Domanda di adozione in casi particolari (art. 44, lett. d), l. n. 184/1983)InquadramentoIl minore, non dichiarato in stato di abbandono morale e materiale, può essere adottato nel caso in cui vi sia la constatata impossibilità di procedere all'affidamento preadottivo. FormulaTRIBUNALE PER I MINORENNI DI .... [1] DOMANDA [2] DI ADOZIONE IN CASI PARTICOLARI EX ART. 44, COMMA 1, LETT. D), L. N. 184/1983 Il Sig. ...., nato a ...., il ...., residente in ...., via ...., C.F. .... [3] PREMESSO CHE – il richiedente è legato al minore ...., nato a ...., il ...., figlio della Sig.ra ...., nata a ...., il ...., residente in ...., da uno stabile e duraturo rapporto in quanto: a) ....; b) ....; c) ....; – il nucleo familiare del minore, di fatto, ricomprende anche il richiedente, il quale si è preso cura, sin dal ...., del minore, come appare dimostrato dalle seguenti circostanze: a) ....; b) ....; c) ....; DICHIARA di voler adottare il minore ...., nato a ...., il ...., ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 44, comma 1, lett. d), l. 184/1983, ricorrendone i presupposti e sussistendo il preminente interesse del minore in quanto; a) ....; b) ....; c) ..... Tutto ciò premesso, il Sig. ...., ut supra CHIEDE che l'Ill.mo Tribunale per i Minorenni adito dichiari l'adozione del minore ...., nato a ...., il ...., a favore del Sig. .... ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983. Ai sensi dell'art. 82, comma 1, l. n. 184/1983 il presente procedimento e la relativa procedura sono esenti da imposte di bollo e di registro e da ogni spesa, tassa e diritto dovuti ai Pubblici Ufficiali. Si producono in copia i seguenti documenti: 1. certificati di nascita del minore; 2. certificato di nascita richiedente; 3. certificato di stato famiglia e di matrimonio dei richiedenti; 4. certificati medici; 5. certificato generale del Casellario Giudiziale dei richiedenti; 6. dichiarazioni dei redditi dei richiedenti relativa all'ultimo triennio. Luogo e data .... Il richiedente .... [1]La domanda deve essere presentata al Tribunale per i Minorenni nel cui distretto si trova la residenza del minore. [2]L'atto dovrà rispettare i criteri redazionali ed i limiti dimensionali previsti dal d.m. 7 agosto 2023, n. 110, rubricato “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo”. In particolare, occorre ricordare che, al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali (cfr. artt. 121 c.p.c. e 46 disp. att. c.p.c.), l'art. 1 d.m. n. 110/2023 individua l'articolazione che il l'atto deve avere e l'art. 3 d.m. n. 110/2023 individua in 50.000 caratteri (spazi esclusi) il limite dimensionale dello scritto difensivo. Sul punto occorre richiamare, però, l'art. 5, comma 1, d.m. n. 110/2023 in forza del quale i predetti limiti possono essere superati se la controversia presenta questioni di particolare complessità anche in relazione agli interessi coinvolti. In tal caso sarà onere del difensore esporre sinteticamente le ragioni per le quali si è reso necessario il superamento di tali limiti (art. 5, comma 1, d.m. n. 110/2023) ed inserire nell'atto, subito dopo l'intestazione, un indice ed una breve sintesi del contenuto dell'atto (art. 5, comma 2, d.m. n. 110/2023). Inoltre, appare opportuno richiamare anche l'art. 2, comma 1, lett. c), d.m. n. 110/2023 in forza del quale l'atto deve contenere anche l'indicazione di parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio. [3]La domanda, se presentata dai coniugi personalmente, deve essere sottoscritta da entrambi. Tuttavia, i coniugi possono farsi assistere da un difensore, in tali casi l'atto dovrà contenere le indicazioni delle generalità dell'Avvocato, dovrà essere da quest'ultimo sottoscritto e si dovrà allegare la procura alle liti. In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati: le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011). L'indicazione