Occupazione sine titulo dell’immobile e risarcimento del danno

Vito Amendolagine
23 Novembre 2023

La sentenza del Tribunale di Roma si sofferma sulle conseguenze derivanti dalla riscontrata nullità dell’accordo negoziale concluso verbalmente inter partes, sussumibile nell’àmbito della locazione ad uso abitativo, per effetto della violazione prevista ad hoc dalla vigente disciplina applicabile alla suddetta tipologia di locazione, ed i presupposti occorrenti per l’accoglimento della richiesta di pagamento della correlata indennità e ristoro dei pregiudizi e danni subiti dal proprietario.

Massima

La nullità del contratto di locazione stipulato verbalmente inter partes comporta la condanna dell’occupante al rilascio immediato dello stesso cespite per effetto della mancanza di un valido titolo che legittimi la prosecuzione legale del rapporto di fatto.

Il caso

La fattispecie attiene all’azione finalizzata a conseguire la restituzione dell’immobile occupato senza titolo, e per l’effetto, la condanna al pagamento dell’indennità di occupazione e l’ulteriore condanna al risarcimento di tutti i danni sofferti dall’istante, compresi i pregiudizi derivanti dall’esecuzione di interventi non autorizzati nell’immobile.

La questione

La quaestio juris esaminata dal Tribunale verte principalmente sulle conseguenze derivanti da un accordo verbale avente ad oggetto la concessione della disponibilità di un cespite immobiliare, laddove detto accordo risulti idoneo ad integrare un rapporto di locazione ad uso abitativo.

Le soluzioni giuridiche

Il Tribunale adìto, rilevata preliminarmente la nullità assoluta e, quindi, rilevabile anche d'ufficio del rapporto negoziale concluso verbalmente in violazione della forma scritta prevista dall'art. 1 della l. n. 431/1998, da cui consegue – alla luce dell'attuale normativa – che la posizione del conduttore, il quale di fatto si trova nell'immobile senza un contratto scritto, è assimilabile a quella di un occupante abusivo, sulla cui scorta, accoglie la domanda della ricorrente riguardante l'occupazione senza valido titolo dell'immobile, disponendone la restituzione al legittimo proprietario, rigettando le ulteriori richieste di condanna al pagamento dell'indennità di occupazione ed ulteriori danni lamentati, poiché quanto alla prima non sussistendo i relativi presupposti.

In particolare,da un lato,è emerso per tabulasla prova che parte convenuta aveva sempre regolarmente versato l'importo pattuito con l'attrice per l'occupazione dell'immobile, considerato dai paciscenti quale corrispettivo congruo a compensare il godimento del bene da parte della medesima convenuta e, dall'altro, è mancata la prova  dell'esistenza dei presunti danni lamentati dall'attrice, anche con riferimento al pregiudizio che sarebbe derivato dall'avere autorizzato il godimento dell'immobile a terzi.

Osservazioni

La pronuncia del giudice romano è articolata su due questioni, una attinente alla sorte del negozio sussumibile nell'ambito della locazione ad uso abitativo laddove sfornito della forma scritta prescritta ex lege, e, dunque non registrato, e l'altra, concernente la prova del pregiudizio derivante dall'occupazione sine titulo dello stesso immobile.

Sulla nullità del contratto di locazione verbale e non registrato di un'immobile.

L'attuale testo dell'art. 1 comma 4 della l. n. 431/1998 dispone testualmente che “A decorrere dall'entrata in vigore della presente legge, per la stipula di validi contratti di locazione è richiesta la forma scritta”.

Ciò premesso, la pronuncia in commento è conforme ad altra pronuncia di merito (Trib. Lodi 12 ottobre 2022), in cui si è affermato che l'art. 1, comma 4, della l. n. 431/1998 impone per tutti i contratti di locazione ad uso abitativo il requisito della forma scritta ad substantiam. Secondo l'orientamento della giurisprudenza - trattandosi di nullità assoluta, deducibile da chiunque vi abbia interesse e rilevabile d'ufficio, attesa la ratio pubblicistica del contrasto all'evasione fiscale - la sussistenza del suddetto vizio comporta l'obbligo per l'occupante di procedere alla restituzione dell'immobile illegittimamente detenuto.

