La destinazione di parte del TFR al fondo pensione ne determina l’esclusione dal calcolo per l’attribuzione della quota spettante all’ex coniuge divorziato

24 Novembre 2023

La quota spettante al coniuge divorziato titolare di assegno deve essere calcolata senza tener conto dell’importo a suo tempo versato su fondo pensione

Massima

Le somme destinate al fondo previdenziale hanno funzione previdenziale e, pertanto, sono esclusi dalla quota di TFR spettante all’ex coniuge

Il caso

Due coniugi, sposati nel 1984, avevano conseguito lo scioglimento del vincolo matrimoniale con sentenza parziale del 2015 e, successivamente, con sentenza del gennaio 2017 l'ex marito era stato onerato del versamento di assegno divorzile in favore della moglie.

Con ricorso del 2021 la donna aveva poi chiesto l'attribuzione della quota di TFR dovuta al marito dal datore di lavoro ex  art. 12 bis legge 898/1970 affermando altresì che, a fronte della mancata risposta alla richiesta avanzata stragiudizialmente, aveva il timore di perdere la garanzia del proprio credito e, pertanto, aveva formulato domanda di sequestro conservativo del TFR limitatamente alla quota spettantele, estendendo il contraddittorio al datore di lavoro.

L'ex coniuge nel costituirsi aveva giustificato il proprio inadempimento affermando di avere avuto difficoltà  calcolare la quota dovuta, importo che veniva comunque offerto banco iudicis; il datore di lavoro, per parte sua, aveva comunicato di aver corrisposto il dovuto, precisando che il dipendente aveva percepito un'anticipazione del TFR e in seguito aveva optato per il versamento delle quote di TFR maturate su un fondo pensione complementare

Il Tribunale ha rigettato la richiesta di sequestro, ritenendo non dimostrata la sussistenza del periculum in mora, e ha poi esteso il contraddittorio anche al fondo pensione, al quale ha chiesto di indicare sia la data in cui il lavoratore aveva esercitato il diritto di opzione, sia quella dell'eventuale pagamento all'avente diritto.

All'esito, il Tribunale con la decisione in commento ha condannato l'ex marito a versare alla ricorrente la somma corrispondente alla quota di TFR percepita, calcolata senza tenere conto dell'importo a suo tempo versato sul fondo pensionistico.

La questione

La quota spettante al coniuge divorziato titolare di assegno deve essere calcolata senza tener conto dell’importo a suo tempo versato su fondo pensione.

Le soluzioni giuridiche

In via preliminare si rileva che il Tribunale di Paola nulla osserva in merito all'introduzione della domanda con ricorso, aderendo quindi all'interpretazione che ritiene che la richiesta di attribuzione di quota di TFR sia soggetta al rito camerale, considerato “tipico” di tutte le controversie inerenti il divorzio (il diverso orientamento, che ritiene applicabile il rito ordinario, del resto, è seguito solo dal Trib. Milano 19 maggio 2017 n. 5680).

Per quanto attiene alle modalità di calcolo della quota di TFR spettante all'ex coniuge, il Tribunale aderisce all'interpretazione - da ritenersi maggioritaria - che sostiene che il conteggio debba essere effettuato considerando solo la somma netta erogata dal datore di lavoro, non rilevando eventuali somme che siano state destinate ad un eventuale Fondo Pensione.

Il Tribunale - dopo aver ribadito che è pacifico che sugli anticipi ricevuti in costanza di matrimonio o durante la separazione personale non è possibile avanzare pretesa alcuna – opera un ampio excursus sulle pronunce di legittimità e di merito emesse nel corso del tempo a sostegno degli opposti orientamenti per poi concludere che “il quesito alla base degli esposti orientamenti è se la natura del TFR permanga o meno in caso di destinazione dello stesso al fondo previdenziale-complementare” e che “appare preferibile l'esegesi che ritiene prevalente la destinazione”.

Al riguardo si ricorda che parte della giurisprudenza (Cass. sez. un. n. 4949/2015, Cass. civ. ord. n. 8228/2013, Cass. civ. n. 8995/2012. Trib. Milano sex IX 18 maggio 2017), esclude che la quota di TFR spettante all'ex coniuge possa essere calcolata anche sugli importi confluiti nel fondo pensione, evidenziandone:

- la diversa natura (previdenziale e non retributiva);

- la differenti finalità (garantire un trattamento integrativo e non fornire un immediato vantaggio al lavoratore);

- l'obbligo nei confronti del fondo e non del dipendente;

non solo: quanto accantonato sul fondo non può essere considerato una “forma differita di pagamento della retribuzione” (così la dottrina definisce il TFR), ma esclusivamente una pensione integrativa, che viene erogata - in forma di rendita o di capitale - e che costituisce solo una forma di risparmio.

Secondo altra interpretazione (Cass. civ. n. 12882/2017, Cass. civ. n. 4425/2010, Cass. civ. n. 8200/2007) il diritto all'attribuzione della quota di TFR prevista dall'art. 12-bis l. div. In favore del coniuge divorziato può esser esteso a tutti gli emolumenti che sono comunque correlati all'attività lavorativa dell'ex coniuge.

Il Tribunale di Paola aderisce al primo orientamento, affermando che gli importi destinati al fondo previdenziale o complementare hanno “funzione pensionistica” e, pertanto, laddove si tratti di somme precedentemente accantonate dal datore di lavoro, una volta effettuata l'opzione per la destinazione al fondo, queste ultime perdono la loro natura retributiva per assumere quella previdenziale.

La conferma di tale mutamento di funzione è data dal fatto che la pensione integrativa o complementare non viene erogata al momento della cessazione del rapporto di lavoro, ma quando il lavoratore ha maturato i requisiti per il pensionamento. 

Nel caso di specie, il Tribunale ha altresì verificato - a seguito dell'estensione del contraddittorio al Fondo Pensione a Contribuzione Definita - che l'adesione al fondo era avvenuta collettivamente in data antecedente l'introduzione del giudizio di divorzio e che l'importo era stato erogato al marito successivamente alla maturazione dei requisiti per il pensionamento.

Osservazioni

È interessante notare che nella motivazione il collegio ha ritenuto opportuno osservare, sia pure incidentalmente, che dalla documentazione prodotta dalla difesa del Fondo Pensione era emerso che sia l'adesione del marito alla forma pensionistica, sia l'iscrizione alla previdenza complementare erano avvenute anteriormente alla proposizione della domanda di cessazione degli effetti civili del matrimonio e, pertanto, che era da escludersi che tali scelte fossero state effettuate per perseguire l'intento elusivo e fraudolento di sottrarre quote di TFR all'eventuale successiva pretesa della ricorrente”.

Si tratta di un tema affrontato recentemente anche dal Tribunale di Milano (sez. IX civile, 29 gennaio 2020) che, sempre in materia di richiesta di attribuzione di quota di TFR, aveva rilevato che mediante la richiesta di erogazione di un'anticipazione (nella fattispecie precedente solo di pochi mesi la conclusione del rapporto di lavoro e dopo aver ricevuto un formale invito a corrispondere la quota all'ex coniuge) di fatto gran parte dell'importo accantonato era stato sottratto alla legittima aspettativa della moglie.

Sembra quindi che, in concreto, sia frequente che al momento della determinazione della quota spettante all'ex coniuge, la base di calcolo sia costituita da importi sensibilmente inferiori alle aspettative dell'avente diritto, a seguito di anticipazioni e/o destinazioni delle somme alla previdenza complementare.

Per poter far sì che nel conteggio siano considerate anche le somme già percepite o distratte in favore del fondo, tuttavia, occorre provare che il lavoratore ha dolosamente posto in essere un comportamento fraudolento, circostanza che, però, è di assai difficile dimostrazione.

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