Il dovere di mantenimento del figlio decorre dalla sua nascita

20 Novembre 2023

Il contributo del padre putativo, poi disconosciuto, costituisce una dispensa dal dovere di mantenimento per chi è stato dichiarato padre naturale?

Massima

Il figlio, in quanto tale, a prescindere dalla sussistenza di altri presunti genitori e dall'avvio di azioni volte al disconoscimento di questi ultimi, ha diritto, ai sensi dell'art. 147 c.c., di essere istruito, educato e assistito moralmente dal proprio reale genitore, dal momento in cui questi abbia assunto coscienza della propria condizione.

Cass. civ, I sez., ord. 7 febbraio 2023, n. 3661

Cass. civ. sez. I, 10 aprile 2012, n. 5652;

Cass. civ. sez. I, 20 dicembre 2011, n. 27653

Cass. civ. sez. I, 17 dicembre 2007, n. 26575

Il caso

La Corte di Appello di Genova addebita al padre riconosciuto la metà del mantenimento dovuto al figlio sin dal momento della sua nascita, decurtando da tale importo le spese sostenute dal padre putativo.

Viene, altresì, dichiarata l'esistenza di un illecito endofamiliare a carico del padre naturale poiché quest'ultimo, una volta venuto a conoscenza dell'esistenza del figlio, ha continuato a non adempiere ai propri doveri genitoriali.

Il padre riconosciuto propone ricorso in Cassazione contro tale sentenza portando come primo motivo di impugnazione che il Giudice di secondo grado non ha tenuto conto del precedente riconoscimento di paternità operato dal coniuge della madre, con la conseguenza che, sino al passaggio in giudicato della sentenza di disconoscimento dello stesso, il padre naturale non è stato nella possibilità giudica di acquisire lo status di padre e di essere onerato dai connessi obblighi di mantenimento.

Rispetto a tale contestazione il giudice di legittimità osserva che «non vi è dubbio che il giudizio di disconoscimento di paternità sia pregiudiziale rispetto a quello in cui viene richiesto l'accertamento di altra paternità, a mente dell'art. 253 c.c. (Cass., civ., sez. un., 8268/2023). Ciò nondimeno, l'obbligo dei genitori di mantenere i figli (artt. 147 e 148 c.c.) sussiste per il solo fatto di averli generati e prescinde da qualsivoglia domanda, sicché tale obbligo ricorre anche per il periodo anteriore alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, essendo sorto sin dalla nascita il diritto del figlio naturale a essere mantenuto, istruito ed educato nei confronti di entrambi i genitori (Cass. 5652/2012)». In adesione a tale principio, la Suprema Corte respinge le doglianze del ricorrente, confermando gli esiti cui era giunta la Corte distrettuale.

La questione

Il contributo del padre putativo, poi disconosciuto, costituisce una dispensa dal dovere di mantenimento per chi è stato dichiarato padre naturale? Ovvero rileva come una situazione di fatto che determina una riduzione delle esigenze di mantenimento di cui il figlio necessita e alle quali gli effettivi genitori devono provvedere?

Le soluzioni giuridiche

Nel caso di specie, il ricorrente contesta la decisione del Giudice di merito nella parte in cui lo stesso non attribuisce rilievo alla partecipazione economica del genitore putativo, evidenziando come, da tale contribuzione sarebbe dovuta derivare, per il corrispondente periodo, un'esenzione in proprio favore del dovere di mantenimento del figlio.

Rispetto a tale passaggio, la Corte ha spiegato che, il quadro normativo di riferimento, non solleva chi è stato riconosciuto come padre dall'obbligo di mantenere il figlio per il solo fatto che il presunto padre, poi disconosciuto come tale, abbia già provveduto in tale senso, potendo tale circostanza incidere solo in termini di quantificazione del mantenimento.

Il Giudice di legittimità, infatti, afferma che «il contributo dato dal padre putativo poi disconosciuto non costituisce un'esenzione per chi è stato dichiarato padre dal dovere di mantenimento, fin dalla nascita del figlio, che discende dalla procreazione, ma viene in rilievo come una situazione di fatto che ha determinato una riduzione delle esigenze di mantenimento di cui il figlio aveva necessità ed alle quali gli effettivi genitori dovevano provvedere».

La Corte ha, quindi, respinto tale obiezione, precisando altresì che la determinazione del rimborso dovuto dal genitore riconosciuto in favore dell'altro si fonda sugli esborsi effettivamente o verosimilmente sostenuti da quest'ultimo e può avvenire anche in via equitativa, posto che il rimborso in questione ha natura indennitaria.

