Decreto legislativo - 31/03/2023 - n. 36 art. 9

Marco Briccarello
Codice legge fallimentare

Art. 23.


Verifica preventiva dell'interesse archeologico

(Articolo 41, comma 4)

Articolo 1

1. La verifica preventiva dell'interesse archeologico, prevista dall'articolo 41 comma 4, del codice, si svolge secondo la seguente procedura distinta in due fasi1.

2. Ai fini della verifica di assoggettabilità alla procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico, per le opere sottoposte all'applicazione delle disposizioni del codice, nella prima fase, le stazioni appaltanti e gli enti concedenti trasmettono al soprintendente territorialmente competente, prima dell'approvazione, copia del progetto di fattibilità dell'intervento o di uno stralcio di esso sufficiente ai fini archeologici, ivi compresi gli esiti delle indagini geologiche e archeologiche preliminari con particolare attenzione ai dati di archivio e bibliografici reperibili, all'esito delle ricognizioni volte all'osservazione dei terreni, alla lettura della geomorfologia del territorio, nonché, per le opere a rete, alle fotointerpretazioni. Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti raccolgono ed elaborano tale documentazione mediante i dipartimenti archeologici delle università, ovvero mediante i soggetti in possesso di diploma di laurea e specializzazione in archeologia o di dottorato di ricerca in archeologia. La trasmissione della documentazione suindicata non è richiesta per gli interventi che non comportino nuova edificazione o scavi a quote diverse da quelle già impegnate dai manufatti esistenti2.

3. Presso il Ministero della cultura è istituito un apposito elenco, reso accessibile a tutti gli interessati, degli istituti archeologici universitari e dei soggetti in possesso della necessaria qualificazione. Con decreto del Ministro della cultura, sentita una rappresentanza dei dipartimenti archeologici universitari, si provvede a disciplinare i criteri per la tenuta di detto elenco, comunque prevedendo modalità di partecipazione di tutti i soggetti interessati. Fino alla data di entrata in vigore di detto decreto, resta valido l'elenco degli istituti archeologici universitari e dei soggetti in possesso della necessaria qualificazione esistente e continuano ad applicarsi i criteri per la sua tenuta adottati con decreto del Ministro per i beni e le attività culturali 20 marzo 2009, n. 60.

4. Il soprintendente, qualora sulla base degli elementi trasmessi e delle ulteriori informazioni disponibili, ravvisi l'esistenza di un interesse archeologico nelle aree oggetto di progettazione, può richiedere motivatamente, entro il termine perentorio di trenta giorni dal ricevimento del progetto di fattibilità ovvero dello stralcio di cui al comma 2, la sottoposizione dell'intervento alla procedura prevista dai commi 7 e seguenti. Il soprintendente comunica l'esito della verifica di assoggettabilità in sede di conferenza di servizi. Per i progetti di grandi opere infrastrutturali o a rete il termine perentorio della richiesta per la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico è stabilito in sessanta giorni. I termini di cui al primo e secondo periodo possono essere prorogati per non più di quindici giorni in caso di necessità di approfondimenti istruttori o integrazioni documentali.

5. Anche nel caso in cui, in ragione di un rischio archeologico basso, molto basso o nullo, l'esito della verifica di assoggettabilità sia quello di non ritenere che sussistano le condizioni per avviare la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico, il soprintendente comunica l'esito della verifica di assoggettabilità in sede di conferenza di servizi, con la formulazione di eventuali mirate prescrizioni, tra cui l'assistenza archeologica in corso d'opera nel caso di aree con potenziale archeologico presunto ma non agevolmente delimitabile.

6. In ogni caso, la comunicazione relativa all'esito della verifica di assoggettabilità consente di perfezionare la conferenza di servizi per quanto attiene ai profili archeologici, fatte salve le conclusive determinazioni della Soprintendenza conseguenti all'esito finale della verifica preventiva dell'interesse archeologico, qualora disposta ai sensi del comma 4.

