Ricorso (da parte di un solo genitore) per attribuzione del cognome al figlio nato fuori del matrimonio

Francesco Maria Bartolini

Inquadramento

L'art. 262 c.c. dispone che il figlio nato fuori dal matrimonio assume il cognome del genitore che per primo lo ha riconosciuto; se il riconoscimento è stato effettuato contemporaneamente da entrambi i genitori il figlio assume il cognome del padre. Queste regole consentono applicazioni diverse sia per scelta demandata al figlio che per accordo dei genitori quando il riconoscimento non è contemporaneo da parte loro. In caso di mancato accordo decide il giudice, su ricorso del genitore interessato. Il giudice deve ascoltare il figlio minorenne, se ha compiuto i dodici anni o se, di età minore, è capace di discernimento.

Formula

TRIBUNALE DI ....

RICORSO PER ATTRIBUZIONE DI COGNOME [1]

(ART. 262 C.C.)

Il Sig. ...., nato a ...., il ...., residente in ...., C.F. .... [2], rappresentato e assistito dal sottoscritto difensore Avv. ...., del Foro di ...., C.F. ...., presso il quale e nel suo studio in .... (fax ...., P.E.C. ....) [3] il predetto ha eletto domicilio, con il presente ricorso

CHIEDE

A codesto Ill.mo Tribunale di attribuire al minore ...., che l'esponente intende riconoscere, il proprio cognome di ...., anteposto a quello materno; e in proposito espone quanto segue.

Il minore fu riconosciuto come proprio figlio, al momento della nascita, dalla madre, come sopra generalizzata. Non fu riconosciuto dal padre, ancora studente, privo di una occupazione e in tal senso istigato dai genitori, contrari ad un matrimonio riparatore e all'uscita del loro figlio dalla famiglia. Divenuto autonomo, il padre ha intenzione di riconoscere a sua volta il bambino, con il consenso della madre. Poiché si pone il problema di determinare il cognome da attribuire al minore e poiché questi non ha età sufficiente ad esprimere la scelta cui ha diritto ai sensi dell'art. 262 c.c., non resta che il ricorso al giudice, a norma dell'ultimo comma di tale disposizione. Esiste, infatti, contrasto tra i genitori sull'interesse del minore al mutamento del cognome materno, con il quale egli è ormai conosciuto nell'ambiente scolastico e tra i coetanei.

Tanto premesso, si insiste sulla sopra indicata richiesta.

Si dichiara che non esistono altri procedimenti aventi a oggetto le medesime domande o domande ad esse connesse.

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA

Deleghiamo a rappresentarci e difenderci nel presente giudizio l'Avv. ...., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ...., via .... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

Per autentica della sottoscrizione ....

Firma Avv. ....

.

[1]In base all'art. 2 del d.m. 7 agosto 2023, n. 110 “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile”, al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali in conformità a quanto prescritto dall'articolo 121 del codice di procedura civile, il ricorso deve avere la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio; d) nelle impugnazioni, estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) valore della controversia; m) richiesta di distrazione delle spese; n) indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L'art. 3 del richiamato Regolamento non trova applicazione nelle controversie di valore superiore a 500.000 euro e, dunque, deve ritenersi, anche per le cause di valore indeterminabile, tra le quali sembra doversi annoverare quella in esame.

[2]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011).

[3]L'art. 125 c.p.c. fa obbligo al difensore di indicare nel ricorso il proprio codice fiscale e il numero di fax. L'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, sanziona l'omessa indicazione del numero di fax con l'aumento della metà del contributo unificato. Tutti gli atti del processo devono essere redatti in forma chiara e sintetica (art. 121 c.p.c.; art. 46 disp. att. c.p.c.; d.m. 7 agosto 2023, n. 110) e devono essere depositati esclusivamente con modalità telematiche (artt. 87 e 196-quater disp. att. c.p.c.). I professionisti tenuti all'iscrizione in albi ed elenchi hanno l'obbligo di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell'elenco dell'Indice nazionale dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese (art. 3-bis d.lgs. n. 82/2005).

Commento

La giurisprudenza di legittimità ha chiarito le regole cui deve essere adeguata la decisione del giudice in tema di attribuzione giudiziale del cognome al figlio nato fuori del matrimonio riconosciuto non contestualmente dai genitori. I criteri di individuazione del cognome da scegliere per il minore si pongono in funzione del suo interesse, che è quello di evitare un danno alla sua identità personale, intesa anche come proiezione della sua personalità sociale, avente copertura costituzionale assoluta. Di conseguenza, la scelta (anche officiosa) del giudice, pur ampiamente discrezionale, deve avere riguardo al modo più conveniente di individuare il minore con un cognome distintivo in relazione all'ambiente in cui è cresciuto fino al momento del successivo riconoscimento, non potendo essere condizionata né dal favor per il patronimico, né dall'esigenza di equiparare il risultato a quello derivante dalle diverse regole, non richiamate dall'art. 262 c.c., che presiedono all'attribuzione del cognome al figlio. In applicazione di questo principio è stata ritenuta corretta e incensurabile in cassazione, in quanto adeguatamente motivata, la scelta di attribuire ad una minore di età inferiore a cinque anni il solo cognome del padre, benché quest'ultimo l'avesse riconosciuta in epoca successiva alla madre, non avendo ancora la minore acquisito, con il matronimico, nella trama dei suoi rapporti personali e sociali, una definitiva e formata identità (Cass. I, n. 12640/2015).

