Comparsa di costituzione e risposta nel giudizio per la condanna al pagamento dei beni in comunione de residuo (art. 178 c.c.)

Gustavo Danise

Inquadramento

Al momento dello scioglimento della comunione legale dei coniugi, si determina una situazione di contitolarità tra i coniugi per quote eguali sui beni che ne fanno parte e su quelli che ricadono in comunione de residuo. Rientrano in comunione de residuo i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi, percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione (art. 177, lett. b), i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati (art. 177, lett. c), nonché i beni destinati all'esercizio dell'impresa di uno dei coniugi costituita dopo il matrimonio e gli incrementi dell'impresa costituita anche precedentemente se sussistono al momento dello scioglimento della comunione (art. 178 c.c.). La norma si applica anche alle parti di un'unione civile ex art. 1, comma 13 e 20, l. n. 76/2016, se non hanno optato per un diverso regime patrimoniale.

Formula

TRIBUNALE CIVILE DI ....

COMPARSA [1] DI COSTITUZIONE E RISPOSTA [2]

NEL GIUDIZIO ISCRITTO AL NR. R.G.A.C. .... DELL'ANNO ....

Innanzi al giudice designato, Dott. ....,

PER

il Sig. ...., nato a .... il ...., residente in ...., via .... C.F. .... [3], rappresentato e difeso, giusta procura in calce al presente atto (o a margine del presente atto), dall'Avv. .... (C.F. .... fax .... PEC ....), presso lo studio del quale in ...., via .... è elettivamente domiciliato

- convenuto -

CONTRO

la Sig.ra ...., nata a .... il ...., residente in ...., via .... C.F. .... rappresentata e difesa dall'Avv. ....

- attrice -

FATTO

Con atto di citazione notificato in data .... la Sig.ra .... conveniva innanzi l'intestata autorità giudiziaria il Sig. .... al fine di vedere accolte le seguenti conclusioni: “a) condannare il Sig. .... al pagamento in favore dell'attrice della somma di denaro pari al valore del 50% della sua quota di partecipazione nella società .... s.n.c. sussistente al momento dello scioglimento della comunione legale, oltre interessi legali e/o rivalutazione monetaria in misura di legge”;

con vittoria di spese di giudizio”.

A sostegno della propria domanda l'attrice deduceva:

– di aver contratto matrimonio concordatario con il Sig. .... in data .... instaurandosi ope legis il regime di comunione legale dei beni tra i coniugi;

– che in costanza di matrimonio il convenuto acquistava una partecipazione pari al 50% della società .... s.n.c.;

– che si era separata dal marito dal .... data in cui i coniugi comparvero dinanzi al Presidente del Tribunale di .... sottoscrivendo il processo verbale di separazione consensuale;

– che i coniugi dopo la separazione avevano provveduto a regolare i loro rapporti patrimoniali dividendosi i beni della comunione legale, ad eccezione della partecipazione del Sig. .... nella Società .... s.n.c. che l'attrice rivendicava, ma il marito opponeva rifiuto;

***

Si costituisce in giudizio con il presente atto il Sig. .... impugnando e contestando integralmente la domanda avversaria di cui chiede il rigetto in quanto infondata in fatto ed in diritto per le seguenti ragioni di

DIRITTO

Al momento dello scioglimento della comunione legale per effetto della separazione personale dei coniugi, la società .... s.n.c., di cui il comparente possiede una partecipazione del 50% e di cui risulta co-amministratore, era ed è tuttora operativa. Non può quindi procedersi alla liquidazione della partecipazione del Sig. .... al fine di non creare un grave danno alla società oltre che per la difficoltà di ricostruirne il valore in considerazione della fluttuazione e mutevolezza dei dati contabili determinati proprio dal fatto che la società fosse pienamente operativa. Ne consegue che la formazione della comunione de residuo sulla predetta partecipazione dovrà essere necessariamente posticipata al momento dello scioglimento della società. La domanda attorea è pertanto infondata, sia perché indeterminata sia perché non sorretta da un interesse concreto ed attuale dal momento che l'attrice avrebbe dovuto attendere lo scioglimento della società .... s.n.c. per avanzarla.