7. L'eventuale seconda fase della procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico, i cui oneri sono a carico della stazione appaltante, è realizzata previa stesura di un progetto per le indagini archeologiche dettagliato, in conformità con quanto previsto dall'articolo 16 dell'Allegato II.18 e consiste nel compimento delle seguenti indagini e nella redazione dei documenti integrativi del progetto di fattibilità3:

a) esecuzione di carotaggi;

b) prospezioni geofisiche e geochimiche;

c) saggi archeologici e, ove necessario, esecuzione di sondaggi e di scavi, anche in estensione tali da assicurare una sufficiente campionatura dell'area interessata dai lavori.

8. L'eventuale seconda fase della procedura di cui al comma 7 si conclude entro il termine perentorio di novanta giorni dall'avvio delle indagini di cui al medesimo comma 7 con la redazione della relazione archeologica definitiva, approvata dal soprintendente di settore territorialmente competente. La relazione contiene una descrizione analitica delle indagini eseguite, con i relativi esiti di seguito elencati, e detta le conseguenti prescrizioni4:

a) contesti in cui lo scavo stratigrafico esaurisce direttamente l'esigenza di tutela;

b) contesti che non evidenziano reperti leggibili come complesso strutturale unitario, con scarso livello di conservazione per i quali sono possibili interventi di reinterro, smontaggio, rimontaggio e musealizzazione, in altra sede rispetto a quella di rinvenimento;

c) complessi la cui conservazione non può essere altrimenti assicurata che in forma contestualizzata mediante l'integrale mantenimento in sito.

9. Nelle ipotesi di cui al comma 8, lettera a), la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico si considera chiusa con esito negativo e accertata l'insussistenza dell'interesse archeologico nell'area interessata dai lavori. Nelle ipotesi di cui al comma 8, lettera b), la soprintendenza determina le misure necessarie ad assicurare la conoscenza, la conservazione e la protezione dei rinvenimenti archeologicamente rilevanti, salve le misure di tutela eventualmente da adottare ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, relativamente a singoli rinvenimenti o al loro contesto. Nel caso di cui al comma 8, lettera c), le prescrizioni sono incluse nei provvedimenti di assoggettamento a tutela dell'area interessata dai rinvenimenti e il Ministero della cultura avvia il procedimento di dichiarazione di cui agli articoli 12 e 13 del predetto codice dei beni culturali e del paesaggio.

10. Qualora la verifica preventiva dell'interesse archeologico si protragga oltre l'inizio della procedura di affidamento dei lavori, il capitolato speciale del progetto posto a base dell'affidamento dei lavori deve rigorosamente disciplinare, a tutela dell'interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell'opera, i possibili scenari contrattuali e tecnici che potrebbero derivare in ragione dell'esito della verifica medesima. In ogni caso, la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico deve concludersi entro e non oltre la data prevista per l'avvio dei lavori e deve includere l'eventuale progetto di scavo o di assistenza archeologica, in conformità con quanto previsto dall'articolo 16 dell'Allegato II.185.

11. Con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 31 dicembre 2023, sono adottate linee guida finalizzate ad assicurare speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di cui al presente articolo. Con il medesimo decreto sono individuati procedimenti semplificati, con termini certi, che garantiscano la tutela del patrimonio archeologico tenendo conto dell'interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell'opera.

Inquadramento

L'allegato in esame, in applicazione dell'art. 41, comma 4, del nuovo codice, contiene le disposizioni di dettaglio che le stazioni appaltanti devono seguire per l'esecuzione della verifica preventiva dell'interesse archeologico di cui all'art. 28 del d.lgs. n. 42/2004, finalizzata alla tutela delle aree d'interesse archeologico che siano coinvolte nella realizzazione di lavori pubblici (Agliata).

Nella relazione illustrativa si legge che l'archeologia preventiva rinviene la sua prima base giuridica impegnativa nella Convenzione europea per la tutela del patrimonio archeologico siglata a La Valletta il 16 gennaio 1992, che agli artt. 5 e 6 (rubricati “Conservazione integrata del patrimonio archeologico”) impegna gli Stati aderenti a integrare la salvaguardia del patrimonio archeologico nelle politiche di sviluppo infrastrutturale e urbanistico del territorio. In particolare, l'art. 6 di questa Convenzione menziona espressamente la “archeologia preventiva” e prevede l'impegno degli Stati firmatari ad apprestare mezzi (anche finanziari) adeguati per questa tipologia di verifiche preventive a carico della somma stanziata per la realizzazione dell'opera pubblica.