del C.F. dell'Avvocato è prevista dall'art. 125 c.p.c. come modificato dalla disposizione sopra citata. Ai sensi del citato art. 13, comma 3-bis: “Ove il difensore non indichi il proprio numero di fax .... ovvero qualora la parte ometta di indicare il C.F. .... il contributo unificato è aumentato della metà”. CommentoPremessa L'adozione in casi particolari, disciplinata dal Titolo IV della l. n. 184/1983, rappresenta una alternativa all'adozione legittimante del minore in stato di abbandono che permette di garantire al minore di crescere in un ambiente familiare, valorizzando sia il superiore interesse del minore sia i rapporti, non solo parentali, che legano il minore a persone adulte capaci di prendersene cura (cfr. Corte cost., n. 383/1999 e Corte cost., n. 27/1991). Benché la finalità dell'adozione in casi particolari sia coincidente con quella delle altre forme di adozioni previste dal nostro ordinamento, essa deve essere distinta sia dall'adozione di persone maggiorenni (c.d. adozione civile) sia dall'adozione di minori, italiani o stranieri, in stato di abbandono morale e materiale (c.d. adozione legittimante). In particolare, si osservi che l'adozione in casi particolari coinvolge minori che non necessariamente si trovano in stato di abbandono morale e materiale e può essere promossa anche se risulta pendente un procedimento per la dichiarazione di adottabilità. In tali casi sarà il Tribunale per i Minorenni a valutare quale sia la soluzione più idonea per il minore anche tenendo conto che l'adozione in casi particolari è ammissibile solo se realizza il preminente interesse del minore (cfr. art. 57, comma 1, n. 2, l. n. 184/1983; Cass. I, n. 6633/2002 e Cass. I, n. 3130/2001). Infatti, l'adozione in casi particolari, benché offra una soluzione compromissoria rispetto all'adozione legittimante, è in grado di fornire una risposta ai bisogni del minore che non potrebbero essere realizzati attraverso l'adozione legittimante. Tale forma di adozione conferisce al minore adottato lo status di figlio degli adottanti, ma non estingue il rapporto con il nucleo familiare di origine: il nuovo status si aggiunge, a differenza di quanto avviene nell'adozione legittimante, allo stato familiare preesistente. Con riferimento ai rapporti di parentela, si discute l'applicabilità dell'art. 74 c.c. – così come modificato dalla l. n. 219/2012 – all'adozione in casi particolari. Alla linea interpretativa che fornisce risposta negativa al quesito, appare preferibile l'opzione esegetica secondo cui l'art. 74 c.c. deve essere ritenuto applicabile anche al minore adottato ai sensi e per gli effetti di quanto dispone l'art. 44, comma 1, l. 184/1983, con la conseguenza che tra il minore e i familiari degli adottanti si instaurano vincoli di parentela (Lenti, La sedicente riforma della filiazione, in Nuova giur. civ. comm., 2013, II, 202; Dossetti, La parentela, in Aa.Vv., La riforma della filiazione, a cura di Dossetti, M. Moretti, C. Moretti, Bologna, 2013, 20 e Morozzo Della Rocca, Il nuovo status di figlio e le adozioni in casi particolari, in Fam. e dir., 2013, 838 ss.). Impossibilità di affidamento preadottivo La quarta ipotesi di adozione in casi particolari – che si aggiunge all'ipotesi di adozione del minore orfano di entrambi i genitori, a quella del coniuge del genitore e a quella del minore portatore di handicap – è disciplinata dall'art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983: il minore può essere adottato quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo. La ratio è quella di favorire l'inserimento del minore in un ambiente comunque favorevole, che si ponga come alternativa all'istituzionalizzazione. I presupposti di tale forma di adozione in casi particolari sono: la dichiarazione di adottabilità del minore e la mancanza di una coppia idonea disposta ad accogliere del minore (Cass. I, n. 22292/2013). All'impossibilità originaria di un affidamento preadottivo deve essere equiparata quella di affidamento preadottivo avviato ma interrotto. Secondo la dottrina e la giurisprudenza le ipotesi d'impossibilità di affidamento preadottivo sono essenzialmente due: la ricorrenza di una situazione peculiare del minore (ad esempio, disabilità, età prossima alla maggiore età, problemi caratteriali) che renda, in maniera comprovata, impossibile trovare una coppia, avente gli ordinari requisiti di legge, disposta ad adottare. La seconda ipotesi riguarda la sussistenza di un rapporto di fatto e di legali affettivi già instaurati dal minore con una persona rispetto alla quale, per una qualche ragione, non è possibile ricorrere all'adozione legittimante, sempre che la fattispecie non rientri nell'ambito di una delle altre ipotesi descritte dall'art. 44, comma 1, l. n. 184/1983. Tuttavia, occorre evidenziare che, alla luce della più recente interpretazione dottrinale e giurisprudenziale, l'art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983 integra una clausola di chiusura del sistema volta a garantire la tutela della vita familiare del minore che abbia sviluppato una relazione significativa con un adulto in grado di svolgere la funzione genitoriale e che tale forma di tutela prescinde dalla dichiarazione di abbandono del minore, essendo sufficiente constatare una impossibilità di affidamento preadottivo in senso giuridico e non anche in concreto. Pertanto, ai fini dell'interpretazione dell'espressione “constatata impossibilità di affidamento preadottivo” deve ritenersi sufficiente l'impossibilità giuridica di procedere all'affidamento preadottivo e non solo l'ipotesi derivante da una condizione di abbandono in senso tecnico del minore (cfr., da ultimo, Cass. I, n. 17100/2019 e, in dottrina, Montecchiari, Adozione in casi particolari: la svolta decisiva della Suprema Corte di Cassazione per single e coppie di fatto, in Dir. fam. e pers., 2019, f. 4, 1722 ss.). Nell'ambito dell'impossibilità di affidamento preadottivo rientrerebbe anche il concetto di semiabbandono, ovvero l'ipotesi in cui la famiglia di origine appare inadeguata, ma ancora capace di esprimere un ruolo attivo e positivo per il minore, tanto da escludere il ricorso all'adozione legittimante e prevedere un modello di adozione capace di garantire i rapporti familiari con i genitori biologici. Si parla in questi casi di adozione mite (cfr., Trib. min. Bari 7 maggio 2008 e, da ultimo, Cass. I, n. 1476/2021; Cass. I, ord. n. 35840/2021; Cass. I, ord. n. 21024/2022; Cass. I, n. 20322/2022; Cass. I, ord. n. 230/2023; Cass. I, n. 23173/2023 e Cass. I, n. 26791/2023 ove si sottolinea l'impossibilità di un passaggio endoprocedimentale tra l'adozione legittimante e l'afozione mite. In dottrina basti citare Occhiogrosso, Manifesto per una giustizia minorile mite, Milano, 2009) che, “pur garantendo l'inserimento del minore in una nuova famiglia, con l'acquisto dello status “parafiliale”, non recide i rapporti, giuridici e di fatto, con quella d'origine, permettendo così il mantenimento di una relazione del minore con i parenti di sangue” (Figone, Il definitivo riconoscimento dell'adozione mite, in Fam. e dir., 2022, 777 ss.). Il concetto di impossibilità di un affidamento preadottivo dovrà essere valutato rigorosamente dal Tribunale per i Minorenni a cui l'adozione è richiesta, anche al fine di evitare un abusivo superamento delle norme che disciplinano l'adozione legittimante. L'impossibilità deve essere valutata in concreto con riferimento allo specifico e preminente interesse del minore (Cass. I, n. 22292/2013). Con riferimento ai requisiti degli aspiranti adottanti si richiedono requisiti meno rigidi rispetto a quelli previsti per l'adozione legittimante. Infatti, l'adozione in casi particolari di cui all'art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983 è consentita in presenza di figli (art. 44, comma 2, l. n. 184/1983) e anche nell'ipotesi in cui il soggetto non sia coniugato. Dunque, è ammissibile l'adozione da parte di persone singole e da parte anche di conviventi more uxorio (Dogliotti-Astiggiano, Le adozioni. Minori italiani e stranieri, maggiorenni, Milano, 2014, 299). L'art. 44, comma 3, l. n. 184/1983 precisa che se l'adozione è richiesta da una persona coniugata, allora è necessario che la richiesta provenga da entrambi i coniugi: l'obiettivo è quello, in caso di convivenza matrimoniale, di garantire l'inserimento del minore nel nucleo familiare. Dalla medesima norma si ricava che il coniuge separato, anche di fatto, può presentate domanda di adozione congiunta ovvero può scegliere di presentare istanza di adozione singolarmente. I conviventi non potrebbero presentare domanda congiunta. Non sono previsti limiti massimi di età: il Tribunale per i Minorenni dovrà valutare se l'adottante possiede le capacità (fisiche, affettive, morali e patrimoniali) e la possibilità di assolvere gli obblighi derivanti dall'adozione. Inoltre, l'età dell'adottante deve superare di almeno diciotto anni quella dell'adottando, in forza di quanto prescrive l'art. 44, comma 4, l. n. 184/1983 in applicazione del principio dell'imitatio naturae. L'adozione da parte del partner omosessuale del genitore biologico Occorre ora soffermarsi sulla possibilità che coppie di persone dello stesso sesso adottino un minore ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983. Si tratta dei casi in cui il convivente omosessuale intende adottare il figlio biologico del partner. Premesso che sia la dottrina che la giurisprudenza ritengono possibile l'interpretazione analogica ed estensiva della disciplina dettata dall'art. 44, comma 1, l. n. 184/1983, trattandosi di ipotesi non eccezionali, la giurisprudenza di merito (App. Roma 23 dicembre 2015; App. Milano 16 ottobre 2015; App. Torino 27 maggio 2016; Trib. min. Roma 31 luglio 2014; Trib. min. Roma 22 settembre 2015; Trib. min. Roma 23 dicembre 2015; Trib. min. Torino 11 settembre 2015; Trib. min. Venezia 31 maggio 2017; Trib. min. Bologna 8 giugno 2017; Trib. min. Bologna 6 luglio 2017; Trib. min. Bologna 20 luglio 2017; Trib. min. Milano 13 luglio 2018; Trib. min. Genova 13 giugno 2019, n. 640; Trib. min. Genova 3 luglio 2019 e Trib. min. Bologna 17 giugno 2022. Contra Trib. min. Milano 17 ottobre 2016 e, anche se solo parzialmente, Trib. min. Palermo 3 luglio 2017) ritiene applicabile l'art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983 ai conviventi omosessuali in quanto la norma non fa alcuna distinzione tra coppie eterosessuali ed omosessuali e, di conseguenza, l'unico elemento che dovrà essere valutato è la relazione esistente tra il minore ed i membri della coppia. Il riconoscimento di tale forma di adozione, oltre ad essere conforme ai principi costituzionali e ai principi proclamati nella Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) così come interpretata dalla Corte Europea dei i Diritti dell'Uomo, permette di valorizzare e riconoscere, nell'esclusivo interesse del minore, il legame affettivo già esistente nella realtà dei fatti. Tanto che la giurisprudenza di merito ammette l'adozione in casi particolari ex art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983 da parte di persone dello stesso sesso solo dopo aver compiutamente ritenuto sussistente un significativo rapporto affettivo ed educativo tra il minore e gli aspiranti adottanti e un ambiente familiare e sociale idoneo a garantire un sano sviluppo psico-fisico del minore. La giurisprudenza di merito (Trib. min. Roma 1° marzo 2016; Trib. min. Roma 29 aprile 2016 e App. Milano 9 febbraio 2017) ha ritenuto ammissibile anche l'adozione incrociata: due conviventi omosessuali possono adottate ciascuno il figlio dell'altro. In tal modo si riconosce e garantisce il diritto del minore ad avere un rapporto genitoriale con il proprio genitore sociale giuridicamente riconosciuto. Anche nel caso di adozione incrociata risulta fondamentale un'approfondita indagine sulla qualità del rapporto tra il minore e l'aspirante adottante, sulla storia del nucleo familiare e sulle scelte effettuate dalla coppia per poter realizzare il loro nucleo familiare. Inoltre, si ribadisce che la relazione affettiva tra due persone dello stesso sesso, che si riconoscano come parti di un medesimo progetto di vita, con le aspirazioni, i desideri e i sogni comuni per il futuro, la condivisione insieme dei frammenti di vita quotidiana, costituisce a tutti gli effetti una “famiglia”, luogo in cui è possibile la crescita di un minore, senza che il mero fattore “omoaffettività” possa costituire ostacolo formale. Va precisato che, nel caso di adozione incrociata, i minori non potranno diventare fratelli. Pertanto, nonostante il Legislatore non abbia riconosciuto tale forma di adozione con l'introduzione della l. n. 76/2016 – ove espressamente si precisa che l'equivalenza tra coniugi e persone dello stesso sesso uniti civilmente non si applica alla l. n. 184/1983 in tema di adozione – la giurisprudenza di merito e di legittimità (Cass. I, n. 12962/2016 e Cass. I, n. 29071/2019) ha ritenuto ammissibile la c.d. stepchild adoption, sottolineando come l'adozione in casi particolari, di cui all'art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983, presuppone la constatata impossibilità di affidamento preadottivo, che può essere di fatto ma anche di diritto, in quanto, a differenza dell'adozione piena, non presuppone una situazione di abbandono dell'adottando e può essere disposta allorché si accerti, in concreto, l'interesse del minore al riconoscimento di una relazione affettiva già instaurata e consolidata con chi se ne prende stabilmente e adeguatamente cura, non avendo invece alcuna rilevanza l'orientamento sessuale dell'adottante. In conclusione, va ricordato che deve ritenersi ammissibile il riconoscimento e la trascrizione di provvedimenti stranieri a favore di coppie di genitori dello stesso sesso (da ultimo App. Milano 5 ottobre 2016), trattandosi di provvedimenti non contrari all'ordine pubblico internazionale (da ultimo, Cass. I, n. 19599/2016 e Cass. S.U., n. 9006/2021. ContraCass. S.U., n. 38162/2022 secondo cui il minore nato all'estero mediante il ricorso alla surrogazione di maternità ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con il genitore d'intenzione; tale esigenza è garantita attraverso l'istituto dell'adozione in casi particolari, ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. d), l. n. 184/1983 che, allo stato dell'evoluzione dell'ordinamento, rappresenta lo strumento che consente, da un lato, di conseguire lo status di figlio e, dall'altro, di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il partner del genitore genetico che ne ha condiviso il disegno procreativo concorrendo alla cura del bambino sin dal momento della nascita). Sul punto occorre precisare che vanno distinte due ipotesi: l'adozione nazionale straniera che riguarda un minore adottato all'estero da due cittadini stranieri e che segue la procedura di riconoscimento dettata dagli artt. 41 e 64, l. n. 218/1995 e l'adozione pronunciata all'estero che coinvolga un genitore adottante con cittadinanza italiana il cui riconoscimento sarà regolato dall'art. 36, comma 4, l. n. 184/1983 (cfr. Corte cost., n. 76/2016, sulla distinzione appena richiamata ed anche Cass. VI ord., n. 22220/2017). Per quanto concerne gli effetti dell'adozione in casi particolari, i rapporti tra adottato e adottanti e famiglia di origine del minore e la normativa applicabile sia concesso rinviare alla formula pertinente. |