Il giudice di pace può conoscere, nei limiti della sua competenza per valore, le cause relative alla riscossione dei contributi condominiali

22 Novembre 2023

Con l’ordinanza in commento emessa in sede di regolamento, la Corte di Cassazione, sull’abbrivio dell’arresto delle Sezioni Unite del 2011 - sempre in attesa che le controversie in materia condominiale siano trasferite in toto, per ragioni di materia, al Giudice di Pace - ha ribadito che quest’ultimo, nei limiti della sua competenza per valore (così come, di recente, innalzata dalla c.d. riforma Cartabia), può conoscere le cause, statisticamente frequenti - introdotte, di regola, con il procedimento monitorio - relative alla riscossione dei contributi condominiali, ancorchè trattasi, in fondo, di obblighi pecuniari sinallagmaticamente collegati all'immobile, rispetto al quale, di regola, la cognizione del suddetto magistrato onorario è preclusa.

Massima

Le controversie aventi ad oggetto la riscossione dei contributi condominiali rientrano nella competenza del Giudice di Pace, nei limiti della sua competenza per valore, in quanto, sebbene dirette all'attuazione di un obbligo pecuniario sinallagmaticamente collegato all'immobile, non si apprezzano differenze, né morfologiche, né funzionali, tra la “misura e modalità d'uso dei servizi condominiali” - materia devoluta alla competenza dello stesso magistrato onorario dall'art. 7, comma 3, n. 2), c.p.c. - ed i relativi contributi.

Il caso

Veniva impugnata, con regolamento di competenza davanti alla Suprema Corte, l’ordinanza con cui il Giudice di Pace aveva dichiarato la propria competenza per valore, nella procedura monitoria finalizzata a chiedere la condanna di Tizio, nella qualità di conduttore di un appartamento, al pagamento della somma di € 1.807,56, oltre accessori, a titolo di oneri condominiali dovuti sino alla data del rilascio del bene ed anticipati da Caio, proprietario dello stesso appartamento.

La questione

Si trattava di verificare se il suddetto magistrato onorario avesse correttamente affermato la propria competenza per valore ai sensi dell'art. 7, comma 1, c.p.c., oppure si fosse violato l'art. 447-bis c.p.c. nel senso che la competenza doveva essere determinata sulla base della materia, per cui era competente esclusivamente il Tribunale trattandosi di controversia in àmbito di locazione.

Le soluzioni giuridiche

I giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto infondato il ricorso proposto dal soggetto ingiunto.

Invero, il filone interpretativo predicativo della competenza del Tribunale, riguardo a controversie che abbiano come causa petendi un immobile, pur se accompagnate da un petitum immediato avente ad oggetto una somma di denaro nei limiti del valore indicato dal richiamato art. 7 c.p.c., è stato superato dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. civ., sez. un., 19 ottobre 2011, n. 21582, successivamente confermata da Cass. civ., sez. VI, 11 luglio 2018, n. 18201, e Cass. civ., sez. II, 28 luglio 2020, n. 16012), le quali, su un piano più generale, hanno rilevato che il problema della distribuzione del contenzioso tra giudici di tipo diverso è stato risolto dall'attuale sistema processuale in base ai criteri del valore e della materia che, secondo un modulo di discontinuità operazionale, si combinano variamente tra loro in una dimensione di reciproca integrazione, resa palese proprio dall'art. 7 c.p.c., che circoscrive la portata alle cause relative a beni mobili, e sempre che non siano attribuite, ancora con riguardo alla materia, alla competenza di altro giudice.

Si è, poi, chiarito che la competenza del Giudice di Pace, anche relativamente a diritti collegati ad un diritto reale immobiliare - a condizione che non si facesse questione, neppure incidentale, sul rapporto di diritto o di fatto con l'immobile - non è seriamente contestabile allorché diretta all'attuazione di un obbligo pecuniario, che sia sinallagmaticamente collegato con un immobile, con esclusione, quindi, solo delle azioni reali o personali immobiliari.

Significativa al riguardo - ad avviso degli ermellini - è stata proprio la fattispecie della riscossione dei contributi condominiali, in relazione alla quale non potrebbe escludersi la competenza del Giudice di Pace (attesa la pretesa limitazione tout court della sua competenza “alle cause inerenti beni mobili”) sul rilievo che i contributi in oggetto afferiscano all'edificio condominiale, non potendosi, se non arbitrariamente, collocare la controversia inerente alla declaratoria di debenza o di non debenza dei contributi stessi sul piano della stretta inerenza all'immobile onerato, onde la relativa collocazione nell'orbita delle c.d. controversie immobiliari, come tali escluse a contrario dalla competenza del Giudice di Pace delineata dall'art. 7, comma 1, c.p.c..

Se è vero, infatti, che il c.d. onere condominiale si colloca, più propriamente, nell'àmbito delle obligationes propter rem - con oggettiva connessione tra titolarità del diritto ed obbligazione contributiva e con trasferimento ipso facto ai terzi acquirenti dell'unità immobiliare onerata - secondo i magistrati del Palazzaccio è sembrata del tutto priva di fondamento normativo, nella specie, l'esclusione della competenza (per valore) del magistrato onorario solo perché diretta all'attuazione di un obbligo pecuniario che sia sinallagmaticamente collegato all'immobile, non rinvenendosi differenze né morfologiche né funzionali tra la misura e le modalità d'uso dei servizi condominiali ed i relativi contributi, questioni tutte omogeneamente riconducibili, quoad obiectum, a diritti di comproprietà immobiliare.

Osservazioni

Sul punto, va ricordato che, a seguito dell'istituzione del giudice unico di primo grado - ad opera del d.lgs. 19 febbraio 1998, n. 51, a decorrere dal 2 giugno 1999 - la competenza c.d. verticale, per quanto concerne il criterio del valore, si articolava tra due soli livelli, e precisamente, tra il Giudice di Pace, competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore, originariamente, fino a € 5.000,00, da un lato, ed il Tribunale, competente per tutte le cause concernenti beni immobili qualunque ne fosse il valore, per quelle relative a beni mobili purchè di valore superiore a tali soglie, e per quelle di valore indeterminabile, dall'altro.

Nella Gazzetta ufficiale del 17 ottobre 2022, n. 243, è stato pubblicato il d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, con cui il Governo ha dato attuazione alla delega, conferita con la l. 26 novembre 2021, n. 206, tra l'altro, “per l'efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie” (c.d. riforma Cartabia, dal nome del Ministro della Giustizia proponente).

In particolare, rimane ferma la competenza funzionale del giudice onorario, per quel che interessa la materia condominiale, ai sensi dell'immutato art. 7, comma 3, c.p.c., riguardo al n. 2), per quanto concerne le “cause relative alla misura ed alle modalità d'uso dei servizi di condominio di case”, e al n. 3), per quanto concerne le “cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la nomale tollerabilità”.

Invece, si registra come fortemente innovativo, da parte del d.lgs. n. 149/2022, l'innalzamento della competenza per valore, che passa dagli attuali € 5.000,00 al doppio di tale importo: invero, l'art. 3, comma 1, del d.lgs. n. 149/2022 ha modificato il comma 1 del citato art. 7, nel senso che: “il Giudice di Pace è competente per le cause relative a beni mobili di valore non superiore a diecimila euro, quando dalla legge non sono attribuite alla competenza di altro giudice” (in conformità, peraltro, alla comma 7, lett. b, della legge-delega, contemplando, altresì, l'aumento fino a € 25,000,00, dagli attuali € 20.000,00, per le cause indicate nel comma 2, ossia quelle concernenti al “risarcimento del danno prodotto dalla circolazione di veicoli e natanti”).

Orbene, accanto all'azione nelle forme ordinarie, l'art. 63, comma 1, disp. att. c.c. - non toccato, sul punto, dalla Riforma del 2013 (ossia le l. n. 220/2012) - prevede che, per la riscossione dei contributi condominiali, l'amministratore possa ottenere decreto ingiuntivo, immediatamente esecutivo nonostante opposizione, in base allo stato di riparto approvato dall'assemblea (pleonasticamente aggiungendo che, in tale incombente, il suddetto amministratore non abbisogna di alcuna autorizzazione da parte del supremo organo gestorio).

Nulla esclude, però, che l'azione giudiziaria possa essere instaurata dal condomino che, pervenuta la richiesta da parte dell'amministratore di provvedere al pagamento delle quote di che trattasi, o anche venuto semplicemente a conoscenza dell'addebito a suo carico delle quote stesse, promuova un giudizio in cui, al contrario, si accerti di non essere obbligato ad adempiere.

Per quanto riguarda l'individuazione del giudice competente, in relazione all'azione proposta nelle forme ordinarie o in quelle del procedimento monitorio, si rileva che la controversia in ordine alla riscossione delle quote condominiali di cui sopra esula dalla sfera di cognizione ratione materiae del Giudice di Pace, restando la competenza sulla stessa regolata secondo gli ordinari criteri ratione valoris e, quindi, la possibilità di concorso verticale di competenza risulta soltanto tra il predetto giudice onorario ed il Tribunale.

Né può escludersi la competenza del Giudice di Pace in relazione alla limitazione della sua competenza alle cause relative ai beni mobili affermando che i contributi in oggetto afferiscono all'edificio condominiale.

In via generale, la giurisprudenza di legittimità aveva precisato che il conciliatore, nei limiti della sua competenza per valore, poteva giudicare sulle azioni personali concernenti beni immobili e, in particolare, sulle cause che avevano per oggetto somme di danaro relative a quei beni, le quali non involgevano questioni sul rapporto giuridico, di fatto e di diritto, con i medesimi.

In altri termini, non è apparso corretto inquadrare le controversie inerenti la declaratoria di debenza o meno dei contributi condominiali sulla base della stretta inerenza di dette cause all'immobile onerato dal contributo - quasi una sorta di actio negatoria - e, quindi, la loro insistenza nell'àmbito delle c.d. controversie immobiliari, come tali escluse a contrario dalla competenza (negativa per materia) del Giudice di Pace delineata dall'art. 7, comma 1, c.p.c.; è vero che si tende a configurare la natura propter rem del predetto contributo, il che importa un'oggettiva connessione tra titolarità del diritto ed obbligazione contributiva, e l'automatico trasferimento del “peso” a carico dei terzi acquirenti dell'unità immobiliare onerata, tuttavia è sembrato eccessivo escludere la competenza (per valore) del predetto magistrato onorario con riferimento alla controversia relativa a beni (contributi condominiali) avente natura mobile (somme di denaro) solo perchè diretta all'attuazione di un obbligo pecuniario che sia sinallagmaticamente collegato con l'immobile (edificio condominiale).

Per quanto concerne i giudizi ordinari, occorre distinguere le due ipotesi prospettate, ed esaminare separatamente i casi in cui ad iniziare l'azione è l'amministratore, da quelli in cui l'iniziativa è assunta dal condomino, presunto debitore.

Nella prima ipotesi - che ci interessa maggiormente da vicino, in quanto esaminata dall'ordinanza in commento (anche se il caso di specie registrava il locatore che invocava dal conduttore la ripetizione di quanto anticipato a titolo di contributi condominiali) - l'amministratore, nell'individuare il giudice competente, non può derogare alle norme generali e, per la relativa determinazione, deve fare riferimento all'ammontare della somma oggetto della domanda monitoria: così la competenza è ripartita soltanto tra il Giudice di Pace (ora fino a € 10.000,00 ex art. 7 c.p.c.) ed il Tribunale (importo superiore a tale limite ex art. 9 c.p.c.).

Va ricordato che, in forza del disposto dell'art. 637, comma 1, c.p.c., per la predetta ingiunzione risulta competente il Giudice di Pace o, in composizione monocratica, il Tribunale che sarebbe competente per la domanda proposta in via ordinaria, con riferimento esclusivo alla somma di cui l'amministratore chiede il pagamento (in pratica, rispettivamente, fino a € 10.000,00, o oltre), mentre l'art. 645, comma 1, c.p.c. prescrive che l'opposizione al decreto ingiuntivo, proposto dal condomino che ritiene di non essere obbligato al relativo pagamento, deve inderogabilmente presentarsi davanti all'ufficio giudiziario al quale appartenga il giudice che ha emesso lo stesso decreto.

Né tale competenza a conoscere dell'opposizione, che riveste carattere funzionale, può essere esclusa in base al rilievo dell'incompetenza del giudice che ha emesso il decreto, anche se, in tal caso, la suddetta competenza è destinata ad esaurirsi in una sentenza che definisce il giudizio di opposizione dichiarando la nullità del decreto medesimo; neppure la proposizione, da parte del condomino opponente, di una domanda riconvenzionale che ecceda i limiti di valore della competenza del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo, può importare uno spostamento della causa di opposizione, dovendo il giudice di quest'ultima limitarsi a separare i giudizi, e rimettere al giudice superiore la causa relativa alla domanda riconvenzionale, salva la sospensione del giudizio sull'opposizione ex art. 295 c.p.c. ove ne ricorrano i presupposti.

Orbene, atteso che, con l'istituzione del giudice unico, le controversie lato sensu condominiali, in quanto inerenti comunque a diritti su beni immobili, sono attribuite al Tribunale, ci si era chiesti se potesse sostenersi una competenza del Giudice di Pace alla luce dell'art. 7, comma 1, c.p.c., che gli attribuisce solamente le cause “relative a beni mobili”.