La medesima Convenzione individua altresì le ragioni che sono alla base di questo istituto. Esse si compendiano nell'obiettivo di prevedere e prevenire, già nelle prime fasi progettuali, gli “impatti” archeologici degli interventi infrastrutturali e, più in generale, dei lavori pubblici (si parla di una sorta di “valutazione d'impatto archeologico” delle opere), al fine di:

assicurare la migliore tutela dei beni archeologici;

– e di garantire, nel contempo, l'efficienza e l'efficacia delle funzioni amministrative volte alla realizzazione delle opere pubbliche.

Per questi motivi l'archeologia preventiva è da ritenersi contenuto irrinunciabile della legislazione di settore (Greco).

Questo duplice fine pubblico è perseguito mediante la massima anticipazione della valutazione, da parte della competente amministrazione dei beni culturali, della possibile incidenza del progetto avviato dalla stazione committente su aree di interesse archeologico.

In merito a questa tipologia di verifiche preventive si è osservato che si tratta di uno strumento per certi aspetti comune alla valutazione d'impatto ambientale e alla valutazione ambientale strategica (Sandulli, De Nictolis, Carpentieri, Goggiamani).

Entrando nel merito di quanto previsto dal nuovo codice dei contratti pubblici, il citato art. 41, comma 4, del d.lgs. n. 36/2023 stabilisce che la verifica preventiva dell'interesse archeologico – effettuata nei casi previsti dall'art. 28, comma 4, del d.lgs. n. 42/2004 (ossia in caso di realizzazione di lavori pubblici ricadenti in aree di interesse archeologico) e ai sensi della Convenzione europea per la tutela del patrimonio archeologico, firmata a La Valletta il 16 gennaio 1992 e ratificata con la legge n. 57/2015 – si svolge con le modalità procedurali fissate dall'allegato in commento (su cui si tornerà infra).

Per completezza si evidenzia in ogni caso sin da ora che – come sovente accade nel nuovo codice – è ribadito il meccanismo di delegificazione in forza del quale in sede di prima applicazione del codice l'all. I.8 è abrogato a decorrere dalla data di entrata in vigore di un corrispondente regolamento ministeriale ai sensi dell'art. 17, comma 3, della l. n. 400/1988, adottato con decreto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, di concerto con il Ministro della cultura, sentito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, che lo sostituisce integralmente anche in qualità di allegato al codice. Ciò vuol dire che la disciplina generale potrà essere modificata con un semplice regolamento. Inoltre, così come faceva il comma 13 dell'articolo 25 del d.lgs. n. 50/2016, l'allegato rinvia ad un apposito d.P.C.M., da emanare entro il 31 dicembre 2023, l'adozione di apposite linee guida volte ad assicurare “speditezza, efficienza ed efficacia” alla procedura di verifica nonché a introdurre “procedimenti semplificati, con termini certi, che garantiscano la tutela del patrimonio archeologico tenendo conto dell'interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell'opera” (Greco).

Come evidenziato nella relazione illustrativa, sulla base della delegificazione operata dall'articolo 41, comma 4, che integralmente rimesso all'allegato la nuova disciplina della verifica preventiva dell'interesse archeologico, il medesimo allegato I.8 riprende in larga parte i contenuti dell' art. 25 del d.lgs. n. 50/2016, peraltro con alcune significative modifiche e profili di semplificazione che caratterizzano la materia. In particolare:

i) sono eliminati i passaggi procedurali e gli istituti contemplati nei commi da 4 a 7 del suindicato art. 25, rendendo la procedura più rapida e snella. In aggiunta a ciò non sono più previste né la possibilità di un allungamento del predetto termine per esigenze di integrazione istruttoria (art. 25, comma 4) né la possibilità di riapertura della fase di verifica, dopo la conclusione della stessa con esito negativo, in caso di sopravvenienze rilevanti (art. 25, comma 6);

ii) il termine di conclusione della verifica archeologica, dapprima rimesso alla determinazione della competente Soprintendenza, oggi è direttamente stabilito dalla norma in 90 giorni, con l'espressa previsione che si tratta di un termine perentorio;

iii) scompare la previsione speciale di cui al comma 15 dell'articolo 25 del d.lgs. n. 50/2016 a proposito degli interventi in aree di particolare interesse produttivo;

iv) e viene meno pure la facoltà di esperire avverso gli esiti della verifica il ricorso amministrativo di cui all'articolo 16 del d.lgs. n. 42/2004.

