Convenzione per la comunione convenzionale dei beni (artt. 162,210 c.c.)InquadramentoI coniugi o le parti di un'unione civile possono, con la stipula di una convenzione matrimoniale ai sensi dell'art. 162 c.c., modificare l'oggetto ed il contenuto della comunione legale. Le convenzioni matrimoniali devono essere redatte in forma pubblica. FormulaREPERTORIO N. .... RACCOLTA N. .... REPUBBLICA ITALIANA L'anno ...., il giorno ...., del mese di ...., davanti a me Dott. ...., Notaio in .... iscritto presso il Collegio notarile di .... [1], alla presenza dei Signori: – ...., nato a ...., residente in ...., via ...., n. ...., di professione .... – ...., nato a ...., residente in ...., via ...., n. ...., di professione .... intervenuti in qualità di testimoni idonei, sono comparsi i coniugi (o le parti di un'unione civile): – .... e ...., residenti in ...., via ...., n. ...., di professione .... delle cui identità personali io Notaio sono certo, i quali, in presenza mia e dei testimoni, mi richiedono di ricevere il seguente atto. I suddetti coniugi (o le parti di un'unione civile) dichiarano di volere modificare il regime della comunione legale dei beni acquistati durante il matrimonio [2] contratto il .... ...., in .... ...., trascritto nei registri dello stato civile del Comune di .... .... (ovvero durante l'unione civile) escludendo dalla comunione legale le seguenti categorie di beni che rimarranno nella proprietà esclusiva del coniuge (o della parte) che li ha acquistati personalmente durante il matrimonio [3]. Il presente atto, scritto con mezzi meccanici da persona di mia fiducia, sotto la mia direzione, su fogli ...., occupa facciate e righe ...., è stato da me Notaio letto ai comparenti che lo approvano e, insieme a me e ai testimoni, lo sottoscrivono [4]. Luogo e data .... Associati .... Notaio .... Sigillo .... [1]L'art. 210, comma 1, c.c. richiama l'art. 162 c.c. che richiede la forma solenne per la stipula della convenzione matrimoniale che, quindi, deve essere redatta con atto notarile alla presenza di testimoni, con esclusione di altra forma, come ad esempio la convenzione redatta dai coniugi con scrittura privata e ricevuta dall'ufficiale di stato civile. Per quanto concerne i conviventi di fatto, essi possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza in forma scritta, a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato che ne attestano la conformità alle norme imperative e all'ordine pubblico (art. 1, comma 51, l. n. 76/2016). [2]La Cass. n. 12531/1992 e ha sancito la nullità parziale ex art. 1419 c.c. della clausola della convenzione matrimoniale con cui i coniugi hanno stabilito la ricaduta in comunione legale dei beni personali di entrambi rientranti nelle categorie descritte nelle lett. da c) ad f) dell'art. 179 c.c. in relazione alle quali vige il limite imposto dall'art. 210, comma 2, c.c. [3]Ovvero, escludendo dalla comunione legale le seguenti categorie di beni che rimarranno nella proprietà esclusiva del coniuge o della parte che in futuro li acquisterà personalmente durante l'unione. [4]La comunione convenzionale va annotata, ex art. 162, comma 4, c.c., a margine dell'atto di matrimonio affinché sia opponibile ai terzi (Cass. n. 11319/2011 e Cass. n. 18870/2008), e, ove abbia ad oggetto beni immobili, è altresì soggetta a trascrizione ai sensi degli artt. 2643, n. 3 e 2647 c.c. necessaria per risolvere eventuali conflitti con i terzi che vantano diritti su tali beni. Le convenzioni totalmente derogative della comunione, con cui i coniugi o le parti di un'unione civile optano per l'opposto regime della separazione dei beni, non devono essere trascritte, poiché la pubblicità per le suddette è rappresentata dall'annotazione a margine dell'atto di celebrazione del matrimonio, che è necessaria e sufficiente ai fini dell'opponibilità ai terzi. CommentoI coniugi (o le parti di un'unione civile) possono modificare il contenuto della comunione legale dei beni rispetto alla disciplina codicistica, nel rispetto dei limiti stabiliti dal legislatore, mediante apposite convenzioni matrimoniali (artt. 210 e 211 c.c.). La convenzione matrimoniale costitutiva di una comunione convenzionale dei beni può essere stipulata in ogni tempo ai sensi dell'art. 162, comma 3, c.c., quindi anche prima della celebrazione del matrimonio, oltre che contestualmente e successivamente a detto momento. Ciò premesso, i coniugi (o le parti di un'unione civile) possono modificare con convenzione matrimoniale exartt. 162 e 210 c.c. l'oggetto ed il contenuto della comunione legale, escludendovi determinati acquisti che vi ricadrebbero automaticamente ai sensi dell'art. 177 c.c., anche se si tratta di un solo bene immobile (Cass. n. 3647/2004) oppure escludervi i beni che ricadrebbero in comunione de residuo al momento dello scioglimento della comunione legale oppure, al contrario, includere nella comunione immediata i beni che ricadrebbero in comunione de residuo; o ancora inserirvi beni personali (Cass. n. 21786/2008) fermi restando i limiti previsti dal codice (art. 210 c.c.). Si è precisato in giurisprudenza che il riconoscimento del debito, operato durante il matrimonio da uno dei coniugi in favore della comunione, non importa una modifica delle convenzioni matrimoniali e non è pertanto richiesta l'adozione della forma dell'atto pubblico (Cass. I, ord. n. 7957/2018). Neppure la pattuizione intervenuta tra due coniugi, in corso di separazione consensuale, con la quale, al fine di disciplinare i reciproci rapporti economici, uno di essi s'impegni a trasferire gratuitamente all'altro determinati beni, configura una convenzione matrimoniale ex art. 162 c.c., postulante lo svolgimento della convivenza coniugale e il riferimento ad una generalità di beni, anche di futura acquisizione, ma un contratto atipico, con propri presupposti e finalità, soggetto, per la forma, alla comune disciplina e, quindi, se relativo a beni immobili, validamente stipulabile con scrittura privata senza necessità di atto pubblico (Cass. n. 9863/2007). La modifica della comunione legale può riguardare beni già in comunione al momento della stipula della convenzione, oppure riferirsi esclusivamente agli acquisti futuri fatti personalmente dai coniugi o dalle parti, che rientreranno tra i loro beni personali, mentre quelli anteriori continueranno a ricadere in comunione fino allo scioglimento. Quanto alla capacità delle parti, anche con riguardo alla modifica della comunione convenzionale, si applicano le disposizioni comuni a tutte le convenzioni matrimoniali, contenute agli artt. 163, comma 2, 165 e 166 c.c., sebbene l'art. 210 faccia espresso rinvio al solo art. 162 c.c. Si è infine notato che l'interdetto giudiziale, che non può contrarre matrimonio (art. 85 c.c.), non ha la capacità di stipulare convenzioni matrimoniali, mentre l'interdetto legale, cui invece il matrimonio non è precluso, è abilitato a concluderle mediante gli organi di rappresentanza. Ai minori emancipati ed agli inabilitati, la convenzione matrimoniale di modifica della comunione legale non è preclusa ma la stessa deve essere conclusa con l'ausilio del curatore. La dottrina distingue, in ordine ai limiti alla stipula della convenzione convenzionale, fra quelli di carattere generale, concernenti indifferentemente ogni tipo di convenzione matrimoniale, e limiti specifici alla stipula alla comunione convenzionale. Quanto ai primi, viene innanzitutto in rilievo l'art. 160 c.c., che sancisce in generale il divieto di derogare convenzionalmente alle norme in tema di diritti e doveri matrimoniali; viene poi in considerazione l'art. 161 c.c., peraltro richiamato anche dall'art. 210, comma 1, c.c., in tema di comunione convenzionale, che vieta ai coniugi (o alle parti di un'unione civile) di configurare il contenuto della comunione attraverso il generico richiamo a disposizioni alle quali non sono sottoposti od agli usi, imponendo bensì di esplicitare in modo concreto il contenuto dei patti con i quali i coniugi stessi intendono derogare al regime legale nel disciplinare i loro rapporti patrimoniali; e, da ultimo, l'art. 166-bis c.c., che sanziona con la nullità ogni convenzione che tenda in ogni modo alla costituzione di beni in dote, e quindi a configurare posizioni di privilegio a favore di un coniuge. Per quanto concerne i limiti specifici per la stipula di una comunione convenzionale, essi sono contenuti nei commi 2 e 3 dell'art. 210 c.c. In particolare, la inderogabilità delle norme sull'amministrazione dei beni in comunione e sulla parità delle quote dei coniugi (o delle parti di un'unione civile), sancita dal comma 3 non incide sulla possibilità di escludere dalla comunione alcuni acquisti di beni elencati nell'art. 177 c.c., ma si riferisce esclusivamente alle norme dettate negli artt. 180-184 c.c. da un lato e 194-197 c.c. dall'altro; ma parte della dottrina interpreta estensivamente il disposto dell'art. 210 c.c. e lo riferisce anche alle norme sulla responsabilità della comunione legale e dei coniugi (o delle parti) per le obbligazioni contratte coi terzi (artt. 186-190 c.c.) che essendo finalizzate alla tutela dei creditori non possono essere derogate in loro danno mediante una convenzione matrimoniale, ove si preveda, ad esempio, che per le obbligazioni contratte nell'interesse della famiglia ai sensi dell'art. 186 c.c. non ne risponda il patrimonio in comunione ex art. 190, comma 1, c.c. ma esclusivamente il patrimonio di un coniuge o (di una parte), che però non risulta percettore di reddito, come ad es. la moglie casalinga. Altro limite implicito individuato dalla dottrina consiste nel divieto per i coniugi di prevedere la inoperatività di una delle cause di scioglimento elencate nell'art. 191, comma 1, c.c.; e ovviamente tale limite deve oggi intendersi esteso anche alle parti di una unione civile. |