impugnazione, sia detenuta in luogo diverso dagli istituti penitenziari?

Il parametro per il giudizio comparativo è fornito dell'art. 157 comma 1 c.p.p., anch'esso novellato dall'art. 10 comma 1 lett. i) del medesimo d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, cui fa rinvio l'art. 156 comma 3 c.p.p., secondo cui le notificazioni, anche successive alla prima, sono eseguite con le forme della prima notifica all'imputato non detenuto e pertanto mediante consegna di copia dell'atto in forma analogica alla persona, secondo le scansioni e le forme ivi indicate.

Tale forma di notificazione “a mani proprie”, volta a salvaguardare la conoscenza effettiva del destinatario dell'atto della data in cui è fissato il giudizio di impugnazione, può dirsi logicamente antinomica con l'obbligo di dichiarazione e di elezione di domicilio previsto - a pena di inammissibilità - dall'art. 581 comma 1-ter c.p.p., quando l'imputato è detenuto?

Le soluzioni giuridiche

Secondo un recentissimo orientamento interpretativo (Cass. pen., sez. II n. 3335/2023, Quattrocchi, n.m. e Cass. pen., sez. II, n. 38442/2023) la nuova disposizione di cui all'art. 581, comma 1-ter c.p.p. – che richiede, a pena di inammissibilità, il deposito, unitamente all'atto di impugnazione, della dichiarazione od elezione di domicilio della parte privata, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio – non opererebbe nel caso in cui l'imputato impugnante sia detenuto, a qualsiasi titolo, a condizione che tale status risulti comunque dagli atti processuali. Ciò in quanto, da un lato, tale disposizione non può dirsi speciale rispetto all'obbligo di procedere alla notificazione degli atti a mani proprie dell'imputato detenuto, generalmente previsto dall'art. 156 c.p.p., dall'altro la ratio legis della cd. riforma Cartabia, tesa a voler evitare che, per notificare il decreto di citazione in appello previsto dall'art. 601 comma 3 c.p.p., si rallenti la celebrazione del giudizio di impugnazione, disegnano un sistema normativo in forza del quale, essendo certa la reperibilità dell'imputato, le modalità procedimentali di ricerca e di notificazione godono di maggiore celerità e sono più agevoli, consentendogli, attraverso l'obbligo di notifica a mani proprie della citazione in appello, un esercizio maggiormente consapevole ed effettivo del diritto di difesa costituzionalmente garantito.

Di conseguenza, l'osservanza dell'onere di elezione di domicilio, nell'atto di impugnazione, per un imputato detenuto resterebbe – secondo parte maggioritaria della Giurisprudenza - un adempimento meramente formale, nella misura in cui l'appellante e il ricorrente privi di libertà personale godono comunque e in ogni modo un diritto soggettivo processuale alla notifica a mani proprie e nel luogo di detenzione, posto a garanzia di un esercizio pieno ed effettivo del diritto costituzionale di difesa.

La Quarta Sezione della Suprema Corte di cassazione, invece, ha ritenuto di interpretare la norma in parola in senso diametralmente opposto.

Ciò in quanto, sotto un primo profilo, che attiene alla collocazione sistematica delle norme processuali, l'art. 581 comma 1-ter c.p.p., avendo un carattere generale, tassativo e assoluto, poiché è collocata dal Legislatore nel titolo I (Disposizioni generali) del libro IX riservato alle impugnazioni, si riferisce a tutte le impugnazioni proposte dalle parti private ed è funzionale al buon esito della notificazione del decreto di citazione a giudizio, affinché lo stesso raggiunga la sfera di conoscenza del destinatario, non può ritenersi – nemmeno implicitamente - derogata dall'art. 157 c.p.p., richiamato dall'art. 156 comma 3 c.p.p., che è una norma inserita nel settore precipuo delle notificazioni, ed è dotata di rilievo particolare in quanto si riferisce alle notifiche da eseguirsi all'imputato, anche se detenuto in luogo diverso dal carcere.

Sotto un secondo aspetto, l'art. 581 comma 1-ter c.p.p. novellato mira a responsabilizzare la parte nella prospettiva impugnatoria, richiedendo un suo personale contributo, ovvero l'onere di elezione o dichiarazione di domicilio, e ad agevolare il buon esito del procedimento di notificazione in ossequio al principio di collaborazione e di lealtà processuale, rivestendo in tal modo una funzione di razionalizzazione complessiva del giudizio di impugnazione e, al contempo, di riconduzione del mezzo di gravame alla responsabilità della parte che se ne avvale, la quale è chiamata a condividerne l'esperimento mediante la suddetta dichiarazione o elezione di domicilio. Assolvendo tale adempimento la parte privata evidenzia, cioè, di essere consapevole della impugnazione che verrà interposta dal suo difensore, dovendo necessariamente interagire con esso, e al contempo determina la sua consapevole e informata partecipazione al giudizio di

impugnazione, in tal modo rimanendo fortemente limitati gli eventuali rimedi rescissori del giudicato nelle fasi successive al giudizio.

La risposta della Quarta Sezione della Suprema Corte di cassazione allo specifico quesito sottoposto ad esame è stata pertanto la seguente: rispetto alle descritte finalità di personalizzazione della impugnazione, di razionalizzazione e semplificazione del giudizio impugnatorio, e alla prospettiva di ridurre l'esperimento di rimedi straordinari, il procedimento notificatorio attraverso cui la parte privata viene resa edotta del giudizio si pone su piano necessariamente diverso, quello - di minor portata sistematica - di assicurare al destinatario della citazione a giudizio il massimo grado di conoscibilità dell'atto, mediante la consegna di copia analogica in mani della persona ovvero con le forme equipollenti indicate dall'art. 157 c.p.p., che in alcun modo può ridurre a inutile formalismo  gli adempimenti richiesti dall'art. 581 commi 1-ter c.p.p., che non risultano inutiliter data neppure nella ipotesi di imputato detenuto agli arresti domiciliari, in considerazione della possibile mutevolezza dello status detentionis nelle more della citazione a giudizio e tenuto conto della clausola di riserva contenuta nell'art. 157 comma 1 c.p.p., che fa salva la ipotesi in cui l'imputato abbia già ricevuto gli avvertimenti di cui all'art. 161 comma 1 c.p.p.

Osservazioni

Secondo la Quarta Sezione lo stato di detenzione dell'imputato al momento del deposito dell'atto di impugnazione non consente di ritenere non applicabile l'art. 581 comma 1-ter c.p.p., sia perché la norma nulla ha previsto in tal senso (né il coordinamento con la disciplina del procedimento notificatorio consente di ravvisare una relazione di specialità derogans tra le due disposizioni), sia perché una eventuale incompatibilità logica tra la disposizione in esame e quanto previsto dagli artt. 156 comma 3 e 157 c.p.p., non terrebbe conto delle possibili modifiche dello stato detentivo dell'impugnante successivamente al deposito dell'atto di appello.

In relazione a tali argomenti, possono svolgersi alcune precisazioni a margine.

La sentenza in esame, che sembra determinare un certo revirement rispetto a un filone giurisprudenziale di segno contrario che andava consolidandosi, non pare aver tenuto adeguatamente conto della prevalenza che la giurisprudenza stessa – espressa anche attraverso il massimo consesso nomofilattico – ha recentemente attribuito allo status detentionis rispetto a numerosi istituti di diritto processuale, volta a valorizzare un esercizio concreto ed effettivo del diritto di difesa costituzionalmente garantito, anche in un'ottica sovranazionale.

Occorre infatti considerare che sin da Cass. pen., sez. un., n. 12778/2020, Rv. 278869 – 01 la giurisprudenza aveva precisato che le notificazioni all'imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, anche in presenza di una dichiarazione o di una elezione di domicilio, dovendo tale disciplina trovare applicazione anche nei confronti dell'imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confronti del detenuto “per altra causa”, perché, essendo certa la reperibilità dell'imputato, le modalità procedimentali di ricerca e di notificazione sono più agevoli e consentono, attraverso l'obbligo di notifica a mani proprie della citazione in appello, un esercizio maggiormente consapevole ed effettivo del diritto di difesa costituzionalmente garantito, tanto più imprescindibile quanto più pregnante è la restrizione della libertà personale.

Sarebbe opportuno, sul punto, un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite della Suprema Corte, che - tenendo conto della copiosa giurisprudenza della Corte costituzionale che ha nel tempo tacciato di illegittimità costituzionale gli istituti in contrasto con un paradigma compiuto e concreto dell'art. 24 Cost. e con la tutela delle libertà individuali dell'imputato in stato di detenzione, e dell'art. 6 Cedu che impone il rispetto di un diritto di accesso pieno ed effettivo alla funzione pubblica della giustizia quando essa concerna il merito di una qualsiasi accusa penale – traccino definitivamente i confini esegetici di una possibile antinomia tra l'art. 581 comma 1-ter c.p.p. e gli artt. 156 comma 3 e 157 c.p.p., di modo che l'esercizio della giurisdizione nei riguardi di un imputato detenuto possa definirsi effettivo e non si riduca a sterile formalismo.

Riferimenti

Bassi-Parodi, La riforma del sistema penale, Commento al d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150 (c.d. Riforma Cartabia), in attuazione della legge delega 27 settembre 2021, n. 134, Giuffrè Francis Lefebvre, 2021;

Grilli, Le notificazioni penali: notificazioni, comunicazioni, avvisi nel nuovo Codice di procedura penale, Giuffrè, 1990.

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