Al di là di tali innovazioni, restano fermi i principi fondamentali che fin dal 2005 connotano l'istituto in esame. In particolare, come rilevato dai primi commentatori al nuovo codice permangono:

– l'introduzione della nozione di “aree di interesse archeologico” operata dall'articolo 28, d.lgs. n. 42/2004 al fine di chiarire che l'istituto ha ragion d'essere proprio per quelle aree che non siano già siti archeologici o comunque sottoposte a vincolo;

– il principio della internalizzazione della variabile archeologica nel progetto dell'opera pubblica, e in particolare nella fase del progetto preliminare (oggi progetto di fattibilità tecnica ed economica);

– il principio della consequenziale internalizzazione dei costi della verifica archeologica, che devono gravare sulla stazione appaltante e ben possono essere inseriti nei capitolati d'oneri come autonoma voce tra le poste di finanziamento dell'intervento;

– l'articolazione della verifica in due subprocedimenti (il primo a carattere storico-documentale propedeutico, che si conclude con il provvedimento del Soprintendente che afferma o nega l'interesse archeologico dell'area interessata dagli interventi; il secondo destinato ad avviarsi in caso di esito affermativo del primo e connotato da una fase istruttoria comprendente l'esecuzione di carotaggi, di prospezioni geofisiche e geochimiche e di saggi archeologici e, ove necessario, di sondaggi e di scavi, anche in estensione, tali da assicurare una sufficiente campionatura dell'area interessata dai lavori e che si conclude col provvedimento soprintendentizio che esclude l'interesse archeologico dell'area ovvero adotta le misure necessarie ad assicurare la conoscenza, la conservazione e la protezione dei rinvenimenti archeologicamente rilevanti.

Resta del pari invariata quella che la dottrina ha individuato come la maggiore criticità dell'istituto, e, cioè, la mancata o inadeguata considerazione del successivo momento dei controlli in corso di svolgimento e di esecuzione dei lavori, tenuto conto che la verifica preventiva non esaurisce i compiti delle autorità preposte alla tutela, i quali dovrebbero esplicarsi in funzione collaborativa e non meramente interdittiva anche in questa fase (Greco).

Dal punto di vista sistematico si segnala infine che l'allegato di cui si tratta si compone di un unico articolo, suddiviso in undici commi, recanti previsioni con taglio marcatamente operativo.

Vediamo gli aspetti più significativi.

Le fasi della procedura di verifica

La procedura comincia con una prima fase di esame documentale effettuata dalla competente Soprintendenza. Si tratta di una fase in cui la Soprintendenza stessa è chiamata a valutare, sulla base dei documenti ricevuti dalla stazione appaltante, se sussistono i presupposti per l'avvio della seconda fase di esecuzione delle attività operative, volte a verificare “sul campo” la presenza di beni archeologicamente rilevanti che devono essere salvaguardati.

I) Questa prima fase della verifica di interesse archeologico è assimilabile, per certi versi, alla procedura di c.d. “screening” prevista in materia ambientale dall'art. 19 del d.lgs. n. 152/2006.

In particolare il comma 2 dell'allegato in commento indica la procedura da seguire ai fini della valutazione di assoggettabilità alla verifica preventiva dell'interesse archeologico. Segnatamente la norma prevede che le stazioni appaltanti e gli enti concedenti trasmettono al soprintendente una copia del progetto di fattibilità tecnica ed economica dell'intervento o di uno stralcio di esso sufficiente ad esaminare i profili archeologicamente rilevanti del medesimo intervento.

