Atto di precetto su accordo raggiunto in sede di negoziazione assistita familiare

Rosaria Giordano

Inquadramento

L'atto di precetto è un'intimazione stragiudiziale ad adempiere nei confronti del debitore risultante dal titolo esecutivo ad adempiere il comando giuridico ivi versato corredato dall'avvertimento che, in mancanza, si procederà ad esecuzione forzata. Nella formula in esame, il precetto si fonda su un titolo esecutivo costituito dalle condizioni dell'accordo raggiunto tra i coniugi nell'ambito della negoziazione assistita in materia familiare.

Formula

ATTO DI PRECETTO

La Sig.ra ..., rappresentata e difesa [1], come da procura in calce al presente atto, dall'Avv. ... (C.F. ... fax ...), ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in ..., via ...,

PREMESSO CHE

- con accordo redatto, nell'ambito della procedura di negoziazione assistita di cui all'art. 6 della l. n. 162/2014, addiveniva alla separazione con il Sig. ... e le condizioni economiche relative al mantenimento della prole minorenne erano autorizzate con provvedimento del Procuratore della Repubblica di ... in data ...;

- considerato che in dette condizioni era previsto un mantenimento in favore dei figli minori ..., affidati all'esponente, per l'importo complessivo di Euro ... e che sinora alcuna somma è stata corrisposta dall'obbligato;

- l'accordo è stato sottoscritto dagli avvocati delle parti che ne hanno attestato la conformità a norme imperative, sicché è immediatamente esecutivo e viene contestualmente notificato [2] ;

INTIMA E FA PRECETTO

a ..., nato il ... a ..., C.F. ... di provvedere entro il termine di giorni 10 [3] dalla notificazione del presente atto [4] al pagamento in favore di ... delle seguenti somme:

sorte capitale [5]

interessi legali maturati alla data del ...

spese di registrazione del provvedimento [6]

spese di notificazione del titolo esecutivo

compenso per la redazione del precetto

rimborso spese generali (15%)

CPA 4% su Euro ...

IVA 22% su Euro ...

Totale compensi, CPA e IVA

Totale spese

Totale

oltre agli interessi legali, a decorrere dalla data di notificazione del presente atto e sino al saldo;

AVVERTE

Il debitore che

- in difetto di adempimento nel termine sopra indicato, si procederà ad esecuzione forzata;

- (può, con l'ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal Giudice, porre rimedio alla situazione di eventuale sovra indebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore) [7].

Luogo e data ...

Firma Avv. ...

PROCURA

Delego a rappresentarmi e difendermi con riguardo alla redazione del presente atto di precetto ed alla successiva esecuzione forzata e agli eventuali giudizi di opposizione l'Avv. ..., eleggendo domicilio nello studio dello stesso in ..., via ... e conferendo al medesimo ogni più ampia facoltà di legge.

Per autentica della sottoscrizione

Firma Avv. ...

1. L'atto di precetto, in quanto atto stragiudiziale prodromico all'esecuzione può essere sottoscritto anche dal creditore personalmente, senza necessità della difesa tecnica che, pertanto, è solo facoltativa.

2. In alternativa, l'art. 479 c.p.c., prevede che la notificazione del titolo esecutivo avvenga contestualmente a quella dell'atto di precetto. In ogni caso, il titolo esecutivo, in omaggio a quanto previsto dal comma 2 dopo la riforma realizzata dalla l. n. 80/2005, deve essere notificato alla parte personalmente: oggi, dunque, la semplice notificazione della sentenza al procuratore costituito è idonea e necessaria a far decorrere i termini brevi per l'impugnazione (Cass. S.U., n. 12898/2011), ma per procedere ad esecuzione forzata occorrerà in ogni caso notificare la sentenza, munita di formula esecutiva (ed il precetto).

3. Salvo che sia autorizzata l'esecuzione immediata ex art. 482 c.p.c., è possibile procedere ad esecuzione forzata solo laddove sia decorso un termine non inferiore a giorni 10 e non superiore a giorni 90, secondo le indicazioni contenute nell'atto di precetto. Il termine entro il quale l'obbligazione deve essere adempiuta è non inferiore a dieci giorni: la mancata o la diversa assegnazione al debitore del termine non determina, tuttavia, la nullità del precetto, ma comporta soltanto che l'esecuzione non possa essere iniziata prima che sia decorso detto termine (Cass. III, n. 55/2002).