In tema di attribuzione giudiziale del cognome al figlio naturale riconosciuto non contestualmente dai genitori, il giudice è investito ex art. 262, commi 2 e 3, c.c. del potere-dovere di decidere su ognuna delle possibilità previste dalla disposizione in parola avendo riguardo, quale criterio di riferimento, unicamente all'interesse del minore e con esclusione di qualsiasi automaticità, che non riguarda né la prima attribuzione (essendo inconfigurabile una regola di prevalenza del criterio del “prior in tempore”), né il patronimico, per il quale parimenti non sussiste alcun favor in sé (Cass. I, ord. n. 18161/2019).

Per individuare i criteri di scelta del cognome paterno deve prevalere l'interesse del minore ad evitare un danno alla sua personalità sociale. In questo senso si è espressa Cass. I, n. 17976/2015, la quale ha anche precisato: «In caso di riconoscimento o accertamento della filiazione nei confronti del padre successivamente al riconoscimento da parte della madre, il giudice può decidere, avendo riguardo all'interesse del figlio, che venga aggiunto al minore il cognome del padre, anteponendolo o posponendolo a quello della madre». Il giudice è investito dall'art. 262 c.c. del potere-dovere di decidere su ognuna delle possibilità previste da detta disposizione avendo riguardo, quale criterio di riferimento, unicamente all'interesse del minore e con esclusione di qualsiasi automaticità (Cass. I, n. 2644/2011).

In linea di principio il figlio può assumere il cognome del padre aggiungendolo a quello della madre che abbia effettuato il riconoscimento per prima. La norma di cui all'art. 262, comma 2, c.p.c., prospettando in termini di mera eventualità l'assunzione del cognome paterno in caso di riconoscimento o accertamento della filiazione nei confronti del padre successivamente al riconoscimento da parte della madre, esclude la configurabilità di tale vicenda come effetto automatico del riconoscimento o della dichiarazione giudiziale di paternità, riconoscendo al figlio nato fuori dal matrimonio una facoltà discrezionale cui corrisponde una situazione di soggezione del genitore (Trib. Modena I, 5 maggio 2020, n. 511). E in ogni caso il figlio ha diritto a mantenere il cognome del quale in precedenza era titolare se è diventato un segno distintivo della sua identità personale nelle relazioni interpersonali già intrecciate (Trib. Monza IV, 22 gennaio 2020, n. 74).

È legittima, ha affermato Cass., ord. n. 772/2020, in ipotesi di secondo riconoscimento da parte del padre, l'attribuzione del patronimico in aggiunta al cognome della madre, purché non arrechi al figlio pregiudizio in ragione della cattiva reputazione del padre e purché non sia lesivo della sua identità personale, ove questa si sia già definitivamente consolidata nella trama dei rapporti personali e sociali.

Il giudice è investito, ex art. 262, commi 2 e 3, del potere-dovere di decidere su ognuna delle possibilità previste dalla disposizione suddetta avendo riguardo, quale criterio di riferimento, unicamente all'interesse del minore e con esclusione di qualsiasi automaticità (Cass. I, ord. n. 18161/2019). Per Cass. VI, n. 772/2019 è legittima l'aggiunta del cognome paterno a quello della madre che ha riconosciuto il minore per prima, se non ne pregiudica l'identificazione sociale, ormai consolidatasi con il solo matronimico.

Incidentalmente può ricordarsi che la materia trattata è connessa con la più generale questione riguardante la disciplina dell'automatica attribuzione del cognome paterno: in relazione alla quale più volte ha avuto occasione di pronunciarsi la Corte costituzionale ma sempre settorialmente. Con ordinanza (Cass. n. 18/2021) la Corte ha tratto occasione dalla più recente rimessione per sollevare d'ufficio il problema di legittimità nella sua più ampia e comprensiva estensione.

Cass. I, ord. n. 8762/2023 ha affermato che nel giudizio volto al riconoscimento del figlio naturale, l'opposizione del primo genitore che lo abbia già effettuato non è ostativa al successivo riconoscimento, dovendosi procedere ad un accertamento in concreto dell'interesse del minore nelle vicende che lo riguardano, con particolare riferimento agli effetti del provvedimento richiesto in relazione all'esigenza di un suo sviluppo armonico, dal punto di vista psicologico, affettivo, educativo e sociale; del pari, è ammissibile l'attribuzione del cognome del secondo genitore in aggiunta a quello del primo, purché non arrechi pregiudizio al minore in ragione della cattiva reputazione del secondo e purché non sia lesiva della identità personale del figlio, ove questa si sia già definitivamente consolidata, con l'uso del solo primo cognome, nella trama dei rapporti personali e sociali. Nello stesso senso Cass. I, ord. n. 772/2020, per la quale è legittimo, in ipotesi di secondo riconoscimento da parte del padre, l'attribuzione del patronimico in aggiunta al cognome della madre, purché non gli arrechi pregiudizio in ragione della cattiva reputazione del padre e purché non sia lesivo della sua identità personale, ove questa si sia definitivamente consolidata con l'uso del solo matronimico nella trama dei rapporti personali e sociali.

Per i procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023, data di efficacia del d.lgs. n. 149/2022, di riforma del processo civile, il procedimento è retto dalle disposizioni del rito in camera di consiglio (art. 473-ter c.p.c.). La competenza per materia spetta al tribunale ordinario (art. 38 disp. att. c.c.). Se l'azione esercitata riguarda un minore di età la domanda è proposta con ricorso e la competenza spetta al tribunale del luogo di residenza abituale del minore. Se vi è stato trasferimento non autorizzato, la competenza, entro l'anno dal trasferimento spetta al tribunale del luogo di ultima residenza abituale del minore prima del trasferimento.

Il ricorso deve contenere le indicazioni di cui all'art. 125 c.p.c.

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