A questo documento devono essere altresì allegati gli esiti delle indagini geologiche e archeologiche preliminari, eventualmente effettuate dalla staziona appaltante, prestando particolare attenzione:

– ai dati di archivio e bibliografici reperibili all'esito delle ricognizioni volte all'osservazione dei terreni;

– alla lettura della geomorfologia del territorio;

– e alle ulteriori informazioni tecniche di dettaglio.

La suddetta documentazione è reperita ed elaborata dalle stazioni appaltanti mediante la consulenza:

– dei dipartimenti archeologici delle Università;

– o dei soggetti in possesso di diploma di laurea e specializzazione in archeologia o di dottorato di ricerca in archeologia.

Presso il Ministero della cultura è istituito un apposito elenco, liberamente accessibile a tutte le Amministrazioni interessate, degli istituti e dei soggetti in possesso della qualificazione necessaria per individuare e reperire i suddetti documenti (v. il comma 3 dell'allegato I.8).

La trasmissione della documentazione suindicata non è richiesta per gli interventi che non comportino nuova edificazione o scavi a quote diverse da quelle già impegnate dai manufatti esistenti (v. l'ultimo periodo del comma 2).

Il comma 4 dispone che se, sulla base dei documenti trasmessi e delle informazioni disponibili, il soprintendente ravvisa l'esistenza di un interesse archeologico nelle aree oggetto di progettazione può richiedere – entro il termine perentorio di 30 giorni dal ricevimento del progetto di fattibilità tecnica ed economica – la sottoposizione dell'intervento alla procedura operativa prevista dai commi 7 e seguenti.

Per i progetti di grandi opere infrastrutturali o a rete il termine perentorio della richiesta per la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico è stabilito in 60 giorni.

I suddetti termini (di 30 o 60 giorni) possono essere prorogati per non più di 15 giorni in caso di necessità di approfondimenti istruttori o integrazioni documentali.

A mente del comma 5, se all'esito dell'esame documentale di cui ai commi 2 e 4 il soprintendente ravvisa un rischio archeologico basso, molto basso o nullo, l'esito della verifica è comunque comunicato in sede di conferenza di servizi, unitamente alla formulazione di prescrizioni mirate soprattutto a prevedere l'assistenza archeologica in corso d'opera nel caso di aree con potenziale archeologico presunto ma non agevolmente delimitabile.

A conferma della necessità di comunicare gli esiti dell'esame documentale, a prescindere dal grado di rischio archeologico rilevato, il comma 6 prevede che questa comunicazione consente di perfezionare la conferenza di servizi per quanto attiene ai profili archeologici, fatte salve le determinazioni conclusive della Soprintendenza in esito alla fase di verifica operativa che si svolge secondo le modalità dettate dal comma 7.

II) Il comma 7 disciplina, appunto, lo svolgimento della seconda fase della procedura: ossia la verifica operativa in merito sia alla conformazione dell'area di intervento sia, soprattutto, alla presenza di beni archeologicamente rilevanti che necessitano di apposita tutela.

In questa fase di attività “sul campo” vengono eseguite, a carico della stazione appaltante, le seguenti indagini a completamento del progetto di fattibilità tecnica ed economica:

esecuzione di carotaggi;

prospezioni geofisiche e geochimiche;

saggi archeologici e, ove necessario, esecuzione di sondaggi e di scavi, anche in estensione tali da assicurare una sufficiente campionatura dell'area interessata dai lavori.

A norma del comma 8 dell'allegato in esame la procedura si conclude entro il termine perentorio di 90 giorni, che decorrono dalla data in cui il soprintendente ha formulato la richiesta di sottoporre l'intervento alla fase di verifica “sul campo”.

A conclusione delle attività ispettive la stazione appaltante deve redigere la relazione archeologica definitiva, che è sottoposta all'approvazione della Soprintendenza territorialmente competente.

La relazione di cui si tratta contiene una descrizione analitica delle indagini eseguite, con i relativi esiti. In questo documento l'Amministrazione deve indicare se dalle indagini operative emergono:

a ) contesti in cui lo scavo stratigrafico esaurisce direttamente l'esigenza di tutela;

b ) contesti che non evidenziano reperti leggibili come complesso strutturale unitario, con scarso livello di conservazione per i quali sono possibili interventi di rinterro, smontaggio, rimontaggio e musealizzazione, in altra sede rispetto a quella di rinvenimento;

c ) complessi la cui conservazione non può essere altrimenti assicurata se non in forma contestualizzata mediante l'integrale mantenimento in sito.