4. L'atto di precetto, in quanto atto stragiudiziale, deve essere notificato alla parte personalmente in omaggio al disposto dell'art. 480, comma 4. L'omessa o irregolare notifica del precetto può essere fatta valere dall'intimato mediante opposizione agli atti esecutivi (Cass. III, n. 7047/1997). Peraltro, la nullità della notifica dell'atto di precetto è di regola sanata per raggiungimento dello scopo processuale dell'atto quando è proposta da parte del debitore opposizione agli atti esecutivi, salvo che il vizio di notificazione sia di tale gravità da determinare l'inesistenza della stessa ovvero l'impossibilità di raggiungere il suo scopo tipico, lasciando all'intimato un termine ad adempiere inferiore a dieci giorni (Cass. VI, n. 13038/2013).

5. Deve essere indicata la somma degli importi dovuti in ragione delle mensilità non corrisposte.

6. A seguito di Corte cost. n. 522/2002 non è tuttavia più necessario provvedere al pagamento dell'imposta di registro per portare in esecuzione un provvedimento giudiziario.

7. L'atto di precetto deve essere corredato di tale avvertimento in forza dell'art. 13, comma 1, lett. a), del d.l. n. 83/2015, conv., in l. n. 132/2015. La norma resta silente in ordine alle conseguenze dell'omissione dell'avvertimento in questione. Sotto un primo profilo, deve ritenersi che l'inserimento dell'avvertimento nell'atto di precetto non sia necessario nelle ipotesi in cui il debitore non versi nelle condizioni soggettive per poter accedere ad una delle forme di composizione della crisi disciplinate dalla l. n. 3/2012 e, quindi, laddove il debitore sia, in sostanza, un imprenditore commerciale, una società o un ente. Riteniamo, tuttavia, che in ragione della natura alimentare dei crediti fatti valere mediante l'atto di precetto fondato su un accordo di negoziazione assistita sulla separazione coniugale e le relative condizioni economiche non si debba in detta ipotesi inserire l'avvertimento che sarebbe superfluo poiché per detti crediti l'obbligato non può comunque accedere ai benefici di cui alla predetta l. n. 3/2012.

Commento

Il d.l. n. 132/2014, convertito con modificazioni nella l. n. 162/2014, detta una disciplina particolare con riguardo agli istituti deflattivi del contenzioso generato dalla crisi familiare prevedendo la possibilità di addivenire, in sede di negoziazione assistita, a un accordo che stabilisca la separazione tra i coniugi, la cessazione degli effetti civili o lo scioglimento del matrimonio per il decorso del tempo previsto dalla separazione, la modifica delle condizioni di separazione e di divorzio.

Nella prospettiva di attuare una piena parità tra i figli, a prescindere dal tipo di legame intercorrente tra i genitori, e di colmare l'irragionevole lacuna finora presente in materia, il legislatore ha ampliato l'ambito di applicazione della negoziazione assistita da avvocati in materia familiare introducendo, all'art. 6 della l. 162/2014, il comma 1-bis. Quest'ultimo statuisce che la negoziazione assistita può essere conclusa “tra genitori al fine di raggiungere una soluzione consensuale per la disciplina delle modalità di affidamento e mantenimento dei figli minori nati fuori dal matrimonio, nonché per la disciplina delle modalità di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti nati fuori del matrimonio e per la modifica delle condizioni già determinate”.

La negoziazione assistita può essere promossa sia in presenza sia in assenza di figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero di figli maggiorenni economicamente non autosufficienti mentre la negoziazione diretta è ammessa solo in assenza di figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero di figli maggiorenni economicamente non autosufficienti.

