L’apparente unitarietà del procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie

15 Novembre 2023

L’unitarietà del nuovo rito, a causa delle scelte del legislatore delegato, è più tendenziale che effettiva e di ciò si ha conferma considerando che solo una parte della disciplina del d.lgs. n. 149/2022, da integrarsi, si badi, con quella del libro primo del codice di rito, implicitamente richiamata, ha una portata davvero generale.

L'indicazione della legge delega e la scelta del legislatore delegato

Una delle novità più rilevanti della riforma del processo civile è stata l'introduzione di quello che viene comunemente definito come il rito unico in materia di persone, minorenni e famiglie.

Il d.lgs. n. 149/2022 ha infatti aggiunto al libro secondo del codice di rito un apposito titolo, il IV-bis, rubricato “Norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie”, che contiene la disciplina applicabile a tutti i procedimenti relativi allo stato delle persone, ai minorenni e alle famiglie di competenza del tribunale ordinario, del tribunale per i minorenni e del giudice tutelare con esclusione dei procedimenti dei procedimenti attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, di protezione internazionale e di libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea.

L'intervento costituisce la puntuale attuazione dell'art. 1, comma 23, lett. a) della l. n. 206/2021, ma questo criterio è stato in parte disatteso dalla norma (art. 473-bis c.p.c.) che, nel definire l'ambito di applicazione del nuovo rito unitario, precisa che le disposizioni del titolo IV-bis si applicano ai procedimenti sopra indicati, con esclusione di quelli volti alla dichiarazione di adottabilità e di adozione dei minori di età e dei procedimenti attribuiti alla competenza delle sezioni specializzate in materia di immigrazione, di protezione internazionale e di libera circolazione dei cittadini dell'Unione europea, “salvo che la legge disponga diversamente”.

Pertanto, nonostante la chiara indicazione, data dalla legge delega, di una sottoposizione al nuovo rito di tutti i procedimenti relativi alle materie indicate, ad eccezione di quelli espressamente individuati nella stessa legge delega, il legislatore delegato ha previsto una clausola di esclusione con la quale ha attribuito a sè la facoltà di scegliere, in virtù di criteri non esplicitati, quali giudizi sottrarre alla disciplina unitaria.  

E' stato grazie a tale opzione, quindi, che risultano soggetti alle norme previgenti, non abrogate, dei giudizi che riguardano lo stato delle persone o la famiglia:

  • i procedimenti per l'adozione dei maggiorenni (per i quali rimane applicabile l'art. 313 c.c.);
  • i giudizi di divisione ereditaria;
  • le controversie in tema di impresa familiare;
  • le controversie in materia di rettificazione di attribuzione di sesso.

La predetta conclusione deriva, con riguardo alla controversia in materia di rettificazione di attribuzione di sesso, dalla considerazione che l'art. 31 del d.lgs. n. 150/2011, a differenza di altre norme del decreto semplificazione, non è stato abrogato né modificato dal d.lgs. n. 149/2022 e ciò rivela la volontà del legislatore delegato di mantenerlo.

Alcuni procedimenti camerali poi sono espressamente sottratti al rito unico dall'art. 473-ter c.p.c. e tra essi merita di essere ricordato, data la frequenza della sua applicazione, quello volto a dirimere il contrasto tra i genitori su questioni di particolare importanza concernenti i figli (art. 316 c.c.).

Sono invece sottoposte al rito unitario tutte le controversie, in materia di persone, minorenni e famiglie che non siano sottoposte ad una disciplina specifica e quindi, oltre ai giudizi di separazione, di divorzio, di regolamentazione delle condizioni di affido di figli nati fuori dal matrimonio, e quelli sulle relative modifiche:

  • la causa di risarcimento del danno endo-familiare, prima della riforma soggetta al giudizio ordinario;
  • quella diretta ad ottenere gli alimenti, anch'essa prima della riforma soggetta al giudizio ordinario;
  • quella per ottenere la ripartizione della quota della pensione di reversibilità che, oltre ad avere carattere contenzioso e a riguardare una famiglia, viene espressamente menzionata nella legge  1° dicembre 1970, n. 898, (prima della riforma era invece sottoposta al rito camerale);
  • il giudizio di disconoscimento di paternità, che dopo la modifica dell'art. 38 disp. att. c.c., ad opera della legge 10 dicembre 2012 n. 219 doveva seguire, secondo la prevalente giurisprudenza di merito (Trib. Varese 22 marzo 2013 e Trib. Velletri 8 aprile 2013), il processo ordinario di cognizione, dal momento che ha ad oggetto l'accertamento con autorità di giudicato di uno status soggettivo;
  • il giudizio di riconoscimento di paternità.

Le conseguenze degli errori nella scelta del rito

Stante la permanenza, evidenziata nel precedente paragrafo, di una certa varietà di riti per le controversie in materia di persone, minorenni e famiglie ben potrà capitare, nel primo periodo di applicazione della riforma, che si verifichino degli errori nella scelta del rito da seguire e che, in particolare, vengano introdotte con atto di citazione cause che invece dovrebbero essere introdotte con ricorso.

La possibilità di una conversione del rito da ordinario a unificato non è stata prevista in via generale ed, a ben vedere, è possibile solo per la controversia in materia di rettificazione di attribuzione di sesso, che venisse introdotta con atto di citazione anziché con ricorso, potendo applicarsi il disposto dell'art. 4, comma 1, d.lgs. n. 150/2011.