***

TUTTO CIÒ CONSIDERATO E PREMESSO

la scrivente difesa rassegna le seguenti conclusioni.

VOGLIA IL TRIBUNALE

Disattesa ogni contraria istanza, eccezione e difesa,

1) rigettare la domanda avversaria.

2) condannare l'attrice alla rifusione delle spese di giudizio.

Con riserva di meglio precisare le richieste istruttorie nelle memorie ex art. 183, comma 6, c.p.c.

Luogo e data ....

Firma Avv. ....

PROCURA

Delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l'Avv. ...., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ...., via .... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

Per autentica della sottoscrizione ....

Firma Avv. ....

[1]In base all'art. 2 del d.m. 7 agosto 2023, n. 110 “Regolamento per la definizione dei criteri di redazione, dei limiti e degli schemi informatici degli atti giudiziari con la strutturazione dei campi necessari per l'inserimento delle informazioni nei registri del processo, ai sensi dell'articolo 46 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile”, al fine di assicurare la chiarezza e la sinteticità degli atti processuali in conformità a quanto prescritto dall'art. 121 c.p.c., le comparse di costituzione e risposta sono redatte con la seguente articolazione: a) intestazione, contenente l'indicazione dell'ufficio giudiziario davanti al quale la domanda è proposta e della tipologia di atto; b) parti, comprensive di tutte le indicazioni richieste dalla legge; c) parole chiave, nel numero massimo di venti, che individuano l'oggetto del giudizio; d) nelle impugnazioni, estremi del provvedimento impugnato con l'indicazione dell'autorità giudiziaria che lo ha emesso, la data della pubblicazione e dell'eventuale notifica; e) esposizione distinta e specifica, in parti dell'atto separate e rubricate, dei fatti e dei motivi in diritto, nonché, quanto alle impugnazioni, individuazione dei capi della decisione impugnati ed esposizione dei motivi; f) nella parte in fatto, puntuale riferimento ai documenti offerti in comunicazione, indicati in ordine numerico progressivo e denominati in modo corrispondente al loro contenuto, preferibilmente consultabili con apposito collegamento ipertestuale; g) con riguardo ai motivi di diritto, esposizione delle eventuali questioni pregiudiziali e preliminari e di quelle di merito, con indicazione delle norme di legge e dei precedenti giurisprudenziali che si assumono rilevanti; h) conclusioni, con indicazione distinta di ciascuna questione pregiudiziale, preliminare e di merito e delle eventuali subordinate; i) indicazione specifica dei mezzi di prova e indice dei documenti prodotti, con la stessa numerazione e denominazione contenute nel corpo dell'atto, preferibilmente consultabili con collegamento ipertestuale; l) valore della controversia; m) richiesta di distrazione delle spese; n) indicazione del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato. L'art. 3 lett. a) precisa che la memoria deve avere un'estensione massima di 80.000 caratteri, salvi gli elementi esclusi dall'art. 4, e ferma restando (ex art. 5) la possibilità di superare detti limiti se la controversia presenta questioni di particolare complessità, anche in ragione della tipologia, del valore, del numero delle parti o della natura degli interessi coinvolti, ipotesi nella quale il difensore espone sinteticamente nell'atto le ragioni per le quali si è reso necessario il superamento dei limiti. Il richiamato Regolamento non trova applicazione nelle controversie di valore superiore a 500.000 euro.

[2]La causa è soggetta al rito ordinario di cognizione, per cui si incardina con atto di citazione innanzi al Tribunale. È competente il foro di residenza dei coniugi se ancora conviventi quando si scioglie la comunione (circostanza che si verifica, ad es., se lo scioglimento della comunione deriva dalla stipula di una convenzione per separazione dei beni). Se invece la comunione legale si è sciolta per una causa che presuppone la cessazione della convivenza (separazione o divorzio), ed i coniugi vivono in diversi domicili, troveranno applicazione i criteri ordinari di competenza territoriale exartt. 18 e 20 c.p.c.

[3]In tutti gli atti introduttivi di un giudizio, compresa l'azione civile in sede penale e in tutti gli atti di prima difesa devono essere indicati, le generalità complete della parte, la residenza o sede, il domicilio eletto presso il difensore ed il C.F., oltre che della parte, anche dei rappresentanti in giudizio (art. 23, comma 50, d.l. n. 98/2011, conv., con modif., in l. n. 111/2011).