In ogni caso, la negoziazione assistita per la composizione della crisi familiare prevede due procedure distinte, a seconda che l'accordo che si prefigge di conseguire riguardi anche l'assetto degli interessi relativi a figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave bisognosi di cure e assistenze particolari, ovvero figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, oppure non riguardi siffatti interessi.

Procedura nell'ipotesi di convenzione di negoziazione assistita in assenza di figli

In particolare, ove l'accordo seguito alla convenzione di negoziazione assistita non contenga disposizioni sulla prole, perché non vi sono figli minori, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero figli maggiorenni economicamente non autosufficienti, riconducibili ad entrambe le parti, ai sensi dell'art. 6, comma 2, l'accordo è trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente per una verifica di natura formale. Pertanto le condizioni prescritte da siffatta procedura devono reputarsi ottemperate, non solo quando si tratti di coppie senza figli, ma anche quando i coniugi separandi o divorziandi o che intendano modificare le relative condizioni abbiano figli maggiorenni economicamente autosufficienti.

Procedura nell'ipotesi di convenzione di negoziazione assistita in presenza di figli

La procedura di negoziazione assistita segue un diverso procedimento quando l'accordo raggiunto dalle parti sulla separazione o sul divorzio o sulla modifica delle condizioni di separazione e divorzio contempli anche specifiche disposizioni inerenti alla sistemazione dell'assetto degli interessi della prole, si tratti di figli minorenni, figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave o figli maggiorenni economicamente non autosufficienti. In tale ipotesi, non solo vi è una più puntuale fissazione dei termini dell'accordo, ma in più la valutazione rimessa al Pubblico Ministero competente non è limitata alla mera regolarità formale dell'accordo, bensì attiene ad una incisiva e sostanziale verifica circa la rispondenza delle condizioni stabilite all'interesse morale e materiale dei figli. Per l'effetto, il procedimento si conclude, non con un mero nullaosta, bensì con un'eventuale autorizzazione.

Anche in questo caso la competenza è radicata in capo al Pubblico Ministero, nella sua funzione di organo sopra le parti preposto all'osservanza della legge. Nell'esercizio di questa funzione il Pubblico Ministero effettua le stesse ponderazioni che in passato ha esercitato, e che tuttora esercita, il tribunale, in sede di omologa della separazione consensuale ovvero di delibazione del divorzio congiunto.

Raggiunto l'accordo, debitamente munito della certificazione dell'autografia delle parti a cura degli avvocati assistenti, il relativo deposito presso la segreteria dell'ufficio del Pubblico Ministero competente dovrà avvenire entro il termine di 10 giorni. La contingentazione dei tempi di deposito, senza che comunque il deposito tardivo determini alcuna decadenza, posto che non si tratta di termine perentorio, è giustificata dall'esigenza di avere rapidamente un avallo circa l'idoneità dell'assetto di interessi concordato in ordine ai figli, la cui tutela è riservata al vaglio dell'organo requirente.

Una volta che l'accordo sia pervenuto nella disponibilità del Pubblico Ministero, gli accertamenti che dovranno essere effettuati si estendono sia agli aspetti di regolarità formale sia agli aspetti concernenti la soddisfazione sostanziale degli interessi della prole. Tuttavia, non sono conferiti all'organo requirente, né poteri di audizione delle parti, né facoltà di ascolto dei minori, né possibilità di assumere mezzi istruttori.

Quindi, il Pubblico Ministero provvederà alla relativa autorizzazione con apposito provvedimento, una volta soppesata positivamente la corrispondenza dell'assetto di interessi regolamentato nell'accordo alla tutela soddisfacente della prole. Pertanto, la relativa delibazione, almeno sulla carta, non ha una rilevanza meramente formale, ma concerne il merito della regolamentazione degli interessi in favore della prole. In questo caso la legge non stabilisce il termine entro cui il Pubblico Ministero deve delibare, il che non si concilia con la prescrizione circa il termine entro cui gli avvocati assistenti devono trasmettere l'accordo all'ufficio competente. Ad ogni modo, attesa l'urgenza della delibazione, desumibile dalla natura delle situazioni giuridiche soggettive interessate, la statuizione deve avvenire prontamente. Anche l'autorizzazione deve essere comunicata agli avvocati assistenti, benché sul punto l'art. 6, comma 2, nulla disponga, diversamente da quanto è previsto in tema di comunicazione del nullaosta. La formale comunicazione dell'autorizzazione può avvenire mediante ufficiale giudiziario ovvero mediante posta elettronica certificata, essendo indirizzata agli avvocati e non alle parti. La comunicazione costituisce il dies a quo del termine fissato per l'adempimento degli obblighi pubblicitari, la cui inosservanza determina l'irrogazione di una significativa sanzione amministrativa di natura pecuniaria. Sicché è importante, non solo che l'autorizzazione sia resa nota agli avvocati, ma anche che la relativa trasmissione avvenga con mezzi idonei a dare certezza sui tempi del suo perfezionamento.