Per le altre controversie, sopra citate, che sono soggette al rito unico e che attengano a diritti disponibili, poiché tale rito prevede per esse, in base al combinato disposto degli artt. 473-bis.12 e 16 c.p.c., un regime di preclusioni e decadenze per le domande e le eccezioni delle parti la scelta del giudizio ordinario, anzichè del rito unico, comporta che siano precluse ulteriori allegazioni, dovendosi considerare tardiva la loro proposizione con la memoria ex art 171-ter c.p.c.

Appare invece assai meno problematica l'opzione del rito semplificato poiché  comporta la possibilità dell'assegnazione dei termini di cui all'art. 473-bis.17.

A diversa conclusione può pervenirsi per quelle tra le controversie di cui al sopra riportato elenco di cui fosse parte un minore atteso che il disposto dell'art. 473-bis.2 c.p.c. consente al giudice di ovviare ad eventuali decadenze in cui fosse incorsa la parte minore d'età, avvalendosi dei poteri d'ufficio che la norma succitata gli attribuisce.

Le numerose variabili nel c.d. rito unico

Già la disamina svolta nel precedente paragrafo ha consentito di avvedersi che l'unitarietà del nuovo rito, a causa delle scelte del legislatore delegato, è più tendenziale che effettiva e di ciò si ha conferma considerando che solo una parte della disciplina del d.lgs. n. 149/2022, da integrarsi, si badi, con quella del libro primo del codice di rito, implicitamente richiamata, ha una portata davvero generale.

Infatti una parte di quelle che sono qualificate come disposizioni generali (artt. dal 473-bis.2 al 473-bis.9) a ben vedere è dedicata ai processi in cui sia parte un minore, al quale è parificato il maggiorenne portatore di grave disabilità (bis.9), e alla sua presenza nel processo sono ricollegate, come si è già visto nel paragrafo precedente, anche specifiche regole probatorie (bis.2).

Nelle disposizioni comuni regolanti il procedimento, poi, sono presenti numerose varianti che dipendono:

  • dalla qualità soggettiva del ricorrente (art.473-bis.13 sui procedimenti promossi con ricorso del P.M.);
  • dalla natura, disponibile, relativamente disponibile o indisponibile, dei diritti involti nel giudizio (il riferimento è all'art. 473-bis.19 c.p.c., che contiene una disciplina derogatoria sia al regime di preclusioni e decadenze valido per le controversie relative a diritti disponibili che al principio dispositivo, quando siano coinvolti interessi del minore);
  • dal tipo di provvedimento richiesto al giudice (artt. 473-bis.37-39).

E' opportuno peraltro evidenziare che l'art. 473-bis.39 c.p.c. non precisa quale sia il rito applicabile ai procedimenti finalizzati all'adozione di provvedimenti in caso di inadempienze o violazioni e nemmeno precisa, a differenza del bis.38, se si tratti di un giudizio monocratico.

Due sono allora le opzioni prospettabili.

La prima è quella secondo cui si dovrebbe seguire il rito unico ordinario.

La seconda invece porta a ritenere che si possa applicare lo stesso rito, deformalizzato, al quale è sottoposto il procedimento di cui all'art. 473-bis.38 e con il quale il procedimento in esame presenta molte somiglianze.

E' possibile trovare un riscontro a tale soluzione nella relazione al d.lgs. che attribuisce una funzione comune alle due tipologie di provvedimenti.

Ed ancora nel d.lgs. troviamo delle discipline, definite come speciali, come:

  • quella dedicata ai giudizi in cui siano allegate condotte di violenza domestica o di genere (artt. 473-bis.40- 473-bis.46);
  • gli artt. da 473-bis.47 a 473-bis.51 c.p.c., riguardanti i procedimenti di separazione, di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento dell'unione civile e di regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale, nonche' di modifica delle relative condizioni e, nell'ambito di tipologia di giudizi le norme relative a quelli introdotti con domanda congiunta, consensuale o contenziosa (artt. 473-bis.49 e bis.50);
  • la disciplina dei procedimenti di interdizione, di inabilitazione e di nomina di amministratore di sostegno (artt. 473-bis.52-58);
  • la disciplina dei procedimenti per i casi di assenza e morte presunta (artt. 473-bis.59-63);
  • quella relativa ai minori interdetti e inabilitati (artt. 473-bis.64-66), che sostanzialmente riproduce quella previgente;
  • quella relativa ai rapporti patrimoniali tra coniugi (artt. 473-bis.67-68);
  • quella relativa al procedimento di adozione degli ordini di protezione (artt. 473-bis.60-71).

A ben vedere anche la parte generale sul procedimento contiene delle discipline speciali.

Si tratta dell'art. 473-bis.15, relativo ai provvedimenti indifferibili, e degli artt.  473-bis.22 e 23, relativi ai provvedimenti temporanei ed urgenti.

Al termine della panoramica fin qui condotta è abbastanza chiaro che l'espressione di rito unico in materia di persone, minorenni e famiglie è approssimativa e può essere accettata in via convenzionale per alludere ad un complesso di norme solo in parte comuni alla maggior parte dei giudizi prima sottoposti al rito di cognizione ordinario o al rito camerale.

Si tratta infatti di una disciplina che, opportunamente, è stata resa oltremodo versatile per adattarla alle numerose specificità che questo tipo di contenzioso presenta.

Resta però il rammarico di dover constatare che in tale approccio, di tipo quasi casistico, sia sfuggita l'esigenza, parimenti degna di considerazione, di offrire al giudice un modello decisionale più snello della sentenza per definire le controversie più semplici.

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