Commento

La lett. b) dell'art. 177 c.c. include nella comunione differita i frutti dei beni propri di ogni coniuge, ad esempio i canoni di locazione corrisposti dal conduttore di un immobile di proprietà di uno solo dei coniugi; la lett. c) vi include i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi. I frutti e proventi dell'attività anche separata di ciascun coniuge ricadono in comunione legale solo al momento dello scioglimento di quest'ultima; in costanza di comunione, detti beni sono «propri» di esclusiva titolarità del coniuge percettore, che potrà utilizzarli liberamente e quindi di consumarli, senza che l'altro coniuge abbia alcuna possibilità di impedire che il consumo avvenga per finalità personali, estranee al mantenimento della famiglia (Cass. n. 5652/17; Cass. n. 2597/2006 e Cass. n. 13441/2003). Non rientrano nella comunione de residuo i frutti dei beni personali di uno dei coniugi in corso di maturazione ma non ancora percepiti al tempo dello scioglimento della comunione legale (Cass. I, n. 1429/2018).

Nonostante la norma parli di “comunione”, questa si risolve di fatto in un diritto di credito, in favore del coniuge non percettore, al conseguimento della metà dei frutti e proventi dell'attività separata dell'altro sussistenti e non consumati, al netto dei rispettivi debiti personali, al momento dello scioglimento della comunione legale. In particolare, possono costituire oggetto di comunione de residuo beni mobili, diritti di credito, proventi derivanti da titoli, conti correnti e dal libretto di deposito intestati al coniuge (Cass. n. 13760/2015), denaro, ivi compreso il saldo attivo su conto corrente bancario (cfr. Cass. n. 19567/2008 in materia di imposta sulle successioni, la quale ha precisato che il saldo attivo di un conto corrente bancario, intestato – in regime di comunione legale dei beni – soltanto ad uno dei coniugi e nel quale siano affluiti proventi dell'attività separata svolta dallo stesso, se ancora sussistente entra a far parte della comunione legale dei beni, ai sensi dell'art. 177, comma 1, lett. c) c.c., al momento dello scioglimento della stessa, determinato dalla morte, con la conseguente insorgenza, solo da tale epoca, di una titolarità comune dei coniugi sul predetto saldo), residuati al momento dello scioglimento della comunione, con esclusione degli immobili (Cass. n. 4273/1996). Si è altresì precisato che la preclusione per il coniuge beneficiario di assegno divorzile in unica soluzione, di cui all'art. 5, comma 8, l. n. 898/1970, di future pretese di carattere economico, non riguarda anche l'azione di accertamento della comunione “de residuo” proposta dall'ex coniuge ai sensi degli artt. 177, lett. b) e c), e 178 c.c., trattandosi di pretesa fondata su presupposti e finalità del tutto diversi, atteso che la detta comunione si costituisce solo su taluni beni dei coniugi e soltanto se ancora esistenti al momento del suo scioglimento (Cass., ord. n. 4492/2021). Ed ancora suggestiva, per l'argomento trattato, è la sentenza n. 3313/2020 con la quale la S.C. ha specificato che le “misure di assistenza” di cui all'art. 16-ter, comma 1, lett. b), d.l. n. 8/1991, conv. con modif. dalla l. n. 82/1991, e la “capitalizzazione” prevista in alternativa al costo dell'assistenza ai sensi del comma 1, lett. c), del medesimo articolo, previste a favore dei “testimoni di giustizia” hanno natura indennitaria e non risarcitoria poiché sono erogate discrezionalmente dall'autorità competente e non presuppongono la commissione di un illecito, ma solo la sottoposizione dell'interessato ad un programma di protezione; ne consegue che il relativo credito non è sottratto alla cd. comunione de residuo in base al disposto dell'art. 179, comma 1, lett. e), c.c. Per quanto concerne i proventi dell'attività separata di ciascuno dei coniugi, vi rientrano sicuramente stipendi e salari da lavoro dipendente, ma anche redditi da lavoro autonomo di artigiani, imprenditori, professionisti. Per quanto concerne, invece, il trattamento di fine rapporto, si ritiene che detta componente retributiva debba essere stata effettivamente percepita dal coniuge avente diritto, con la conseguenza che ricadrà in comunione de residuo la quota di esso non consumata al momento dello scioglimento della comunione; nulla è pertanto dovuto a tale titolo all'altro coniuge in caso di corresponsione dell'indennità in epoca precedente all'instaurazione, ovvero successiva alla cessazione del regime legale. Spetta al coniuge che agisce in giudizio di provare la sussistenza di frutti e proventi dell'attività separata dell'altro coniuge, al momento dello scioglimento della comunione, al fine di conseguirne la metà. Non occorre quindi indagare quanto ed in che modo i frutti e proventi dell'attività separata del coniuge convenuto siano stati impiegati in costanza di comunione; l'onus probandi dovrà incentrarsi esclusivamente sulla quantificazione dei frutti e proventi percepiti e residuati al momento dello scioglimento della comunione. Il fallimento di uno dei coniugi determina la comunione de residuo sui beni destinati post nuptias all'esercizio dell'impresa solo rispetto ai beni residui a seguito della chiusura della procedura (Cass. n. 7060/2004 e Cass. n. 2680/2000).