La disciplina è più complessa nell'ipotesi in cui, effettuata un'approfondita comparazione tra le condizioni concordate e la difesa degli interessi della prole, il pubblico ministero ritenga che dette condizioni siano pregiudizievoli e non soddisfino adeguatamente detti interessi. In questo caso, il procuratore della Repubblica trasmette l'accordo non autorizzato, entro 5 giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi 30 giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo.

A fronte di una scelta che avrebbe dovuto compiere il legislatore, si preferisce rimettere al Giudice la stessa identificazione del modo di provvedere del presidente del tribunale cui siano trasmessi gli atti.

Secondo una prima soluzione, siffatta trasmissione equivale ad una disposizione d'ufficio del mutamento del rito: la negoziazione assistita avente ad oggetto la separazione o il divorzio o la modifica delle condizioni di separazione o divorzio, quando vi sia prole, si trasformano in procedimento giudiziale di separazione o di divorzio o di modifica delle condizioni di separazione o divorzio quando l'accordo conclusivo della procedura di negoziazione non sia approvato dal Pubblico Ministero competente. Sicché la trasmissione disposta dal Pubblico Ministero al presidente del tribunale introduce d'ufficio il procedimento di separazione consensuale, che potrà concludersi con un'eventuale omologa ovvero con il rigetto ai sensi degli artt. 158, comma 2, c.c., e 711 c.p.c., oppure il procedimento di divorzio congiunto, che potrà concludersi con una sentenza di divorzio ovvero con il mutamento del rito del divorzio da congiunto in contenzioso, ai sensi dell'art. 4, comma 16, l. div., oppure il procedimento camerale di modifica delle condizioni di separazione ai sensi dell'art. 710 c.p.c., o delle condizioni di divorzio ai sensi dell'art. 9, l. div., che potranno concludersi con la disposizione delle stesse modifiche concordate dalle parti ovvero con la disposizione di modifiche previste d'ufficio nell'interesse della prole.

Questa impostazione sembra avallata da quella giurisprudenza la quale, premesso che l'accordo con il quale due genitori, non legati da vincolo di coniugio, regolamentano le condizioni di affidamento, mantenimento, collocamento ed esercizio del diritto di visita, non può essere stipulato mediante il procedimento di negoziazione assistita, ha ritenuto che, purtuttavia detto accordo – stipulato ai sensi dell'art. 2, d.l. n. 132/2014 – una volta depositato presso il Tribunale competente, alla luce del diniego del P.M., può essere considerato alla stregua di un ricorso congiunto ex art. 337-bis c.c., con la conseguenza che il Tribunale deve convocare i genitori ai fini della ratifica delle conclusioni da loro condivise (Trib. Como 13 gennaio 2016, in ilfamiliarista.it, con nota di Simeone).

In base alla ricostruzione alternativa, i poteri spettanti al presidente del tribunale cui gli atti sono trasmessi sono anch'essi sui generis e non richiamano altri procedimenti già contemplati dall'ordinamento giuridico.

In primo luogo, all'esito dell'audizione, non avendo il diniego espresso dal Pubblico Ministero efficacia vincolante verso il presidente del tribunale, qualora quest'ultimo si persuada che le condizioni all'origine predisposte dalle parti siano rispondenti agli interessi dei figli, anche in guisa dei chiarimenti forniti dalle parti, autorizzerà definitivamente l'accordo.