Alla luce dell'esito delle indagini, nella relazione conclusiva devono essere indicate altresì le prescrizioni (v. il comma 9 dell'all. I.8). In particolare:

a ) nelle ipotesi di contesti in cui lo scavo stratigrafico esaurisce direttamente l'esigenza di tutela (v. retro, il comma 8, lett. a), la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico si considera chiusa con esito negativo nel termine di 90 giorni e accertata l'insussistenza dell'interesse archeologico nell'area interessata dai lavori;

b ) nelle ipotesi di contesti che non evidenziano reperti leggibili (v. retro, il comma 8, lett. b), la Soprintendenza determina le misure necessarie ad assicurare la conoscenza, la conservazione e la protezione dei rinvenimenti archeologicamente rilevanti, salve le misure di tutela eventualmente da adottare ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio;

c ) infine, nel caso di complessi la cui conservazione non può essere altrimenti assicurata, le prescrizioni sono incluse nei provvedimenti di assoggettamento a tutela dell'area interessata dai rinvenimenti e il Ministero della cultura avvia il procedimento di dichiarazione d'interesse culturale di cui agli artt. 12 e 13 del d.lgs. n. 42/2004.

Al comma 10 dell'allegato è disciplinata l'ipotesi in cui le operazioni di verifica “sul campo” si protraggano oltre l'inizio della procedura di affidamento dei lavori. In questo caso – al fine di garantire sia l'attuazione delle forme di tutela che si dovessero rendere necessarie in esito alla verifica, sia l'interesse pubblico alla realizzazione dell'opera oggetto di appalto – il capitolato speciale di gara deve disciplinare in maniera rigorosa e dettagliata gli eventuali scenari contrattuali e tecnici che potrebbero scaturire dall'esito della verifica archeologica.

Il comma 9 stabilisce altresì che, in ogni caso, la procedura di verifica preventiva dell'interesse archeologico deve concludersi entro e non oltre la data prevista per l'avvio dei lavori. Ciò, evidentemente, al fine di evitare che in ragione di quanto emerso da tale attività:

– i lavori medesimi subiscano un'improvvisa interruzione, con conseguenti ritardi fonte di danno sia per l'impresa appaltatrice che per la stazione appaltante;

– e, soprattutto, si renda necessaria una consistente modifica del progetto appaltato.

Infine, come si è anticipato in sede dinquadramento, il comma 11 dell'allegato rinvia ad un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, da emanare su proposta del Ministro della cultura, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, entro il 31 dicembre 2023, l'adozione di linee guida finalizzate ad assicurare speditezza, efficienza ed efficacia alla procedura di cui al presente articolo e l'individuazione di procedimenti semplificati, con termini certi, che garantiscano la tutela del patrimonio archeologico tenendo conto dell'interesse pubblico sotteso alla realizzazione dell'opera.

In attesa dell'emanazione di questo d.P.C.M. si rileva, in linea generale, che la previsione in questione appare importante in quanto “cristallizza” quelli che sono – o meglio, devono essere – i princìpi cardine dell'ordinamento, tanto più in una materia delicata e in rapida evoluzione come quella della contrattualistica pubblica: ossia la speditezza, l'efficienza e l'efficacia. Insomma, rapidità e semplificazione. Due fari dei nostri tempi.

Bibliografia

Agliata, Il nuovo codice degli appalti 2023, commento operativo, Santarcangelo di Romagna, 2023; Caringella, Giustiniani, Mantini (a cura di), Trattato dei contratti pubblici, Roma, 2021; Caringella, Manuale di diritto amministrativo, Roma, 2021; Greco, Programmazione e progettazione: le novità del nuovo codice, in giustizia-amministrativa.it, 2023; Sandulli, De Nictolis, Carpentieri, Goggiamani (a cura di), Trattato sui contratti pubblici, Milano, 2019.

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