Decreto di nomina di curatore speciale in azione di contestazione dello stato di figlio contro persona premorta

Francesco Bartolini

Inquadramento

Colui che dall’atto di nascita di un figlio risulta essere suo genitore può agire per contestare lo stato di figlio. L’azione è imprescrittibile. Il contraddittorio è necessario tra entrambi i genitori e il presunto figlio. Se l’azione deve essere proposta contro una persona premorta, minore o comunque incapace, deve essere nominato un curatore speciale che lo rappresenti in giudizio

Formula

TRIBUNALE DI ...

DECRETO 1 DI NOMINA DI CURATORE SPECIALE

Il Presidente del tribunale, Dott. ... ha pronunciato il seguente

DECRETO

Vista l'istanza proposta da ..., vista la documentazione prodotta

NOMINA

all'ufficio di curatore speciale il Dott. ..., con studio in ...., C.F. ….

 

Luogo e data ...

Il Presidente ...

Depositato in Cancelleria

[1] 1. Il decreto è pronunciato d'ufficio o a istanza, anche orale, di parte. Se è pronunciato su ricorso, è scritto in calce all'atto; se è richiesto oralmente, si redige un verbale nel quale è contenuto lo stesso decreto. È tipico atto di organizzazione e di ordine: non deve essere motivato, tranne nei casi in cui è previsto altrimenti (art. 135 c.p.c.). Il provvedimento è pronunciato in forma di decreto: atto del Giudice emesso d'ufficio o ad istanza di parte. Se l'istanza è orale, si redige un verbale nel quale si dà atto della richiesta e nel quale è contenuto il decreto. Dispone l'art. 135 c.p.c. che il decreto di regola non è motivato e che esso è sottoscritto dal Giudice singolo o, in caso di collegialità, dal presidente. Il secondo comma della disposizione citata consentiva che il decreto, se richiesto con ricorso, fosse scritto in calce a questo atto. Il d.lgs. di correzione alla riforma processuale “Cartabia” ha soppresso questa norma e ciò in conseguenza della digitalizzazione del processo per la quale tutti gli atti processuali sono depositati con modalità telematiche.

Commento

La nomina del curatore speciale ha efficacia ex tunc, atteso che, diversamente, si produrrebbero in capo al rappresentato conseguenze distorsive, quali decadenze o preclusioni processuali, antitetiche con la cura degli interessi di quest'ultimo, alla cui tutela la nomina è preposta (Cass. III, n. 19149/2014).

In pendenza di giudizio, la nomina del curatore speciale di cui all'art. 78 c.p.c. avviene incidentalmente, quale sub-procedimento all'interno del processo, con istanza da proporre al giudicante, il cui provvedimento, se si tratta del Giudice delegato alla trattazione, è suscettibile di essere riconsiderato dal collegio del tribunale, in sede decisoria; nondimeno, è altresì ammissibile il reclamo immediato al collegio da parte degli interessati, quale specifico mezzo di impugnazione, al fine di instare per la revoca o modifica del decreto in questione (Cass. I ord., n. 38883/2021); nondimeno, è altresì ammissibile il reclamo immediato al collegio da parte degli interessati, quale specifico mezzo di impugnazione, al fine di instare per la revoca o modifica del decreto in questione. Il provvedimento che decide il reclamo avverso il decreto di nomina del curatore speciale ex art. 78 c.p.c., non avendo contenuto decisorio né attitudine ad acquisire carattere definitivo, non è riconducibile alla sfera dei provvedimenti ricorribili per cassazione a mente dell'art. 111 Cost. (Cass. I, ord. n. 21452/2023).

In ordine all'esperibilità dell'azione la giurisprudenza ha affermato che In presenza della normativa degli artt. 235 e segg. cod. civ. (che disciplina organicamente la contestazione di uno degli specifici presupposti della legittimità, quale è la paternità), non è possibile applicare alla stessa fattispecie anche l'art. 248 cod. civ., il quale riguarda la contestazione di presupposti necessariamente diversi da quello della paternità (Cass. I, n. 3529/2000). Si è anche affermato che qualora non operi la presunzione di paternità ex art. 232 c.c. ed il figlio sia nato da genitori non uniti in matrimonio senza che ne sia successivamente intervenuto il riconoscimento, l'unica azione a disposizione del padre è quella "residuale", prevista dall'art. 248 c.c., di contestazione dello stato di figlio (Cass. I, ord. n. 4194/2018). Inoltre, per Cass. i, n. 547/1996 il figlio nato da madre coniugata, che abbia lo stato di figlio legittimo attribuitogli dall'atto di nascita (sussista o meno pure il possesso del relativo "status"), non può contestare la paternità legittima avvalendosi dalla disposizione di cui all'art. 248 cod.civ., in quanto tale norma non è concorrente con quella dettata in tema di disconoscimento della paternità e non può ad essa derogare, dato che configura un'azione con contenuto residuale, esperibile solo ove non siano previste e regolate altre azioni di contestazione della legittimità. Ne deriva che, per rimuovere la presunzione di concepimento durante il matrimonio, deve avvalersi dell'azione di disconoscimento della paternità anche il figlio che sia nato decorsi trecento giorni dall'omologazione della separazione consensuale (o dalla pronuncia di separazione giudiziale) in epoca in cui era vigente il vecchio testo dell'art. 232 cod. civ., poiché tale ipotesi, pur non essendo contemplata dalla legge del tempo tra le cause di esclusione della richiamata presunzione, è riconducibile, per effetto della disposizione transitoria di cui all'art. 229 della legge n. 151 del 1975, al disconoscimento del rapporto di filiazione per mancata coabitazione, ex art. 235, comma primo, n. 1, cod. civ.(che, nella specie, l'interessato avrebbe potuto e dovuto promuovere nel termine fissato dalla riferita disposizione transitoria). Infine, secondo Cass. I, n. 2098/1992, nell'ipotesi in cui la moglie abbia partorito oltre i trecento giorni dopo l'omologazione della separazione consensuale, il marito, che contesti di aver generato il neonato, non può esercitare l'azione di contestazione di legittimità di cui all'art. 248 cod. civ. (che configura una disposizione residuale, diretta a contestare lo "status" di figlio legittimo indipendentemente dalla paternità del marito e, quindi, non escludendo necessariamente che possa trattarsi di figlio naturale, ancorché illegittimo, di questi), ma esercita l'azione di disconoscimento di paternità di cui all'art. 235 cod. civ. salve, per la difformità del caso da quello testualmente previsto dal menzionato art. 235 (limitato al "concepimento durante il matrimonio", secondo le indicazioni fornite al riguardo del primo comma dell'art. 232 cod. civ.), le conseguenze sul regime della prova. Infatti, in tal caso a differenza dell'ipotesi di concepimento durante il matrimonio (in cui non è consentito al marito superare la presunzione di paternità, su di lui ricadente a norma dell'art. 231 cod. civ., se non nei casi tassativamente elencati dall'art. 235) non operando detta presunzione, a norma del secondo comma dell'art. 232 si ha un ristabilimento delle normali regole sulla ripartizione dell'onere della prova, sicché al marito spetta di provare soltanto lo stato di separazione legale, mentre incombe alla moglie dimostrare la paternità del marito come se agisse al di fuori del matrimonio e, quindi, ai sensi dell'art. 269 cod. civ., con ogni mezzo, con insufficienza, però, della "sola dichiarazione della madre" e della "sola esistenza di rapporti".

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