Azione per dichiarazione giudiziale di paternitàInquadramentoL'azione è rivolta a raggiungere la prova della paternità. Titolare dell'interesse protetto è soltanto il figlio. L'azione può essere promossa, nel suo interesse quando è minorenne o se è interdetto, dal genitore o dal tutore; e può essere promossa dai discendenti se egli muore, entro due anni dalla morte, o proseguita dagli stessi se l'azione era stata intrapresa. La legittimazione passiva spetta al presunto genitore; in sua mancanza agli eredi e, in loro mancanza, ad un curatore speciale appositamente nominato dal giudice. Alla domanda può contraddire chiunque vi abbia interesse. FormulaTRIBUNALE DI .... RICORSO PER AZIONE PER DICHIARAZIONE GIUDIZIALE DI PATERNITÀ [1] (ART. 269 C.C.) Il Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. .... [2], residente in ...., cittadino italiano, rappresentato dall'Avv. ...., del Foro di ...., C.F. ...., P.E.C. ...., fax .... [3], presso il cui studio in .... è elettivamente domiciliato, come da mandato in calce PREMESSO CHE L'esponente ha lo stato di figlio nato fuori del matrimonio della Sig.ra ...., nata a ...., il ...., residente in ...., C.F. .... che come tale lo ha denunciato al momento della nascita all'ufficiale di stato civile del comune di ....; in conseguenza del riconoscimento l'esponente ha il cognome materno; l'esponente ha ragione di credere che suo padre biologico sia il Sig. ...., nato a ...., il ...., C.F. ...., il quale, nel periodo anteriore alla nascita, comprensivo del lasso temporale del concepimento, ha intrattenuto una relazione sentimentale con la predetta; l'esistenza della cennata relazione è notoria, è stata ammessa da colui che l'esponente indica come proprio padre e risulta comunque dimostrabile facilmente dalle lettere conservate dalla madre dell'esponente e dalle testimonianze di parenti e conoscenti; in particolare, si fa presente che furono assidue e pubbliche le cure prestate dalla citata persona alla convivente durante la gravidanza ed al momento del parto; incomprensioni successive e l'intervento ostile dei genitori della giovane madre cagionarono la cessazione della relazione e indussero il nominato Sig. .... a rendersi irreperibile nel momento in cui trattavasi di fare denuncia della nascita e, quindi, ad omettere il formale riconoscimento di paternità anche in epoca successiva; nonostante questo comportamento il medesimo Sig. .... ha fatto pervenire tramite terze persone aiuti economici alla madre dell'esponente, così rivelando di avere conservato sentimenti di affetto verso la ex compagna e un senso di responsabilità verso il figlio da costei messo alla luce; l'esponente, ormai maggiorenne e inserito nel mondo del lavoro, ha interesse ad ottenere la dichiarazione di paternità riferita al detto Sig. ...., suo padre biologico, non soltanto per far risultare la verità storica dei fatti ma soprattutto per le conseguenze umane e giuridiche che ne conseguono, e che possono così essere indicate: ....; Tanto premesso, l'esponente con il presente atto propone formale azione per dichiarazione giudiziale di paternità e chiede che, una volta fissata dal sig. Presidente del tribunale l'udienza di comparizione delle parti e nominato il giudice istruttore, Voglia l'Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, accertare che il convenuto Sig. ...., come sopra generalizzato, è il padre biologico dell'esponente attore; ordinare all'ufficiale di stato civile del comune di ...., di procedere all'annotazione della sentenza a margine dell'atto di nascita del detto minore, come prescritto dal d.P.R. n. 396/2000; con vittoria di spese in caso di opposizione, come da nota che si produce. IN VIA ISTRUTTORIA si chiede sin d'ora di ammettere consulenza tecnica medica per accertare il grado di compatibilità genetica ed ematologica tra il convenuto Sig. ...., e l'esponente [4]. Si producono i seguenti documenti: 1) Atto di riconoscimento della madre .... 2) Atto integrale di nascita del minore ..... Ai sensi dell'art. 473-bis.12 si dichiara che non esistono altri procedimenti aventi a oggetto le medesime domande o domande ad esse connesse. Luogo e data .... Firma Avv. .... PROCURA Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l'Avv. ...., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ...., via .... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge. Per autentica della sottoscrizione .... Firma Avv. .... [1]In base all'art. 2 del d.m. 7 agosto 2023, n. 110 “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile”, al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali in conformità a quanto prescritto dall'articolo 121 del codice di procedura civile, il ricorso deve avere la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio; d) nelle impugnazioni, estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) valore della controversia; m) richiesta di distrazione delle spese; n) indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L'art. 3 del richiamato Regolamento non trova applicazione nelle controversie di valore superiore a 500.000 euro e, dunque, deve ritenersi, anche per le cause di valore indeterminabile, tra le quali sembra doversi annoverare quella in esame. [2]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati: le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011). [3]L'art. 125 c.p.c. fa obbligo al difensore di indicare nell'atto di citazione il proprio codice fiscale e il numero di fax. L'art. 13, comma 3-bis, d.P.R. n. 115/2002, sanziona l'omessa indicazione del numero di fax con l'aumento della metà del contributo unificato. Tutti gli atti del processo devono essere redatti in forma chiara e sintetica (art. 121 c.p.c.; art. 46 disp. att. c.p.c.; d.m. 7 agosto 2023, n. 110) e devono essere depositati esclusivamente con modalità telematiche (artt. 87 e 196-quater disp. att. c.p.c.). I professionisti tenuti all'iscrizione in albi ed elenchi hanno l'obbligo di dotarsi di un domicilio digitale iscritto nell'elenco dell'Indice nazionale dei domicili digitali dei professionisti e delle imprese (art. 3-bis d.lgs. n. 82/2005). [4]Per giurisprudenza ormai consolidata, nel giudizio promosso per l'accertamento della paternità il rifiuto di sottoporsi all'esame ematologico costituisce un comportamento valutabile dal giudice, ex art. 116, comma 2, c.p.c., di così elevato valore indiziario da poter da solo consentire la dimostrazione della fondatezza della domanda (Cass. I, n. 24292/2016). CommentoLa legittimazione attiva e passiva all'azione è indicata dalla legge in modo esclusivo e tassativo. Sul punto la giurisprudenza ha affermato che nelle controversie concernenti la dichiarazione giudiziale della paternità o maternità i soggetti attivamente e passivamente legittimati non possono conferire ad altri il potere di stare in giudizio in loro nome e conto, in quanto la rappresentanza negoziale è inammissibile in relazione ai diritti indisponibili (Cass. I, n. 11727/2003). La Cass. n. 14615/2021 ha affermato che l'art. 276, nell'indicare i legittimati passivi diversi dal presunto padre, si riferisce ai soli eredi in senso stretto, escludendo coloro che abbiano volontariamente rinunciato all'eredità; costoro non possono pertanto subire gli effetti patrimoniali dell'estensione dell'asse patrimoniale conseguente all'eventuale accoglimento della domanda di dichiarazione giudiziale di paternità. Se l'azione è promossa o proseguita dal genitore o dal tutore, nell'interesse del minore, occorre il consenso di questi se ha compiuto quattordici anni. Il consenso è stato ritenuto requisito del diritto di azione, integrativo della legittimazione del genitore, quale sostituto processuale del figlio minorenne, la cui mancanza determina l'improponibilità o l'improseguibilità dell'azione; il consenso può sopravvenire nel corso del processo ma non al di fuori da esso (Cass. I, n. 472/2023).La Corte Suprema ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità dell'art. 270 c.c. nella parte in cui prevede come imprescrittibile l'azione proponibile dal figlio, proposta sull'assunto che detta imprescrittibilità sacrificherebbe il diritto del presunto padre alla stabilità dei rapporti familiari maturati nel corso del tempo (Cass. I, n. 7960/2017). Ed ha altresì dichiarato ugualmente manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 270 c.c. nella parte in cui prevede termini differenziati per l'azione proposta dal figlio e per l'azione promossa dai discendenti dopo la sua morte, in quanto costoro hanno soltanto un interesse riflesso al riconoscimento del loro ascendente mentre per il figlio il riconoscimento della filiazione fa corrispondere lo status alla verità biologica e costituisce una componente essenziale dell'identità personale (Cass. VI, n. 1667/2020). Le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno ribadito il principio secondo cui Il giudizio di disconoscimento di paternità è pregiudiziale rispetto a quello in cui viene richiesto l'accertamento di altra paternità così che, nel caso della loro contemporanea pendenza, si applica l'istituto della sospensione per pregiudizialità ex art. 295 c.p.c. (sent. n. 8268/2023; conforme Cass. n. 17392/2018). Per il Trib. Torino, ord. 5 giugno 2017, l'assenza di un contrastante stato di figlio non è un presupposto processuale bensì una mera condizione dell'azione di dichiarazione giudiziale di paternità che, pertanto, deve sussistere al momento della decisione e non già necessariamente al momento della domanda. Ne è conseguita l'affermazione per cui è procedibile la domanda di dichiarazione giudiziale di paternità promossa da colui che risulta ancora figlio altrui e che abbia, successivamente all'instaurazione del giudizio, promosso azione di disconoscimento di paternità nei confronti del proprio presunto