Impugnazione del riconoscimento da parte del figlioInquadramentoIl riconoscimento può essere impugnato dal figlio che ne è destinatario per difetto di veridicità dell'atto. L'impugnazione garantisce a costui il diritto ad ottenere o conservare uno status che corrisponda alla verità effettiva e non sia frutto di accordi o di espedienti determinativi di una verità soltanto formale. Per questa ragione l'azione consentita al figlio è dichiarata imprescrittibile. FormulaTRIBUNALE DI .... RICORSO [1] PER IMPUGNAZIONE DI RICONOSCIMENTO DI FIGLIO NATO FUORI DEL MATRIMONIO (ART. 263 C.C.) Il Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. .... [2], residente in ...., cittadino italiano, rappresentato dall'Avv. ...., del Foro di ...., C.F. ...., P.E.C. ...., fax .... [3], presso il cui studio in .... è elettivamente domiciliato, come da mandato in calce al presente atto; FATTI ED ELEMENTI DI DIRITTO SUI QUALI LA DOMANDA SI FONDA Con atto pubblico in data ...., redatto a ministero del Notaio Dott. ...., di ...., l'esponente fu riconosciuto come figlio nato fuori dal matrimonio dal Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., residente in ....; da allora ha sempre vissuto con la madre, Sig.ra ....; di recente ha appreso dalla madre, coniugata con ...., che in realtà il presunto padre non può essere tale perché affetto da una risalente patologia che lo ha reso incapace di procreare; la dichiarazione inveritiera di riconoscimento fu, in allora, motivata da ....; la circostanza è stata ammessa dallo stesso presunto padre sopra nominato; risulta pertanto certo che l'esponente non può essere figlio del predetto Sig. .... e che il riconoscimento effettuato è inficiato da difetto di veridicità; interessa all'esponente far risultare formalmente tale difetto di veridicità, onde poi reclamare uno status personale conforme alla realtà storica; interessa inoltre all'esponente di essere risarcito del danno non patrimoniale riportato per effetto della falsa dichiarazione di riconoscimento di figlio del convenuto Sig. ...., la quale ha comportato di essere conosciuto nelle relazioni sociali con il cognome di costui, cognome che viene perduto per effetto di questa impugnazione, con la conseguenza di dover assumere un cognome diverso, con comprensibile sconcerto nella pubblica opinione e disagio personale nell'acquisto di un nuovo status. Tanto premesso, con il presente atto il ricorrente chiede che, nominato il giudice delegato e fissata l'udienza di comparizione delle parti: Voglia l'ill.mo Tribunale, contrariis reiectis, accertare che non risponde al vero, per i motivi sopra esposti, il riconoscimento di figlio nato fuori del matrimonio effettuato dal convenuto Sig. ...., come sopra generalizzato, con atto a ministero Notaio Dott. ...., in ...., in data ....; conseguentemente, dichiarare che il Sig. ...., nato a ...., il ...., non è figlio del detto convenuto Sig. ....; condannare lo stesso convenuto Sig. .... a risarcire all'esponente attore il danno non patrimoniale subito per effetto del falso riconoscimento, da liquidarsi in via equitativa e che si propone in Euro ....; ordinare all'ufficiale di stato civile del comune di ...., di procedere all'annotazione della sentenza a margine dell'atto di nascita del detto minore, come prescritto dal d.P.R. n. 396/2000; con vittoria di spese e diritti in caso di opposizione, come da nota che si produce. In via istruttoria [4] si chiede sin d'ora di ammettere consulenza tecnica medica per accertare il grado di compatibilità genetica ed ematologica tra il convenuto Sig. ...., e l'esponente. Si producono i seguenti documenti: 1) Atto notarile di riconoscimento .... 2) Atto integrale di nascita del ricorrente ..... Si dichiara che non esistono altri procedimenti aventi a oggetto le medesime domande o domande ad esse connesse. Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA Delego a rappresentarmi e difendermi con riguardo alla redazione del presente atto l'Avv. ...., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ...., via .... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge. Per autentica della sottoscrizione .... Firma Avv. .... [1]In base all'art. 2 del d.m. 7 agosto 2023, n. 110 “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile”, al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali in conformità a quanto prescritto dall'articolo 121 del codice di procedura civile, il ricorso deve avere la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio; d) nelle impugnazioni, estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) valore della controversia; m) richiesta di distrazione delle spese; n) indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L'art. 3 del richiamato Regolamento non trova applicazione nelle controversie di valore superiore a 500.000 euro e, dunque, deve ritenersi, anche per le cause di valore indeterminabile, tra le quali sembra doversi annoverare quella in esame. [2]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati: le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011). [3]L'art. 125 c.p.c. fa obbligo al difensore di indicare nell'atto di citazione il proprio codice fiscale e il numero di fax. L'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, sanziona l'omessa indicazione del numero di fax con l'aumento della metà del contributo unificato. Tutti gli atti del processo devono essere redatti in forma chiara e sintetica (art. 121 c.p.c; art. 46 disp. att.. c.p.c; d.m. 7 agosto 2023, n. 110) e devono essere depositati esclusivamente con modalità telematiche (artt. 87 e 196-quater disp. att. c.p.c.). I professionisti tenuti all'iscrizione in albi ed elenchi hanno l'obbligo di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell'elenco dell'Indice nazionale dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese (art. 3-bis d.lgs. n. 82/2005). [4]Nel giudizio non è consentito il deferimento del giuramento decisorio (Cass. I, n. 2465/1993) e neppure è consentita la prova per interrogatorio formale diretto ad ottenere la confessione del fatto decisivo per il disconoscimento (Cass. I, n. 8087/1998). CommentoPer i procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023, data di efficacia del d.lgs. n. 149/2022, di riforma del processo civile, si applicano le norme del rito comune a tutte le controversie in materia di stato delle persone, di minori e di famiglia, di cui agli artt. 473-bis e ss. c.p.c. L'impugnazione del riconoscimento è proposta con ricorso che deve contenere le indicazioni di cui all'art. 473-bis.12 c.p.c. Nel procedimento il soggetto di cui non si discute lo status di genitore non è un litisconsorte necessario, se il figlio è maggiorenne ed economicamente indipendente, perché l'eventuale pronuncia caducatoria dello status filiationis del soggetto maggiorenne non produce effetti rilevanti di alcun genere nei suoi confronti, sotto il profilo della responsabilità genitoriale, come pure degli obblighi morali di crescita, educazione ed istruzione e di quelli materiali al mantenimento del figlio, ormai non più ipotizzabili. Ove, invece, l'azione di impugnazione coinvolga un figlio minorenne, la rilevante modifica della situazione familiare, in termini di obblighi morali e materiali verso il figlio, giustifica il litisconsorzio necessario del predetto genitore (Cass. I, ord. n. 35998/2022; Cass. I, ord. n. 3252/2022). Il d.lgs. n. 154/2013 ha modificato il testo dell'art. 263 c.c., che consente l'impugnazione del riconoscimento del figlio nato fuori del matrimonio, allo scopo di operare un più conveniente equilibrio tra il favor veritatis e l'esigenza di certezza delle situazioni di rilievo giuridico. L'azione è imprescrittibile soltanto per il figlio, come garanzia di tutela di un diritto alla propria identità che non avrebbe potuto essere limitato nel tempo. Per i soggetti diversi il citato provvedimento ha introdotto termini di decadenza, preclusivi dell'esercizio dell'impugnazione. L'azione è ammessa in funzione della oggettiva non verità della dichiarazione di riconoscimento, indipendentemente dallo stato soggettivo del suo autore e, pertanto, a maggior ragione nel caso di consapevolezza della sua falsità (Cass. I, n. 5886/1991; Trib. Napoli 11 aprile 2013, in Foro it., 2013, 6, 2040, con nota di Casaburi). Il presunto padre naturale non è legittimato a intervenire nel giudizio di impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità, né come interveniente autonomo né come interveniente adesivo, essendo egli portatore di un mero interesse di fatto all'esito del giudizio, e non di un interesse giuridico, a sostenere le ragioni dell'una o dell'altra parte, direttamente correlato ai vantaggi o agli svantaggi che il giudicato potrebbe determinare nella sua sfera giuridica (Cass. I, n. 20953/2018). La competenza a conoscere dell'impugnazione appartiene al tribunale ordinario anche se l'azione è riferita al riconoscimento di un minore (art. 38 disp. att. c.c.). Nel processo deve intervenire il P.M. che, tuttavia, non ha diritto di azione o di impugnazione (Cass. I, n. 13281/2006; Cass. I, n. 2515/1994). La giurisprudenza era costante nel ritenere che l'azione di impugnazione del riconoscimento postulasse la dimostrazione della assoluta impossibilità che il soggetto autore dell'atto fosse, in realtà, il padre biologico del soggetto riconosciuto come figlio (Cass. I, n. 3944/2016; Cass. I, n. 17970/2015; Cass. I, n. 17095/2013; Cass. I, n. 4462/2003; Cass. I, n. 397/2002). Questo orientamento si fondava sulla supposta natura confessoria del riconoscimento, in quanto ammissivo di un fatto sfavorevole al dichiarante (l'aver avuto un figlio fuori dal matrimonio): come tale, superabile soltanto con un accertamento oggettivamente inoppugnabile. Con un significativo mutamento di indirizzo, Cass. I, n. 30122/2017 ha osservato che, dopo le modifiche apportate al diritto di famiglia nel 2012 e nel 2013, la disciplina dell'azione di impugnazione è stata avvicinata a quella delle azioni di disconoscimento ed a tutte quelle