Con ulteriore motivo di impugnazione, il ricorrente contesta la sussistenza di un illecito endofamiliare a proprio carico.

In particolare, il ricorrente rappresenta l'impossibilità di assumere il proprio ruolo genitoriale sin tanto che non vi sia il definitivo disconoscimento di paternità del genitore putativo e sottolinea altresì che il figlio, avendo vissuto nella certezza che il padre, poi disconosciuto come tale, fosse il vero genitore, non ha subito una lesione da tale situazione per il corrispondente periodo.

La Corte, tuttavia, ritiene anche tale motivo infondato nella misura in cui il ricorrente, una volta venuto a conoscenza dell'esistenza del figlio, è gravato in ogni caso dall'obbligo di educarlo e mantenerlo poiché tale dovere «è eziologicamente connesso alla procreazione, prescindendo dalla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, così determinandosi un automatismo tra la responsabilità genitoriale e la procreazione, che è il fondamento della responsabilità da illecito nell'ipotesi in cui alla procreazione non segua il riconoscimento e l'assolvimento degli obblighi conseguenti alla condizione di genitore», invero, continua il giudice di legittimità «il presupposto di tale responsabilità e del conseguente diritto del figlio al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali è costituito dalla consapevolezza del concepimento».

Da tali ragioni, il rigetto del ricorso.

Appare, pertanto, consolidato l'orientamento della Suprema Corte che afferma che, per la configurabilità del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare, l'obbligo del genitore di procurare i mezzi di sussistenza ai figli minori sorge con la nascita degli stessi, anche nel caso in cui il riconoscimento del loro status consegua all'accertamento giudiziale, che produce i propri effetti in via retroattiva.

Sulla scorta di tale principio, il genitore è, dunque, obbligato a procurare i mezzi di sussistenza ai figli sin dalla loro nascita, indipendentemente dalla formale attribuzione della responsabilità genitoriale, ed anche se il riconoscimento dello status dovesse intervenire in un momento successivo.

Peraltro, l'obbligo del genitore naturale di concorrere al mantenimento del figlio ha origine al momento della nascita di questi, anche se la filiazione sia accertata successivamente con sentenza.

La pronuncia dichiarativa della filiazione nata fuori dal matrimonio produce gli effetti costitutivi del riconoscimento ex art. 254 c.c. e comporta per il genitore, ai sensi dell'art. 261 c.c., tutti i doveri propri della procreazione “matrimoniale”, incluso quello del mantenimento ai sensi dell'art. 148 del codice civile.

Riprendendo costante e consolidata giurisprudenza, i Giudici della Suprema Corte hanno affermato che “anche nell'ipotesi in cui al momento della nascita il figlio sia riconosciuto da uno solo dei genitori, tenuto perciò a provvedere per intero al suo mantenimento, per ciò stesso non viene meno l'obbligo dell'altro genitore per il periodo anteriore alla pronuncia della dichiarazione giudiziale di paternità o maternità naturale, proprio perché il diritto del figlio naturale a essere mantenuto, istruito ed educato, nei confronti di entrambi i genitori, è sorto fin dalla sua nascita“.

La Corte ribadisce che, comunque, è l'accertamento dello status di figlio naturale che costituisce il presupposto per l'esercizio dei diritti ad esso connessi, perché prima di tale momento non vi è certezza su questo.

Del resto, ai sensi dell'art. 258 c.c., il riconoscimento ha effetto unicamente per il genitore che lo effettua; l'atto di riconoscimento di uno solo dei genitori, come è noto, non può contenere indicazioni relative all'altro, e, qualora queste indicazioni siano riportate, risultano senza effetto.

Osservazioni

La Costituzione, all'art. 30, primo comma, richiama il fondamentale dovere dei genitori di mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio.

A tale dovere dei genitori, corrisponde il diritto fondamentale del figlio a essere mantenuto, espressamente indicato nell'art. 315 bis cod. civ.(“diritti e doveri del figlio”) così come rivisto dalla riforma del 2012 in tema di filiazione.

In passato, la Corte costituzionale, con pronuncia del 13 maggio 1998, n. 166 ha sottolineato la solennità di questo dovere affermando che Il primo obbligo enunciato dall'art. 147 del codice civile consiste in quello di mantenimento della prole: è questo un dovere inderogabile, che nella sua concreta attuazione è commisurato in proporzione alle rispettive sostanze dei genitori e alle capacità di lavoro di ciascuno”.