padre. In tal caso, tuttavia, il giudizio di dichiarazione giudiziale di paternità deve essere sospeso sino alla definizione del giudizio di disconoscimento, da cui dipende la decisione della causa. La contrarietà all'interesse del minore sussiste solo in caso di concreto accertamento di una condotta del preteso padre che sarebbe tale da giustificare una dichiarazione di decadenza dalla responsabilità genitoriale ovvero della prova dell'esistenza di gravi rischi per l'equilibrio affettivo e psicologico del minore e per la sua collocazione sociale; in mancanza di tali elementi l'interesse del minore all'accertamento della paternità deve essere ritenuto, di regola, sussistente (Cass. I, ord. n. 16356/2018). L'interesse umano e affettivo alla dichiarazione giudiziale di paternità o maternità non va più valutato dal tribunale quando il minore ha raggiunto i quattordici anni, essendo in tal caso la valutazione di detto interesse rimessa allo stesso minore (Cass. I, n. 3935/2012, riferita all'allora vigente limite di anni sedici). Vige il principio per cui non si può agire per l'accertamento della propria paternità biologica di un figlio nato in costanza di matrimonio se prima non viene rimosso lo status di figlio matrimoniale con una statuizione che abbia efficacia erga omnes, non essendo consentito un accertamento in via incidentale su una questione di stato della persona; l'interessato, che non è legittimato a proporre l'azione né può intervenire nel processo, può chiedere ai sensi dell'art. 244, comma 6, c.c. la nomina di un curatore speciale che eserciti la relativa azione nell'interesse del presunto figlio infraquattordicenne (Cass. I, ord. n. 27560/2021). La Cass. n. 37023/2021 ha dichiarato manifestamente infondata la questione di costituzionalità dell'art. 269 c.c. per non essere consentito al padre, ed essere invece consentito alla madre, decidere, al momento della nascita, se riconoscere il figlio, attesa la ragionevolezza della scelta legislativa di trattare in modo diverso situazioni diverse, avendo finalità meritevole di tutela soltanto la facoltà riconosciuta alla madre, in ragione del bilanciamento tra il preminente interesse a preservare la vita del nascituro e la possibilità per la madre di mantenere l'anonimato, mentre non appare meritevole di analoga protezione il padre il quale intenda sottrarsi, negando la propria volontà diretta alla procreazione, alla responsabilità di genitore, in contrasto con la tutela che l'art. 30 Cost. riconosce alla filiazione naturale. La competenza a conoscere dell'azione spetta al tribunale ordinario, anche se riguarda soggetti minorenni (art. 38 disp. att. c.c.). Per i procedimenti instaurati dopo il 28 febbraio 2023, data di efficacia del d.lgs. n. 149/2022, di riforma del processo civile, si applicano le norme del rito comune a tutte le controversie in materia di stato delle persone, di minori e di famiglia, di cui agli artt. 473-bis e ss. c.p.c. La domanda è proposta con ricorso e la competenza spetta, quando l'azione riguarda un soggetto minorenne, al tribunale del luogo di residenza abituale del minore. Se vi è stato trasferimento non autorizzato, la competenza, entro l'anno dal trasferimento spetta al tribunale del luogo di ultima residenza abituale del minore prima del trasferimento (art. 473-bis.11 c.p.c.). Se l'azione non concerne un minore la competenza per territorio è stabilita in base alle ordinarie norme in tema di controversie tra persone. Il ricorso deve contenere la determinazione dell'oggetto della domanda, la chiara e sintetica esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda si fonda, l'indicazione specifica dei mezzi di prova e l'esistenza eventuale di altri procedimenti aventi a oggetto, in tutto o in parte, le medesime domande o domande con esse connesse. Quando devono essere adottati provvedimenti che riguardano minori al ricorso sono allegati: le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni, la documentazione attestante la titolarità dei diritti reali su beni immobili, beni mobili e quote sociali, gli estratti conto dei rapporti bancari e finanziari relativi agli ultimi tre anni nonché il piano genitoriale. La domanda è proposta con ricorso e deve contenere la determinazione dell'oggetto della domanda, la chiara e sintetica esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui quali la domanda si fonda, l'indicazione specifica dei mezzi di prova e l'esistenza eventuale di altri procedimenti aventi a oggetto, in tutto o in parte, le medesime domande o domande con esse connesse. Quando devono essere adottati provvedimenti che riguardano minori al ricorso sono allegati: le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni, la documentazione attestante la titolarità dei diritti reali su beni immobili, beni mobili e quote sociali, gli estratti conto dei rapporti bancari e finanziari relativi agli ultimi tre anni