Il problema sorto in sede di interpretazione della norma - modificata dal legislatore - al fine di preservare non più finalità squisitamente individuali proprie del conduttore, considerato la parte “debole” del rapporto locatizio, ma quelle generali, riconducibili al contrasto dell'evasione fiscale, verte intorno al corretto significato da attribuire all'invalidità del contratto di locazione concluso verbis, vale a dire, senza l'osservanza necessaria della forma scritta, ed in particolare, se trattasi di nullità assoluta - rilevabile d'ufficio - o relativa, meglio nota come nullità di protezione, posta a tutela dell'interesse del conduttore alla possibilità di recuperare il rapporto, preservandone in tale modo la stabilità (Cass. civ., sez. III, 9 aprile 2021, n. 9475). 

Per effetto di quest'ultima pronuncia in particolare, si tende a mettere in discussione il principio della nullità assoluta affermato in precedenza dalle Sezioni Unite (Cass. civ., sez. un., 17 settembre 2015, n. 18214), per le quali la prescrizione della forma scritta appare volta essenzialmente a tutelare l'interesse alla trasparenza del mercato delle locazioni in funzione dell'esigenza di un più penetrante controllo fiscale.

La pronuncia in commento aderisce, invece, alla tesi “tradizionale”, ponendosi nel solco già tracciato dalla giurisprudenza dominante.

Sull' indennità di occupazione e danni arrecati all'immobile occupato sine titulo.

La fattispecie scrutinata dal Tribunale di Roma è l'occasione per soffermarsi sulla questione della configurabilità del c.d. danno in re ipsa nell'ipotesi di occupazione sine titulo dell'immobile scrutinata in tempi recenti dalle Sezioni Unite chiamate a comporre un contrasto insorto in relazione alla facoltà di godere del proprietario quale individuazione dell'esistenza di un danno risarcibile per il solo fatto che di tale facoltà il proprietario sia stato privato a causa dell'occupazione abusiva dell'oggetto del suo diritto. In buona sostanza, si tratta del danno da perdita subita del godimento dell'immobile occupato senza titolo da un terzo.

In particolare, la fattispecie esaminata nella pronuncia in commento attiene all'occupazione abusiva caratterizzata dall'originario difetto di titolo che è soggetta al regime della responsabilità di cui all'art. 2043 c.c.

La tesi del danno in re ipsa è debitrice della concezione normativa, elaborata dalla dottrina tedesca, secondo cui l'oggetto del danno coincide con il contenuto del diritto violato, da cui l'esistenza del pregiudizio per il sol fatto della violazione del diritto medesimo.

Il danno è in re ipsa perché immanente alla violazione del diritto, ed i diritti reali, in quanto diritti su cose, hanno la caratteristica della dissociazione fra contenuto del diritto ed oggetto del diritto.

La situazione antigiuridica emerge perciò non solo con riferimento al danno alla res, ma anche quando è leso il contenuto del diritto, circostanza quest'ultima che comporterebbe di per sé un danno risarcibile.

Il carattere in re ipsa del danno viene così fatto discendere dalla natura fruttifera del bene immobile, alla quale si contrappone la possibilità per l'occupante di fornire la prova contraria del danno in re ipsa allegato, dimostrando che il proprietario si è intenzionalmente disinteressato dell'immobile occupato.

L'orientamento contrapposto è invece ispirato dalla teoria causale del danno, secondo cui il pregiudizio risarcibile non è dato dalla lesione della situazione giuridica, ma dal danno-conseguenza derivato dall'evento di danno corrispondente alla detta lesione.

Sulla base di questa premessa, il danno conseguente all'impossessamento sine titulo, in quanto danno-conseguenza, deve essere allegato e provato, anche a mezzo di presunzioni, per essere risarcito, e non può essere confuso con l'evento di danno rappresentato dalla mancata disponibilità dell'immobile a causa dell'occupazione abusiva.

La questione posta dal contrasto è, al fondo, se la violazione del contenuto del diritto, in quanto integrante essa stessa un danno risarcibile, sia suscettibile di tutela non solo reale ma anche risarcitoria.

Secondo le Sezioni Unite, quando l'azione lesiva attinge il contenuto del diritto di proprietà, ciò che viene in primo luogo in rilievo è la violazione dell'ordine giuridico, a fronte della quale assume rilevanza la tutela reale di reintegrazione del diritto leso, la quale, può eventualmente concorrere con la misura restitutoria del bene.