di stato, in genere, sì che la precedente concezione non può più essere seguita; ed ha ricordato che già Cass. I, n. 23290/2015 aveva avuto occasione di chiarire che l'indagine genetica è l'unica forma di accertamento attendibile in ogni fattispecie di ricerca della filiazione, con conseguente valorizzazione del contegno della parte che si oppone al suo espletamento. In questo senso si è schierata Cass. I, n. 18140/2018, per la quale la prova della “assoluta impossibilità di concepimento” non è diversa rispetto a quella che è necessario fornire per le altre azioni di stato, richiedendo il diritto vigente che sia il favor veritatis ad orientare le valutazioni da compiere in tutti i casi di accertamento o disconoscimento della filiazione. In tal senso anche, per la giurisprudenza di merito, Trib. Pordenone 13 aprile 2018, in Guida al dir., 2018, 43,62; e Trib. Roma I, 10 giugno 2020, n. 8359, per il quale, dovendosi soltanto dimostrare la non rispondenza del riconoscimento al vero, assume valore dirimente la consulenza tecnica sul DNA. Il tribunale, in particolare, ha ritenuto che, a fronte di una consulenza espletata da un esperto al di fuori del processo su concorde richiesta delle parti, il giudice non fosse tenuto a disporre una consulenza tecnica d'ufficio. La prova può essere data con qualunque mezzo (Cass. I, n. 6136/2015), esclusi il giuramento e la confessione, per la natura indisponibile dei diritti di status (Cass. I, n. 4462/2003). La mancata contestazione della madre naturale in ordine alla non paternità dell'autore del riconoscimento non ha la valenza probatoria prevista dall'art. 115 c.p.c., poiché, vertendosi in ambito di diritti indisponibili, sugli stessi non è ammesso alcun tipo di negoziazione o rinunzia (Cass. I, ord. n. 4791/2020). È consentita la richiesta della consulenza tecnica ematica, non avente natura meramente esplorativa ma da ritenersi utile mezzo di prova (Cass. I, n. 3944/2016; Cass. I, n. 14462/2008; Cass. I, n. 3563/2006). Dal rifiuto a sottoporsi all'esame ematico possono trarsi elementi di prova. In proposito Cass. I, n. 4101/2018 ha precisato che da questa eventualità non deriva alcuna restrizione della libertà personale, avendo il soggetto piena facoltà di determinazione in merito all'assoggettamento o meno ai prelievi mentre il trarre argomenti di prova dai comportamenti della parte costituisce applicazione del principio della libera valutazione della prova da parte del giudice; né può restarne pregiudicato il diritto di difesa e neppure può ritenersi giustificato il rifiuto aprioristico di sottoporsi ai prelievi con esigenze di tutela della riservatezza, considerati la finalità di giustizia e l'obbligo di segreto professionale dei sanitari operanti. Il rifiuto del preteso padre di sottoporsi alle indagini ematologiche costituisce un comportamento valutabile ex art. 116, comma 2, c.p.c. di così elevato valore indiziario da consentire, esso solo, di ritenere fondata la domanda (Cass. VI, ord. n. 28886/2019). Le contestazioni dello status filiationis nel nostro ordinamento sono disciplinate da azioni tipizzate. L'unica azione disciplinata dall'ordinamento italiano applicabile per contestare la sussistenza del legame di filiazione tra i genitori nel caso di contestazione della trascrizione dell'atto di nascita formato all'esito di pratiche di procreazione medicalmente assistita che comprendono la gestazione per altri è l'impugnazione del riconoscimento per difetto di veridicità (Trib. Roma I, 11 febbraio 2020, n. 3017). In favore del figlio inveritieramente riconosciuto è stata affermata la sussistenza del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale patito, liquidato in via equitativa (Cass. I, 16222/2015; Trib. Milano 6 giugno 2016, n. 6930, in ilFamiliarista.it, 2016, con nota di Figone). Un risarcimento del danno è stato riconosciuto a favore del figlio ed a carico del padre che non l'aveva riconosciuto, sussistendo la condizione secondo cui poteva presupporsi la consapevolezza della procreazione; questa, pur non identificandosi con la certezza assoluta, derivante esclusivamente dalla prova ematologica, richiede in genere la maturata conoscenza dell'avvenuta procreazione, evincibile non già in via automatica dalla consumazione di rapporti sessuali con la madre ma anche da altri elementi rilevanti, da provarsi da chi agisce in giudizio (Cass., ord. n. 22496/2021). L'art. 48 del d.P.R. n. 396/2000 (Ordinamento dello stato civile) dispone che la sentenza passata in giudicato che accoglie l'impugnazione dell'atto di riconoscimento è comunicata, a cura del procuratore della Repubblica, o è notificata, a cura degli interessati, all'ufficiale dello stato civile che ne fa annotazione nell'atto di nascita; e che, nel caso di rigetto dell'impugnazione, qualora questa sia stata annotata nell'atto di nascita, la sentenza è parimenti comunicata o notificata all'ufficiale dello stato civile affinché annoti, di seguito alle precedenti annotazioni, anche il rigetto dell'impugnazione. |