Diversamente, può accadere che il presidente del tribunale, anche in conseguenza dell'audizione delle parti, si persuada del fatto che le condizioni all'origine concordate non sono conformi agli interessi della prole, come già aveva ritenuto il Pubblico Ministero, sicché potrà indicare alle parti le soluzioni alternative che, consentendo di rettificare le disposizioni difformi, permettano l'autorizzazione. Ove le parti aderiscano alle modifiche proposte dal presidente del tribunale, quest'ultimo autorizzerà l'accordo con le rettifiche approvate dai genitori.

Inoltre, può accadere che le parti non acconsentano alle modifiche suggerite dal presidente del tribunale e, in tale evenienza, il presidente rigetterà definitivamente la richiesta di autorizzazione e chiuderà così il procedimento. Sarà poi un'autonoma scelta delle parti quella di proporre al pubblico ministero un'ulteriore accordo da autorizzare per la via della negoziazione assistita ovvero introdurre un procedimento giudiziale.

Nella prassi applicativa si è evidenziato che in materia di negoziazione assistita avente ad oggetto negozi compositivi di crisi familiare la fase avanti al Presidente è da ricondurre lato sensu alle forme del rito camerale e al giudicante deve riconoscersi autonomia di valutazione rispetto al diniego del P.M. quanto alla portata delle condizioni della separazione o del divorzio, o della modifica delle originarie pattuizioni, anche sulla scorta delle delucidazioni che le parti possono fornire comparendo personalmente in udienza (Trib. Torino VII, 13 maggio 2016).

Sempre in sede di merito, si è sottolineato che l'accordo di separazione personale concluso da una coppia con figli minori attraverso la procedura di negoziazione assistita da avvocati, che, non avendo ottenuto il nulla osta del P.M., sia stato trasmesso al presidente del Tribunale ai sensi dell'art. 6, comma 2, d.l. n. 132/2014, dopo l'udienza presidenziale, va omologato dal Tribunale in composizione collegiale se ritenuto conforme alle norme imperative (Trib. Pistoia 16 marzo 2015, in giustiziacivile.com, con nota di Vaccari).

Gli stessi effetti giuridici della separazione consensuale e del divorzio congiunto possono oggi essere conseguiti in via stragiudiziale in accordo con quanto previsto dall'art. 6, d.l. n. 132/2014 in tema di negoziazione assistita (che prevede un procedimento semplificato in mancanza di prole ed un procedimento, in presenza di prole minorenne o maggiorenne portatrice di handicap o non economicamente autosufficiente dove il controllo, in prima battuta demandato al Procuratore della Repubblica, è più pregnante).

Trova applicazione anche nell'ipotesi in esame il principio, affermato nella recente giurisprudenza, secondo cui ogni qualvolta l'accordo stabilito tra i coniugi, al fine di giungere ad una soluzione consensuale di separazione personale, ricomprenda anche il trasferimento di uno o più diritti di proprietà su beni immobili, la disciplina di cui all'art. 6, d.l. n. 132/2014, convertito in l. n. 162/2014, deve necessariamente integrarsi con quella di cui al medesimo art. 5, comma 3, d.l. n. 132/2014, con la conseguenza che per procedere alla trascrizione dell'accordo di separazione contenente anche un atto negoziale comportante un trasferimento immobiliare, è necessaria l'autenticazione del verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ai sensi dell'art. 5, comma 3 (Cass. II, n. 1202/2020). Ciò in quanto l'accordo di negoziazione assistita non è una scrittura privata accertata giudizialmente o con sottoscrizione autentica, e per poter essere trascritto, quando contenga il trasferimento di diritti immobiliari da un coniuge all'altro che consensualmente si separano, richiede l'autentica del notaio di cui all'art. 72, l. n. 89/1913 (di seguito l. not.) ossia della c.d. autentica maggiore.

Caratteri generali dell'atto di precetto

Il precetto è, in generale, un atto stragiudiziale prodromico all'esecuzione forzata mediante il quale il creditore intima il debitore ad adempiere spontaneamente al comando giuridico contenuto nel titolo esecutivo, avvertendolo che, in difetto, procederà, entro il termine indicato, ad esecuzione forzata.

Il precetto è atto stragiudiziale e, quindi, può essere validamente sottoscritto dalla parte o da un suo procuratore ad negotia. In quanto tale, può essere notificato da qualunque ufficiale giudiziario, senza limiti territoriali (Cass. III, n. 18759/2017).

Il comma 2 dell'art. 480 c.p.c., prevede che l'atto di precetto debba contenere a pena di nullità l'indicazione delle parti, la data di notificazione del titolo esecutivo, ove non contestuale a quella del precetto, nonché la trascrizione integrale del titolo nell'atto di precetto nelle ipotesi in cui detta trascrizione è prevista. Se il titolo è un decreto ingiuntivo occorre che il precetto ne menzioni l'esecutorietà (l'omessa menzione ne cagiona la nullità: Cass. III, n. 24226/2019), non essendo peraltro necessaria una seconda notificazione se il precetto ne menziona gli estremi richiesti (Cass. I, ord. n. 4705/2018).

Nonostante l'art. 480 c.p.c., sanzioni con la nullità del precetto l'omessa indicazione delle parti, la dottrina è incline a ritenere che tale vizio non sussista qualora l'identificazione delle stesse sia comunque possibile attraverso gli altri elementi del precetto o risulti dal titolo esecutivo contestualmente notificato o trascritto nell'atto. L'indicazione della data di notifica del titolo esecutivo è richiesta, a pena di nullità, qualora la notifica del titolo sia stata effettuata separatamente, ossia precedentemente alla notificazione del precetto.

La nullità del precetto è sanata dalla proposizione dell'opposizione, per raggiungimento dello scopo (Cass. VI, ord. n. 19105/2018); ma la nullità della notifica è sanata, dalla proposizione dell'opposizione, solo quando è provato che la conoscenza dell'atto è intervenuta in tempo utile a prevenire il pignoramento (Cass. III, n. 24291/2017). 

Il comma 3 dell'art. 480 c.p.c., prevede che il precetto deve contenere anche la dichiarazione di residenza o l'elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il Giudice competente per l'esecuzione, precisando che, in difetto di tale indicazione, le opposizioni al precetto si propongono davanti al Giudice del luogo in cui l'atto è stato notificato, e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del Giudice stesso.

Ciò comporta che il comune nel quale il creditore, con l'atto di precetto, abbia dichiarato la propria residenza od eletto il proprio domicilio, ai sensi dell'art. 480, comma 3, deve ritenersi coincidente con quello in cui ha sede il Giudice dell'esecuzione, e, pertanto, vale a determinare la competenza territoriale sull'opposizione al precetto medesimo proposta prima dell'instaurazione del procedimento esecutivo (artt. 26 e 27), mentre l'eventuale contestazione di detta coincidenza (per non esservi in quel comune beni appartenenti all'esecutando, né la residenza del debitore di quest'ultimo), può essere sollevata soltanto dall'opponente, al fine di invocare la competenza del diverso Giudice del luogo in cui è stato notificato il precetto, e non anche dallo stesso creditore, che resta vincolato alla suddetta dichiarazione od elezione (Cass. III, n. 13219/2010).

Sul comma 3 dell'art. 480 c.p.c., è intervenuta la Corte costituzionale con una fondamentale pronuncia interpretativa di rigetto (Corte cost. n. 480/2005) a seguito della quale è ormai incontroverso, in giurisprudenza, che, alla stregua di un'interpretazione costituzionalmente orientata, la detta previsione nella parte in cui consente al debitore di eseguire la notificazione dell'atto di opposizione all'esecuzione presso la cancelleria del Giudice del luogo in cui gli è stato notificato il precetto si applica soltanto qualora il creditore precettante abbia del tutto omesso l'indicazione della residenza o l'elezione di domicilio, mentre, in caso contrario, la notifica dell'atto di opposizione deve essere effettuata nel luogo indicato dal creditore e non nella cancelleria, diversamente potendo il creditore precettante ignorare l'intervenuta opposizione.

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