La disposizione mira a contemperare le esigenze imprenditoriali di un coniuge con le istanze solidaristiche proprie della comunione legale; da un lato, si assicura al coniuge che gestisce personalmente un'azienda di disporre dei beni aziendali, di cui risponde personalmente, fintantoché permane la comunione legale tra i coniugi; ma quando quest'ultima si scioglie, prevalgono le istanze solidaristiche della famiglia, garantendosi all'altro coniuge di percepire la metà degli incrementi o dei beni residuati in funzione compensativa del contributo fornito al sostentamento del consorzio familiare (anche con lavoro domestico ad es.). La sintesi tra queste opposte esigenze viene realizzata attraverso il differimento della contitolarità di beni ed incrementi aziendali residuati al momento dello scioglimento della comunione. Gli acquisti di partecipazioni sociali in costanza di matrimonio, che importano a carico del socio una responsabilità illimitata e personale, sono soggetti alla comunione del residuo ex art. 178 c.c. (cfr. Trib. Catania 17 luglio 2007 e Trib. Udine 27 gennaio 2007; Trib. Roma 18 febbraio 1994; Trib. Milano 26 settembre 1994, cui ha aderito Cass. n. 6876/2013, così superando il proprio precedente orientamento contrario secondo cui la partecipazione ad una società di persone ricade in comunione immediata ex art. 177, comma 2, c.c. (Cass. n. 2569/2009). Più di recente la Cassazione ha chiarito in ord. n. 8222/2020, che deve riqualificarsi come istanza di liquidazione della quota sociale, la domanda della moglie nei confronti del marito tesa all'accertamento della comproprietà dei beni appartenenti ad una società in nome collettivo, di cui i coniugi in regime di comunione dei beni erano unici soci. Gli ermellini hanno altresì sottolineato che in caso di costituzione, tra i coniugi, di una società di persone, ai beni compresi nel patrimonio sociale si applica la disciplina societaria e non quella, recessiva, dell'azienda coniugale.

Nel caso in cui l'impresa fosse già costituita al momento del matrimonio, l'oggetto della comunione de residuo è limitato ai soli incrementi successivi al matrimonio; in pratica ricadrebbe in comunione l'aumento di valore o l'avviamento dell'azienda nel suo complesso o dei singoli beni aziendali (cfr. Cass. n. 6876/2013 per la quale il credito verso il coniuge socio di una società di persone, a favore dell'altro coniuge in comunione de residuo, è esigibile al momento della separazione personale, che è causa dello scioglimento della comunione, ed è quantificabile nella metà del plusvalore realizzato a tale momento).