nonché il piano genitoriale. È obbligatorio l'intervento del pubblico ministero, come è disposto per tutte le cause in tema di stato delle persone (Cass. I, n. 14896/2017; Cass. I, ord. n. 17664/2015). La prova della paternità può essere fornita con ogni mezzo. Particolare importanza è stata attribuita al riscontro ematico (Cass. I, n. 15201/2017; Cass. I, n. 13880/2017; Cass. n. 24292/2016). La giurisprudenza ha affermato che, in tema di dichiarazione giudiziale di paternità, deve escludersi qualsiasi subordinazione dell'ammissione degli accertamenti immuno-ematologici all'esito della prova storica dell'esistenza di un rapporto sessuale tra il presunto padre e la madre, giacché il principio della libertà di prova, sancito in materia dall'art. 269, comma 2, c.c., non tollera surrettizie limitazioni, né mediante la fissazione di una sorta di gerarchia assiologica tra i mezzi di prova idonei a dimostrare la paternità, né – conseguentemente – mediante l'imposizione al giudice di una sorta di ordine cronologico nella loro ammissione e assunzione, a seconda del tipo di prova dedotta, avendo, per converso, tutti i mezzi di prova pari valore per espressa disposizione di legge; e ogni diversa interpretazione si risolverebbe in un sostanziale impedimento all'esercizio del diritto di azione garantito dall'art. 24 Cost. in relazione alla tutela di diritti fondamentali attinenti allo status (Cass. I, n. 783/2017). La consulenza tecnica ematologica è da considerarsi lo strumento istruttorio officioso indefettibilmente finalizzato a compiere la sola indagine decisiva in punto di accertamento della verità del rapporto di filiazione (Cass., ord. n. 22498/2021, che ha negato alla prova ematica natura esplorativa). La consulenza immunologica espletata da un esperto al di fuori dal processo, su concorde richiesta delle parti, può essere acquisita, secondo la disciplina della prova documentale, nel giudizio, potendosi in questa sede esercitare il necessario contraddittorio (Cass., ord. n. 38922/2021). Dal rifiuto ingiustificato a sottoporsi agli esami ematici possono trarsi elementi di prova. In proposito Cass. I, n. 14458/2018 ha precisato che l'esercizio di questo potere del giudice non cagiona una restrizione della libertà personale, in quanto il soggetto ha piena facoltà di determinazione in merito all'assoggettamento o meno ai prelievi mentre il trarre argomenti di prova dai comportamenti della parte costituisce applicazione del principio della libera valutazione della prova ad opera del giudice; senza che ne resti pregiudicato il diritto di difesa e senza, inoltre, che il rifiuto possa essere giustificato da esigenze di riservatezza, considerati il fine di giustizia e l'obbligo del segreto professionale facente carico ai sanitari operanti. Cass. VI, ord. n. 28886/2019 ha affermato che il rifiuto del preteso padre di sottoporsi a indagini ematologiche costituisce un comportamento valutabile dal giudice, ex art. 116, comma 2, c.p.c., di così elevato valore indiziario da consentire, esso solo, di ritenere fondata la domanda. L'accertamento immuno-ematologico non è subordinato alla prova dell'esistenza di una relazione e il rifiuto ingiustificato a sottoporvisi è suscettibile di essere valutato come ammissione (Cass. I, n. 16128/2019). La prova può essere data con ogni mezzo (Trib. Treviso I, 18 marzo 2020, n. 534) ma la consulenza tecnica ha funzione di mezzo obiettivo di prova e costituisce lo strumento più idoneo, avente margine di sicurezza elevatissimi, per l'accertamento del rapporto di filiazione: non un mezzo per valutare elementi di prova offerto dalle parti ma strumento per l'acquisizione della conoscenza del rapporto di filiazione (Cass. I, n. 14916/2020). La Corte di cassazione ha ammesso il figlio biologico di donna che aveva dichiarato al momento del parto di non voler essere nominata a promuovere, dopo la di lei morte, l'azione volta all'accertamento dello status e ciò in forza di una lettura costituzionalmente orientata dell'art. 269 c.p.c. che vede recessiva la tutela degli eredi (Cass. n. 19824/2020). Tra l'azione di disconoscimento della paternità e quella di dichiarazione giudiziale di altra paternità sussiste un nesso di pregiudizialità per cui, pendendo il primo giudizio, il secondo deve essere sospeso ex art. 295 c.p.c. (Cass. VI, n. 17392/2018). Intervenuti la dichiarazione di adottabilità e l'affidamento preadottivo, il giudizio per la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità è sospeso di diritto e si estingue ove segua la pronuncia di adozione definitiva (Cass. VI, n. 11208/2020). L'art. 49, ultimo comma, d.P.R. n. 396/2000 dispone che la dichiarazione giudiziale di paternità o maternità, dopo il passaggio in giudicato, è comunicata, a cura del procuratore della Repubblica, o è notificata dagli interessati, all'ufficiale dello stato civile che ne fa annotazione nell'atto di nascita. |