A ben vedere, non erano mancate pronunce della giurisprudenza di legittimità (Cass. civ., sez. III, 13 aprile 1992, n. 4476; Cass. civ., sez. III, 20 febbraio 1987, n. 1841), le quali, sia pure con riferimento alla figura del Conciliatore - ma la stessa clausola è stata sostanzialmente riprodotta nella norma che delimita la cognizione del Giudice di Pace, salvo l'innalzamento della soglia - avevano ritenuto che il predetto magistrato non togato, nei limiti della sua competenza per valore, potesse anche giudicare sulle azioni personali concernenti beni immobili e, in particolare, sulle cause che avevano per oggetto somme di danaro relative a quei beni che, però, non involgevano questioni sul rapporto giuridico di fatto e di diritto con i medesimi (del resto, anche la migliore dottrina, che aveva commentato le norme sulla competenza del Giudice di Pace, era concorde nel rifiutare ogni lettura indebitamente estensiva della clausola de qua).

Tuttavia, sembrava maggioritario l'indirizzo (Cass. civ., sez. I, 3 dicembre 1996, n. 10787; Cass. civ., sez. 28 gennaio 1995, n. 1031; Cass. civ., sez. II, 25 febbraio 1992, n. 2334; Cass. civ., sez. III, 22 gennaio 1987, n. 578), per il quale l'art. 7 c.p.c.escludeva ratione materiae la competenza del magistrato non professionale per tutte le cause aventi ad oggetto domande afferenti a diritti, reali o personali, relativi a beni immobili (v., in particolare, Cass. civ., sez. I, 28 novembre 2001, n. 15100: nella specie, si era dichiarata la competenza del Tribunale, che si era spogliato, in ragione del valore inferiore a £ 5.000.000, della causa avente ad oggetto domanda di acquisto della proprietà di un bene immobile per usucapione; cui adde, nella giurisprudenza di merito, Giud. Pace Benevento 12 gennaio 2001).

Sul punto - come abbiamo visto - è intervenuto il massimo organo di nomofilachia - v. Cass. S.U. n. 21582/2011, cit., cui ha dato giuridica continuità l'ordinanza in commento - affermando la possibile cognizione del Giudice di Pace, nei limiti della sua competenza per valore, in ordine alle controversie aventi ad oggetto pretese che abbiano la loro fonte in un rapporto, giuridico o di fatto, riguardante un bene immobile, salvo che la questione proprietaria non sia stata oggetto di un'esplicita richiesta di accertamento incidentale di una delle parti e sempre che tale richiesta non appaia, ictu oculi, alla luce delle evidenze probatorie, infondata e strumentale - siccome formulata in violazione dei principi di lealtà processuale - allo spostamento di competenza dal giudice di prossimità al giudice togato.

Resta fermo che si è sempre in attesa che la materia condominiale, in forza del d.lgs. n. 117/2016, venga trasferita in toto al suddetto giudice onorario, attualmente con decorrenza dal 31 ottobre 2025 (termine così spostato in avanti ad opera del d.l. n. 162/2019, convertito in l. n. 8/2020).

Riferimenti

Celeste, La competenza all inclusive del giudice di pace in materia condominiale, in Immob. & proprietà, 2016, 657;

Zulberti, Sulla nozione di “cause relative a beni mobili” come oggetto della competenza del giudice di pace, in Riv. dir. proc., 2012, fasc. 5, 1389;

Scarpa, Giudice di pace e cause relative a beni immobili, in Giudice di pace, 2012, 107;

Risolo, Al giudice di pace anche le controversie risarcitorie relative a beni immobili, in Dirittoegiustizia.it, 2011;

Salciarini, Contestazione della spesa condominiale e individuazione del giudice competente, in Immob. & diritto, 2010, fasc. 3, 24;

Celeste, Controversie condominiali: a quale giudice rivolgersi?, in Immobili & diritto, 2006, fasc. 3, 33;

Nicolucci, Sulla competenza del giudice di pace in materia di locazioni, in P.Q.M., 1998, fasc. 2, 49;

La Rocca, La competenza per valore del giudice di pace per le cause relative al pagamento delle quote di spese condominiali, in Arch. loc. e cond., 1997, 191;

Napolitano, La competenza per materia, per valore e per territorio del giudice di pace, in Vita notar., 1994, 976.

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