Ove vengano destinati all'impresa, dopo il matrimonio, beni personali di un coniuge, di cui il coniuge imprenditore era già proprietario prima del matrimonio, oppure dallo stesso ricevuti (anche durante il matrimonio) per donazione o successione, detti beni non cadono in comunione de residuo. In caso di mutamento di destinazione di un bene aziendale nel corso del regime di comunione legale, il bene ricade nella comunione immediata, non essendo più sussistente la ragione che inibiva l'operatività del principio di cui all'art. 177, lett. a), c.c. Si ritiene altresì che non appartengano alla comunione de residuoex art. 178 c.c. ma alla comunione immediata i beni aziendali che siano già ricaduti in comunione ai sensi dell'art. 177, lett. a), c.c. in quanto acquistati da un coniuge dopo il matrimonio e prima della destinazione all'impresa. Da segnalare, su questo specifico punto, che la Cassazione, con ordinanza n. 28872/2021 ha rimesso alle S.U. la questione afferente alla interpretazione da offrire alla nozione di “beni” facenti parte dell'azienda gestita da uno coniugi, poiché da un lato, si pone l'orientamento espresso nella succitata sentenza n. 6876/2013 che identifica tale nozione con il diritto di credito al controvalore per metà dei beni aziendali spettante al coniuge non imprenditore al momento della separazione, che rappresenta anche il momento di scioglimento della comunione legale e dall'altro si sostiene l'interpretazione letterale della nozione per cui essa attribuirebbe natura reale dei beni aziendali, per cui sono da considerarsi in comproprietà dei coniugi al momento dello scioglimento della comunione. Le S.U. hanno risolto il contrasto con sentenza n. 15889/2022, accogliendo la prima delle tesi prospettate, enunciando il seguente principio di diritto: “Nel caso di impresa riconducibile ad uno solo dei coniugi costituita dopo il matrimonio e ricadente nella cd. comunione de residuo, al momento dello scioglimento della comunione legale, all'altro coniuge spetta un diritto di credito pari al 50% del valore dell'azienda, quale complesso organizzato, determinato al momento della cessazione del regime patrimoniale legale, ed al netto delle eventuali passività esistenti alla medesima data”. Gli ermellini hanno anche precisato che il credito del coniuge non imprenditore non rientra tra quelli privilegiati non essendo tale credito annoverato tra le ipotesi tassative indicate dall'art. 2741 c.c.

In un'altra interessante pronuncia, la Corte di cassazione ha chiarito che l'accordo patrimoniale recepito nell'istanza di divorzio congiunto mediante il quale un coniuge si obbliga al versamento di una somma una tantumex art 5 L. Div. non preclude all'altro coniuge la proposizione dell'azione per il conseguimento della sua quota di comunione de residuo (Cass., ord. n. 4492/2021 “La preclusione per il coniuge beneficiario di assegno divorzile in unica soluzione, di cui all'art. 5, comma 8, l. n. 898/1970, di future pretese di carattere economico, non riguarda anche l'azione di accertamento della comunione de residuo proposta dall'ex coniuge ai sensi degli artt. 177, lett. b) e c), e 178 c.c., trattandosi di pretesa fondata su presupposti e finalità del tutto diversi, atteso che la detta comunione si costituisce solo su taluni beni dei coniugi e soltanto se ancora esistenti al momento del suo scioglimento”).

Possedendo la comunione de residuo natura creditizia, il coniuge che intende ottenerla, dovrà agire entro il termine di prescrizione del diritto di credito. Su questo specifico aspetto, la Cassazione in ordinanza n. 32212/2022 ha affermato l'importante principio secondo cui “In tema di rapporti patrimoniali tra coniugi separati, la prescrizione del diritto di credito volto ad ottenere la metà del valore dei beni rientranti nella comunione “de residuo” non è sospesa durante la separazione personale, poiché non è configurabile alcuna riluttanza a convenire in giudizio il coniuge, essendo oramai conclamata la crisi della coppia e cessata la convivenza, a seguito dell'esperimento delle relative azioni; ne consegue che la prescrizione del menzionato credito comincia a decorrere dal momento in cui si scioglie la comunione legale per effetto della separazione e, dunque, da quando il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero dalla data di sottoscrizione, davanti al medesimo presidente, del processo verbale di separazione consensuale, poi omologato”.

Quanto illustrato in questo commento si estende alle parti di un'unione civile ex art. 1, comma 13, l. n. 76/2016, se non hanno optato per un diverso regime patrimoniale.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario