Ricorso per cassazione contro la sentenza di divorzio resa in grado di appelloInquadramentoLa sentenza di appello resa in esito al giudizio in materia di stato delle persone, di minori e di famiglia è impugnabile con ricorso per cassazione, secondo le regole dettate, in genere, per il giudizio ordinario di cognizione dagli artt. 360 e ss. c.p.c. che connotano il procedimento di legittimità alla stregua di mezzo di impugnazione a critica vincolata per motivi esclusivamente di diritto. FormulaSUPREMA CORTE DI CASSAZIONE RICORSO EX ART. 360 C.P.C. [1] PROPOSTO DA ...., nato a ...., il ...., C.F. .... [2], rappresentato e difeso dall'Avv. .... del Foro di ...., patrocinante in Cassazione, C.F. ...., fax ...., PEC .... [3], e domiciliato in Roma, presso l'Avv. ...., nello studio in ...., come da procura speciale e contestuale elezione di domicilio in calce al presente atto; NEI CONFRONTI DI: ...., nata a ...., il ...., rappresentata e difesa dall'Avv. ...., del Foro di .... e presso di lui domiciliata PER LA CASSAZIONE Della sentenza pronunciata dalla Corte di appello in data ...., n. R.G. .... [4], con la quale la Corte territoriale ha confermato la decisione del Tribunale di .... che dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio dell'esponente e della Sig.ra ...., come sopra generalizzata, con affidamento esclusivo del figlio minore alla madre e con attribuzione di un assegno di divorzio e per il figlio a favore della stessa. In proposito, ed in osservanza dell'art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c.[5] si espone quanto segue. Con ricorso in data .... la Sig.ra .... proponeva domanda al Tribunale di .... di separazione giudiziale, con addebito, nei confronti del marito, odierno ricorrente, deducendo l'esser venuta meno la comunione spirituale e materiale tra i coniugi a causa della relazione adulterina, pubblica e ingiuriosa nelle modalità, intrattenuta dal coniuge. Con l'atto riferiva che dal matrimonio erano nati due figli e che per seguire il marito essa aveva lasciato il proprio lavoro, rinunciando ad un impiego ben retribuito. Per questa ragione chiedeva l'attribuzione di un congruo contributo economico, da accollare al coniuge, che quantificava, salva migliore determinazione, in almeno Euro .... mensili; chiedeva inoltre l'affidamento esclusivo dei figli minori e l'attribuzione per gli stessi, in proprio favore, di un assegno, quantificato nell'importo di Euro .... mensili. Con sentenza del .... il Tribunale accoglieva il ricorso della Sig.ra .... sia .... sia ..... Con una laconica pronuncia la Corte di appello di .... ha dato conferma alla decisione di primo grado. Il presente ricorso attiene specificamente al capo della sentenza di appello che ha disposto l'attribuzione dell'assegno di divorzio, in riferimento al quale si chiede l'annullamento parziale della sentenza citata. In proposito, visti gli artt. 360 e 360-bis c.p.c., si formulano i seguenti MOTIVI DI RICORSO [6] 1) Violazione o falsa applicazione dell'art. 5 l. n. 898/1970[7]. La decisione della Corte d'appello è fondata, quasi esclusivamente, sulla proprietà, da parte del ricorrente, di alcuni beni immobili, considerata quale dimostrazione di abbienza potenziale e reale. La pronuncia è inosservante del disposto dell'art. 5 l. n. 898/1970, nella parte in cui indica al giudice i criteri in base ai quali decidere, prima ancora di determinarne l'importo, se ricorrono i presupposti per imporre ad uno dei coniugi un esborso economico periodico e continuativo a favore dell'altro. Tali criteri sono: le condizioni dei coniugi, le ragioni della decisione, il contributo personale dato da ciascuno alla formazione del patrimonio personale e di quello comune, il reddito di entrambi e tutti gli altri elementi valutabili in rapporto alla durata del matrimonio. La mera disponibilità di immobili non è ricompresa tra i detti elementi, se non in quanto essa apporti una disponibilità di mezzi idonea a configurare un reddito effettivo, sul quale si possa fare affidamento. La Suprema Corte ha già considerato ininfluenti in proposito gli immobili che non danno reddito (Cass. I, n. 23776/2011), in nuda proprietà (Cass. VI, n. 17128/2004) o che non possono creare ricchezza a meno di essere venduti (Cass. I, n. 8051/2011). In particolare, deve tenersi conto del loro utilizzo diretto e delle spese necessariamente correlate alla proprietà (Cass. n. 8051/2011 cit.). La Corte di appello, nel riformare la precedente sentenza, ha sopravvalutato il dato costituito dalla proprietà, nell'esponente, di due immobili senza esaminarne la loro incidenza effettiva nel contesto generale delle possibilità economiche del medesimo e della sufficienza di queste possibilità a consentire di sostenere l'esborso periodico dell'assegno divorzile. La pronuncia è dunque violatrice di una norma di legge che impone al giudice un preciso obbligo di indagine e di motivazione. 2) Omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti [8]. La Corte di appello si è limitata ad argomentare che la proprietà di due immobili, nel centro della città di .... non poteva che significare disponibilità finanziaria, nell'esponente, per l'idoneità degli stessi ad essere locati ed affittati, con ragguardevole profitto. Essa ha omesso di considerare un fatto attorno al quale era sorta contestazione, tra le parti, e che l'esponente ritiene decisivo per la decisione della causa. Si riproduce, di seguito, il contenuto della memoria difensiva dell'esponente e della replica di controparte: nel fascicolo dell'esponente reperibili al n. .... delle produzioni ..... Il fatto controverso è costituito proprio dall'idoneità dei detti immobili ad apportare redditi invece che spese. Come risultava dalla documentazione catastale prodotta (udienza del ...., produzione n. .... nel fascicolo di parte), gli immobili in questione sono di vecchissima costruzione e in larga parte sfitti. Essi sono considerati di categoria lusso, in quanto tale era la loro classificazione alla prima registrazione a catasto; ma oggi sono da ritenere pressoché inabitabili secondo gli standard di conforto comunemente accettati, non in regola con la normativa energetica e antinfortuni e bisognevoli non soltanto di ammodernamenti ma soprattutto di vere e proprie riparazioni straordinarie. È vero che gli immobili sono ubicati nel centro cittadino: ma si tratta del centro storico, in stato di abbandono e fatiscente. Su queste circostanze la Corte di appello non si è pronunciata: così omettendo una indagine che era doverosa, su una circostanza di fatto che, se valutata, avrebbe condotto ad una diversa decisione (Cass. VI, n. 25714/2014). In forza degli esposti motivi, la sentenza impugnata dovrà essere cassata nel capo concernente l'attribuzione alla Sig.ra .... di un assegno divorzile a carico dell'esponente. Tanto premesso, l'esponente, come sopra rappresentato e assistito CHIEDE Che la Suprema Corte di cassazione voglia: cassare la sentenza indicata in epigrafe della Corte di appello di .... nel capo di pronuncia che ha disposto, a carico del ricorrente Sig. .... e a favore di ...., la corresponsione di un assegno mensile in Euro ...., oltre al pagamento degli arretrati dalla originaria domanda; in subordine, cassare la sentenza impugnata, nel capo sopra indicato, con rinvio al giudice di merito competente per una nuova determinazione del quantum dell'assegno divorzile; con liquidazione delle spese processuali da accollarsi a controparte. Si depositano: copia autentica della sentenza di appello con relata di notifica .... copia autentica della sentenza di primo grado memoria difensiva depositata dal ricorrente nel giudizio di appello memoria di replica di controparte documentazione catastale già prodotta nel giudizio di appello richiesta, munita di visto della cancelleria della Corte di appello di ...., di trasmissione alla cancelleria della Corte di cassazione del fascicolo d'ufficio. Ai fini del contributo unificato si dichiara che il valore della causa è ..... Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA SPECIALE Delego a rappresentarmi e difendermi per resistere nel presente giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione per l'impugnazione della sentenza pronunciata dalla Corte di appello in data ...., n. R.G. .... l'Avv. ...., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ...., via .... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge. Per autentica della sottoscrizione .... Firma Avv. .... [1]In base all'art. 2 del d.m. 7 agosto 2023, n. 110 “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile”, al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali in conformità a quanto prescritto dall'art. 121 c.p.c., l'atto di impugnazione deve essere predisposto con la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio; d) nelle impugnazioni, estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorita giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) valore della controversia; m) richiesta di distrazione delle spese; n) indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L'art. 3 lett. a) precisa che l'atto di impugnazione deve avere un'estensione massima di 80.000 caratteri, salvi gli elementi esclusi dall'art. 4, e ferma restando (ex art. 5) la possibilità di superare detti limiti se la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi coinvolti, ipotesi nella quale il difensore espone sinteticamente nell'atto le ragioni per le quali si è reso necessario il superamento dei limiti. Il richiamato Regolamento non trova applicazione nelle controversie di valore superiore a 500.000 euro. [2]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati: le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011). [3]L'art. 125 c.p.c. fa obbligo al difensore di indicare nel ricorso il proprio codice fiscale e il numero di fax. L'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, sanziona l'omessa indicazione del numero di fax con l'aumento della metà del contributo unificato. I professionisti tenuti all'iscrizione in albi o elenchi hanno l'obbligo di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell'Elenco dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese (art. 3-bis d.lgs. n. 82/2005). [4]A pena di inammissibilità, ex art. 366 n. 2 c.p.c., il ricorso per cassazione deve contenere l'indicazione della sentenza impugnata. [5]È necessaria, a pena di inammissibilità, l'esposizione sommaria dei fatti di causa. [6]Devono essere indicati a pena di inammissibilità i motivi di diritto sui quali si fonda il ricorso, con l'indicazione delle norme che si assumono violate. [7]L'accertamento del diritto all'assegno di divorzio si articola, per la giurisprudenza di legittimità, in due fasi. Nella prima, il giudice è chiamato a verificare l'esistenza del diritto in astratto, in relazione all'inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante o all'impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, raffrontate al tenore di vita goduto in costanza di matrimonio e quindi a procedere ad una determinazione quantitativa delle somme sufficienti a superare l'inadeguatezza di detti mezzi, che costituiscono il tetto massimo dell'assegno. Nella seconda fase il giudice deve procedere alla determinazione in concreto dell'assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nell'art. 5 l. n. 898/1970. In tal senso Cass. I, n. 11870/2015; Cass. VI, n. 17301/2012; Cass. I, n. 4021/2006. [8]L'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. riformulato dall'art. 54 del d.l. n. 83/2012, conv. in l. n. 134/2012, introduce nell'ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. S.U., n. 8053/2014). CommentoL'impugnazione della sentenza di appello in materia di procedimento di divorzio osserva le regole del giudizio di impugnazione ordinario. Il ricorso segue le disposizioni dettate dagli artt. 360,360-bis e 366 c.p.c. In parte queste norme sono state modificate dal d.lgs. n. 149/2022 per i giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dal 28 febbraio 2023. La modifica all'art. 360-bis chiarisce che quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui al primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4); tale disposizione non si applica relativamente alle cause di cui all'art. 70, comma 1. A sua volta l'art. 366 dispone che il ricorso deve contenere: la chiara esposizione dei fatti della causa essenziali alla illustrazione dei motivi di ricorso; la chiara e sintetica esposizione dei motivi per i quali si chiede la cassazione, con l'indicazione delle norme di diritto su cui si fondano; e la specifica indicazione, per ciascuno dei motivi, degli atti processuali, dei documenti e dei contratti o accordi collettivi sui quali il motivo si fonda e l'illustrazione del contenuto rilevante degli stessi. La nuova normativa ha accentuato il connotato di autosufficienza del ricorso. L'impugnazione per cassazione è gravame a critica vincolata e i motivi sono ricondotti allo schema degli errores in procedendo o in judicando. L'error in judicando, previsto dal n. 3 dell'art. 360 c.p.c. consiste nella violazione o falsa applicazione di norme di diritto e dei contratti e accordi collettivi nazionali di lavoro. Si tratta di inosservanza della disciplina sostanziale dedotta in causa, disciplina che può rintracciarsi non solo nell'ordinamento italiano ma anche nel diritto straniero ed europeo. La violazione consiste nella negazione o nell'erroneo intendimento di una norma di diritto oppure nell'affermazione di una norma di diritto inesistente; invece, la falsa applicazione consiste nella esatta interpretazione di una norma di diritto poi applicata ad una fattispecie concreta non corrispondente a quella prevista dall'ipotesi astratta. Per norme di diritto il legislatore intende riferirsi alla disciplina sostanziale dedotta in giudizio. L'error in procedendo, previsto dai nn. 1, 2, 4 dell'art. 360 c.p.c. consiste nella violazione delle norme sul riparto di giurisdizione; nella violazione delle norme sulla competenza, quando non è prescritto il regolamento di competenza; nella nullità della sentenza o del procedimento (sul punto la norma va letta, ora, congiuntamente all'art. 360-bis, lett. b), c.p.c. riferito alla violazione dei principi regolatori della materia); il vizio di motivazione consiste, poi, dopo la riforma di cui al l. n. 134/2012, in un “omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti” e non più, come nella formulazione precedente, risalente alla versione del 2006, nella omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio. La modifica del 2012 ha trovato motivo nell'esigenza di impedire che i ricorsi in cassazione potessero estendersi, come talvolta era avvenuto, al giudizio sul fatto. Peraltro, la novella del 2012 incide in modo ancor più determinante sull'accesso al ricorso in cassazione. Infatti il nuovo art. 348-ter, comma 4 e 5, preclude il ricorso per cassazione fondato sul vizio di motivazione contro la sentenza di appello che conferma la decisione di primo grado. Ciò significa che, nel caso di c.d. doppia conforme, ossia di doppia motivazione conforme in primo e in secondo grado quanto alle ragioni inerenti alle questioni di fatto, non è possibile proporre ricorso in cassazione denunciando il vizio ex art. 360, n. 5, c.p.c. A parere di parte della dottrina l'intervenuta modifica di questa disposizione presenta aspetti di incostituzionalità per contrasto con l'art. 111, comma 7, Cost. che prevede la garanzia del ricorso in cassazione per violazione di legge motivazione avverso le sentenze e i provvedimenti aventi efficacia di sentenza. Le Sezioni Unite della Cassazione hanno tuttavia interpretato la disposizione ritenendola esente da doglianze di incostituzionalità e in particolare sostenendo che quando la motivazione sia del tutto assente ovvero quando sia meramente apparente o fortemente illogica, avverso la decisione sia sempre possibile proporre ricorso ai sensi dell'art. 360 n. 3 (a risultare violata sarebbe così, tra le altre, la disposizione dell'art. 111 Cost.). È necessario, poi, che il ricorso per cassazione superi il filtro di ammissibilità ex art. 360-bis c.p.c. La disposizione sanziona con l'inammissibilità il ricorso quando: a) il provvedimento impugnato ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l'esame dei motivi non offre elementi per confermare o mutare l'orientamento della stessa; b) quando è manifestamente infondata la censura relativa alla violazione dei principi regolatori del giusto processo. Nell'ipotesi sub a) ci si trova di fronte a un ricorso che deve essere annoverato tra quelli da decidere in camera di consiglio ex art. 375, n. 5, c.p.c. perché manifestamente infondato, in quanto il provvedimento aveva deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Suprema Corte. In sostanza la Corte di cassazione deve dichiarare inammissibile il ricorso proposto contro un provvedimento conforme alla propria giurisprudenza, ogni volta che ritenga insussistenti validi motivi per discostarsi dalla soluzione fornita già in precedenza alla questione giuridica ad essa sottoposta (ex art. 360-bis lett. a). È escluso dalla sottoposizione a questo filtro il regolamento di giurisdizione, trattandosi di strumento preventivo che, pertanto, non presuppone né la precedente decisione né un provvedimento impugnato. Le Sezioni Unite della Corte di cassazione (sent. Cass. S.U., n. 7155/2017) hanno affermato che la funzione di filtro della disposizione di cui all'art. 360-bis consiste nell'esonerare la Suprema Corte dall'esprimere compiutamente la sua adesione al persistente orientamento di legittimità, così consentendo una più rapida delibazione dei ricorsi “inconsistenti”. Nell'ipotesi sub b), invece, l'espresso riferimento ai principi del “giusto processo” induce a ritenere che la norma intenda richiamare i principi di cui all'art. 111 Cost., così come modificato nel 1999, che pone garanzie che possono essere considerate esse stesse “principi regolatori” di portata generale, la cui mancanza può essere denunciata in sede di giudizio di legittimità. Con riguardo alla materia civile, in particolare, queste garanzie si sostanziano: 1) nell'attuazione della giurisdizione mediante il giusto processo regolato dalla legge; 2) nello svolgimento del processo, in contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo e imparziale; 3) nella ragionevole durata del processo; 4) nella motivazione dei provvedimenti giurisdizionali; 5) nel ricorso in cassazione per violazione di legge contro le sentenze e i provvedimenti che, pur emanati in forma diversa, hanno natura sostanziale di sentenza. Nella specifica materia del giudizio di divorzio, Cass. ord. n. 11796/2021 ha affermato che se la decisione impugnata si incentra essenzialmente sulla notevole sperequazione economico-reddituale dei coniugi (che ne costituisce solo il prerequisito fattuale) e trascura la verifica del contributo effettivo fornito dal richiedente alla costituzione del patrimonio familiare e di quello dell'ex coniuge, la decisione va cassata con rinvio; il rinvio impone che le parti siano rimesse nei poteri di allegazione e prova sui temi non trattati. Per i procedimenti di impugnazione dinanzi alla Suprema Corte che seguono le norme introdotte dal d.lgs. n. 149/022, l'art 380-bis dispone una procedura per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati. Se non è stata ancora fissata la data della decisione, il presidente della sezione o un consigliere da questo delegato può formulare una sintetica proposta di definizione del giudizio, quando ravvisa la inammissibilità, improcedibilità o manifesta infondatezza del ricorso principale e di quello incidentale eventualmente proposto. La proposta è comunicata ai difensori delle parti. Entro quaranta giorni dalla comunicazione la parte ricorrente, con istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, può chiedere la decisione. In mancanza, il ricorso si intende rinunciato e la Corte provvede ai sensi dell'art. 391 (decisione sulla rinuncia). Se entro il termine indicato al secondo comma la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell'art. 380-bis.1 (decisione in camera di consiglio) e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica il terzo e il quarto comma dell'art. 96. |