In questo caso, il nesso di causalità materiale si stabilisce fra l'occupazione senza titolo dell'immobile e direttamente la lesione del diritto di proprietà, senza passare per l'intermediazione del pregiudizio cagionato alla cosa oggetto del diritto di proprietà.

L'evento di danno riguarda, dunque, non la cosa, ma proprio il diritto di godere in modo pieno ed esclusivo della cosa stessa.

Il danno risarcibile è allora rappresentato dalla specifica possibilità di esercizio del diritto di godere che è andata persa quale conseguenza immediata e diretta della violazione, cagionata dall'occupazione abusiva, del diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo.

Per le Sezioni Unite, il nesso di causalità giuridica si stabilisce così fra la violazione del diritto di godere della res, integrante l'evento di danno condizionante il requisito dell'ingiustizia, e la concreta possibilità di godimento che è stata persa a causa della violazione del diritto medesimo, quale danno conseguenza da risarcire.

Nella comune fattispecie di occupazione abusiva di immobile è, quindi, richiesta l'allegazione della concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento che è andata persa, ragione per cui il “non uso” non è suscettibile di risarcimento, atteso che la perdita subita attiene al godimento, diretto o indiretto mediante il corrispettivo del godimento del bene immobile concesso ad altri.

L'allegazione che il proprietario dell'immobile faccia della concreta possibilità di godimento perduta può essere specificatamente contestata dall'occupante, sul quale infatti grava l'onere di opporre le specifiche ragioni sulla cui scorta, giammai il proprietario avrebbe esercitato il diritto di godimento.

In presenza di una specifica contestazione, sorge dunque in capo all'istante l'onere della prova dello specifico godimento perso, che può essere assolto anche mediante il ricorso alle nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza oppure anche mediante presunzioni semplici.

Il danno può essere valutato equitativamente ai sensi dell'art. 1226 c.c., attingendo al parametro del canone locativo di mercato quale valore economico del godimento nell'ambito di un contratto tipizzato dalla legge, come la locazione, che fa proprio del canone il valore del godimento della res.

In buona sostanza, se la domanda risarcitoria ha ad oggetto il mancato guadagno causato dall'occupazione abusiva dell'immobile, l'onere di allegazione riguarda gli specifici pregiudizi subiti dal proprietario, fra i quali si possono identificare non solo le occasioni perse di vendita ad un prezzo più conveniente rispetto a quello di mercato, ma anche le mancate locazioni a un canone superiore a quello di mercato.

Inoltre, sia per la perdita subita che per il mancato guadagno, l'onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte convenuta, non anche per quelli ad essa ignoti.

In sintesi (Cass. civ., sez. un., 15 novembre 2022, n. 33645), nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da perdita subita è la concreta possibilità di esercizio del diritto di godimento, diretto o indiretto mediante concessione del godimento ad altri dietro corrispettivo, che è andata perduta, mentre sempre nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, se il danno da perdita subita di cui il proprietario chieda il risarcimento non può essere provato nel suo preciso ammontare, esso è liquidato dal giudice con valutazione equitativa, se del caso mediante il parametro del canone locativo di mercato.

Nel caso di occupazione senza titolo di bene immobile da parte di un terzo, fatto costitutivo del diritto del proprietario al risarcimento del danno da mancato guadagno è lo specifico pregiudizio subito, quale quello che, in mancanza dell'occupazione, egli avrebbe concesso il bene in godimento ad altri verso un corrispettivo superiore al canone locativo di mercato o che lo avrebbe venduto ad un prezzo più conveniente di quello di mercato.

Riferimenti

Mezzanotte, Le Sezioni Unite sul danno da illegittima occupazione di immobile, in Danno e resp., 2023, 45;

Montagna, Il punto sull’occupazione sine titulo di immobile alla luce dei più moderni approdi dottrinali e giurisprudenziali, in Cultura giur. e diritto vivente, 2023, 11;

Gola, Danno da occupazione sine titulo di un immobile, quale danno (la cui prova è in re ipsa) da perdita delle facoltà di godimento diretto di esso, in Giustiziacivile.com, 2022;

Mezzanotte, Eventi, conseguenze e danno nell'occupazione sine titulo di immobile, in Foro it., 2022, 3666;

Chiarella, Occupazione sine titulo e risarcimento del danno patrimoniale, in Giur. it., 2022, 1072;

Barberio, Il danno da occupazione sine titulo di un immobile è in re ipsa?, in Nuova giur. civ. comm., 2022, 775.

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