Come previsto negli articoli 269,270,273,276 e 277 del codice civile, l'azione per la dichiarazione giudiziale di paternità (o di maternità), in caso di mancato spontaneo riconoscimento del figlio, può essere promossa dall'altro genitore che esercita la responsabilità genitoriale o dal figlio maggiorenne.

La sentenza che pronuncia la filiazione produce gli stessi effetti del riconoscimento effettuato contestualmente alla dichiarazione di nascita. E quindi “la sentenza di accertamento della filiazione naturale, in quanto ha natura dichiarativa dello stato biologico di procreazione, fa sorgere a carico del genitore tutti i doveri propri della procreazione legittima, compreso quello di mantenimento”.

In caso di figlio minorenne, il tribunale può anche emettere con tale sentenza provvedimenti sull'affidamento o concernenti il mantenimento futuro. Trattasi di un provvedimento che prescinde da qualsivoglia domanda di parte e che comunque il tribunale può adottare d'ufficio nell'esclusivo interesse del minore (Cass. civ. sez. I, 3 novembre 2006 n. 23596; Cass. civ. sez. I, 17 luglio 2004, n. 13296).

Il figlio riconosciuto tardivamente, sia spontaneamente sia in sede giudiziale, ha perciò diritto al mantenimento con decorrenza dalla nascita. Naturalmente il mantenimento si suddividerà tra entrambi i genitori, essendo entrambi tenuti a tale dovere.

Generalmente, le sentenze della Cassazione, al fine di giustificarne la retroattività degli effetti, non parlano di natura costitutiva della sentenza che accerta la filiazione, ma di natura dichiarativa, senza alcun cenno al problema dell'efficacia piena solo con il giudicato. Il motivo di questo convincimento appare incongruo atteso che una cosa è la retroattività degli effetti e altra cosa è l'efficacia che ne consente l'esecuzione ma non comporta di per sé l'irretroattività.

Soltanto una sentenza riconosce espressamente la natura costitutiva della sentenza di accertamento della paternità: la Cass. civ. sez. I, 3 novembre 2006, n. 23596 che così, testualmente, afferma: Questa Corte ha più volte affermato che la sentenza di accertamento della paternità o maternità naturale ha natura dichiarativa. Tale principio va peraltro inteso nel senso che la sentenza accerta uno status che attribuisce al figlio naturale tutti i diritti che competono al figlio legittimo con efficacia retroattiva, sin dal momento della nascita, secondo la previsione degli articoli 147 e 148 in forza del combinato disposto degli articoli 261 e 277. L'esercizio dei diritti connessi a tale status non può peraltro prescindere dall'accertamento giudiziale o dal riconoscimento effettuato dal genitore. In quanto attributiva di uno status e dei diritti ad esso connessi, la sentenza va pertanto qualificata, ai fini che qui interessano, come costitutiva, nel senso che senza di essa lo status di figlio naturale non sorge e non vi può essere rivendicazione utile dei diritti che a tale status si accompagnano, ancorché per effetto della pronuncia il godimento di tali diritti retroagisca alla data della nascita”. La decisione in questione parla molto correttamente di “natura costitutiva della sentenza dichiarativa della filiazione”.

Quindi, concludendo su tale questione, la sentenza che accerta la filiazione ha certamente natura costituiva anche se i suoi effetti retroagiscono al momento della nascita, garantendo così al figlio minore una garanzia completa del suo diritto al mantenimento dalla nascita in poi.

Sulla decorrenza dalla nascita dell'obbligazione di mantenimento in seguito alla sentenza che accerta la filiazione, la giurisprudenza è copiosa e assolutamente consolidata.

La domanda relativa agli arretrati di mantenimento con decorrenza dalla nascita, che richiede una domanda di parte, ove il figlio sia minorenne, può essere proposta nella qualità di esercente la responsabilità genitoriale dal genitore che ha azionato la causa di riconoscimento, nello stesso procedimento. Si sostiene che si tratti di una domanda che il genitore azionerebbe iure proprio sotto forma di rimborso pro quota di quanto speso dalla nascita per il figlio, ma non sembra che possa escludersi che il genitore possa anche agire in rappresentanza del figlio titolare del diritto al mantenimento. Anche su tali aspetti economici, la decisione diventerà esecutiva dopo il giudicato sullo status.

In alternativa, le domande di mantenimento possono essere proposte successivamente in una causa a parte, dal genitore, iure proprio, se il figlio è maggiorenne, o anche direttamente dal figlio maggiorenne.

La prescrizione, decennale, decorre dal giudicato sullo status (Cass. civ. sez. I, 3 novembre 2006, n. 23596).

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